Si dipana un mobile con molti cassetti nei quali sono riposte le piante medicinali essiccate e pronte per essere incartate.
Erbe, fiori e semi sono tutti ben divisi per sacchetti o conservati in grandi recipienti di terracotta
"burnìe" o di vetro o di un materiale più povero come la latta, dove fanno bella mostra in scansie annerite dalla polvere perenne.
Le pareti sono tappezzate di ogni specie di erba e ogni spazio e sfruttato fino a raggiungere la volta,si evidenzia un piccolo altarino con delle immagini votive che non manca mai, quasi
a volere determinare come la guarigione di alcuni mali è da attribuire alla loro presenza.
Nel retrobottega era sempre presente un grosso mortaio di pietra dove era affidato soprattutto ai giovani apprendisti i quali con pestelli dovevano preparare polveri o ridurre in poltiglia le varie erbe.
E' il caso dell'erba canapuccia dalla quale, pestata in continuazione e ridotta in poltiglia, si ricava una specie di lattice che
unito al decotto di gramigna serve per decongestionare.
Completavano il laboratorio dell'erborista il braciere con dei grandi recipienti di rame che servivano per ammollare e decollare, utilizzando per le varie operazioni diversi utensili: mestoli, schiumarole, crivelli di differenti misura,
stringituri di diverse grandezze usati sia per separare sia per ricavare mediante la compressione olii come quello di mandorla.
Ogni erba ha il suo tempo balsamico per la raccolta e, per poterle essiccare servono sapere precise regole come per la loro conoscenza, bisogna distinguerle e sapere delle loro proprietà medicamentose e la giusta dose e l'esatto tempo di bollitura per preparare i famosi decotti, il cui principio attivo e fatto bollire a fuoco lento in acqua o le tisane di cui l'associazione di più erbe dosate e preparata versando acqua calda su di esse e lasciate a riposare per poi filtrare il tutto e addolcite con miele o zucchero.
Per i vini medicinali si adoperavano delle erbe essiccate di cui si facevano macerare nel vino: è il caso del Vermut, vino medicinale bianco o rosso drogato con infuso di sostanze amare creato a Torino nel 1786 ed importato in Sicilia dai Florio, affinato per le gentili signore col tempo divenne un vino da dessert, il suo principio attivo che è l'assenzio serviva a curare la mal digestione; purificava il sangue e faceva dormire.
Delle piante si utilizzano tutte le parti: corteccia, foglie, fiori e radici per quest'ultima un antico erborista monrealese da novant'anni cura le fastidiosissime emorroidi utilizzando una radice di una pianta erbacea che cresce in tutti i luoghi in Sicilia.
Avendola in mano subito si avverte un senso di benessere, per una settimana tenuta in tasca dei pantaloni o comunemente come facevano le nostre nonne in un sacchettino di stoffa aderita sui vestiti per mezzo di un
"spìnguluni" si noterà una certa diminuzione della flogosi.
L'emorragia che è un sintomo che si presenta copiosamente, si va riducendo dopo la seconda fino a guarire del tutto.
La pianta interessata è il
Verbasco
(Thapsus Verbascum) si raccoglie la radice, tutto l'anno, si taglia un pezzetto avvolgendola e mettendola in tasca; dopo una settimana si cambia con una fresca.
La cura va adottata fino a quando la sintomatologia scompare del tutto.
Le erboristerie moderne non sono più gli erbuari di una volta, che utilizzava le erbe per le preparazioni, tuttavia oggi il loro impiego è utilizzato nella fitoterapia e nella fitocosmesi preparate in serie da frettolose industrie chimiche e farmaceutiche.