Così agghindati si conducevano in chiesa e
prostrati ai piedi del loro Santo Patrono ricevevano la Santa Benedizione
affinché questa li mantenesse sani e robusti per l’anno intero.
Il celebrante che officiava la benedizione, avvisato dal tintinnio che
procuravano gran rumore, riceveva da parte dei proprietari degli animali
una lauta elemosina e di conseguenza costui consegnava una effige del
Santo benedetta da attaccare in groppa alla bestia e un panetto votivo che
si faceva mangiare all’animale per preservarlo da ogni inconveniente.
Il Santo che si festeggia in questo giorno
è Sant’Antonio Abate monaco egiziano che comunemente i palermitani
chiamano “ù Santu rì puorci” per distinguerlo da Sant’Antonio di Padova
che si festeggia il tredici giugno, costui per antonomasia è stato
definito il Santo protettore degli animali domestici.
Nome attribuito a questi due Santi popolari
ha origine Etrusche il cui significato è del tutto sconosciuto, la forma
latina “Antonius” che indicava una denominazione gentilizia che con il
tempo è diventato nome individuale.
L’appellativo “Abate” proviene dall’ebraico
"abba" che sta ad indicare “padre” in riferimento a quei monaci che pur
non avendo una guida giuridica si comportavano con vita esemplare e
spirituale.
Oltre agli animali è il protettore del
fuoco che riscalda dal freddo intenso, un proverbio siciliano e
palermitano ricorda il freddo di questo giorno:
Sant’Antoni la gran
freddura,
San Lorenzu la gran calura;
L’unu e l’autru pocu dura.
La sera della vigilia in alcuni paesi del
palermitano si accendono i falò, manifestazione che si ricollega al potere
che ha il Santo monaco sul fuoco ed è invocato contro gli incendi, a la
potenza di guarire dal “fuoco sacro” cioè l’herpes zoster, conosciuto
comunemente come “fuocu rì Sant’Antuoniu”, nonché per tutte le
malattie della pelle che sono contagiose, perché per i suoi combattimenti
con il diavolo che lo riduceva malconcio e sanguinante, il grasso di
questo animale serviva per guarire le persone da queste affezioni.
Ma è fondamentale aver assegnato a questo
Santo tra tutti gli animali: il maiale, nell’iconografia popolare il
Santo è raffigurato quasi sempre un imperturbabile porco che porta un
campanello al collo e la pelle scura come la sua, perché egiziano.
Come mai il maiale? Che i cristiani
indicano come mezzo del male, la cosa si rifà ad un culto pagano ed in
particolare a quello celtico, il loro dio era rappresentato da un
cinghiale e poiché le reliquie del Santo furono trasportate dai crociati
in Francia nel IX secolo, furono i primi cristiani celti ad attribuire al
Santo le peculiarità del dio pagano e nelle leggende a lui riferite si
inserisce il cinghiale che successivamente mutò in maiale per sradicare il
ricordo pancristiano.
Quasi sempre tratteggiato come un vecchio
monaco con la barba lunga e bianca, gli viene attribuito il bastone del
Tau con una campanella, non mancano i simboli come: il fuoco che tocca con
le mani, il libro aperto con la frase evangelica che lo attrasse, il
porcello non manca mai quale specifico attributo delle tentazioni e il
demonio sotto forma di un fantasioso amorino o di una creatura mitica che
combatté con molto vigore.
Poiché il Santo originario dell’Egitto
nasce a Coma nel 251 d.C., di religione cristiana, andando dietro agli
avvertimenti evangelici, a venti anni abbandona tutto compreso i beni
materiali che regalerà agli ultimi e si dedica alla vita ascetica.
Lanciatosi a vivere nel deserto diede
l’inizio al movimento del monachesimo occidentale, ammirevole esempio di
anacoreta cristiano il suo profilo biografico venne composto da San
Atanasio Vescovo di Alessandria d’Egitto.
Tentato da ogni forma demoniaca ne usci
sempre vittorioso, tanto da divenire famoso per questa sua prerogativa di
sapere sconfiggere il diavolo.
Dedicò l’intera sua vita al servizio di Dio che glorificò sempre con la
preghiera e le sue opere di bene e nella lotta contro l’eresia ariana.
La festa del Santo monaco secondo la
tradizione dà inizio al carnevale, in
alcune pasticcerie palermitane vengono
esposte delle teste di maiale in buffe
visioni, di grandi e piccole dimensioni,
i vari frequentatori pensano ad un dolce
locale (pasta reale) che serve per un
qualunque scherzo carnevalesco.
Oltre ad essere il patrono degli animali
domestici e il difensore degli allevatori, degli stallieri, dei macellai
che trattano carni bianche e dei salumieri in particolare.
In Sicilia e nel palermitano è protettore delle campagne, fino a qualche
tempo fa nelle case coloniche non era rado vedere negli altarini
l’immagine di Sant’Antonio, alcuni la tenevano dentro la stalla appesa al
muro con un ramoscello d’ulivo come ulteriore benedizione.
A
Mezzojuso
in provincia di Palermo, la mattina del 17 si svolge il rito della
benedizione degli animali che sfilano davanti alla statua del Santo
esposta davanti l’ingresso laterale della chiesa cristiana, ricevendola
dal sacerdote che per l’occasione benedice i sacchetti con la cenere dei
falò, consumatosi tra la notte del 16, tenuti in tasca serviranno come
amuleti per tenere lontano malattie e guai in genere.
A questo Santo a Palermo gli è dedicata
una chiesa che si trova in via Roma e che comunemente i palermitani la
indicano come quella delle Hecce Omo per via di un’immagine del Cristo.
Qui vengono a farsi benedire, in tempi
moderni cani e gatti che sono rimasti i singolari destinatari di una
tradizione ormai perduta di una città non più contadina.
Morto nel 356 d.C., ultracentenario, nel 1491 le sue spoglie furono
sistemate ad Arles dove venne costruita una chiesa a lui dedicata dove si
trovano attualmente e morì veramente il 17 gennaio.