La comunità
albanese che, lega la città all’Aparchia, ha la sua sede cittadina
presso la monumentale chiesa che abitualmente noi palermitani chiamiamo
“La Martorana” per via dell’annesso monastero, ormai scomparso, in cui
si celebra il rito cattolico-bizantino, a cui appartengono gli “arabereshe”,
una comunità cristiana legata alla chiesa di Roma, che segue un rito e una
disciplina ecclesiastica greco-ortodossa. |
Anche il grande periodo settimanale della Pasqua ortodossa, vuole che si
festeggi con delle suggestive cerimonie.
Per i cattolici, il Giovedì Santo dopo la
lavanda dei piedi, sì e soliti sistemare come in un giardino incantato il
rituale sepolcro. Le donne di rito ortodosso, il pomeriggio del Giovedì Santo, e solo loro,
si premurano a preparare la composizione sepolcrale con l’addobbo floreale
che ospiterà le spoglie del Cristo morto (l’Epitàfios) adagiato su
di un letto di petali di rose.
La composizione sepolcrale in cui s’indica il sepolcro di nostro Signore è
definita con il termine (Taphos) ed è formata da due parti, l’Epitàfios si
condurrà in processione e alla fine di essa verrà rimessa sul Taphos.
Il Taphos,
una particolare architettura commemorativa di legno rappresentata da due
tavoli soprapposti, il cui ripiano soprastante e adornato da una cupola
sormontata da una croce indicante l’ insegna cristiana.
Processione, che prenderà via dalla basilica e, si snoderà all’interno del
comprensorio, procedendo da destra verso sinistra ruotando attorno alla
cappella di San Cataldo.
Il Papas accompagnato da altri
sacerdoti e da dai diaconi porterà l’immagine dell’Epitàfios, gruppi di
fedeli seguiranno il corteo recante in mano delle candele accese per
illuminare il viaggio del Cristo morto, seguiranno alcune donne che
recheranno delle composizioni di fiori recisi che successivamente saranno
sistemati nel sepolcro.
Durante la celebrazione religiosa sono eseguiti canti funebri di solito
accompagnati dal suono di particolari strumenti di legno, d’origine
bizantina, detti çokè e çikana, in assenza dei rintocchi delle campane
che, dal mattino del giovedì al mezzogiorno del sabato non vengono fatte
suonare perché sono legate.
Fumi d’incenso annebbieranno il corteo che
pacatamente raggiungerà l’ingresso principale della chiesa in un’atmosfera
cogitabonda e in sublimazione.
L’Epitàfios, un grande telo decorato con l’effige del Cristo morto con gli
Angeli e le pie Donne, agli angoli porta stampato l’immagine dei quattro
Evangelisti.
Il corteo, prima di rientrare in chiesa, si fermerà davanti all’ingresso
principale, i due sacerdoti che durante la processione hanno sostenuto il
telo con l’immagine, faranno passare sotto di esso i fedeli che avvolti
dai fumi dell’incensiere saranno benedetti con acqua profumata.
In questa
circostanza assume grande rilievo il significato del cerimoniale canonico:
i gesti, i canti, la processione, i fiori, i profumi e gli incensi.
Aver asperso i fedeli con essenze profumate mentre passano sotto l’Epitàfios
sta ad indicare la degenerazione umana nell’impostazione di quella che
sarà la salvezza nella cristianità.
La presenza dei fiori e dei petali di rose costituiscono un altro episodio
raffigurativo, la rinascita della natura che vede il passaggio
dall’inverno alla primavera, dalla morte alla resurrezione.
Il corteo, una volta in chiesa, farà tre
giri (il numero perfetto) delle navate, l’Epitàfios a questo punto viene
deposto sul Tàphos che staziona davanti all’altare, in un letto di petali
di rose.
Il rito funebre si compie e la cerimonia
volge al termine, Gesù morto è dentro il sepolcro da dove risorgerà
sconfiggendo la morte, che raggiungerà l'apice nella “niche” (vittoria)
incondizionata nel giorno della Pasqua.
Alla fine della cerimonia ai fedeli che
hanno assistito, sarà permesso portare con sé un petalo di rosa benedetto
e carico dalle essenze profumate e dagli incensi.
Occasione ideale per un incontro accordato tra uomo e Dio, un tripudio che
continuerà tutta la notte, un pellegrinaggio che si concluderà il Venerdì
Santo (E Premtja e madhe) che è la giornata riconosciuta solennemente ai
canti: al mattino i dodici passi evangelici che narrano la passione e la
morte di Cristo.
Seguirà il rito vespertino che celebra il
Cristo morto, nella penombra della basilica, l’urna del Cristo raccoglie
il lamento dei canti che i fedeli e i sacerdoti intonano fino a notte
fonda.
Attualmente esterni (2011) in
restauro
|