l'ingresso della misteriosa
Grotta dei Beati Paoli al Capo
di Carlo Di Franco
Il romanzo di Luigi Natoli,
sulla setta dei Beati Paoli, fu ambientato
fondamentalmente nel mandamento “Monte di pietà”
ed in particolare nel rione del vetusto
“seralcadio” chiamato comunemente dai
palermitani “capo” perché esso occupa la parte
alta del quadrilatero storico-amministrativo.
La storia romanzata è collocata in una realtà
assolutamente veritiera: essa prova ad
incasellare, dalla memoria del passato, alcune
cavità sotterranee dando una loro giusta
collocazione con precisione.
Oggi queste cavità, in minima parte esplorate, sono
praticabili, altre meno, per via dei
vari usi che se ne sono fatti nel tempo, altre
ancora non
sono più accessibili, anche perché a volte le
frane sopravvenute o i pilastri affondati per
sostenere i nuovi palazzi ne hanno interrotto la loro
continuità.
Nel romanzo i luoghi più citati come cavità
utilizzati da questa famosa “setta” rimangono:
la grotta tribunale ampiamente descritta e lo scranno celato in un
sontuoso mobile intagliato della sagrestia della
seicentesca chiesa di San Matteo, nel Cassaro
che trovandosi al di fuori del quartiere in
questione, fa pensare che per raggiungerlo,
questi sectari, come li definiva il “Villabianca”,
utilizzassero il condotto che poi, nel 1595, fu
incanalato il fiume “Papireto”.
Il condotto, denominato “Canale del Maltempo”
fu costruito in muratura con una copertura a
volta e a statura d’uomo, ancora attuale. Come
allora trasporta le acque dalla parte alta del
Cassaro, zona Danisinni, fino al mare nella odierna “Cala”.
Il cunicolo addentrandosi da
Piazza Peranni si inoltrava
in via Gioiamia, piazza San Cosmo oggi Beati Paoli, piazza Monte di Pietà e via Candelai.
Questa parte ricolmata diverse volte prima della
realizzazione del canale, si delinea ancora oggi
poco accessibile.
Da una constatazione dei luoghi questa realtà
risulta improbabile, l’unica verità è che lo
“scranno” di San Matteo dava la possibilità, attraverso
alcuni scalini che precipitano nel buio di un
stambugio, di raggiungere la sottostante cripta
che, per la sua vastità, travalica il perimetro
della struttura della chiesa.
Analizzando il mandamento la prima evidenza
sotterranea, la più accessibile, è riferita
al complesso cimiteriale del V secolo
dopo Cristo che, ubicato nei pressi di porta “D’Ossuna”
ormai scomparsa, si presenta con un’escavazione
di tipo “decumanus” con uno sviluppo irregolare
le cui gallerie mostrano la presenza di
“arcosolii” e di “cubicoli”.
I suoi cunicoli si ramificano all’interno
del quartiere, furono interrotte nel XVI secolo
dalla presenza del fossato che circondava le
mura della città e quindi questa porzione di
mandamento che da porta “Nuova” si dileguava
verso porta “Maqueda”.
Nel 1732 nell'atto di scavare le fondazioni della
chiesa delle “Cappuccinelle” fu scoperto un
sotterraneo che corrispondeva alle gallerie
catacombali con la presenza di numerose ossa
umane e, fu ritrovata una lapide paleocristiana
che indicava la sepoltura di una bambina.
Questi “cunicoli catacombali”,
all’interno del quartiere sono presenti in zone
orograficamente occupate dalle sponde del fiume
Papireto e dislocate in luoghi oggi poco
accessibili per via delle soprastanti strutture
urbanistiche.
Tuttavia il loro utilizzo nei secoli ha
permesso di potere accedere a luoghi diversi
come: cripte di chiese, camere dello scirocco, semplici scantinati e seminterrati di
palazzi nobiliari.
Un tratto di un cunicolo è ancora
esistente in via Carrettieri e, dà l’idea come
questi, snodandosi nel sottosuolo, potevano
raggiungere determinati luoghi come la cripta
della chiesa dell’Angelo Custode eliminata dal
circuito da un muro di tompagnamento per creare
l’altare e recintare la zona a luogo riservato.
L’accesso è consentito da un palazzo
sulla strada sopraindicata, a due elevazioni. Questo sotterraneo viene tuttora utilizzato
come deposito: vi si scende da alcuni scalini
collocati al di sotto del
piano stradale, immettendosi in un corridoio
ci conduce ad una camera da cui si dipartono due
corridoi, e uno di essi presenta una incavatura
che fa pensare ad un arcosolio .
Altri cunicoli si sono
riscontrati (o se ne conosceva l’esistenza) in altre
zone del mandamento: nella zona compresa tra la
chiesa della Concezione e il palazzo di
Giustizia, presso la chiesa della Mercede e il
suo omonimo vicolo, che è sito di fronte ad essa, e tutta la zona che comprende la piazza Sant’Anna, sotto il Monte di Pietà, i cunicoli
hanno dato la possibilità di realizzare la
stanza del caveau.
La loro presenza più delle volte è evidenziata
da sprofondamenti che il terreno e le piogge
abbondanti producono per cause naturali.
Molte le cripte presenti al di sotto degli
edifici religiosi come quella più vasta del
monastero delle “Cappuccinelle” che sfruttando i
cunicoli catacombali si poté realizzare il luogo
di inumazione per le suore che oggi risulta del
tutto inaccessibile.
Cripte non più praticabili di cui si conosce la
loro esistenza erano: nella chiesa della
Maddalena all’interno del quartiere militare;
Chiesa di San Stanislao; oratorio di San Pietro
e Paolo; ossario della chiesa di Sant’Ippolito;
chiesetta dell’Ecce Homo; chiesa della
Concezione; chiesa di San Marco; chiesa del
Crocifisso di Lucca; oratorio di Santo Stefano
Protomartire; ex chiesa della Madonna delle
Grazie non più esistente ma ne rimangono i
ruderi; chiesa di Santa Croce; chiesa di San
Rocco; ex monastero e chiesa di San Vito; chiesa
della Mercede trasformata per creare negozi; ex
chiesa di S.Maria della Grotta oggi biblioteca
regionale.
Cripte esistenti e accessibili sono:
nella chiesa di S.Giacomo nel quartiere
militare, ex seminario dei chierici, oggi
Facoltà Teologica, cripta della cappella
privata; chiesa dell’Angelo Custode; oratorio di Gesù e Maria; chiesa della Compagnia dei Quattro
Coronati; chiesa di S.Gregorio Papa; chiesa di S.Maria dei Canceddi; chiesa di Sant’Agata alla
Guilla; chiesa di Montevergini; chiesa dei Tre
Re; chiesa di Sant’Agostino; chiesa di S.Paolino
dei Giardinieri; chiesa di S.Ninfa dei
Crociferi; chiesa dell’ex convento dello Spirito
Santo. All’interno di quest'ultima chiesa al di sotto
del suo pavimento si è pervenuti alla scoperta
di un ambiente ipogeo di riguardose dimensioni,
che corrispondeva ad un “tholos”, una
camera sotterranea di origine naturale,
accresciuta dalla mano dell’uomo e adoperata per
scopi sacrali verosimilmente in epoca
protostorica e successivamente nei secoli più
tardi.
Un discorso a parte meritano i sotterranei
della cappella di S. Maria l’Incoronata o
dell’Incoronazione fatta costruire da Ruggero
nel XII secolo e quelli della Cattedrale quest’ultimo
posizionato dietro le absidi di costei, per la
visita vi si accede dall’interno, dalla discesa
di pochi gradini si raggiunge il mausoleo degli
arcivescovi dove sono ubicate le loro tombe.
Un particolare interesse merita la cripta
seicentesca facente parte dell’impianto attuale
della chiesetta di S.Maria di Gesù detta
comunemente di “Santa Maruzza dei Canceddi”, in
quanto luogo citato per raggiungere la “segreta”
grotta-tribunale, riferita alla famigerata setta
dei Beati Paoli.
Il Chiosco a Piazza Beati Paoli
Sotto la chiesa, prima della sua
realizzazione, che venne edificata con molta
probabilità nella seconda metà del XV secolo,
esisteva un anfratto che successivamente venne
adattato a cripta.
Essa dà la possibilità di entrare attraverso
dei gradini ubicati nel pavimento dell’unica
navata-aula chiusi originariamente da una lapide
sepolcrale che indicava la sepoltura dei confrati appartenente alla confraternita dei
conduttori di muli da basto che conducevano le
merci dentro delle grandi ceste in vimini
denominate “canceddi”.
La cripta proporzionata da un unico ambiente, si
ingrandisce per tutta la zona perimetrale della
chiesa soprastante.
Qui sono presenti: l’altare che, posto al
centro di essa e in direzione della scala
d’accesso, è ubicato in corrispondenza della
tavola liturgica sovrastante, aveva in passato
affiancato ad esso un loculo che si apriva per
immettersi nel “giardinetto boschigno” come
riferisce il “Villabianca”.
Loculi che sono presenti estraendo lo spazio
nelle pareti esterne ed interne, sia con
tavolieri e sia con nicchie per esporre i
cadaveri dopo la mummificazione naturale che
veniva praticata all’interno dei cosiddetti
“colatoi”.
Questi sono presenti, con un particolare sistema
di chiusura che, non era quello solito che si
occupava al di dentro di una stanza isolata,
bensì sistemati lungo i due corridoi ai lati
della scala d’accesso, con tanto di “graticelle”
e foro che permetteva il deflusso degli “humour”
da parte dei cadaveri che venivano coricati
singolarmente in questi particolari letti,
ermeticamente chiusi da una lastra di ardesia
permettendo così di accedere ai locali restanti
per la visita senza incappare le condizioni
igieniche ambientali.
Dei tre baluardi esistenti nelle mura
cinquecentesche della parte occidentale, l’unico
che conserva ancora i camminamenti militari
è quello della Balata o del Papireto.
Il Bastione, che si appoggiava al fossato che
circondava le mura, era largo ventidue
metri e profondo sei metri, con la sua mole
aggettante assume una forma pentagonale ed
un’altezza di otto metri, nella cui
sommità fu costruito alla fine del XVIII secolo,
attorno ad un giardino pensile, il palazzo Guccia.
Sotto il bastione quasi a livello del piano
stradale, un locale identificato come tunnel
attraversa il perimetro dall’interno verso
l’esterno del bastione che si dilegua da corso
Alberto Amedeo verso piazzetta e via Guccia.
In realtà siamo in presenza di un camminamento
militare, la presunta “contromina” o di
ascoltazione che permetteva di eseguire la
cosiddetta “guerra di mina”, che consentiva
l’ascolto dei rumori che gli assedianti
provocavano per scavare i cunicoli sotterranei
che giungevano fin sotto le mura, per piazzare le
mine e far crollare le mura e permettere
l’assedio.
Quando questi condotti erano conquistati e
invasi, dalle volte, dove erano presenti dei
tubi che fungevano da camino per l’aerazione
della galleria, si faceva penetrare del
materiale fiammeggiante che bruciando produceva
del fumo, soffocando gli invasori.
Rifugio antiaereo sotto il Palazzo delle
Aquile sede del Municipio di Palermo
Numerosi sono nel mandamento presenti i
ricoveri antiaerei che utilizzavano la
presenza di ipogei sotterranei usati nel periodo
bellico dell’ultima guerra.
L’impreparazione per la difesa trovò le autorità
palermitane non all'altezza di disporre di
luoghi da definire tali, organizzandoli
all’interno delle fondamenta dei palazzi in
costruzione, quindi si ricorse a spazi esistenti
e naturali.
Si utilizzarono cripte di chiese, le
catacombe paleocristiane, ingrottati e cantinati
di edifici privati e pubblici e, perfino le “mucate”,
antiche cave di pietra sotterranee, con
particolare riguardo all’area urbana del
mandamento Monte di Pietà, per il quale si
avevano numerose segnalazioni sulla presenza di
gallerie sotterranee.
Nei cantinati e nei sotterranei pubblici si
ingrossarono le pareti e le volte dei tetti con
rivestimenti di calcestruzzo, le cripte e gli
ingrottati comprese le catacombe si utilizzò la
calce per renderli abitabili.
Piazza Aragonesi presso gli scantinati
municipali, Regio liceo Ginnasio “G. Meli” in
piazza Sett’Angeli, Al centro della piazza Sett’Angeli,
Istituto Tecnico “F.Parlatore in piazza
Montevergini, Scuola Elementare presso le mura
di San Vito, Scuola Elementare in via Iudica,
Convento Calasanzio sede di un liceo in via Tre
Re, Ex Collegio Massimo dei Gesuiti, Antico
Ospedale San Giacomo (sotterranei), Palazzo
Artale, Case popolari in Corso Alberto Amedeo,
Palazzo in piazza del Noviziato, il Bastione
della Balata.
Molti di questi rifugi sono del tutto
scomparsi, ne è rimasta la memoria e le lapidi
che indicano che quel ricovero venne bombardato
e i suoi rifugiati perirono, traccia della loro
esistenza si rivela dalle scritte bianche dal
fondo di colore azzurro cupo sui muri dei
palazzi che sono rimaste indelebili, indicando
con una freccia il luogo di riunione.
Al territorio cavo appartengono diversi pozzi
con particolari forme d’imboccature (circolari
che si riferiscono al periodo arabo-normanno,
quadrate al periodo dello XVI-XVII secolo) e
cisterne queste ultime dette “stagnatura”.
Tutti e due i tipi di cavità venivano
realizzati per la necessità degli abitanti,
favoriti dalla situazione idro-geologica del
sottosuolo palermitano, contraddistinta dalla
presenza della falda acquifera poco profonda e
facilmente scavabile.
All’interno del Seminario dei Chierici, oggi
Facoltà teologica sono presenti nel chiostro due
cisterne ed un pozzo, questi sono presenti sia
nel palazzo Arcivescovile che nella Cattedrale.
Altro pozzo si rinviene nel palazzo Blandano
ed un palazzetto in vicolo degli Orfani, al
Convitto Nazionale, nella chiesa dei Tre Re, nel
ex chiesa e monastero dello Spirito Santo.
Altri pozzi e cisterne si trovano disseminati
nel territorio mandamentale, ma rimangono nella
memoria storica poiché non si sono invidiati i
siti che rimangono nella lettura cartacea e
orale, come il pozzo della chiesa di Sant’Agata
li Scorruggi, riferito dal Gaspare Palermo nella
sua guida istruttiva di Palermo che l’acqua del
pozzo risultava essere miracolosa specialmente
nel periodo in cui ricorreva la festa della
Santa per cui il popolo accorreva a berne in
apposite scodelle a forma di mammella chiamate
dialetticamente “scorruggia”.
Ispezionare in questo quartiere i siti
sotterranei, descritti nel romanzo del Natoli, a
volte corrisponde a fantasticare, significa solo
attingere alla memoria storica, ma questa deve
trovare la sua giusta chiave di lettura che è
quella di un mandamento dove il tessuto è
caratterizzato da sempre da una edilizia minuta
dove si integrano monasteri e chiese di
confraternite, qualche edificio nobiliare che
sovrastano un sottosuolo dove sono stati trovati
numerosi locali ipogei e pozzi che l’uomo a
sfruttato per la sua esistenza quotidiana e per
la pratica religiosa, la propria fantasia ha
fatto si che germogliassero leggende circa il
loro utilizzo.
BIBLIOGRAFIA
* Donatella Gueli - Palermo sotterranea -
Regione Siciliana – A.B.C.A. – Palermo 2002.
* Pietro Todaro - Guida di Palermo
sotterranea - ed. L’Epos - Palermo 2002.
* L.Rocca – E.Raia - Palermo luoghi del
sottosuolo - ed. Scientific Books – Palermo
2006.
* M.Eugenia Manzella – La città Sepolta -
Club Alpino Italiano sez.di Palermo 2005.
* Carlo Di Franco - Il misterioso Antro - riv.
Sikania n° 3 Aprile 1995.
* Carlo Di Franco - Il sacrario degli
Arcivescovi - riv. Sikania n° 10 Ottobre 1994.
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