Le "sfince" di San Giuseppe |
Generalmente
per frittella s’intende una pastella liquida e fritta in padella con abbondante olio caldo; dal punto di vista
organolettico essa ha una tecnica speciale d’impasto della farina in cui il lievito fa la sua parte e consentirà alla cottura di gonfiarsi ed assumere un aspetto dorato e soffice.
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Una "nguantiera" di "sfince" !
Le diverse etimologie proposte per il suo nome indicano
chiaramente la sua somiglianza con una spugna. Infatti, in latino, il nome metaforico è
"spongia" e questa a sua volta deriva dal greco “sfoggia”.
La cucina siciliana, poiché impiega elementi semplici e poveri anche nei dolci, li
esalta aggiungendo un ingrediente insostituibile: la fantasia.
L’estro dei nostri pasticcieri e l’abilità delle suore dei monasteri hanno trasformato questa semplice frittella in un dolce prelibato, dedicandola al Santo protettore degli umili:come
umili sono i suoi ingredienti.
I "sfingi ri San Giuseppe", come si chiamano a Palermo,
proprio perché consumate in occasione della ricorrenza del santo, il 19
marzo, infatti è San Giuseppe, hanno
alcune caratteristiche particolare, quali una forma irregolare, e sono
inoltre condite con crema di ricotta, grani di pistacchio e scorza d’arancia candita.
Qualunque sia il nome che è dato nel dialetto o nella forma, vanno sempre ed ogni caso fritte in grassi e addolcite con
miele o zucchero, così come gli arabi c’insegnarono, soprannominandole “le sfang”.
Ancora oggi i nostri contadini e le nostre nonne continuano a farle con la
medesima semplice ricetta.
Sfincia,sfincitedda e sfinciuni designano a loro volta prodotti diversi, appartenenti ora al salato, ora a quella dolce che designa ugualmente la stessa famiglia delle
sfincie.
La ricetta: "la Sfincia"
Nei paesi del palermitano sono preparate in modi differenti; la ricetta che segue
si riferisce alle "sfincie di prescia” approntate a Borgetto fin dall’antichità.
Occorrente:
500 g. di farina 6 uova
200 g. di zucchero 250 g. di latte 25 g. di lievito olio
Procedimento Impastate la farina,con tre uova intere e tre tuorli, unite il lievito sciolto nel latte tiepido e lo zucchero.Lavorate fino ad ottenere un impasto morbido e lasciate lievitare fino a che l’impasto presento bollicine in superficie. In olio caldo
tuffate poi cucchiaiate d’impasto.
Appena dorate, togliete le sfincie, mettetele da parte ad assorbire l’olio in eccesso e spolverate con zucchero.
Per il giorno di San Giuseppe in tutte le case del palermitano si mangia la famosa
“pasta con le sarde e i
finocchietti" accompagnata da un buon vinello che servirà a
gustare meglio i carciofi in tegame con il tappo, meglio conosciuti come
carciofi “cà tappa ‘e l’uovo”.
Questo è, tradizionalmente, l’ultimo giorno buono per gustare i carciofi;
passato il 19 marzo essi cominciano ad acquisire alcune caratteristiche
negative per i buongustai, ad esempio la "barba" e una maggiore
spinosità.
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