Le lampade per dare una tonalità diversa a
volte venivano dipinte con la vernice in tempi più moderni o con un
colorante ad acqua o gli veniva applicata della carta colorata.
Antica usanza tramandata dagli “addobbatori”,
essi comprendevano una serie di artigiani in cui erano partecipi anche i
futuri “luminaristi”, come ci riferisce il Villabianca nei suoi diari
palermitani che nel 1752 in occasione dei festeggiamenti inerenti al
Festino si costruivano delle strutture baroccheggianti tutte dipinti con
fregi e puttini chiamate “piramidette” dove venivano collocate delle
lanterne alimentate ad olio o semplicemente dalla umile cera che aveva
solo il svantaggio di spegnersi rapidamente.
Queste strutture dovevano meravigliare e
impressionare i cittadini tanto da occupare la mente degli organizzatori a
cercare nuove proposte, ed il caso della festa del SS.Crocifisso del 1780
che preoccupò i programmatori Don Domenico e Don Alberto nobili monrealesi
che stipularono un contratto con maestri artigiani (Mariano Militano di
Palermo) presso il notaio Giuseppe Campisi-Cremona di Monreale affinché
preparassero la macchina dei “forgarelli d’aria”.
Con l’avvento del gas intorno alla metà del
ottocento anche le luminarie subirono questa nuova ideazione, un tubo di
ferro conteneva diversi beccucci dove erano applicate delle “retine” che
accendendosi procuravano una luce biancastra e viva, il tutto avveniva
all’interno di un “lampionello” o di una boccia di vetro veneziano,
questo sistema durò alcuni decenni e venne soppiantato dall’arrivo
dell’energia elettrica nei primi anni del novecento.
Secondo l’ambiente urbanistico, in presenza di
una piazza, dove probabilmente si svolgeranno i festeggiamenti si
organizza un “capuarcu” o “capustrata”.
Risultante di serie elementi come spalliere
formate da ventagli, staffe e brindole o “calature”, al centro capeggia
l’insegna con il glorifico al Santo dove tradizionalmente viene inserita
l’immagine di quest’ultimo, alla fine si viene a creare una grande
scenografia luminosa, perché è lei la grande protagonista, la luce con i
suoi splendidi colori.
Questa che già da tempo ha assunto la
magnificenza di una vera arte e da collocarsi ad una costumanza
concernente il sud d’Italia dove ha trovato la sua profusione
ricollegandosi a quelle manifestazioni tipiche del barocco dove
l’esuberanza decorativa e la ricerca dell’effetto sorpresa è volontà di
stupire, in Sicilia e a Palermo in particolare rivela la sua maggiore
manifestazione.
Spettacolare è la messa in opera delle
luminarie, seguendo criteri e direttive che nascono dall’esperienza sul
campo e avvalendosi di tiranti in ferro, funi e pali vengono montate le
varie figure che assemblate daranno vita alla scenografica struttura.
Uomini che arrampicati e sospesi nell’area,
solo con l’ausilio di scale, lavorano in sicurezza agganciati ad un
appiglio volante, si muovono con molta disinvoltura, oggi con mezzi
moderni, in passato le scale erano attaccate ad un carrettino, una volta
ad effettuare questa attività era deputata una maestranza, il quale aveva
necessità di avere il fuoco a portata di mano, un carro che oltre a
possedere la scala necessaria per raggiungere le luminarie con i
lampionelli (queste sospese in alto sempre da funi), era presente un
contenitore a fiamma dove si poteva attingere per accenderli.
Questa maestranza aveva una propria
congregazione che ne garantiva e tutelava il faticoso lavoro, essi avevano
bottega nel vicolo omonimo ancora oggi esistente.
In tempi moderni questa spettacolare arte a
fatto nascere un nuovo connubio: luminaristi e architetti hanno creato
nuovi designer attuando temi insoliti pur mantenendosi nel rispetto della
tradizione.