BUTTARLE GIÙ SAREBBE UN RIMEDIO PEGGIORE DEL MALE
... di Nino
Martinez
Buttarle giù o salvarle? Questo il dilemma (più che
mai cornuto) che pronuncerebbe un moderno Amleto ai piedi di Pizzo Sella,
davanti alle 65 lussuose ville costrutte sulla montagna, a parte gli
scheletri, che, tra l'altro, tanto si addicono appunto ad Amleto.
Da vari lustri, non si fa che parlare della collina
della vergogna - secondo noi - per il solo motivo che un'arida parete
collinare che guarda su Mondello è stata nobilitata e valorizzata dal
punto di vista ambientale e paesaggistico da tante ville di suggestive ed
eleganti linee architettoniche, sorte al centro di spazi dalla
vegetazione ben disciplinata e amorevolmente curata; ville acquistate per
lo più da chi ha dato fondo a tutti i risparmi e spesso vendendo
l'appartamento in cui abitava prima. Gli atti hanno avuto tutti i crismi
della legalità, davanti ai notai, e senza che nessuno di questi ultimi
avesse minimamente accennato a gravi, allarmanti pericoli futuri. In
altri termini, pur avendo tutte le carte in regola, i proprietari hanno
visto, un bel momento, anzi, un bruttissimo momento, i loro immobili
sequestrati dai giudici e assunti in proprietà dal Comune.
La causa alla radice? Una concessione edilizia che...
non avrebbe dovuto essere concessa, ma di cui - ripetiamo - gli
acquirenti erano totalmente estranei e all'oscuro. E non si capisce come
mai, se esistevano pesanti irregolarità di cui si era a conoscenza nelle
alte sfere, la zona sia stata fornita dei servizi essenziali: luce e
acqua. È proprio una storia che se non fosse drammatica sarebbe da
ridere.
Pertanto, quando si dice collina della vergogna,
bisognerebbe stabilire chi dovrebbe vergognarsi.
Le sentenze di sequestro e di confisca, giuridicamente
saranno di certo inappuntabili, ma ovviamente esse non hanno tenuto in
alcun conto la situazione delle "vittime", che pur essendo incolpevoli
sono costrette a pagare in forza di un atto che nei loro riguardi appare
ingiusto; mentre tutto tace sui veri responsabili, diciamo, del papocchio.
Comunque, al punto in cui si è giunti, fermo restando
il "peccato originale", bisogna guardare in faccia la realtà. Di quale
grave reato si sono macchiati i titolari delle ville per subire simili
condanne che per alcuni si traducono in un crollo economico assolutamente
non previsto, né prevedibile?
Abituati a vedere gli abusi edilizi che veramente hanno
deturpato, intorno a Palermo, numerose altre colline e monti (non escluso
il Monte Pellegrino, la cui strada panoramica praticabile a singhiozzo,
appare ora come uno sfregio), la trasformazione di uno spoglio, squallido
versante roccioso in una grande area ricca di vegetazione e di bellissime
ville lungo un'ampia strada asfaltata, ci sembra meritevole di lode e non
di castigo.
È ovvio che tutta la zona va ripulita, questo sì, dagli
scheletri, cioè da quei fabbricati che mostrano solo la struttura di base
e che rappresentano un vero e proprio insulto alla dignità e al decoro
che le costruzioni definite hanno conferito al luogo.
Strappare questo patrimonio ai proprietari, da parte
del Comune, equivale sicuramente a spingere tutta la zona verso un nuovo
e più desolante degrado. Pertanto è auspicabile che prevalga il buonsenso
e che le ville di Pizzo Sella vengano ad ogni costo salvate (riuscite a
immaginarlo lo spettacolo di un immane tappeto di macerie sulla collina
se si attuasse il folle disegno di demolirle, per giunta - cosa assurda!
- a spese degli "sfrattatati"? Un rimedio peggiore del male!); e che, con
risolutori accordi e accomodamenti legali, siano restituite ai rispettivi
proprietari. I quali - ribadiamo il concetto di fondo - non è giusto né
umano che paghino per le colpe di altri. E siamo certi che se si facesse
un referendum, i cittadini palermitani non mancherebbero di schierarsi
dalla parte dei proprietari.