A farsi costruire le "logge" o
“vedute” erano i monasteri di suore di clausura e servivano comunemente
ad avere un rapporto riflesso con il mondo esterno senza essere notati.
Era questa una delle tante
curiosità della vita monastica che oltre a impegnarsi alla riflessione
divina, le suore scandivano il tempo con diverse occupazioni tra cui la
preparazione di manicaretti che il tempo a tramandato all’esterno fino
all’uso contemporaneo.
Spostandosi dietro le fitte grate della loro
“veduta” potevano assistere al
“Festino”, guardare il passaggio del carro di Santa Rosalia,
apprezzare le corse dei berberi e le carrozzate del carnevale, la
processione del “Corpus domini” e quella relativa al cammino dell’urna
della Santa patrona di Palermo che attraversando quasi tutto il
“Cassaro” raggiungeva i propri fedeli e le rassegne militari con tanto
di cavalieri a cavallo.
Nei giorni comuni, era il fasto delle carrozze della nobiltà che li
attirava, per scrutare quella figura conoscente che la propria volontà
aveva privato per ubbidire ad una triste realtà sociale.
Ad usufruire di questo permesso rilasciato esclusivamente dalla madre
badessa, erano le suore più anziane e confesse che cercavano di
attenuare le vessazioni all’osservanza delle “regole” che i canoni
religiosi imponevano. Mentre alle novizie era comunemente vietato
affacciarsi, solo in casi eccezionali e per motivi familiari.
Non tutti i monasteri si
affacciavano direttamente sul “Cassaro”, e non sempre le monache, che
avevano conquistato questo privilegio che gli veniva dalla copiosa dote
elargita dalla famiglia al monastero, a rinunciare alla loro “veduta” su
questa nobile e mondana strada.
Per quei complessi monastici che
erano poco distanti, venivano realizzati dei passaggi volanti,
“camminamenti” che attraversavano i tetti degli edifici limitrofi, aree
che venivano acquistate dalle suore con le loro sostanze economiche, con
questi congegni gli permetteva la costruzione di queste apposite
“logge”.
Avevano da scrutare le suore che
del potente monastero dei Settangeli, ubicati sul lato orientale del
piano della cattedrale, guardavano la strada maestra, di questa badia,
oggi rimane un istituto scolastico in parte ricostruito nel 1913 su
strutture che furono distrutte durante i bombardamenti borbonici del
1860.
Il monastero con l’annessa chiesa
di San Giovanni dell’Origlione attraverso un lungo camminamento che si
sviluppava nei sotto-tetti dei palazzi limitrofi raggiungeva il palazzo
Papè Valdina, una delle residenze più prestigiose del Cassero, dove vi
era un belvedere per le suore.
Discendendo per il “Cassaro” verso
il mare, sulla destra si incontra la chiesa ed il monastero del SS.Salvatore, l’antica badia basiliana fu la prima ad essere costruita
nel periodo normanno da Ruggero, ampliato più volte tra il XVI ed il
XVIII secolo, fino al XV secolo si praticava il rito greco, la grande
cupola che sovrasta la chiesa a permesso di costruire un’ampia loggia
che permetteva le sorelle di proporsi direttamente sulla strada.
Sul lato opposto a settentrione
del Cassaro fu edificato il Collegio Massimo dei Gesuiti, oggi
biblioteca regionale, in via Montevergine si trova l’omonimo monastero
organizzato da due complessi architettonici allacciati da un cavalcavia,
le cui monache godevano di due logge sul cassaro, fabbricate sui i tetti
di palazzo Geraci e di palazzo Frangipane.
Sul fronte di piazza Bologni, aperta nel 1567, dietro
palazzo Belmonte-Riso, in una vasta area, completamente abbandonata, in tempi
recenti venne costruito un moderno edificio scolastico, dove esisteva il
monastero benedettino del Gran Cancelliere distrutto dagli eventi
bellici dell’ultima guerra, le monache, a cui non mancavano consistenti
entrate, acquistarono i palazzi e le case limitrofe fino al Cassaro,
dove nel settecento fecero costruire la propria loggia.
Il vasto complesso di Santa Chiara
dei Francescani conventuali aveva la sua loggia che perveniva sul
Cassaro tramite un tortuoso camminamento sopra le case vicine.
Il convento dei padri Teatini ha sul “Cassaro”, all’angolo con i
Quattro
Canti, l’ingresso principale della chiesa dedicata a San Giuseppe,
costruita tra il 1612 ed il 1645.
L’affaccio su l’attico di palazzo Guggino- Bordonaro, che si raggiungeva per mezzo di una scala a
chiocciola che si dipartiva da un lungo tunnel sotterraneo, apparteneva
al monastero benedettino della “Martorana” che spese ingenti somme di
denaro per scavare sotto via Maqueda e raggiungere la loggia della
residenza signorile ai quattro canti, scomparso del tutto dopo
l’abbassamento del sito stradale subito dopo il periodo borbonico nel
1865.
Proseguendo verso il mare il
Cassaro all’altezza di piazza Marina ed in vicinanza del vecchio porto
si concludeva, alla fine del 1581 fu prolungato, è chiamato dal popolo
“Cassaro morto” perché poco frequentato, fino alla fascia costiera con
la costruzione di Porta Felice che chiudeva il fronte a mare, dove
qualche anno prima era stata sistemata la passeggiata della marina.
In questo ultimo tratto in ambedue
i lati non si affacciano monasteri, tranne il convento dei padri Teatini
che realizzarono nel 1602, ben presto nel 1612 fu abbandonato e
trasformato ad altri usi fino al 1844 che divenne sede dell’Archivio di
stato, ma non fu mai realizzata una “veduta” visto che il suo prospetto
ricade sul Cassaro.
L’ospedale di San Bartolomeo ubicato sull’ultimo tratto del fronte
settentrionale del Cassaro, distrutto durante i bombardamenti
dell’ultima guerra, al suo posto venne edificato un edificio scolastico
e, il loggiato che veniva utilizzato per scopi terapeutici, l’unica
parte rimasta, è ubicata sul fianco orientale che guarda il mare.
Altre due chiese si affacciano sul
Cassaro, la chiesa di San Giovanni dei Napoletani, della Nazione dei
Napoletani, nel prospetto si costruì una loggetta coperta chiusa da
imposte e la chiesa di Santa Maria di Porto Salvo, sul prospetto che fu
invertito a seguito dei prolungamenti della strada, la loggia fu chiusa
e i locali adibiti ad appartamenti per la canonica.
Anche i palazzi nobiliari ambivano ad una loggia d’affaccio, ma non a
tutti fu concesso di poterla costruire, anche perché le amministrazioni
cittadine emanavano precise regole per mantenere il decoro delle
facciate degli edifici che si affacciavano sul Cassaro, che dovevano
adottare particolari caratteristiche architettoniche.