LE TAPPE DI UN'INTERESSANTE STORIA CHE INIZIA NEL 1944 E
SI CONCLUDE DEFINITIVAMENTE NEL 1985. LE BARACCHE VENIVANO PRESE
FESTOSAMENTE D'ASSALTO DAI TURISTI CHE VI SI FACEVANO FOTOGRAFARE NELL'ATTO
DI PORTARE IN BOCCA UN TENTACOLO DI POLIPO. COME CUCINARE AL TOP IL
SAPORITO MOLLUSCO.
di NINO MARTINEZ
Fino al 1985 la piazzetta di Mondello poteva essere
scambiata per quella di una borgata montanara. Infatti, chi vi sostava col
desiderio di ammirare l'incantevole golfo ne era impedito da uno
sbarramento costituito da un fitto filare di baracchette...fumanti, nelle
quali, per deliziare il palato dei turisti, trovavano "calda" e fatale
accoglienza in grosse pentole d'alluminio i poveri polipi. Tale ostacolo
che si poneva alla vista dei visitatori, aveva indubbiamente un'attraente e
apprezzata funzione folkloristica che, però, passava in secondo piano
rispetto al danno che ne subiva il paesaggio. Sono ancora in molti che si
ricordano delle baracche e le rimpiangono, perché rappresentavano un angolo
festoso della piazza, un punto di sosta obbligato, specialmente per gli
stranieri che scendevano a frotte dai pullman e si facevano fotografare
accanto ai polipari, nell'atto di portare in bocca un pezzetto di polipo
gratuitamente offerto.
L'errore, secondo noi, è stato quello di avere totalmente
cancellato questo elemento di grande attrazione e di non avere potuto (o
voluto) trovare un'area, a ridosso della piazza, in cui far sorgere un
villaggio gastronomico limitato ai frutti di mare, con tutti i requisiti
igienici ed estetici idonei a garantire una sicura, piacevole
frequentazione.
Le baracche dei polipari nella piazza di Mondello, in
relazione al lungo periodo di esistenza, hanno , comunque, una loro
interessante storia. Di questa è depositario il signor Giuseppe Aiello
settantenne in gamba, mondellano Doc che può, senz'altro, essere
considerato il capostipite, il pioniere dei polipari.
Signor Aiello, a che epoca risale l'inizio della sua
attività?
"Al 1944, precisamente il 25 aprile, quando a
Palermo entrarono gli americani.
La mia famiglia aveva dei parenti in quel Continente, i
quali si erano premurati di farci sapere che i militari USA erano molto
ghiotti di sgombri, preferibilmente arrostiti, accompagnati da abbondante
vino genuino. Io avevo appena 13 anni ( il maggiore di cinque figli), ma
ero abbastanza intraprendente. Con l'aiuto di mio padre, approntai una
fornacella con carbone di pietra, che piazzai a pochi metri dal mare,
improvvisando un'osteria all'aperto. Gli americani facevano la coda per
gustare gli sgombri che loro chiamavano "maccarelli" e il buon vino. Le
cose andarono a gonfie vele, ma soltanto per un paio di mesi, perché i miei
"clienti" furono costretti a partire. Avevo raccolto un po' di soldi che mi
permisero di attrezzarmi per vendere polipo che, però, bollivo a casa in
ima pentola di creta.
Come mai usava la pentola di creta?
"Perché la pentola di creta, molto più che quella
di alluminio o di acciaio, esalta il sapore del polipo. E' un altro
mangiare. Ma ora, purtroppo, nessuno la usa più. Corno dicevo, approntai un
tavolino, quattro sedie e alcuni piattini. Mi vanto di essere stato il
primo e più giovane poliparo di Mondello. Venne l'estate e, sempre con la
collaborazione di mio padre, ingrandii l'esercizio, cioè misi su una
baracchella fornita di lastra, di marmo e tutto il necessario per bollirò i
polipi in loco. Senza concorrenti, feci buoni affali, che mi permisero di
affrontare l'inverno, durante il quale si lavorava pochissimo e ci si
sacrificava moltissimo, perché eravamo esposti alle intemperie, la
baracchella era scoperta e chiusa soltanto da Ire lati. Così per due anni,
finché non mi fu ordinato da un funzionario del Damanio di togliere tutto
perché non possedevo licenza, risultavo abusivo. Tentai di ottenere le
licenze a nome di mio padre, ma inutilmente; di conseguenza, lavoravo solo
noi giorni festivi, pagando di continuo multe. Nel '48 arrivano finalmente
le indispensabili licenze e. con esse, l'autorizzazione a costruire una
baracca di 2 metri per 1.50 con l'obbligo tassativo di smontarla la sera e
rimontarla la mattina. Una fatica bestiale!"
E lei era sempre l'unico poliparo?
"Sì, ma da allora cominciarono a sorgere, a poco
a poco, altre baracche dove si vendevano in più pesci e ricci. Anche io, ai
polipi dovetti aggiungere, per contrastare la concorrenza, un frutto di
mare allora non reperibile a Palermo: le cozze. Mi arrivavano da Taranto.
Dapprincipio le offrivo gratis per farne conoscere e apprezzare il sapore,
poi ne vendevo a sacchi."
Ma in quale anno c'è stato il "boom" delle baracche?
"Nel '50, le baracche erano in tutto 20 e
nascondevano alla vista il mare. I titolari avevano ottenuto le varie
licenze e ciascuna occupava ora uno spazio di 5 metri quadrati. E non c'era
più l'obbligo di amontarle. Si andò avanti così fino al '68, anno in cui
l'assessore comunale ai LL.PP. Giovanni Matta ci ingiunse di....sbaraccare
perché si doveva costruire la strada per l'hotel La Torre. Ci fu concesso
di trasferire proprio al centro della piazza soltanto quattro baracche in
ognuna delle quali lavorarono quattro titolari. Finita la strada, nel '71,
le autorità competenti ci proibirono di tornare nei posti di origine, ma
riservarono a noi definitivamente l'area di fronte alla storica Torre (40
metri per 5) e ci obbligarono di dotare le baracche"di un recipiente per la
riserva d'acqua."
E perché non siete rimasti lì?
"Perché nel '73, a Napoli, scoppiò il colera.
Ordine di chiusura per tutti gli esercizi. Ci costrinsero a disfarci
finanche delle stoviglie. Nello stesso anno, una circolare del Ministero
della Sanità dava la possibilità ai polipari di fare domanda al Comune di
appartenenza per essere assunti in amministrazione. Questo per non lasciare
sul lastrico 94 famiglie di Mondello cui le baracche davano da vivere. Io e
solo altri nove dei miei compagni facemmo la domanda. E dopo un mese fummo
assunti come bidelli con contratto a termine."
E i polipi?
"Passato il colera, riaprimmo le baracche. Io e
gli altri nove compagni, la mattina facevamo i bidelli, e dal pomeriggio
fino a tarda sera, i polipari. Successigli vamente, fui assunto
regolarmente e destinato alla direzione didattica; nell'83, divenni messo
accettatore e nell '85, ufficiale di Stato Civile. Avevo fatto carriera ,
grazie al mio titolo di studio, licenza media, e ai concorsi interni vinti.
Nello stesso anno, il colpo di grazia alle baracche. Con la motivazione che
non erano più igieni-che, dovevano essere rimosse per sempre. E qui finisce
la storia."
E lei, signor Aiello, non sente nostalgia di quel
periodo, di quel lavoro?
"Altro che! E' per questo che non l'ho
abbandonato."
In che senso?
"Sono un pensionato del Comune, ma continuo a
fare il poliparo sempre nella stessa piazza, presso il ristorante "Sariddu",
gestito da miei parenti. All'ingresso c'è un bancone di marmo con tutti i
frutti di mare e accanto una grande vasca con aragoste e astici vivi."
Come si fa a cuocere al top un polipo?
"Si mette sul fuoco una pentola con acqua e sale.
Quando l'acqua bolle vi si immerge il polipo fresco, e, dopo che essa torna
a bollire, vi si lascia cuocere per due, tre minuti. Quindi, si spe-gne il
gas e il polipo dovrà rimanere altri dieci minuti nella pentola meglio,
come ho detto, se di creta."
Perché spesso il polipo risulta duro da masticare?
"Perché si tratta di polipo maschio. La femmina è
più... tenera. E anche più... dolce. Come si fa a distinguere la femmina?
Ecco: deve avere al tatto la «testa piena, imbottita di uova"