FATTA COSTRUIRE DAL SENATO PALERMITANO PER
DIFENDERE LA TONNARA DAGLI ASSALTI DEI PIRATI, LA TORRE DI MONDELLO
ATTENDE SEMPRE DI ESSERE RESTAURATA.
IL SANGUINOSO RAID DI TURCHI NELLA BORGATA, NEL 1562,
IMBARCAZIONI CORSARE FINITE NELLE RETI DEI PESCATORI LOCALI, NEL 1793
di Giuseppe Quatriglio
E' sempre un'occasione di festa
trovarsi a passeggiare nella piazza di Mondello, in vicinanza delle
barche dai colori vivaci tirate a secco e con l'odore del mare, avendo
sullo sfondo quel gigantesco cane accovacciato che è il Monte
Pellegrino. Le voci sono allegre e le immagini liete a poco distanza dal
torrione che attende da tempo un razionale restauro e che sembra
estraneo al luogo. E, in realtà, chi bada alla torre della tonnara ?
Qualcuno neanche la vede più perché, trovandosi sempre lì,
inevitabilmente sembra invisibile.
Eppure... eppure quel manufatto sta lì
dalla seconda metà del Quattrocento, cioè da oltre mezzo millennio,
costruito, a quanto si sa, per conto della municipalità del capoluogo,
il Senato palermitano. Il motivo? Per difendere la tonnara con i suoi
costosi attrezzi, e naturalmente anche i pescatori e le loro famiglie,
dagli assalti dei pirati.
Si sa poco di questa torre che fu visionata
dall'architetto fiorentino Camillo Camilliani che, nella seconda metà
del Cinquecento, ebbe l'incarico di verificare la consistenza delle
fortificazioni lungo l'intero perimetro della Sicilia. Successivamente,
il diarista Marchese di Villabianca, che scriveva a fine Settecento, nel
suo repertorio delle tonnare dell'Isola descrisse anche la tonnare di
Mondello "che si stende alquante miglia di mare dalla spiaggia",
riferendo anche notizie sui proprietari della torre con queste precise
parole: "La famiglia Gerbino de' baroni della Gulfotta ne tiene gran
parte di pertinenza per retaggio delle famiglie Guiglia ed Agate, quale
di Agate ne tenne per corto tempo la padronanza. Porzione pure di questa
tonnara spettano alii Miceli e baroni Bona. Alfonso Guiglia nel 1637 fu
il primo che ne fé l'acquisto dalla R. Corte. E i baroni della Gulfotta,
Gerbino ne tengono tre decimi parti delle onze 275 annuali della gabella
ordinatria della tonnara".
Poche anche le notizie degli assalti
subiti dal villaggio di Mondello e, tra queste, c'è da registrare quella
proveniente da un archivio spagnolo di Simancas che informa di uno
sbarco di turchi alle pendici del Monte Pellegrino e a Mondello nel
1562.
Laconiche annotazioni che fanno tuttavia capire quanto sanguinosa
dovette essere la sortita piratesca se meritò spazio tra le carte di un
archivio di Spagna. Dodici anni dopo, e a darne notizia questa volta è
il diario di Paruta e Palmerino, nel cuore delle notte (era il 14
luglio), il rintocco lugubre delle campane diede l'allarme al minuscolo
e povero abitato. Contemporaneamente i guardiani uscirono per strada e
suonarono le trombe per far capire che il pericolo era serio e
imminente. Si videro uomini a cavallo e comparvero anche le armi nelle
mani di quanti non si sentivano più sicuri nella loro terra e volevano
proteggere le donne, i bambini e gli averi dal saccheggio. Le notizie
fornite dai diaristi sono scarne ma si può immaginare che anche quella
volta la gente di Mondello dovette rintuzzare con il coraggio della
disperazione l'assalto di barbareschi che venivano dal mare per
depredare e ridurre alla schiavitù in terre lontane pacifici pescatori.
Gli assalti dei pirati continuarono
certamente per tutto il Seicento e il Settecento, ma se ne trova solo
qualche traccia nei documenti. E' registrato tuttavia l'assalto dei
corsari turchi avvenuto nel 1793. Furono prese di mira due galeotte di
pescatori che avevano gettato le lunghe reti a poca distanza dalla
costa, ma quella volta la sorte favorì i siciliani. Infatti, le
imbarcazioni corsare manovrarono in modo maldestro, tanto da trovarsi
impigliate nella rete stesa dai pescatori di Mondello. E allora, fu
facile a questi - una volta tanto - catturare i pirati e le loro barche.
Non sempre, però, andava bene.
Giuseppe Pitré nel suo libro "Palermo nel Settecento" trascrive il grido
di guerra:
All'armi, all'armi la campana sona li turchi
sunnu junti a la marina!
Ricorda, altresì, il grande etnologo
palermitano che la città ai piedi del Monte Pellegrino aveva i suoi
"soldati di marina" incaricati di custodire le spiagge fino a Bagheria,
e commenta: "Ma che potevano fare questi soldati, impotenti com'erano a
resistere ai pirati che giungevano fino a Mondello, anzi fino al tiro
della Lanterna del Molo?" Avvenimenti lontani nel tempo, quando ancora
le acque del golfo di Mondello si arrossavano del sangue dei tonni che
si dibattevano dilaniati dagli arpioni dei pescatori, dopo aver
combattuto e perduto l'ultima battaglia nella camera della morte.
La torre di Mondello, con la sua muta
presenza, ricorda un passato, un passato di secoli. E appunto per questo
merita rispetto. Merita di essere salvaguardata per le future
generazioni.