PALAZZO TARALLO
Recentemente restaurato dall’Amministrazione
comunale - assessorato al Centro storico e dotato di tutti gli
standard tecnologici e di sicurezza necessari per le sue
finalità culturali, Palazzo Tarallo ospita la biblioteca
specializzata del Museo, mostre permanenti e temporanee di
carattere etnografico, il teatrino dell’Opera dei Pupi (nel
quale vengono realizzati spettacoli), un laboratorio di restauro
e la “stanza della memoria” di Giuseppe Pitrè.
L’allestimento museale
Le esposizioni. Nell’allestimento museografico curato dall’architetto
Antonio Di Lorenzo, a Palazzo Tarallo trovano spazio mostre
temporanee e permanenti, che hanno come oggetto aspetti
particolari della cultura e delle tradizioni popolari.
L’esposizione permanente è allestita negli ambienti del piano
nobile, fra i quali spicca l’ampio salone affrescato da Pietro
Martorana, che contiene un bel letto seicentesco con testata in
ferro battuto. Qui verranno organizzati incontri culturali e
presentazioni di libri. Nelle altre sei sale del primo piano
sono stati collocati due eleganti portantine settecentesche e
alcuni manufatti del Museo di gusto e committenza colta e
aristocratica, anche se realizzati in quelle stesse botteghe
artigiane da cui uscivano opere di uso più popolare; tra i
quali, alcuni mobili dipinti, di fine ’700, provenienti dall’ex
Museo nazionale (oggi Museo archeologico regionale “Antonino
Salinas”). Si tratta di un cassettone, un armadio, un
mobile-altare, una “scarabattola” e due teche. Pur essendo di
provenienza diversa, essi presentano alcuni dati omogenei:
appartengono al XVIII secolo, sono di manifattura siciliana e
hanno la cifra comune di essere dipinti. Gli artigiani che li
realizzarono avevano come modello di riferimento i mobili a
cineserie dell’alta aristocrazia, largamente diffusi.
Nelle sale sono esposte anche una decina di
stampe litografiche d’epoca, contenenti l’alfabeto del contadino
e motti di saggezza popolare.
Il teatrino dell’Opera dei
Pupi. Al pianterreno, nei locali originariamente adibiti a scuderie e
rimessa per le carrozze, si possono ammirare, il frontale del
teatrino ottocentesco del Pitrè e il teatrino completo
assemblato da Cocchiara nei primi del ’900. Qui vengono
realizzati spettacoli dell’Opera dei Pupi.
La stanza della memoria. Sempre nel piano nobile, come omaggio al fondatore del
Museo, c’è una “un angolo della memoria” dedicato a Giuseppe
Pitrè, con il suo tavolo da lavoro, i suoi occhialini ed i suoi
libri. Qui è esposta una “cartapecora” con dedica encomiastica
di Ugo Antonio Amico a Pitrè (primi del ’900), decorata da un
acquerello di Rocco Lentini raffigurante una Musa.
Il laboratorio di restauro.
Una sala del primo piano è adibita a laboratorio. Il
pubblico può seguire le diverse fasi dell’intervento in fieri e,
tramite pannelli illustrativi, viene informata delle tecniche in
uso e delle lavorazioni seguite.
La Biblioteca. È allestita nei saloni al secondo piano (intitolati a Giuseppe
Bonomo, di recente scomparso), con sala di lettura dove sono
stati collocati i busti di Giuseppe Pitrè, di Giuseppe Cocchiara
(quest’ultimo di Giovanni Rosone) e del poeta Ignazio Buttitta
(opera dello scultore Giacomo Rizzo). Contiene la biblioteca
specializzata del Museo, con esclusione del Fondo manoscritti e
rari (che rimane nella sede storica della Palazzina Cinese), ed
i circa 3 mila volumi donati dal professore Bonomo, oltre a
numerosi periodici e ad una consistente raccolta di tesi
specialistiche svolte da studenti universitari. La biblioteca
possiede anche un’importante documentazione iconografica,
comprendente una prestigiosa raccolta di stampe e fotografie di
autori diversi, come Interguglielmi, Incorpora, Giannone, Uzzo.
La storia dell’edificio
Palazzo Tarallo di Ferla - Cottone d’Altamira
(o, più semplicemente, Palazzo Tarallo) si trova nel mandamento
Palazzo Reale, a ridosso delle mura di Santa Agata, tra via
delle Pergole e via Chiappara al Carmine, nel cuore dell’antico
quartiere dell’Albergheria. Esso costituisce una preziosa
testimonianza dell’architettura civile nobiliare “minore”
sei-settecentesca della città.
Il nucleo principale fu la domus magna del
ricco possidente Pietro Muscarello, originario di Partitico,
edificata agli inizi del XVII secolo su una preesistenza
cinquecentesca. Spetta a Francesco Tarallo, primo barone di
Baida, il compito di rifondare il palazzo nella seconda metà del
’600 per risiedervi stabilmente. La parte principale
dell’edificio l’aveva ricevuta in dote sposando Nunzia
Muscarello, figlia di Pietro. A quest’edificio se ne aggiunsero
altri, sia collaterali che nelle immediate vicinanze. Con il
successivo acquisto della ducea di Miraglia, i Tarallo
raggiunsero una ragguardevole condizione di prestigio:
conseguenza immediata delle mutate condizioni economiche e
sociali fu il trasferimento della residenza principale nella
strada del Cassaro. La dimora di via delle Pergole venne data in
affitto. Nel 1736, in occasione del matrimonio tra Isabella
Tarallo Rau Impellizzeri, figlia di Pietro Tarallo, secondo duca
di Miraglia, e Giuseppe Gaetano Cottone, marchese di Altamira,
tutte le proprietà immobiliari dei Tarallo tra via delle Pergole
e via Chiappara al Carmine vennero assegnate come dote nuziale.
In seguito ai danni subiti dal terremoto del 1751, il palazzo
venne ristrutturato e riconfigurato. I lavori terminarono nel
1752 e vi furono coinvolti numerosi artigiani e artisti
dell’epoca; le decorazioni pittoriche furono affidate a Pietro
Martorana, allievo di Gaspare Serenario e padre del più celebre
Gioacchino, che, con l’enfasi tipica dell’epoca, realizzò
quattro grandi affreschi nelle volte delle sale del piano nobile
(l’unico dipinto ad essere sopravvissuto raffigura Il Trionfo di
Betsabea con il re Salomone), tredici soprapporta con scene
tratte dalla vita di Cristo, due ovali raffiguranti la Vergine
del Carmine e San Giuseppe e numerose decorazioni di porte,
pareti e soffitti lignei. Dopo la morte del marchese d’Altamira,
nel 1757, il palazzo venne ereditato dalla figlia secondogenita
Maria Cirilla, sposata con Girolamo Marassi, duca di
Pietratagliata. Quest’ultima lo assegnò, come bene dotale, alla
primogenita, anch’essa di nome Cirilla, in occasione del suo
matrimonio, nel 1818, con Luigi Alliata Moncada, terzogenito del
principe di Villafranca. L’introduzione, nel 1844, di un livello
ammezzato tra il primo e secondo piano, e il frazionamento degli
ambienti principali del piano nobile, per la trasformazione in
appartamenti d’affitto, furono causa del declino dell’edificio.
Alla fine dell’800, venne acquisito dalla famiglia Di Napoli,
alla quale si devono le più recenti trasformazioni. Gli eredi di
Federico Di Napoli e il barone Giuseppe Chiaramonte Bordonaro
furono gli ultimi proprietari del palazzo prima della vendita al
Comune di Palermo, avvenuta agli inizi degli anni Ottanta del
’900.
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