Siracusa, culla della grecità
Le tappe del percorso:
Brucoli,
Siracusa, Sortino,
Porta di Pantalica,
Palazzolo Acreide, Buscemi,
Grammichele,
Caltagirone, Mineo,
Palagonia, Scordia,
Lentini
BRUCOLI
Borgo di pescatori attestato su un porto-canale di splendida
bellezza, la sua formazione risale all'epoca medievale. È presidiato
dalla Torre bastionata, dal Castello posto all'estremità della
penisola, costruito tra il 1462 ed il 1467 dal Governatore della Camera
Reginale Giovanni Cabastida. L'edifìcio è stato recentemente
restaurato.
Al centro della collina della Gisira, vicino alla costa, sì erge il
Santuario della Madonna Adonai, sorto alla fine del XVII sec. su un
oratorio rupestre del II sec. d.C.. Per lungo tempo abbandonato, è
stato riaperto al culto e il 5 agosto se ne celebra la festa.
SIRACUSA
Le origini greche della città sono databili al 734 a.C. e già nel V
sec. a.C. Siracusa estende la sua influenza politico-militare un po'
dovunqe nel Mediterraneo in cui da origine a numerose città come Akre,
Casmene, Kamarìna, Ancona, Lissa e Corcira. Per secoli costituirà
un poderoso baluardo della grecita contri i Cartaginesi, gli Etruschi e
i Romani che solo con l'inganno potranno espugnarla nel 212 a.C. Gli
artisti siracusani Evénetoe Cimone coniarono le più belle
monete del mondo antico, i decadrammi. Siracusa fu la patria di Epicarmo,
l'inventore della commedia; di Agàtocle che per primo tentò
l'unificazione delle regioni meridionali d'Italia e fu anche la patria
del grande Archimede, Con gli Arabi perderà per sempre (878 d.C.) la
sua funzione di capitale dell'Isola ma continuerà a dare validi
contributi alla cultura europea con il più grande poeta arabo in
Sicilia, Ibn Hamdis. Il nucleo della vecchia città sorge
sull'isola di Ortigia collegata, oggi, alla terraferma da un ponte che
delimita due insenature, il Porto Pìccolo e il Porto Grande.
Da visitare: Isola di Ortigia, le rovine del Tempio di Apollo,
il Duomo, le Catacombe, il Museo Nazionale, la Fontana Aretusa, il Teatro Greco, le
Latomie, l'Ara di Gerone,
il Castello di Eurialo (a 8 km. da Siracusa).
Il Fiume Ciane ed il Papiro.
Ciane, ninfa di Siracusa, tentò invano
d'impedire il rapimento di Proserpina da parte di Fiutone, signore dell'Ade.
Come punizione fu trasformata in fiume...; ma qualcuno afferma che
fossero le lacrime della sconsolata Ciane a formare il corso d'acqua.
Lungo le sponde del Ciane, nei dintorni di Siracusa, cresce ancora
spontaneamente il papiro, con i suoi cespi alti fino a 3-4 metri e
altrove ormai estinto. Il Ciane è un breve fiume le cui acque sgorgano
dalle sorgenti di Fisima e Pìsimotta e sfocia dopo soli otto chilometri
nel porto di Siracusa. In passato tutta questa area era acquitrinosa;
qui si estendevano le paludi di Lisimelie che dopo opere dì bonìfica
han-nao ceduto il posto a fertili zone agricole. Dell'area, visitabile a
piedi o in barca, fanno parte anche le vecchie saline oggi abbandonate.
Le saline. Le saline di Siracusa si estendono per circa 50 ettari;
furono installate all'inizio del '600 e da allora hanno prodotto sale
marino fino al loro abbandono ai primi degli anni '80. Oggi è previsto
il loro parziale riprìstino per conservare, anche se a solo scopo
didattico, una testimonianza di una tìpica tradizione siciliana ormai
quasi scomparsa. Le saline sì osservano bene dall'area antistante il
faro: l'acqua che le riempie è, ormai, solo quella piovana e nei mesi
estivi la zona è spesso totalmente asciutta. In detto periodo si
possono osservare il reticolo di argini in pietra o in terra ed i canali
con i resti delle vecchie chiuse in legno che mettevano in comunicazione
fra loro i diversi ambienti, permettendo la distribuzione dell'acqua
marina ai diversi settori della salina fino alle cosiddette casedde,
le vasche quadrate vicino al mare. Qui il sale veniva raccolto e
conservato in cumuli protetti da tegole o custodito nel vasto magazzino
a pochi metri dal faro. Oggi le saline sono, soprattutto, un
luogo privilegiato per l'osservazione degli uccelli acquatici. Dalla
punta rocciosa su cui sorge il Faro e lungo il percorso indicato si
possono osservare facilmente, soprattutto d'inverno, da novembre a
marzo, gli uccelli presenti quali folaghe, anatre, fenicotteri, cigni
reali, falchi di palude, cormorani e gabbiani mentre in primavera si
possono ammirare gli aironi cenerini, le bianchissime garzette, le
curiose spatole dal becco a cucchiaio, l'ibis mignattaio nonché il cavaliere
d'Italia nel mese di aprile.
SORTINO
Porta di Pantalica. Fra i Monti Iblei, adagiata sul colle
Aita
(438 m) e circondata da profonde vallate, si trova Sortino,
tesoro di storia, bellezze naturali ed architettoniche, nel cui
territorio insistono la Valle dell'Anapo, del Calcinara e la necropoli
di Pantalica (XIII-VIII sec. a.C.).
Nei registri angioini, all'anno 1277 si trova la prima menzione
storica di Sortino, indicato come casale appartenente a Giovanni de
Lentino. Divenuto feudo intorno al XIV secolo, venne assegnato alla
famìglia Modica e, successivamente, agli Eredia. Questi ultimi nel 1477
vendettero la baronìa al mercante pisano Guidone Caetano che la tenne
fino al 1822. L'antico centro sorgeva nella valle del fiume Cicciosa
era diviso in sei quartieri con abitazioni ricavate da aperture naturali
delle rocce a cui si aggiungeva una parte anteriore in muratura. Il
terremoto del 1693 distrus-se totalmente l'antico sito. Alla
ricostruzione, più a monte, contribuì generosamente la famiglia
Caetano. Il forte sentimento religioso spinse i sorti-nesi ad awiare
numerose opere di costruzione e ristrutturazione di chiese e conventi
secondo lo stile dell'epoca, il Barocco che rimane, ancora oggi, la
caratteristica dominante del patrimonio architettonico di Sortino.
Da visitare:
chiesa di S. Sofia (XV sec.), Chiesa Madre,
Chiesa
della Natività di Maria e Monastero di Montevergine, Convento e
Chiesa dei PP. Cappuccini, Chiesa di S. Pietro, Chiesa del Purgatorio, i
Palazzi Rigazzi Leopoldo, Parlato Tartaglia, Municipale, Musco, Rigazzi
Mariano, Mariano Matera Valguarnera, Valguarnera, Sortìno-Serges.
Da visitare nei dintorni: Pantalica e la Valle
dell'Anapo
Pantalica. Lantica Erbesso, o Hybla secondo alcuni, costituisce una
eccezionale testimonianza dell'Età del Bronzo sviluppatasi dal XIII
alI'VIII sec. a.C., serrata tra le Valli dell'Anapo e del Calcinara. Sorge a pochi chilometri da
Sortino in un'area di eccezionale
bellezza e
di grande interesse naturalistico, storico ed archeologico. È come uno
scrigno aperto che conserva, ancora, straordinarie testimonianze del
passato. Isolata dalle alture vicine per mezzo di profonde vallate
determinate dalle acque dei fiumi Calcinara e Anapo, è collegata
ai monti circostanti dalla Sella di Filiporto. L'insediamento umano si
ebbe intorno al XIII sec. a.C. quando gli abitanti della costa
orientale, pressati dall'invasione di siculi ed ausoni, si ritirarono
verso l'interno su alture accidentate ed inaccessibili.
Dell'insediamento rupestre restano circa 7000 tombe a grotticella
scavate nella roccia delle quali alcune (circa 5000) sono vere e proprie
tombe preistoriche mentre quelle più grandi, i cosiddetti cameroni,
sono abitazioni di età bizantina. La cultura di Pantalica
risentì largamente dell'influsso egeo-miceneo come è riscontrabile nei
vari oggetti ritrovati nelle tombe (oggetti custoditi presso il museo di
Sìracusa) e nei resti dell'unico edificio riportato finora alla luce, YAnaktoron
o Palazzo del Principe, posto in posizione particolarmente
favorevole, sul settore meridionale dell'altopiano. Ledificio, di cui si
conservano soltanto due filari, fu costruito con tecnica megalitica, con
grossi massi sovrapposti secondo lo stile miceneo. Al periodo bizantino
risalgono i resti di quattro villaggi rupestri e di tré chiesette. Il
primo villaggio è caratterizzato dalla Grotta dell'Oratorio del
Crocifisso in cui è possibile vedere i resti dì affreschi
raffiguranti la Crocifissione e San Nicola; il secondo villaggio si
trova all'inizio della necropoli di Gavetta, nel lato est
dell'altipiano, e presenta 350 tombe e 70 abitazioni; il terzo villaggio
si trova a sud di Pantalica ed ha per centro religioso i'Oratorìodi
San Nicolicchio realizzato utilizzando ambienti preesistenti
abbelliti di affreschi e scritte, di cui sono visibili soltanto
frammenti di figure identifìcabili in Sant'Elena e S. Stefano; il
quarto villaggio, il principale, si trova all'estremità occidentale
presso l'ingresso di Filiporto ed è composto da più di 150 abitazioni
a più stanze e da una chie-setta denominata S. Micidiario, ricca
al suo interno di affreschi deteriorati dal tempo.
La Valle dell'Anapo. Riserva naturale di grande interesse,
costituisce l'espressione di un fenomeno carsico prodotto dalla lenta
erosione delle acque di fiumi e torrenti che nel corso di varie ere
geologiche hanno formato queste profonde gole o cave. Percorrere la
Valle a piedi è una esperienza che vale la pena di effettuare per
godersi al meglio lo spettacolo offerto dalle bellezze naturali che la
contrassegnano in un percorso che si sviluppa per circa 13 chilometri
tra i tipici platani orientali, pioppi neri e bianchi, salici ed un
ricco ed odoroso sottobosco. Ma è possibile percorrerla anche con i
pulmini che fanno la spola tra il bivio Càssaro-Ferla e Fusco, sulla
strada che da Solarino porta a Sortine. La Valle rimase incontaminata
fino al 1915 quando iniziarono i lavori per la costruzione del tracciato
ferroviario Siracusa-Ragusa-Vizzìni. Disattivata nel 1956, di essa
rimangono le stazioni, i caselli e sporadici caseggiati rurali ben
integrati nel paesaggio che, col tempo, è ritornato al suo status
primitivo riacquistando l'originario equilibrio ambientale. Merita una
visita la stazione di Pantalica e, in particolar modo, la grande Masseria
Specchi, tipica costruzione rurale. Percorrere la Valle dell'Anapo
è come compiere un viaggio indietro nel tempo immersi in una natura
incontaminata, in un magico silenzio rotto solo dal canto dell'acqua che
scorre nel fiume. Numerosi apiari rustici, impiantati da epoca
immemorabile nella valle, hanno consentito lo sviluppo dell'apicultura
con una notevole produzione di ottimo miele.
PALAZZOLO ACREIDE
Palazzolo Acreide/Akral. Subcolonia
siracusana, fu fondata come
avamposto militare nel 664 a.C. sulla sommità di un'alta collina del
monte Lauro. Dopo la sua fondazione Akrai fu coinvolta nelle guerre
siracusane e decadde sotto i Romani. Prima della fondazione della
città, la zona fu abitata durante il paleolitico superiore (fino a
20.000-10.000 anni a.C.). I resti monumentali più importanti sono il
Teatro (III sec. a.C.), il Bouleuterion (luogo di riunione del
Consiglio), due latomie ad est del Teatro, i Santoni (12 sculture
rupestri). Le prime notizie dell'attuale centro si risalgono al XII
secolo quando comparve con il nome dì Placeolum in una bolla
papale del 1169. Semidistrutta dal terremoto del 1693 che sconvolse la
Sicilia orientale, venne subito ricostruita trovando nello stile barocco
l'omogeneità architettonica più significativa.
Da visitare:
la Chiesa Madre, la Chiesa dell'Annunziata, la Chiesa di
S. Sebastiano, la Chiesa di S. Paolo. Particolarmente interessante è la
Casa-Museo fondata da Antonino Uccello; in essa sono raccolti i vecchi
attrezzi e gli utensili della vita contadina, Museo Macina del Grano.
Il Mulino ad acqua di S. Lucia (Museo della Macina del Grano) Ubicato
nella Valle dei Mulini è il quarto di una serie di mulini che
venivano messi in movimento dalle acque del torrente Purbella. La sua
presenza viene attestata fin dal XVI sec. Si conserva ancora integro
nelle sue parti, immerso in una valle incontaminata adombrata da querce
e noci, animata solo dallo scorrere delle acque del torrente che lo
lambiscono e dalla fauna che popola il suo territorio. Nei suoi ambienti
è stato allestito, per consentire una lettura tecnica e storica del
mulino ad acqua, il Museo della Macina del Grano in cui viene
illustrata l'evoluzione avvenuta nella tecnica di macinazione dei
cereali (dalla preistoria fino alla utilizzazione dell'energia
idraulica), il lavoro e la maestria dei mugnai. Il documentario "Mulino
ad acqua in Sicilia. Tecnica e lavoro", consente ai visitatori di
avere una chiara comprensione degli elementi tecnici, facendoli vedere
nella loro funzionalità, e dei lavori inerenti l'attività molitoria.
BUSCEMI
È un piccolo paese dell'Altipiano Ibleo, situato a 761 metri
slm.
Abbarbicato su una collinetta, si configura come un grande teatro
naturale che domina la Valle dell'Anapo, circondato dalle testimonianze
dell'antica Akrai, di Casmene e della Necropoli di Pantalica. Le radici
stori-che di Buscemi affondano nella preistoria della civiltà umana.
Dalla tarda età del bronzo fino al V-VI sec. d.C.non si sa nulla del
primitivo agglomerato. Può solo dirsi che le tracce della presenza
umana, nei siti archeologici che lo circondano, non vanno oltre il
periodo bizantino e cioè oltre il periodo in cui si ha il formarsi di
un grosso agglomerato trogloditico sul versante dov'è situata l'odierna
Buscemi, determinando l'origine del sito. Le prime notizie storiche si hanno
nel periodo arabo con il nome di dal' at Abi Samah.
Successivamente lo si trova citato con il nome di Buxema, Bussema e
Buscema. Il processo di ricostruzione dopo il terremoto del 1693,
avvenuto nello stesso sito, segnò l'inizio della Buscami contemporanea
con gli interessanti esempi dì architettura barocca, religiosa e
civile.
Buscemi, paese-Museo. A Buscemi, a differenza di tantissimi altri
paesi, il legame con il passato e la cultura popolare non si è spezzato
grazie alla realizzazione nel 1988 di un itinerario etnoantropologico
nel centro dell'abitato che gli ha conferito la singolare e importante
immagine di paese-museo. Il Museo, concepito fin dal suo nascere come
testimonianza diretta e concreta della vita e del mondo del lavoro delle
genti iblee, attraverso la riproposìzione delle autentiche strutture
abitative e di lavoro musealizzate nello stesso luogo, costituisce
museograficamente, un esempio unico in Sicilia.
Da visitare: una statua dell'Addolorata di F. Quattrocchi (1732)
nella Chiesa Madre, la chiesa di S. Antonio da Padova, la chiesa di S.
Giacomo, i ruderi della città greca di Casmene, l'Eremo dì Fra'
Giuseppe, la chiesa rupestre di S. Pietro (V sec. d.C.).
GRAMMICHELE
La città fu fondata dopo il terremoto del 1693 quando gli abitanti
della vicina Occhiala, distrutta dal sisma, si trasferirono su
questo altopiano dei Monti Caronia, a 521 m. s.l.m. A ricostruire
l'abitato con l'attuale denominazione, sulla collina Piano degli
Asfodeli, prowide il principe Carlo Maria Carafa Branciforte di
Bufera e di Roccella. Una lapide sul frontone del Municipio
ricorda il disastroso evento sismico: Nel 1693 i rimasti della terra d'OchuIa questo altipiano vennero ad abitare. La pianta a forma
esagonale era stata disegnata dall'architetto Michele da Feria per
volontà del principe di Bufera. Loriginale forma trae ispirazione dallo
schema geometrico della Fortezza di Palmanova del Friuli. Al
centro si trova una grande piazza attraversata da tré strade principali
che creano sei settori e sei piazze più piccole. Le altre vie si
sviluppano seguendo un sistema radiale concentrico che conferisce la
forma esagonale all'intero abitato. Per questa sua caratteristica è
fatta oggetto di studio presso numerose facoltà di architettura del
mondo. Le radici storiche di Grammichele affondano nell'era neolitica e
proseguono nelle successive epoche sicula, greco-arcaica, romana,
bizantina e medievale. L'antica Eketla è stata trovata ai piedi
del comlesso collinare Terravecchia-Occhiolà-Poggio dell'Aquila,
a nord dell'attuale Grammichele. Gli scavi finora condotti hanno portato
alla luce una necropoli siculo-greca in contrada Poggio dell'Aquila e un
sito greco-indigeno in contrada Terravecchia oltre alla necropoli del Mulino
della Badia.
Da visitare: la Chiesa Madre, il Crocifisso ligneo del '600, a
grandezza naturale, proveniente dalla distrutta Occhiolà e
conservato nella chiesa di S. Leonardo; il Santuario della Madonna
del Piano. Le zone archeologiche da visitare si trovano al Poggio
dell'Aquila e in contrada Terravecchia; quest'ultima custodisce la
necropoli del Mulino della Badia ed i resti della misteriosa
città di Eketla.
CALTAGIRONE
Città di origine preistorica, fu interamente distrutta dal terremoto
del 1693. La ricostruzione le diede un nuovo volto d'ispirazione
barocca. Caratteristica di Calfagirone è la tipica produzione di ceramiche artistiche, un'attività già fiorente nel periodo
arabo grazie allo sfruttamento delle abbondanti argille locali. Dal 1965
è sede del Museo Regionale della Ceramica. Una produzione
artigianale
molto antica è costituita dai fischietti in terracotta con
calchi e tecniche vecchie dì più generazioni. Coloratissimi davanti e
bianchi sul retro, sono a forma di soldati, preti, cavalieri, madonne e
animali mitologici. Uno dei più divertenti è quello a forma d'uccello
contenuto in una vaschetta. Riempitela d'acqua e soffiateci dentro: ne
uscirà il canto purissimo dell'usignolo.
Da visitare: Chiesa di Santa Maria del Monte con facciata di
linea tardo-cinquecentesca, situata al termine dell'omonima Scala
che, composta da 143 gradini con alzata rivestita in piastrelle in
maiolica decorata, ogni anno, per la festa dì S. Giacomo (24 luglio),
viene illuminata da 4.000 lumiere disposte lungo i gradini
creando uno spettacolo di straordinaria suggestione; Chiesa di S.
Francesco d'Assisi in forme festosamente barocche; Chiesa di S.
Pietro con facciata goti-cheggiante stretta fra due campanili e
rivestita in maiolica azzurra, verde e gialla; Chiesa di S. Giorgio
che conserva il più antico dipinto fiammingo presente in Sicilia,
rappresentante il Mistero della Trinità attribuito a Roger van
der Weyden; Chiesa di S. Giacomo con all'interno un elegante portale
policromo con sovrastante medaglione in marmo WAnnunciazione,
opera del Gaginì: S. Maria del Gesù con statua della Madonna
della Catena, squisita opera di A. Gagini; la Chiesa di S.
Bonaventura; il Ponte di S. Francesco (1626/1666); i Musei
Civici; la Villa Favitta in stile liberty, Villa
Chiarandà-Jacona della Motta con elegante scalone d'ingresso a
doppia rampa, Villa Gravina in stile liberty con torre-belvedere,
le Necropoli del territorio, il Cimitero monumentale in
stile neogotico, l'edificio delle Officine Elettriche
dell'architetto Ernesto Basile, costituisce un compiuto esempio di
architettura industriale di questo secolo.
MINEO
Città-presepe, Mineo è un piccolo gioiello adagiato su due colline
che dominano una pianura odorosa di zagara. Il centro urbano,
dall'impianto medievale, è attraversato da stradine e vicoli che ne
ricamano il tessuto aprendosi, come per incanto, a suggestivi cortili
interni impreziositi da artìstici ballatoi.
Le sue origini sono antichissime come dimostra il ritrovamento, in
località Palikè, di strumenti litici risalenti al X millennio a.C. Ma
le numerose stazioni archeologiche rinvenute nel suo territorio
dimostrano che il sito fu abitato anche nei secoli successivi. Durante
la colonizzazione greca Mineo prese il nome di Menanion
divenendo, per essere al centro di comunicazione e di commercio tra le
zone di Catania e di Gela, la capitale della Lega Sicilia di Ducezio che
comprendeva, oltre agli stanziamenti sul colle di Mineo, sul Monte
Catalfaro, sul Piano del Bosco, anche i centri di Trinakrie, Erice,
Palikè, Machalla, Maktorion, Murgentium, Rocca, Gatto, etc... Mineo
diede i natali al siculo Ducezio che regnò nella cosiddetta Valle
dei Margi. Per difendersi dall'egemonia greca di Siracusa questi
fortificò la città dotandola dì mura di cinta di cui restano
imponenti ruderi. I greci vi innalzarono un tempio al dio sole mentre
nel periodo romano, nel 261 d.C., vi giunsero le spoglie dì
Sant'Agrippina, patrona di Mineo. Gli arabi vi introdussero la coltura
degli agrumi; i normanni trasformarono il ridotto fortificato voluto da
Ducezio in un castello. Il sisma del 1693 danneggiò gravemente la
città la cui ricostruzione impegnò più di cento anni.
Da visitare: il centro storico, la chiesa di S. Maria Maggiore, la
chiesa di Santa Agrippina, la chiesa di S. Pietro, la chiesa e Badia di
S. Maria degli Angeli.
PALAGONIA
Ridente e laboriosa cittadina della Piana di Catania, Palagonia fonda
gran parte della sua economia sulla coltivazione degli agrumi. Le
coltivazioni di queste piante caratterizzano anche il paesaggio ed i
dintorni del paese. La città, di origine normanna, sorge su un sito
abitato sin da epoche più remote come si evince dai ritrovamenti
archeologici della zona. Non lontano dal centro abitato sorge
l'interessante Eremo di Santa Febronìa, protettrice del paese. La
costruzione di natura rupestre risale al VI-VII secolo. L'edificio è
costituito da un vano di m. 9x6 con le pareti ricavate dalla roccia.
All'interno, nell'abside, si trova un interessante affresco bizantino.
Altri affreschi si possono osservare lungo altre pareti ma sono
difficilmente distinguibili a causa dello stato di abbandono dell'Eremo.
Da visitare: il centro storico, la Chiesa Madre dedicata a S.
Febronia.
SCORDIA
Benvenuti a Scordia città delle più dolci arance del mondo.
Così recitava un vecchio cartello posto all'ingresso del paese. Scordia
è una cittadina della provincia catanese immersa nel verde degli
aranceti dell'estremità meridionale della Piana di Catania, alle falde
settentrionali dei Monti Iblei. E solo in questa zona compresa dal
quadrilatero Scordia, Palagonia, Lentini, Francofonte maturano le
dolcissime arance a polpa rossa vanto ed orgoglio dell'agricoltura
siciliana.
Il paese, già abitato in età preistorica ed in epoca romana, deve
la sua fondazione al prìncipe Antonio Branciforte di Trabia che nel
1628, ricevuto in dote dalla moglie Giuseppina Campulo il Casale di
Scordia Sottana, ne incrementa l'economia e lo sviluppo civile e
sociale mentre, per volere del rè di Spagna Filippo IV, viene nominato
1° principe di Scordia.
Le origini preistoriche del sito sono documentate dalla presenza di
antichissimi insediamenti siculi (IX-VIII sec. a.C.) e dalla presenza di
numerose grotte artificiali nella zona Cava (fra tutte spicca la
caratteristica Grotta del Drago costituita da due piani collegati
da una scala interna scavata nella roccia).
Da visitare: la Chiesa Madre, la chiesa di S. Antonio da Padova, la
chiesa di S. Maria Maggiore.
LENTINI
Abitata dai siculi della mitica Xuthia fondata, secondo
Diodoro Siculo, da Xuthos discendente dal rè Liparo, Lentini fu
costruita da una colonia di calcidesi di Naxos, nel 729 a.C., sul Monte
San Mauro dove in precedenza esisteva un villaggio sìculo.
Successivamente, risultando la zona troppo angusta, fu allargata fino
a comprendere la Meta Piccola e la Vallata con la conseguenza della
edificazione di una nuova cinta muraria. Famosa nell'antichità per la ricchezza della produzione cerealicola,
fu sconfitta da Siracusa (nel 415-413 a.C.) dopo una secolare lotta
nonostante l'intervento degli ateniesi chiamati dal filosofo Gorgia. Occupata dai romani nel 214 a.C. entrò in crisi per poi risorgere
nel medioevo quando fu una delle più importanti città demaniali.
Distrutta dal terremoto del 1693 e successivamente ricostruita è, oggi,
uno dei più importanti centri produttori di agrumi.
Da visitare: la chiesa di S. Maria La Cava e Sant'Alfio, Palazzo
Scammacca, il quartiere medievale dì San Paolo, i ruderi del
Castellacelo, le Grotte del Crocifisso, i ruderi di Leontinoi.
Il Parco archeologico di Leontinoi
Individuato nella Valle di San Mauro nel 11200, si trova fuori
dall'odierno abitato. A meno dì 500 si può visitare la parte sud
dell'importante colonia greca da cui si dipartono le imponenti muraglie
dell'acropoli con uno sviluppo a tenaglia (VII, V, III sec. a.C.).
Appena fuori la Porta di Siracusa sì notano una serie di tombe
monumentali a forma piramidale del perìodo ellenistico.
Degne di essere visitate all'interno della cinta muraria sono le
cosiddette Grotte di San Mauro dove ancora esiste nelle pareti
qualche affresco bizantino. La presenza della stirpe sicula è
testimoniata dalle tracce di capanne preistoriche e di grotte nel colle
della Metapiccola.