ERICE: la Chiesa
Madre
di Don P. Messana, Arciprete
La chiesa fu edificata dal Re Federico II di
Aragona nel 1312 con materiale proveniente dal tempio pagano
della Venere Ericina. La tradizione vuole però che la chiesa
sia di fondazione antichissima e che il primo piccolo edificio
sacro sia stato innalzato - sotto l'Impero di Costantino -
dagli ericini che avevano aderito alla fede di Gesù Cristo.
Nel corso dei secoli il sacro tempio fu più
volte rimaneggiato, restaurato e ammodernato fino a
comprometterne la stessa stabilità. La Chiesa Madre infatti
crollò nel 1853. Don Giuseppe Augugliaro, arciprete, ne iniziò
la ricostruzione pressoché immediatamente. Da questa Chiesa
Madre, che estendeva la sua giurisdizione su tutto l'Agro
Ericino - gli attuali comuni di Erice, Valderice, Custonaci,
Buseto Palizzolo e San Vito Lo Capo - sono nate oltre venti
nuove parrocchie. Ancora nel 1930, la Parrocchia contava oltre
20.000 abitanti. Oggi la Chiesa Madre è una Chiesa
parrocchiale che conta circa 250 abitanti ed è visitata ogni
anno da centinaia di migliaia di fedeli e turisti.
ARCHITETTURA
Due elementi all'esterno la
caratterizzano e conferiscono al complesso un aspetto unico e
monumentale: il campanile e il portico. La Chiesa, in stile
gotico chiaramontano, presenta una facciata a saliente con
merlature che dicono la sua fondazione regale. L'unico portale
di accesso è a doppia ghiera ovale seghettata. L'elemento però
che ne caratterizza la facciata è il piccolo portico,
addossato al portale, detto Gibbena (dal latino: Age bene).
Fatto costruire dall'Arciprete Bernardo Militari nel 1426,
serviva ad accogliere i penitenti che non potevano essere
ammessi in chiesa prima della fine della pena canonica.
L'attuale scalinata, come dimostra la scritta sui gradini, fu
costruita nel 1766 dall'Arciprete Antonino Badalucco. Il
grande rosone è opera contemporanea realizzata negli anni '50
su modello di quello della Chiesa di sant'Agostino in Trapani.
Ai lati del rosone si notano due oculi a canestro.
Lato nord: ha l'aspetto di un edificio
civile inglobato poi nel perimetro della chiesa. Il portale
catalano, con bugne a diamante, è sormontato da un'elegante
finestra. Sulla sommità dell'edificio ci sono i portabandiera.
Lato est: piccolo altare con croce d' pietra
per il rito della benedizione delle palme che da inizio alla
Settimana Santa. Lato sud: portale con ghiera ogivale. Si
notano nove croci pre-cristiane di marmo, inserite nella
parete, provenienti dal tempio del) Venere Ericina.
IL CAMPANILE
Costruito alla fine del '200 su una
più antica torre di vedetta che affonda le sue radici nelle
guerre puniche, fu fatto edificare da Federico II d'Aragona,
lo stesso re fondatore della Chiesa, che passò parecchi anni a
Erice perché bloccato dalle truppe rii Roberto d'Angiò durante
la guerra tra spagnoli e francesi per il possesso del trono di
Sicilia. Si articola su tre livelli che poggiano su un
terrapieno.
Il piano terreno ha la porta d'ingresso dal
lato della Chiesa ed è illuminato da monofore. Gli altri piani
presentano bifore molto belle. E' alto 28 metri. Si raggiunge
la sommità con una scala di 108 gradini.
L'INTERNO
È a tre navate. Di non grandi
dimensioni, presenta delle caratteristiche che ne fanno un
capolavoro dell'arte neogotica e certamente il più bell'esemplare
in Sicilia.
Dopo il rovinoso crollo del 1853, a motivo
della sua fondazione regale, fu invocato sul Duomo il
patrocinio del Re, la cui corte allora risiedeva a Napoli.
Arrivarono da Napoli, per interessamento del barone Alberto
Barberi i progetti dell'Architetto Dominici, in stile
neogotico, che allora era in voga in tutta Europa e in America
(pensiamo alla Sainte Chapelle a Parigi o alla sede del
parlamento londinese ecc...). Fu iniziata la ricostruzione nel
gennaio 1854 e terminata nel 1865 sotto la direzione
dell'architetto Fra' Francesco La Rocca.
La particolarità della Chiesa, che le
conferisce a livello spaziale un'impressione di monumentalità,
è l'espediente architettonico del doppio transetto. Le tre
navate, infatti, non sono solamente interrotte, come di
consueto, dal transetto a formare una croce latina prima del
prebiterio, ma ne presentano uno immediatamente all'ingresso,
cosicché il fedele è accolto da un grande spazio poi
incanalato prospetticamente dalla fuga di eleganti e snelli
pilastri a determinare le navate. Ad ingentilire ulteriormente
i pilastri contribuiscono le semicolonne che vi sono
addossate.
LE VOLTE
Ma dove il frate architetto
direttore dei lavori espresse il suo genio, fu nella
decorazione della chiesa, soprattutto in quella delle volte.
La decorazione presenta infatti le consuete linee neogoti-che,
ma contestualizzate con motivi moreschi, cosicché richiama
atmosfere tipicamente arabe. Inoltre, così com'era - e lo è
ancora, sebbene in tono minore - costume presso il popolo
siciliano, in occasioni solenni, procedere ad "apparare"
(ovvero allestire con decorazioni particolari) gli interni
delle case o delle chiese con pizzi e merletti preziosi - arte
per cui Erice era rinomatissima -così l'architetto direttore
dei lavori volle che il neogotico ericino fosse caratterizzato
da una peculiare decorazione donando un "apparato" alla chiesa
che fosse esso stesso permanente. Oggi pertanto la chiesa,
soprattutto nelle volte, presenta una decorazione in stucco,
che sembra tutto un merletto prezioso e che impressiona non
poco il visitatore.
IL CAPPELLONE
Il transetto davanti al presbiterio
interrompe la fuga delle navate cosicché tutte e tre le navi
della chiesa hanno sbocco nell'unico cappellone che accoglie
gli stalli del coro ligneo rifatto nel 1815. L'ancona marmorea
sull'altare maggiore è opera di Giuliano Mancino (1513) e
raffigura nel nastro di base Gesù con i dodici apostoli e
alcuni padri della chiesa. Il corpo dell'opera presenta una
nicchia centrale più grande, con a fianco altre quattro
nicchie. Nella nicchia centrale sta la Vergine "Tenda
dell'alleanza" assisa in trono con bambino in braccio
sovrastata da un tabernacolo. Alla destra della Vergine, i
Santi Pietro e Giovanni Battista, mer. tre alla sinistra
stanno i santi Paolo e Giuliano. Più in alto ci sono le
formelle con scene della passione di Cristo con in alto la
risurrezione. A coronare l'opera stanno quattro figure di
profeti e il timpano che presenta la nascita di Gesù. Sotto
l'altare maggiore, in marmo bianco di Carrara, realizzato
dallo scultore palermitano Domenico De Lisi nel 1906, riposano
le reliquie insigni di San Benigno martire.
Da notare l'oblò della parete sinistra che
lascia intravedere il cosiddetto Angelo Musico, pittura a
fresco del XV secolo, opera del marsalese Giovanni Russi, che
apparteneva alla decorazione pittorica della Chiesa Medievale.
La zona del prebiterio è chiusa da una
balaustra collocata nel 1680 in marmi policromi ad intarsio.
Notevolissimo il cancelletto in bronzo,
opera che risale al 1683 del Sac. Gebbia, ericino (architetto
della Chiesa di San Martino).
NAVATA DESTRA
Lasciando il cappellone e scendendo
verso la navata destra guardando l'altare, troviamo nel
transetto in alto una cantorìa che accoglie un organo a canne
del 1895 che ne sostituisce uno molto più antico. Segue la
porta laterale che si affaccia su via Chiaramonte. Di fronte
l'antiporta, addossata ad un pilastro della navata si trova
una bellissima acquasantiera di autore ignoto del 1537.
Continuando a scendere la navata sinistra, troviamo la
cappella della Madonna Assunta, titolare della Chiesa, opera
del 1469 di Domenico Gagini, che richiama la postura di quella
ben più famosa di Nino Pisano, chiamata Madonna di Trapani.
Alla sua base si trovano scolpiti al centro la scena della
Dormitio, i Santi apostoli Pietro e Paolo, San Vito e Santo
Vescovo, probabilmente San Martino.
Scendendo ancora troviamo due cappelle
comunicanti che accolgono rispettivamente una Crocifissione e
Sant'lsidoro Agricola di Orazio Ferrari (1622). Negli stessi
ambienti sulla parete laterale sinistra, trova posto il San
Giuseppe, olio su tela, opera settecentesca.
Accanto alla porta d'ingresso, sul lato
sinistro, troviamo un'altra acquasantiera cinquecentesca.
NAVATA SINISTRA
Cominciando a salire la navata
sinistra, troviamo in posizione simmetrica rispetto alle due
ultime cappelle che abbiamo visitato, altre due cappelle
comunicanti. Nella prima è accolta la pala raffigurante Sant'lgnazio
di Loyola e San Francesco Saverio con il Bambino Gesù (olio su
tela secolo XVP). In questa cappella è collocato l'antico
fonte battesimale in perfido, del 1627, recante lo stemma dei
Morana. Nella seconda cappella era collocato il Sacro Cuore
del Patania che oggi si può ammirare in sacrestia, per
proteggerlo dall'umidità.
LA CAPPELLA DELLA MADONNA
Proseguendo, si entra in una grande
cappella un tempo dedicata a Tutti i Santi, del 1512 in stile
tardo gotico. Interessantissima è la volta della cappella con
costoloni intrecciati a stella. Oggi vi si venera la Madonna
Custode e Patrona del popolo ericino, sotto il titolo di
Custonaci. Le due immagini della Vergine che allatta sono
ambedue copie (se ne ammirano ancora altre tre nelle sale
espositive annesse alla Matrice) di quella venerata nel
Santuario di Custonaci, località una volta nelle campagne
ericine, oggi comune autonomo.
L'altare e la balaustra, in marmo mischio,
sono del 1692. Notevole è la Via Crucis - quattordici
quadretti (olio su tavola), del 1830.
Circa le due immagini della Madonna che
allatta, sull'altare troviamo la copia realizzata nel 2003 da
Gaetano Costa. Essa riprende le linee dell'originale immagine
venerata nel Santuario delle campagne ericine così come si
presenta oggi, dopo il recente restauro che ha messo in luce
l'opera del 1512. Sulla destra è collocata la copia dipinta da
Michele Corteggiani del 1892, e documenta l'immagine prima del
restauro. È incorniciata da un fercolo processionale a
tempietto, in metallo argentato.
SALE ESPOSITIVE DEL TESORO
Continuando a salire, oltrepassata
la Cappella della Madonna e notando sulla parete una lapide
marmorea - che reca incise sia le date del trasporto
dell'Immagine della Madonna di Custonaci dal santuario in
Città sia il motivo del trasporto - si giunge all'ingresso
delle sale espositive, che in realtà sono antiche cappelle
annesse al corpo della Chiesa e da essa separate con lastre di
vetro trasparente.
Le tre cappelle, che oggi costituiscono un
unico ambiente, sono: la prima, cosiddetta De Scrineis,
dall'arciprete che la fece costruire, sulla quale si apre la
porta laterale nord della chiesa. Presenta una cupola
mammelliforme al cui centro si trova una chiave pen-dula in
cui è scolpito un Cristo Pantocratore. La seconda presenta due
altari addossati alla parete nord e dedicati alle Anime Sante
del Purgatorio (tela di G. Battista Scannateli, trapanese, del
1705) e a Sant'Anna. La cupola a botte è sorretta da un
cornicione ad archetti rincorrenti. La terza infine accoglie
l'altare di San Giuseppe, con in alto una pittura ad olio,
raffigurante lo Sposalizio della Vergine. A destra dell'altare
di San Giuseppe, una porta immette nella Sacrestia, dove è
possibile ammirare un armadio monumentale. Questi ambienti,
separati dal corpo della chiesa da pareti di vetro, ospitano
70 opere selezionate di oreficeria, argenteria, pittura,
scultura, alabastro, avorio, ricami in oro, seta, corallo, che
datano dal XIV al XIX secolo.
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