Tra nobili residenze barocche
Le tappe del percorso:
Avola,
Noto, Ispica, Cava
d'Ispica, Modica, Ragusa,
Chiaramonte Gulfi,
Palazzolo Acreide
AVOLA-CASSIBILE
La vecchia Avola Antica, che già esisteva in età bizantina
ed araba, fu distrutta dal terremoto del 1693. Fu ricostruita con pianta
esagonale a sud dell'antico centro.
Da visitare: la Chiesa Madre conserva una tela di Olivio
Sozzi, lo Sposalizio della Madonna, la Chiesa della Badia,
la Chiesa di S. Venera. A circa 14 chilometri da Avola, in località Cassibile,
merita una visita la riserva naturale di Cava Grande, lunga circa 10 chilometri
e profonda da 200 a 300 metri. Sul fondo si snoda il letto del fiume
omonimo che crea in numerosi punti grandi pozze d'acqua in cui vive la trota
macrostigma. Ai margini del fiume si trovano, allo stato naturale, i
Platani orientali altrove quasi scomparsi mentre lungo la Cava cresce la
rarissima Orchidea selvatica (detta Ofride di Bianca).
NOTO
NOTO (e il barocco). La nuova città sorse nel 1703 dopo che la
vecchia Noto era stata distrutta dal terremoto del 1693.
Sviluppatasi assai rapidamente, è un concreto esempio degli ideali
urbanistico-architettonici della cultura settecentesca siciliana.
Caratteristici, oltre al tufo in cui tutta la città è intagliata, gli
scenografici complessi edilizi e le gradinate di raccordo dei diversi
livelli. Di notevole interesse il Villaggio preistorico in località Castellacelo
(civiltà di Castelluccio) e le necropoli dell'età del bronzo.
Da visitare: i resti del Castello del XIII sec., la Chiesa di S.
Domenico e il convento dei domenicani (oggi sede della Biblioteca
Comunale), la Chiesa ed il Collegio dei Gesuiti, le Chiese del Carmino,
di S. Maria dell'Arco, di S. Chiara, di S. Francesco, il Monastero, la
Chiesa di S. Carlo, il Duomo dichiarato monumento nazionale con decreto
del 21 novembre 1940 e recentemente parzialmente crollato, le Chiese dì
S. Michele (splendida acquasantiera del XV sec.) e del SS. Crocifisso,
il Palazzo Ducezio (sede municipale) ed i Palazzi Landolina
(Sant'Altane), Nicolacì (Villadorata), Astuto, Trigona (Cannicarao) e
Impellìzzeri, l'unica dimora nobiliare del tardo '700 di Noto Alta.
Da visitare nei dintorni: Eremo di San Corrado.
NOTO ANTICA
L'antica Néai, la Netum romana, di origine
sicana, si
estende sull'inespugnabile altura cuoriforme di Monte Alveria, a
425 metri di quota ed a 15 km dall'attuale paese di Noto, bagnata dai
fiumi Asinaro e Salitello. Qui la presenza umana ha lasciato tracce significative. Le
vestigia delle varie civiltà che si sono succedute nel tempo sono
testimonianza di millenni di storia: le necropoli sicule di Monte
Alverìa (IX sec. a.C.), fuori dalla Porta della Montagna, i
reperti della cultura di Castelluccio (XIX-XV sec. a.C.) e del Finocchito
((VII sec. a.C.), nei limitrofi di Noto Antica, costituiscono una
ragguardevole testimonianza di questo noto centro siculo. Secondo la
leggenda questa città avrebbe dato i natali a Ducezio, il mitico siculorum
rex che avrebbe coalizzato gli abitanti a difendersi dall'assedio
dei siracusani fortificando la città con una possente cinta muraria.
L'ingresso si guadagna attraversando la Porta della Montagna.
All'interno della città antica, in contrada Pastuchera, si intravedono
ruderi dell'epoca di Jerone II, periodo in cui assunse una certa
importanza: resti del Gymnasium, heroa ed agorà ellenistici (III
sec. a.C.), luoghi di venerazione di defunti. Sotto il senato romano
Netum venne riconosciuta Civitas Fcederata. Col diffondersi del
Cristianesimo i netini adottarono la nuova religione; ne sono
testimonianza la Grotta del Carciofo (catacomba ebraica) e la
Grotta
delle Cento Bocche (catacomba proto-cristiana).
Nell'866 Noto, conquistata dagli arabi e mai sottomessa con la forza,
divenne capovalle amministrativa di una delle tre circoscrizioni in cui
fu divisa risola. Due secoli dopo venne occupata dai normanni di cui
restano il poderoso Castello Reale (XI-XVI sec. d.C.) e i ruderi
delle chiese dì S. Nicolo e di S. Francesco. Ai normanni seguirono
svevi, angioini, aragonesi (con rè Martino II), castigliani (con
Alfonso il Magnanimo). Nel 1600 la Noto medievale aveva edificato chiese
e palazzi subendo la prima influenza dell'arte barocca: i ruderi della
chiesa del Carmine, del Collegio dei Gesuiti, del Convento dei
Cappuccini, di Palazzo Belludia. L'11 gennaio del 1693 una violenta
scossa sismica la rase al suolo e la distrusse. L'eremo di S. Maria
della Provvidenza fu qui costruito nel secolo XVIII a ricordo del
disastroso evento.
Da visitare nei dintorni: la ridente stazione climatica di Testa
dell'Acqua (20 km), S. Lucia di Mendola (25 km)
caratterizzata da una catacomba cristiana con nicchie funerarie, il
villaggio preistorico di Castelluccio con le 200 tombe a
grotticella della Cava della Signora, l'Oratorio bizantino e la
Grotta dei Santi con decorazioni pittoriche bizantine e
cinquecentesche, l'altura del Finocchito, importante insediamento
preistorico (IX-VII sec. a.C.) dove vissero popolazioni contemporanee a
quelle di Monte Alveria.
ISPICA
La cittadina domina il mare da una piccola altura ed è una località
di rilevante interesse archeologico, adiacente alla famosa cava dov'era
ubicata l'antica città (Spaccaforno) poi distrutta dal terremoto del
1693.
Prospero e civile, questo centro urbano mantenne l'antico nome di
Spaccaforno fino al 1935. Il fascino di questa località, ricca di
grotte, necropoli e chiese, ha catturato nei secoli artisti e scrittori.
La città comprende un'area di impianto 700esco con una maglia
stradale a scacchiera ed un'area di impianto medievale con tracciati
viari irregolari. Quest'ultima area è adiacente ad una rupe dove
sorgono i ruderi di una fortezza, nucleo principale della città che
prima del terremoto del 1693 si sviluppava nella parte finale di Cava d'Ispica.
Dopo il terremoto, mentre alcuni quartieri furono ricostruiti attorno
alle chiese rimaste in piedi (S. Antonio, del Garmine, dei Minori
Osservanti), altri furono tracciati ex-novo sul colle Calandra con vie
larghe e diritte. I reperti archeologici testimoniano di una
ininterrotta presenza abitativa del sito sin dall'età del bronzo mentre
la più antica notizia della città la si ha in una bolla di Papa
Alessandro III del 1168. Alla fine del XIII secolo la terra di Spaccaforno
venne aggregata alla contea di Modica.
La storia di Ispica vide succedersi al potere diverse famiglie
nobiliari siciliane: i Lanza, i Chiaramonte, i Cabrerà, i Caruso ed,
infine, gli Statella al comando della città dal 1520 al 1812.
Con l'abolizione del feudalesimo Ispica divenne, infine, libero
Comune e si sviluppò attorno al nucleo storico che concentra i
monumenti più significativi della città.
Da visitare: la Chiesa Madre, la chiesa dell'Annunziata, il Palazzo
Alfieri, il Palazzo Bruno di Belmonte (uno dei migliori monumenti
liberty presenti in Sicilia), la chiesa di S. Maria Maggiore (custodisce
all'interno il Cristo flagellato alla della colonna proveniente
dalla Cava d'Ispica ed oggetto di antico culto), l'area
archeologica di Cava d'Ispica con il Parco archeologico della
Forza (di cui è famosa la galleria inclinata scavata nella roccia
detta Centoscale che, con i suoi 280 scalini, arriva a 50 metri sotto il
livello del fiume); la città storica caratterizzata da importanti opere
tardo-barocche e liberty, gli oltre dieci chilometri di spiaggia libera
(S. Maria del Focallo, Ciriga, Porto Ulisse, la baia della Marza).
All'interno del Parco archeologico una grotta è stata adibita ad
Antiquarium. Vi sono sistemati i reperti rinvenuti nel sito. Un
altro sito della Cava permette di visitare la grande catacomba
paleocristiana di Larderia, databile tra il IV ed il V sec. a.C.,
con più di 300 tombe distribuite su tre corridoi. L'ambiente della Cava
non è dissimile da quello delle altre cave che numerose solcano gli
Iblei e sul cui fondo, vera linfa vitale, scorrono fiumi e torrenti che
con le loro acque consentono la crescita di una vegetazione rigogliosa e
l'affermarsi dì una fauna variegata.
CAVA
D'ISPICA
Tra le cave che solcano numerose i Monti
Iblei, una delle più
suggestive è sicuramente la Cava d'Ispica, un canyon lungo 13
chilometri scavato dal torrente Ispica. La Cava reca in sé le
testimonianze di una frequentazione costante dell'uomo sin dai primi
insediamenti Sicani. Un itinerario intelligente per la visita della Cava
inizia in prossimità dì Ispica, presso l'incrocio
Pachino-Ispica-Rosolini, e prosegue lungo la valle seguendo le
indicazioni per Cava d'Ispica. Si possono osservare,
così, abitazioni rupestri (grotte Salnitro), i santuarietti
di S.Teodoro, S. Nicolo, S. Rosalia e s. Gaetano, la necropoli
sicula di Scalaricotta con le classiche tombe a grotticella, il Parco
della Forza con tracce di insediamenti umani risalenti al XIX sec.
a.C., il Centoscale, una lunga scala sotterranea di 280 gradini
che giunge sino al letto del fiume sul fondo della Cava. All'interno del
Parco una grotta è stata adibita ad Antiquarium. Vi sono
sistemati i reperti rinvenuti nel sito. Un altro sito della Cava
permette di visitare la grande catacomba paleocristiana di Larderia,
databile tra il IV ed il V sec. a.C., con più di 300 tombe distribuite
su tre corridoi. L'ambiente della Cava non è dissimile da quello
delle altre cave che numerose solcano gli Iblei e sul cui fondo, vera
linfa vitale, scorrono fiumi e torrenti che con le loro acque consentono
la crescita di una vegetazione rigogliosa e l'affermarsi di una fauna
variegata.
MODICA
Le sue origini affondano nel V sec. a.C. quando la sicula Motyka
faceva parte dei domini del tiranno siracusano Gelone. I
Romani la conquistarono definitivamente nel 212 a.C.; nel IX secolo
passò agli arabi che la chiamarono Mohac; questi ultimi
svilupparono le attività agricole e commerciali. I Normanni, che
seguirono agli arabi, promossero ulteriormente il commercio e la
eressero a Contea, denominazione esistente fino al 1927 quando II
nuovo assetto amministrativi creò la provincia di Ragusa. Il terremoto
del 1693 la distrusse quasi interamente ma fu ricostruita nel
preesistente sito ristrutturando parzialmente il vecchio tessuto urbano
e favorendo i nuovi moduli della fiorente architettura barocca, tanto da
essere denominata la città di merletto per i suoi ricchi ricami
baroccheggianti. La città è ubicata sui Monti Iblei meridionali, tra
le gole dì due torrenti oggi coperti, il Pozzo dei Pruni e lo Janni
Mauro. Dall'alto del Ponte Guerrieri, il più alto d'Europa
con i suoi piloni centrali di 120 metri, si presenta in tutta la sua
magnificenza scenografica, lasciando con il fiato mozzo.
Da visitare: la Chiesa di S. Giorgio posta alla sommità di una
maestosa scalinata dì 250 gradini, la Chiesa di S. Pietro, del Carmine,
di S. Domenico, di S. Maria di Betlem con all'interno l'interessante Cappella
Cabrerà (XIII sec.), il Museo archeologico Ibleo, il Museo
Etnografico S. Amabile Guastella, il centro medievale.
RAGUSA
La città si estende su tre rilievi separati da due valloni, la Cava
di S. Leonardo e quella di Santa Domenica. Il quartiere più antico,
dove un tempo viveva l'uomo della preistoria e che si chiama ancora oggi
Ibla e Ragusa Superiore, unite da quattro ponti che attraversano
un profondo burrone chiamato Valle dei Ponti. La parte più
antica della città sorge sulle rovine della mitica Hybla Heraìa,
fondata dai siculi migliala di anni prima di Cristo come testimoniano le
tombe della Valle del Gonfalone e i reperti funerari conservati
nel locale Museo Archeologico. Ellenizzata dai greci che la
chiamarono Hybla Heraia passò successivamente sotto i Romani che
modificarono Heraia in Hereum, in età bizantina divenne Reusia
e tale restò per circa cinque secoli fino a quando arrivarono gli
arabi che la chiamarono Sakkusao Ragus. Seguì l'occupazione dei
Normanni che la chiamarono Ragusa e, divenuta contea, fu assegnata a
Goffredo il Normanno, primo conte di Ragusa. Seguirono gli svevi e il
malgoverno dei francesi di Carlo d'Angiò che culminò nei Vespri
Siciliani. In questo periodo salirono al potere prima i Chiaramonte e,
quindi, i Cabrerà. Nel 1693 un terribile terremoto distrusse la parte
alta della città imponendo un'immediata opera di ricostruzione. Nel
1865 furono distinti i due nuclei della città in Tagusa Superiore ed
Inferiore. In seguito la prima si chiamò solo Ragusa e la seconda
riassunse il nome originario di Ibla. All'inizio del XX secolo, nel
1926, i due comuni furono riuniti in uno. Ragusa Ibla conserva
una struttura urbanistica tipicamente medievale e barocca; prettamente
settecentesca è, invece, la planimetria di Ragusa.
Da visitare: il Museo Archeologico Ibleo, la Cattedrale di S.
Giovanni Battista, le chiese di S. Maria delle Scale, dell'Idria, delle
Anime del Purgatorio, di S. Giuseppe, il Duomo di S. Giorgio, Palazzo
Cosentini, Palazzo Bertini, Palazzo Zacco.
CHIARAMONTE GULFI
Situata in posizione panoramica, la cittadina sorge su una collina da
cui si domina la valle dell'Ippari e si ammira la pianura che si spinge
fino alle coste del mare. Distrutta dagli angioini nel 1299, venne
successivamente ricostruita dai Chiaramente. Alla cacciata dei francesi
la guida della città venne assunta da Manfredi Chiaramente che
ricostruì la città, la cinse dì mura, le diede un Castello ed il nome
del suo casato a cui, nel 1881, venne aggiunto quello di Gulfi,
nome del primitivo centro musulmano distrutto nel 1299.
Non lontano, nella zona di Santa Margherita, vi sono alcune grotte in
cui è possibile ammirare i resti di affreschi medievali raffiguranti la
Crocifissione di Cristo e, forse, anche di Santa Margherita. Una
leggenda popolare, legata al culto di questa Santa, narra della
liberazione del territorio di Gulfi di un terribile serpente.
Il nucleo originario, nato dai resti dell'antica Akrìllai
distrutta dagli arabi e i cui abitanti sopravvissuti fondarono il nuovo
centro che chiamarono Gulfi, risale ai secoli XII e XIII mentre l'antica
Akrìllaiiu fondata da coloni greci circa 70 anni dopo la
colonizzazione di Siracusa. Secondo lo storico Tito Livio la città fu
usata come fortilizio abbastanza agguerrito nel corso della 2° Guerra
Punica. Resti dell'antico sito sì trovano in località Piano Grillo,
Citali, Piano del Conte-Morana, Casazze mentre diverse necropoli
risalenti al periodo greco-ellenistico si trovano in località
Mazzaronello-Scornavacche, Paraspola-Pipituna, Canalotto-Donna Pirruna e
Lago-Passaguastelli.
Da visitare: la Chiesa Madre dedicata a S. Maria La Nova
(XV sec.) in
stile gotico, la chiesa di San Filippo, la chiesa del SS. Salvatore,
l'Arco dell'Annunziata, porta d'ingresso principale al castello
chiaramontano, la chiesa di S. Giovanni, il Santuario della Madonna
di Gulfi (a 3 km dall'abitato).
PALAZZOLO ACREIDE
Sub-colonia siracusana, fu fondata come avamposto militare nel 664
a.C. sulla sommità di un'alta collina del monte Lauro. Dopo la sua
fondazione Akrai fu coinvolta nelle guerre siracusane e decadde sotto i
Romani. Prima della fondazione della città, la zona fu abitata durante
il paleolitico superiore (fino a 20.000-10.000 anni a.C.). I resti
monumentali più importanti sono il Teatro (III sec. a.C.), il
Bouleuterìon (luogo di riunione del Consiglio), due latomie ad est del
Teatro, i Santonì (12 sculture rupestri). Le prime notizie dell'attuale
centro si risalgono al XII secolo quando comparve con il nome di Placeolum
in una bolla papale del 1169. Semidistrutta dal terremoto del 1693 che
sconvolse la Sicilia orientale, venne subito ricostruita trovando nello
stile barocco l'omogeneità architettonica più significativa.
Da visitare: la Chiesa Madre, la Chiesa dell'Annunziata, la Chiesa di
S. Sebastiano, la Chiesa di S. Paolo. Particolarmente interessante è la
Casa-Museo fondata da Antonino Uccello; in essa sono raccolti i vecchi
attrezzi e gli utensili della vita contadina.
Il Mulino ad acqua di S. Lucia
(Museo della Macina del Grano)
Ubicato nella Valle dei Mulini è il quarto di una serie di
mulini che venivano messi in movimento dalle acque del torrente Purbella.
La sua presenza viene attestata fin dal XVI sec. Si conserva ancora
integro nelle sue parti, immerso in una valle incontaminata adombrata da
querce e noci, animata solo dallo scorrere delle acque del torrente che
lo lambiscono e dalla fauna che popola il suo territorio. Nei suoi
ambienti è stato allestito, per consentire una lettura tecnica e
storica del mulino ad acqua, il Museo della Macina del Grano in
cui viene illustrata l'evoluzione avvenuta nella tecnica di macinazione
dei cereali (dalla preistoria fino alla utilizzazione dell'energia
idraulica), il lavoro e la maestria dei mugnai. Il documentario "Mulino
ad acqua in Sicilia. Tecnica e lavoro", consente ai visitatori di
avere una chiara comprensione degli elementi tecnici, facendoli vedere
nella loro funzionalità, e dei lavori inerenti l'attività molitoria.
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