La fonte, oggi
ubicata all’interno di un piccolo cortile attiguo alla basilica, cui si ha
la possibilità di accedere dalla navata destra, è sormontata da un’effige
che rappresenta la Madonna ammantata che regge in braccio il suo figliolo.
Entrambi sono coronati, e il loro sguardo ammiccante sembra invitare il
visitatore a bere di quell’acqua, che tutti enunciano miracolosa.
Non sarà eccessivo
evidenziare che tra i palermitani e la SS.ma Vergine è nato alcuni secoli
fa un dialogo di devozione che ha ascritto una storia di fede, in
un’immagine che per la sua bontà di elargire grazie è stata definita con
il titolo di Madonna della Provvidenza.
Tutto nacque dalla
costituzione di una confraternita che fu fondata nel 1609, sotto il titolo
dei servi o schiavi di Maria detta della Sciabica, voluta fortemente dal
sacerdote Salvatore Ferrari, teatino, che in un primo tempo ebbe sede in
un oratorio dentro il chiostro del convento dei Teatini, e successivamente
mutò denominazione in congregazione della Madonna della Provvidenza,
congregazione che si sciolse definitamene nel dopoguerra.
Come la
sciabica (particolare rete da pesca che riesce a catturare ogni sorta di
pesce) la congrega aveva lo scopo di accettare qualsiasi tipo di persona,
senza distinzione di grado sociale, e di professare gli insegnamenti del
Vangelo, consacrandosi come servi di Cristo e di sua Madre, cosa veramente
rara per quel tempo.
L’unico inconveniente per questa confraternita era di non possedere
un’effige della Vergine, a cui rivolgere le proprie preghiere e di esporla
alla venerazione di tutti i confrati.
La scelta cadde su
di un quadro posseduto da un frate teatino, di nome Vincenzo Scarpato. Il
quadro raffigurava una Madonna con il bambino, e riproduceva la Madonna
dell’Arco, già rappresentata in un’icona nella volta di un monumento
presso Napoli, di cui era originario il fraticello.
La devozione
per quest’immagine era tale, che spinse il teatino a farsela riprodurre in
una tela da alcuni pittori palermitani. Questi, nonostante i mille
minuziosi e puntigliosi suggerimenti del committente, non riuscirono però
a realizzare l’opera..
Un giorno il frate
rientrando verso casa, trovò dinanzi a sè un vecchietto sconosciuto che,
con molta cordialità, gli porse un involucro che sembrava contenere
qualcosa di pregiato, e gli disse: “Tieni, fratello Vincenzo: un quadro
che ti piacerà di sicuro, conservalo, custodiscilo con rispetto e
venerazione, farà tante grazie; e molti verrano a fargli visita, anche da
lontano”.
Tutto preso da quel dono, una tela che riproduceva esattamente l’immagine
desiderata, non ebbe il tempo di ringraziare il vecchietto, che scomparve
rapidamente.
Alla
richiesta della confraternita, il frate fù contento ed accettò senza
esitazione, sapendo che la venerabile immagine avrebbe occupato il posto
sull’altare del nuovo oratorio che nel frattempo la congrega, visto che
gli iscritti si erano accresciuti e i locali in cui erano ospitati si
erano resi insufficienti, aveva ottenuto dai Padri Teatini, in un locale
nella cripta della chiesa, appositamente trasformato, sotto le otto
colonne della cupola, nel 1645.
Morì intanto, in odore
di santità, lo Scarpato, che solo al trapasso rivelò che il vecchietto che
gli aveva donato il quadro altri non era che San Giuseppe, che gli si era
rivelato poi in frequenti apparizioni.
Accresciuta la
devozione alla miracolosa immagine, il padre preposto del convento, nel
1647, concesse licenza ai confrati di esporre il quadro al pubblico tutti
i mercoledì dell’anno.
Un nuovo centro
di venerazione Mariana stava sorgendo, e ben presto non sarebbe stato
soltanto un fenomeno rionale o cittadino ma, animato da manifestazioni
spontanee, commoventi e edificanti, tali da indurre i responsabili a
favorire tanto fervore e ad alimentarlo con celebrazioni di Sante Messe, funzioni Sacre ed altre pratiche devozionali a livello popolare.
Nel 1668 il Padre
Francesco Maggio, palermitano, rinveniva sotto l’altare una fonte d’acqua,
che venne benedetta dalla Comunità dei padri teatini il 15 gennaio dello
stesso anno, e fu ritenuta miracolosa. Alla solenne Consacrazione prese
parte anche il giovane chierico Giuseppe M. Tomasi, destinato a divenire
Cardinale e Santo. In quell’occasione si stabilì che, da quel momento,
quello era il giorno solenne per il trionfo di Maria.
Di quest’acqua si parlò
tanto, per i suoi prodigi e perché ottima per tutte le infermità: grazie,
miracoli e conversioni gratificarono la fede e la devozione dei moltissimi
che, afflitti nel corpo e nello spirito, fiduciosi accorrevano a bere quel
dono che la Madonna della Provvidenza, ben due secoli prima dell’acqua di
Lourdes, aveva voluto dare ai suoi figli palermitani.
Testimoni contemporanei
degli eventi furono il rev. P. Maggio e il Mongitore, che narrarono nei
loro scritti e riferirono di numerosi miracoli avvenuti grazie all’acqua
del Santuario Mariano.
La celebrazione dei
tradizionali sette mercoledì, che precedeva la festa della Madonna, iniziò
nel 1685. In quel periodo era stata introdotta pure l’usanza di benedire
delle nocciole offerte alla Vergine, e in seguito girate ai devoti.
Anche di questa nuova
pratica ci riferisce il Mongitore nei suoi scritti. In tempi più avanzati
(nel 1897) un altro illustre personaggio, tale W.A.Paton, narra che,
visitando il santuario, acquistò un biglietto che gli dava diritto a
ricevere delle nocciole benedette avvolte in una carta sulla quale erano
stampate le istruzioni per usare saggiamente e devotamente il sacro
alimento.
Sempre nel 1685 il
Senato palermitano eleggeva la Madonna della Provvidenza a patrona della
città. Le effigi della Madonna e del Bambino, con un capitolo vaticano,
detto di San. Pietro, nel 1734 ottennero le corone d’oro che furono poste
sul capo di entrambi.
Con l’accrescimento del
fervore di quest’immagine, la cripta era divenuta un vero oratorio e nello
stesso tempo un santuario Mariano. Nel 1760 fù sostituito l’altare di
marmo con un altro interamente d’argento. In particolare è interessante il
paliotto che venne cesellato dagli argentieri palermitani Giuseppe Ruvolo
e Pasquale Cipolla. La congregazione, nel 1845, fece un tentativo per
avere concesso l’ampliamento del sotterraneo finché, nel 1873, usurpò
abusivamente l’uso di tutta la cripta consacrandola a chiesa.
Ancora oggi il perenne
fluire, da quattro secoli, continua incessante. Il Santuario sotterraneo
anni fa venne chiuso, il quadro trasferito all’interno del tempio per la
sua adorazione. Il paliotto d’argento, si trova ora nell’altare maggiore
della basilica e la fonte, con la benevolenza del Signore e
l’intercessione della Vergine, eroga acqua a chi si consola e aiuta chi vi
attinge.