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PANORMUS - FESTE POPOLARI

Sant' Onofrio "u' pilusu"

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Riferisce il Pitrè che, anticamente,  le ragazze in cerca di marito, per nove giorni di seguito dovevano recitare in ginocchio, tutte le sere, la seguente litania:


Chiesa di S. Onofrio
Piazza S. Onofrio
(rione Monte di Pietà)

Santu Nofriu lu pilusu
Sant'Onofrio peloso

iu vi prego di ccà gliusu
io Vi prego da quaggiù

vui na grazia m’ati a fari
voi una grazia mi dovete fare

un maritu m’ati a truvari
un marito mi dovete trovare 

Alternando il tutto con Ave Maria e Paternostro, contemporaneamente bisognava conficcare una monetina di due centesimi in una porta qualunque, prima che finisse la novena. Se la monetina fosse caduta, la grazia si poteva ritenere esaudita. Tale rito nasce dalla tradizione che la confraternita, creata nel dicembre del 1548, come attestano i Capitoli d’appartenenza, in occasione della festa  del Santo, il 12 giugno, soleva celebrare le nozze solenni di due giovinette alle quali il sodalizio assegnava la copiosa dote di 15 onze.

Da questa tradizione il popolino poneva come intermediario il Santo affinché le ragazze trovassero marito. Ma S. Onofrio è ritenuto anche il Santo "delle cose perdute”, e tutti vi si rivolgono per ottenere oggetti d’oro smarriti, salute e lavoro ma soprattutto serenità in famiglia.

La Compagnia è la più antica della città e fu costituita da 72 "fratelli", in riferimento ai discepoli di Gesù Cristo, e da 12 sacerdoti, in memoria degli Apostoli. Nel giorno della solennità del glorioso S.Onofrio si espone la sua reliquia, contenuta in un'urna d’argento ghirlandata: essa consiste in un pezzetto d’osso del cranio del Santo.

Fu regalata nel 1591 da Don Francesco Bisso, e l’Arcivescovo d’allora, Don Diego Ajedo, diede licenza di poterla trasferire dal monastero dello SS. Salvatore in quest’oratorio. A tutti quelli che si associavano concesse 40 giorni d’indulgenza.

La vita del Santo asceta fu travagliata fin dalla nascita. Egli, figlio di Teodoro, re persiano vissuto nel III secolo, fu definito da San Girolamo che ne conobbe il vita patrum: il “Prodigio del deserto”.

Rinunciò al trono per ritirarsi in un convento egiziano, conducendo una vita rigorosissima. Desideroso poi di maggiore solitudine si allontanò nel deserto dove visse 60 anni nel più assoluto ascetismo.
Non se n’ebbero più notizie finché Pafnunzio lo trovò casualmente, e temette di scambiarlo per un animale per via della sua massa pelosa.

Lo confortò negli ultimi momenti, lo seppellì e portò notizie della sua vita a Roma dove, in onore del Santo, fu costruita una chiesa. La morte si fa risalire probabilmente ai primi anni del V secolo.

Tutto questo è rappresentato in quindici tavole della metà del XVI secolo, che la confraternita fece eseguire da un ignoto pittore siciliano. Le tavole raccontano la vita del Santo e sono conservate tra i suoi oggetti preziosi.

Il simulacro ogni anno è portato in processione per le vie del quartiere Capo. Dopo la solenne celebrazione eucaristica e l’esposizione della reliquia per la venerazione e bacio pubblico, i confrati che per l’occasione indossano l’abitino bianco con bordi neri e galloni dorati, trasportano il fercolo del Santo miracoloso presso la pia gente.

La processione di solito si svolge a metà giugno e si snoda per le strade del rione partendo dal vecchio oratorio.

Note: nel febbraio 2004 in occasione del restauro della statua duecentesca del Santo sarà organizzata una grande festa cittadina. Informazioni presso la confraternita.


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