I paesi dell’entroterra
palermitano ogni anno nel mese di maggio organizzavano questo momento in
cui oltre a trattare il tempo economico era l’occasione per far festa.
Tradizionalmente questi paesi organizzavano la degustazione dei propri
prodotti locali con fastose tavolate non dimenticando i rituali del
profondo sentimento religioso che aggrappava le aspettative del mondo
agro-pastorale.
La venerazione di un
simulacro, in special modo quello del Crocifisso, si legava anticamente
alla benedizione delle messi e degli animali, con l’auspicio di un
raccolto abbondante che donasse prosperità alle famiglie del paese.
La fiera del
SS.Crocifisso che si celebra la terza domenica di maggio a Mezzojuso,
in eparchia di Piana degli Albanesi, comunemente indicata come la fiera di
maggio ha antichissime origini dove si fondono le sue tradizioni latine e
greco-albanesi che si sono conservate intatte, tranne la lingua albanese
che e del tutto scomparsa.
L’origine di questa fiera
si fa risalire verso la fine del 1600 e il suo svolgimento avveniva la
prima domenica di maggio, l’anno successivo “decima terza die mensis maij”,
per molti anni si stabilì la seconda domenica, ma bisogna aspettare alcuni
secoli per ottenere da Re Ferdinando II, quando con un suo decreto emesso
a Napoli il 23 agosto del 1844 che istituì la data della terza domenica di
maggio in quella definitiva in cui si poteva celebrare tale ricorrenza.
La venerazione per l’immagine del Cristo crocifisso si fa risalire alla
costituzione di una confraternita intitolata al SS.Crocifisso nel 1650
all’interno della chiesa di Santa Venera, una piccola chiesetta di modeste
dimensioni, “fuori terra di Mezzojuso”, di cui non si conosce con
esattezza la data di costruzione, che con il seguire degli anni prenderà
il nome della sacra configurazione.
Alcuni documenti del 1781
indicano la costituzione della confraternita addirittura precedente alla
data in cui si presume l’insediamento nella chiesa di Santa Venera.
La fiera che comunemente viene organizzata nella terza domenica di maggio
si svolge in tre momenti particolari, con l’esposizione del “Palio”
(appizzatina rù paliu), una bandiera di panno rosso con al centro
un’aquila bicipite nera che rappresenta il vessillo della nazione
albanese, è l’ istante in cui si dà l’inizio al libero scambio di
mercanzie che la comunità di Mezzojuso propone ai Comuni confinanti nel
circondario ed interessati di altre province, attraverso i vari
commercianti che vi partecipano.
In un documento del 1846
che veniva redatto in manifesto fatto affiggere dall’allora Sindaco di
Mezzojuso Giovanni Battaglia che recita: “Restano invitati tutti i
negozianti di panni, tessuti, chincaglierie, argenterie ed altri generi ad
intervenire nell’indicata fiera e mercato, potendo dimorarvi dalla terza
alla quarta domenica di maggio, in cui si celebra l’ottavario della festa
del SS. Crocifisso, e riponendo le loro mercanzie in apposite e comode
logge, che si dispensano gratis, site nella strada maestra che conduce al
Santuario di Santa Venera.
“I forestieri saranno trattati con la massima ospitalità, ed i paesani
animeranno il negozio con il loro concorso, vari e gratis spettacoli si
offriranno ai concorrenti”.
Anticamente questa fiera era una delle “fiere franche” per il semplice
motivo in cui all’occasione non si pagava la “gabella del dazio di grana
due per ogni rotolo di carne che si vende al pubblico”.
Era ed è consuetudine
nella tarda mattinata partecipare alla solenne Liturgia, il pontificale in
rito greco- bizantino nella chiesa del SS. Crocifisso.
L’odierna chiesa costruita intorno al 1640-45 dalla preesistente chiesetta
di campagna dedicata a Santa Venera, per diversi anni si concorse a
realizzare quelle opere necessarie ad acquisire bellezza e splendore atta
ad accogliere il SS. Crocifisso: nel 1772 si costruì la sacrestia, si
edificò un nuovo campanile nel 1796 ricollocando le vecchie campane ed
infine dopo centocinquanta anni si realizzarono le decorazioni a stucco
eseguite dai maestri Giuseppe Crisci e Vincenzo Luciano, in seguito nel
1792 si arricchì della decorazioni in oro eseguite dal palermitano
Giovanni Corrado, ispirandosi ai mosaici bizantini del periodo normanno,
Pantaleo Giannaccari a decorato l’iconostasi e le pareti della chiesa.
Stabilitasi definitivamente la costituente confraternita del SS.Crocifisso
che acquisendo con il passare del tempo importanza e notorietà vi
prendevano parte anche alcuni nobilotti tra cui il principe don Blasco
Corvino che ne fu il “Superiore” nel 1725.
Scopo principale della
confraternita per cui è nata e quello venerare la SS. effige del
Crocifisso e di organizzare la festa in suo onore.
I confrati durante le
solennità indossano l’abitino di color rosso porpora che inneggia la
figura del SS.Crocifisso, con trafila dorata e cinto da un cordone
anch’esso dorato, con al centro del pettorale un medaglione d’argento
rotondo dove sono effigiati i simboli della croce greca, in passato la
confraternita anziché utilizzare l’abitino era solito indossare una lunga
tunica bianca con cappuccio, al centro della regione toracica, veniva
indossato il medaglione, questa costumanza oggi è riferita soltanto al
Sabato Santo.
Di eguale colore è lo
stendardo dove al centro in un cerchio bianco viene effigiata la regale
“vara” che la confraternita fece costruire nel 1648, commissionata dai
confrati don Domenico Buccola e da Leonardo Pravatà fu Ercole a due
maestri palermitani Giuseppe Rizzo e Giulio Crapitto che firmarono il
rogato il 17 agosto del 1648, allora per la sua realizzazione furono spese
cinquanta once che furono raccolte fra i confrati.
Un artistico baldacchino
di autore rimasto ignoto, interamente ricoperto con foglia d’oro zecchino
con la presenza di puttini e fregi argentei che recano i segni della
passione, al centro sovrastata da una cupola poligonale traforata che mira
al segno della volta celeste, è la croce con Gesù crocifisso dove
stazionano sua Madre Maria e il prediletto Giovanni, il tutto è racchiuso
all’interno di quattro colonne in stile dorico che sorreggono la
copertura.
Un devoto un certo Tommaso Carnesi nel 1813 diede alla chiesa diciotto
“pecorelle agnellate” affinchè vendendosi il ricavato servisse per la
realizzazione della croce in cui era attaccato il Crocifisso, l’opera
eseguita dal palermitano don Giovanni Annardo che realizzo la croce in
legno di fago rivestendola con una lamina d’argento cesellato.
Di altri oggetti
d’argento viene arricchita l’immagine del Cristo in questo giorno per la
sua processione: la corona di spine, il costato con pendenti in pietre due
e una lunga fascia bianca damascata in oro che non sempre viene applicata.
La raffinata “Vara” che
per antonomasia è l’unica che si trova in paese ed è definita comunemente
“à Vara” rappresenta l’opera più insigne e pregevole che si trova nella
chiesa, a tal proposito per custodirla venne realizzata un’apposita
cappella sita sopra l’altare maggiore della chiesa chiusa da una pregevole
apertura dove nei quadroni che formano la porta sono rappresentate con
motivi policromi scene della vita di Gesù Cristo.
Esposta alla venerazione dei fedeli soltanto in occasione della Sua festa,
ad eccezione di alcune circostanze particolari come la necessità di far
desistere una calamità, epidemie, guerre etc...
Nel pomeriggio si
svolge la processione detta “a Cunnutta” delle torce e dei
regali, alla quale partecipano le donne a piedi che sfilano davanti agli
uomini su due file, i maschi pervengono in groppa a dei muli bardati a
festa, precede il corteo che si fa strada il suono del tamburo, mentre la
banda musicale chiude la passerella.
Una volta assieme a quella delle torce, la “cunnutta” era dei regali, oggi
questa funzione viene espletata il sabato pomeriggio, in essa venivano
portati in processione le donazioni offerti al SS. Crocifisso raccolti
durante l’anno ed in quelli precedenti: ex-voto d’argento, biancheria
d’altare e vestiario sacro riccamente ricamato e, tanto altro donati dalla
devozione popolare.
Venivano appresso in passato alcuni portatori con ampie ceste ricolme di
pane benedetto offerto al SS. Crocifisso che successivamente veniva
distribuito ai poveri.
Chiude il corteo,
una “Retina di muli che portano basti e bisacce ricolmi di grano, questi
finimenti non sono quelli di uso comune, all’occasione i muli bardati a
festa portano le bardature particolarmente di un certo pregio, con fregi,
ricami di ottima fattura di diversi colori che riproducono la “vara” del
SS.Crocifisso, ad essa vengono attaccati numerosi sonagli, non viene meno
la coda delle cavalcature, essa viene racchiusa in una specie di guaina
della stessa tela, con analoghi ricami e fregi che a sua volta contiene i
molteplici sonagli, il cui movimento della coda accompagna il loro
scampanellio gradevole e ritmato.
La sera il
pregevole baldacchino con il simulacro del SS.Crocifisso viene condotto in
processione, la confraternita si fa strada tra la folla di fedeli, i
sedici portatori confrati aiutati da molta gente devota, a spalle
attraverseranno le vie principale del paese e, fermandosi a attente
richieste, a tarda sera farà ritorno in chiesa dove una solenne
celebrazione accompagnerà la sua chiusura nella cappella preposta.
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