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Monumenti
Museo Etnografico Pitrè a Palazzo Tarallo

 

Dove si trova
L’antico Palazzo Tarallo, in via delle Pergole 74, in pieno centro storico, è la seconda sede del Museo Pitrè.


(foto ©PalermoWeb)

PALAZZO TARALLO

Recentemente restaurato dall’Amministrazione comunale - assessorato al Centro storico e dotato di tutti gli standard tecnologici e di sicurezza necessari per le sue finalità culturali, Palazzo Tarallo ospita la biblioteca specializzata del Museo, mostre permanenti e temporanee di carattere etnografico, il teatrino dell’Opera dei Pupi (nel quale vengono realizzati spettacoli), un laboratorio di restauro e la “stanza della memoria” di Giuseppe Pitrè.

L’allestimento museale

Le esposizioni.
Nell’allestimento museografico curato dall’architetto Antonio Di Lorenzo, a Palazzo Tarallo trovano spazio mostre temporanee e permanenti, che hanno come oggetto aspetti particolari della cultura e delle tradizioni popolari. L’esposizione permanente è allestita negli ambienti del piano nobile, fra i quali spicca l’ampio salone affrescato da Pietro Martorana, che contiene un bel letto seicentesco con testata in ferro battuto. Qui verranno organizzati incontri culturali e presentazioni di libri. Nelle altre sei sale del primo piano sono stati collocati due eleganti portantine settecentesche e alcuni manufatti del Museo di gusto e committenza colta e aristocratica, anche se realizzati in quelle stesse botteghe artigiane da cui uscivano opere di uso più popolare; tra i quali, alcuni mobili dipinti, di fine ’700, provenienti dall’ex Museo nazionale (oggi Museo archeologico regionale “Antonino Salinas”). Si tratta di un cassettone, un armadio, un mobile-altare, una “scarabattola” e due teche. Pur essendo di provenienza diversa, essi presentano alcuni dati omogenei: appartengono al XVIII secolo, sono di manifattura siciliana e hanno la cifra comune di essere dipinti. Gli artigiani che li realizzarono avevano come modello di riferimento i mobili a cineserie dell’alta aristocrazia, largamente diffusi.

Nelle sale sono esposte anche una decina di stampe litografiche d’epoca, contenenti l’alfabeto del contadino e motti di saggezza popolare.

Il teatrino dell’Opera dei Pupi.
Al pianterreno, nei locali originariamente adibiti a scuderie e rimessa per le carrozze, si possono ammirare, il frontale del teatrino ottocentesco del Pitrè e il teatrino completo assemblato da Cocchiara nei primi del ’900. Qui vengono realizzati spettacoli dell’Opera dei Pupi.

La stanza della memoria.
Sempre nel piano nobile, come omaggio al fondatore del Museo, c’è una “un angolo della memoria” dedicato a Giuseppe Pitrè, con il suo tavolo da lavoro, i suoi occhialini ed i suoi libri. Qui è esposta una “cartapecora” con dedica encomiastica di Ugo Antonio Amico a Pitrè (primi del ’900), decorata da un acquerello di Rocco Lentini raffigurante una Musa.

Il laboratorio di restauro.
Una sala del primo piano è adibita a laboratorio. Il pubblico può seguire le diverse fasi dell’intervento in fieri e, tramite pannelli illustrativi, viene informata delle tecniche in uso e delle lavorazioni seguite.

La Biblioteca.
È allestita nei saloni al secondo piano (intitolati a Giuseppe Bonomo, di recente scomparso), con sala di lettura dove sono stati collocati i busti di Giuseppe Pitrè, di Giuseppe Cocchiara (quest’ultimo di Giovanni Rosone) e del poeta Ignazio Buttitta (opera dello scultore Giacomo Rizzo). Contiene la biblioteca specializzata del Museo, con esclusione del Fondo manoscritti e rari (che rimane nella sede storica della Palazzina Cinese), ed i circa 3 mila volumi donati dal professore Bonomo, oltre a numerosi periodici e ad una consistente raccolta di tesi specialistiche svolte da studenti universitari. La biblioteca possiede anche un’importante documentazione iconografica, comprendente una prestigiosa raccolta di stampe e fotografie di autori diversi, come Interguglielmi, Incorpora, Giannone, Uzzo.

La storia dell’edificio

Palazzo Tarallo di Ferla - Cottone d’Altamira (o, più semplicemente, Palazzo Tarallo) si trova nel mandamento Palazzo Reale, a ridosso delle mura di Santa Agata, tra via delle Pergole e via Chiappara al Carmine, nel cuore dell’antico quartiere dell’Albergheria. Esso costituisce una preziosa testimonianza dell’architettura civile nobiliare “minore” sei-settecentesca della città.

Il nucleo principale fu la domus magna del ricco possidente Pietro Muscarello, originario di Partitico, edificata agli inizi del XVII secolo su una preesistenza cinquecentesca. Spetta a Francesco Tarallo, primo barone di Baida, il compito di rifondare il palazzo nella seconda metà del ’600 per risiedervi stabilmente. La parte principale dell’edificio l’aveva ricevuta in dote sposando Nunzia Muscarello, figlia di Pietro. A quest’edificio se ne aggiunsero altri, sia collaterali che nelle immediate vicinanze. Con il successivo acquisto della ducea di Miraglia, i Tarallo raggiunsero una ragguardevole condizione di prestigio: conseguenza immediata delle mutate condizioni economiche e sociali fu il trasferimento della residenza principale nella strada del Cassaro. La dimora di via delle Pergole venne data in affitto. Nel 1736, in occasione del matrimonio tra Isabella Tarallo Rau Impellizzeri, figlia di Pietro Tarallo, secondo duca di Miraglia, e Giuseppe Gaetano Cottone, marchese di Altamira, tutte le proprietà immobiliari dei Tarallo tra via delle Pergole e via Chiappara al Carmine vennero assegnate come dote nuziale. In seguito ai danni subiti dal terremoto del 1751, il palazzo venne ristrutturato e riconfigurato. I lavori terminarono nel 1752 e vi furono coinvolti numerosi artigiani e artisti dell’epoca; le decorazioni pittoriche furono affidate a Pietro Martorana, allievo di Gaspare Serenario e padre del più celebre Gioacchino, che, con l’enfasi tipica dell’epoca, realizzò quattro grandi affreschi nelle volte delle sale del piano nobile (l’unico dipinto ad essere sopravvissuto raffigura Il Trionfo di Betsabea con il re Salomone), tredici soprapporta con scene tratte dalla vita di Cristo, due ovali raffiguranti la Vergine del Carmine e San Giuseppe e numerose decorazioni di porte, pareti e soffitti lignei. Dopo la morte del marchese d’Altamira, nel 1757, il palazzo venne ereditato dalla figlia secondogenita Maria Cirilla, sposata con Girolamo Marassi, duca di Pietratagliata. Quest’ultima lo assegnò, come bene dotale, alla primogenita, anch’essa di nome Cirilla, in occasione del suo matrimonio, nel 1818, con Luigi Alliata Moncada, terzogenito del principe di Villafranca. L’introduzione, nel 1844, di un livello ammezzato tra il primo e secondo piano, e il frazionamento degli ambienti principali del piano nobile, per la trasformazione in appartamenti d’affitto, furono causa del declino dell’edificio. Alla fine dell’800, venne acquisito dalla famiglia Di Napoli, alla quale si devono le più recenti trasformazioni. Gli eredi di Federico Di Napoli e il barone Giuseppe Chiaramonte Bordonaro furono gli ultimi proprietari del palazzo prima della vendita al Comune di Palermo, avvenuta agli inizi degli anni Ottanta del ’900.


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