Come Sant’Andrea sia
divenuto il patrono di questa elogiabile maestranza che anticamente era
rappresentata dalla categoria che riuniva i membri del Nobile e
Salutifero collegio degli Aromatari di Palermo (gli antichi speziali)
che avevano sede presso la chiesa di Sant’Andrea nel vecchio borgo degli
Amalfitani, è qui di seguito spiegato.
Gli amalfitani, che
presenziarono a Palermo con la loro comunità di mercanti che erano
interessati al commercio di panni e di sete, erano presenti subito dopo
la conquista normanna, che spinse diverse nazioni italiche (Genovesi,
Veneziani, Pisani, Lombardi ecc.) a commerciare con i siciliani ed in
particolare con i palermitani.
Avevano la loro Loggia
all’interno di un vasto perimetro che si estendeva tra il vecchio porto
(Cala), l’odierno mercato della Vucciria e la Piazza Imperiale, oggi San
Domenico.
Fulcro principale era la
Piazza Sant’Andrea dove la comunità aveva la sua chiesa nazionale in cui
si venerava l’Apostolo Andrea protettore di Amalfi dove si venera il suo
corpo, fatta costruire nel XIII secolo e, divenuta parrocchia ufficiale
nel 1281 come attesta un documento testamentario conservato presso
l’archivio della Magione di Palermo.
Sant’Andrea fratello di
Simon Pietro, nativo di Betsaida in Giordania, fu pescatore, secondo il
Vangelo di Giovanni divenne discepolo del Battista ed il primo ad essere
chiamato da Gesù, procurandosi per ciò l’appellativo elegante di “primo
chiamato”.
Anche lui diverrà
“pescatore di uomini” essendo già pescatore di professione e per questo
motivo è ufficialmente ritenuto patrono dei pescatori.
Nel Vangelo è indicato
divelse volte perché presente in varie occasioni tra cui: nella
moltiplicazione dei pani e dei pesci, quando con Pietro, Giacomo e
Giovanni è sul monte degli Ulivi o quando in compagnia di Filippo
presenta Gesù ai Greci, il suo nome è citato nel primo capitolo degli
Atti degli Apostoli, per essersi recato insieme a coloro che vanno a
Gerusalemme dopo l’Ascensione.
Evangelizzatore
in Epiro, Grecia, Macedonia e Asia minore morì martire a Patrasso,
torturato e crocifisso, rimase legato per due giorni alla caratteristica
croce a X a testa in giù, che la tradizione vuole che divenga la famosa
“ croce di Sant’Andrea”, predicando fino all’ultimo momento di vita agli
astanti del suo supplizio.
Nel 357 le sue reliquie
furono trasferite a Costantinopoli e ricomposte e riassettate nella
chiesa degli Apostoli dove successivamente vennero trafugate dai
navigatori Amalfitani nel 1210 e trasferite ad Amalfi, dove furono
composte e sistemate nel duomo.
A Roma nel 1462 vi giunse
da Amalfi il cranio che stazionò cinque secoli nella basilica di San
Pietro, successivamente il papa Paolo VI restituì alla nazione greca,
dove è particolarmente venerato nella Chiesa greca, inoltre è
considerato patrono di Svezia e della nazione Russa.
Nella iconografia
classica è sempre raffigurato con un corpo tozzo e ignudo, testa calva e
barba lunga addossato alla croce decussata rappresentata da due tronchi
d’albero incrociati presi come simbolo, a volte il paesaggio presenta
l’acqua come mare o altro e quasi sempre è associata una rete da
pescatore.
Nel tempio
palermitano, scrive Valerio Rosso, nel XVI secolo, nella descrizione
delle chiese di Palermo, si trova un reliquiario in argento con un
frammento sacro di Sant’Andrea, lo conferma un marmo esistente al suo
interno che cita: ” Hic manet reliquia Santi Andrea Apostoli”, reliquia
che a suo tempo fu consegnata alle autorità ecclesistiche al momento in
cui la congregazione dei farmacisti abbandonò la chiesa per le sue
statiche condizioni, oggi di questo reliquiario si dice che sia
conservato presso il tesoro della Cattedrale di Palermo.
Venuti meno gli
Amalfitani, nella chiesa nel 1346 fu fondata una confraternita che ogni
anno per il “Corpus Domini” presenziava alla celebrazione religiosa con
un bellissimo fercolo processionale che portava la statua lignea di
Sant’Andrea, scultura al momento conservata presso i magazzini del museo
Diocesano di Palermo.
La maestranza degli
Aromatari in cerca di una sede, il giorno 11 gennaio del 1579 si aggrega
a questa confraternita e non sempre furono d’accordo, dopo pochi anni
quest’ultimi lasciano la chiesa, anche perché l’edificio che si trovava
in condizioni precarie, era bisognevole di costose riparazioni che i
confrati non erano in grado di affrontare per le elevate spese,
decidendo di cederla al Collegio degli Aromatari che ben presto la
ricostruirono con più opportune forme.
La nuova chiesa
dall’aspetto autorevole, ancora oggi si presenta come la rinnovarono nel XVI secolo gli aromatari con la facciata tardo-rinascimentale divisa da
due ordini con marcapiano aggettante è delimitato da pilastri laterali
in pietra che si completano con due sfere ornamentali, il primo ordine è
caratterizzato dalla presenza di tre ingressi di cui il centrale è
spalleggiato da due colonne in pietra da taglio, ingentilite da un
timpano semicircolare, tre finestre tamponate sempre in pietra arenaria
sovrastano gli accessi.
Nel secondo ordine, un
alto frontone con timpano triangolare contiene un oculo centrale e,
questo è allacciato con volute e lesene.
L’interno, a croce greca,
ha la volta sorretta da otto colonne che spartiscono l’ambiente e,
portano degli archi a pieno centro, le quattro del quadrilatero centrale
sostengono una falsa cupola dipinta su tavole lignee nel XVIII secolo
dall’aromataio Giuseppe Quattrosi, è rappresentano un finto prospettico.
L’altare maggiore
sovrastato da un timpano che reca un delicato gruppo scultoreo con
puttini in stucco, conteneva un interessante quadro di ottima fattura
raffigurante la glorificazione di Sant’Andrea dopo il martirio per mezzo
della croce obliqua a X che da lui prese il mone, accolto in cielo da
angeli e da cherubini, opera attribuita a Giuseppe D’Asaro, detto lo
Zoppo di Gangi, attualmente è custodito presso la sede dell’Ordine dei
Farmacisti di Palermo dove alcuni anni fa, è stato restaurato.
Alcuni locali limitrofi
furono acquistati e inglobati nella struttura della chiesa per creare
una canonica per il “Cappellano” e un piccolo ospedale ed una
“spezieria” per i poveri del quartiere.
La chiesa fu donata agli
aromatari con tutte le sue rendite e concessioni con atto rogato presso
il notaio Vincenzo Lo Stagno di Palermo redatto in data 5 ottobre 1607.
In quella occasione gli
fu imposte determinate e precise condizioni che con i secoli avvenire
gli antichi aromatari e successivamente i nuovi farmacisti a tutto oggi
mantengono in nome della loro tradizionale entità.
La più importante è fatto
obbligo al collegio degli aromatari di festeggiare e solennizzare il
Santo Patrono Andrea Apostolo, ogni anno il 30 novembre con apparato e
musica.
L’apparato, nel nostro tempo è costituito dalla presenza della
confraternita, che da maestranza artigianale, nel suo percosso storico
ha raggiunto una specifica configurazione di autorevoli professionisti
al servizio di chi soffre mali corporali e spirituali.
L’onorare il
festeggiamento con la musica è segno di festa ed esaltazione celestiale
per glorificare il divino creatore.
“Che non sia mai
cambiato alla chiesa il titolo di Sant’Andrea e che li rettori di essa
siano sempre: il Console e i consiglieri del Collegio degli Aromatari”.
Attualmente la chiesa
versa in condizioni precarie da diversi anni, un progetto di restauro e
di attivazione della sede della confraternita è in fase di avviamento.
Sarà utilizzata per mostre ed
esposizioni.
Lasciti e testamenti andavano a beneficio della congrega che manteneva
sia il sito adibito al culto che i confratelli, e il caso del Testamento
dell’aromataro Stefano D’Angelo che stabilì che il Collegio doveva
mantenere dieci figlie di confratelli nel conservatorio dell’ospedaletto,
ubicato nei locali della chiesa e, quando esse andavano a marito, dava
loro in dote 25 onze.
I confrati al momento del
trapasso potevano usufruire della sepoltura che si trovava all’interno
della chiesa ubicata al di sotto del pavimento, la lastra marmorea che
la chiudeva recava una data del 30 settembre 1637 e vi era incisa
un’iscrizione che avvertiva: nessun farmaco ferma la morte.
La congregazione, nasce
come corporazione di mestiere, che è citata solo in un atto del 1579
dove si evince che in quel anno gli aromatari si incaricarono di portare
in processione la statua lignea di Sant’Andrea ( “Cilio” ) forse per la
processione dell’Assunta.
Oggi, fanno parte
integrante delle confraternite laicali i cui statuti sono stati emanati
dal centro diocesano Palermitano, seguono direttive ben precise per
l’ammissione e il mantenimento in vita della congrega.
Amministrati anticamente
da un Console e due Consiglieri si dovevano attenere alle norme scritte
nei “Capitoli”, dopo diversi anni il titolo di Console fu sostituito con
quello di “Rettore” perché la corporazione non sopportava di essere
messo alla pari con le maestranze.
I vetusti “Capitoli” del
Nobile e Salutifero Collegio degli Aromatari risultano essere i più
antichi che si conoscono, essi rimontano al 1407 e, riformati diverse
volte nei secoli successivi.
L’archivio del Nobile
collegio degli Aromatari da tempo si è purtroppo in gran parte disperso
per via dei frequenti cambiamenti di sede, resti di questo glorioso
monumento rimangono conservati al Museo Diocesano di Palermo.
La loro residenza
amministrativa resta attualmente “ il Collegio” che si avvale degli
iscritti alla categoria dei farmacisti curandone le relative questioni
dell’ordine, inoltre i praticanti “cristiani” si iscrivono alla
congregazione.
Non portano un abitino
particolare per la loro distinzione, ma si possono definire una
congregazione di spirito, in quanto hanno perso il diritto di “vara”.
Solennizzano il loro
momento eucaristico la domenica in un tempio della città di Palermo in
attesa di ritornare presso la loro antica sede, che ancora oggi rimane
di loro proprietà.
Anche i futuri farmacisti palermitani ogni anno festeggiano Sant’Andrea,
presso la facoltà di farmacia alla presenza del preside e dal Rettore
del Nobile Collegio dei farmacisti si ripercorrono le antiche vicende
che hanno travagliato questa categoria e come vuole la tradizione e come
è attestato nel rogato del 1607 stipulato in Palermo dal notaio Lo
Stagno, bisogna festeggiare il patrono Sant’Andrea con “apparato e
musica”.
Per questa occasione dopo aver ripercorso le origini di questa
professione e l’istituzione della facoltà, la musica sarà la
protagonista di una serata danzante.