I geni davvero tanti e tutti con simboli e
significati diversi, fanno bella mostra di se, chi nel mercato della
Vucciria, sulla fontana di piazza della rivoluzione, in piazzetta
Garaffo,
sullo scalone principale di Palazzo delle aquile, a Villa Giulia e
all’esterno della Cappella Palatina ed infine, il più antico, vicino al
vecchio molo del porto.
La “Vucciria”, il più celebre e rinomato
mercato di “grascia” di Palermo, l’eco della letteratura, del cinema,
dell’arte, se ne sono sempre occupate molteplici volte, non ultimo Renato
Guttuso nel suo splendido quadro dove mette in risalto la genuinità e la
quotidianità di un popolo come quello palermitano.
Cos’è la Vucciria? La parola che deriva dal
francese “boucheria”, indicherebbe che in quel mercato si vende soltanto
della carne; invece è un mercato nel senso esteso della parola e vi si
vende di tutto per la gastronomia, per la casa ecc. ecc., è il mercato del
pesce per eccellenza, i mille colori e odori nauseabondi, le voci alte e
fioche, t’intronano le orecchierei venditori “Abbanniare”.
Il selciato è sparso di pozze e di
rigagnoli e guai a prosciugarsi, un caotico palcoscenico, dove la ribalta
è la Piazza Caracciolo, si raggiunge da Via Roma, percorrendo una breve
rampa di scale presidiata da negozianti di chincaglierie e dal “pulparu”
con il suo deschetto ammiccante, confuso tra la folla, si aggira il
gestore d’estemporanee lotterie al limite fra il lecito e l’azzardo.
E se cercate ninnoli d’oro e d’argento,
utensili per la casa e persino ex voto non dovete fare altro che
addentrarvi in una delle stradine limitrofe in cui esso dilaga le sue
membra, discesa Maccarronai, via Cassari, via Panieri e le vie Argenteria
vecchia e nuova, in queste strade sorsero anche chiese e palazzi
nobiliari, l’apertura della via Roma separò dal contesto antico il
quartiere con la riduzione della piazza e l’edificazione dell’enorme
palazzo municipale.
Lungo la Via Argenteria, strada che mette
in comunicazione la Piazza Caracciolo con l’altra piazza del Garraffello,
a metà tragitto si apre uno slargo denominato, anche se piccolo, piazza
Garraffo dove anticamente esisteva una fonte che copiosamente dava acqua
(dall’arabo “gharraf”, abbondante d’acqua) in un angolo di questa, in una
Mostra Marmorea, è evidenziato il “Genius loci” all’interno di una nicchia
centrale, per i palermitani “Palermu lu Grandi”, con evidente riferimento
alla coeva statua che era istallata da Antonio da Como nello scalone del
palazzo comunale o pretorio, chiamato “Palermo lu Pichulu”.
Il marmuraru, Pietro de Bonitate realizzava
nel 1483 l’esposizione di marmo per adornare il piano del Garraffo, alla
Vucciria, il dio protettore del luogo, nume tutelare delle varie “nazioni”
estere (amalfitani, Pisani, Genovesi, Catalani) che proprio in quel sito
nella zona della “Bocceria Vecchia” avevano impiantato fin dal XIII secolo
le loro loggie per esercitare lo scambio commerciale.
Quest’ultimi, ormai palermitani, con questa
composizione scultorea volevano rendere omaggio alla terra che li aveva
ospitati con grand’accoglienza.
Il termine Genio che deriva dal greco ghenos, che significa nascita e, dal latino genius, generatore di vita per
i romani riconoscevano nel genius la divinità che presiedeva alla nascita
dell’uomo e lo accompagnava nella vita condividendone gioie e dolori.
Il genio era il protettore della famiglia,
della casa e persino degli affari del suo protetto, la lunga dominazione
romana, lasciò in Sicilia, e soprattutto a Palermo, tracce e ricordi del
culto pagano.
Nel XV secolo con l’avvento dell’umanesimo,
il culto fu ripristinato e adattato ad un’altra tradizione che voleva l’urbs
edificata dal dio saturno che sul monte pellegrino aveva eletto il
castello Cronio.
Secondo antichi documenti risalenti al
1483, il nume tutelare veniva chiamato Palermo, mentre il Fazello nelle
sue decadae scriveva:... i palermitani raffigurano, la città, in aspetto
d’uomo, il suo petto è avvolto da un serpente che lo succhia, davanti ai
piedi ha una cesta piena d’oro e di fiori con questa scritta: Panormus vas
aures suos devorat alienus nutrit.
Questa scritta oggi si legge nel simulacro
del palazzo comunale, con la variante conca, è del 1596.
Il suo significato sociale, quindi, è
quello di un vero e proprio santo protettore laico della città, tanto che
nell’immaginario dei palermitani veniva e viene spesso contrapposto alla
protettrice religiosa di Palermo, Santa Rosalia.
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