Politica e Sanità
La società italiana vive
da oltre un decennio un'epoca di rapidi mutamenti, che
investono la funzione pubblica, i rapporti tra società e
Stato, i rapporti tra i privati, i concetti stessi sui quali
si è costruito un certo modo di discriminare il pubblico dal
privato. Da un canto, alla luce delle nuove tendenze
neoliberiste, è contestato lo Stato sociale; dall'altro, per
fatti che tutti conosciamo, non è un buon periodo per
l'immagine della Pubblica Amministrazione. Di qui una certa
euforia, verso il privato, la panacea di tutti i mali
pubblici, idoneo a garantire trasparenza ed efficienza,
senza considerare appieno le loro differenze strutturali e,
soprattutto, la disomogeneità di ruoli ed ambiti operativi.
Il senso dell'intervento è di cogliere la capacità di
adattamento delle strutture sanitarie pubbliche e dei
policlinici universitari in particolare modo, di fronte a
questi nuovi eventi. Sarebbe la risposta più qualificante
che esse possono dare per superare le divisioni rigide tra
imprese pubbliche e imprese private, specie dal punto di
vista culturale ed operativo. Il pericolo è che tale
processo evolutivo e di rinnovamento non garantisca un
giusto punto di equilibrio. Negli ultimi tempi si è
contemporaneamente accresciuto di molto l'interesse per i
problemi della Pubblica Amministrazione: ci si rende sempre
più conto che un Paese moderno e avanzato qual'è l'Italia
non può avere un'amministrazione inefficiente o non adeguata
ai tempi anche perché, come insegnano Francia, Germania, e,
in generale, i Paesi più avanzati del nostro, l'efficienza
della Pubblica Amministrazione è una componente essenziale
della efficienza del sistema Paese nel suo complesso. In
particolare si può dire che, con il crescere della
complessità delle moderne società, sempre più cruciale
diventa la funzione delle amministrazioni pubbliche,
chiamate a garantire il funzionamento delle infrastrutture
primarie, dei meccanismi regolatori, della qualità di vita.
Una inarrestabile domanda di qualità percorre da qualche
anno la nostra società: il
fenomeno è tanto più rilevante in quanto non riguarda più
soltanto ristrette élite economiche e sociali, ma coinvolge
la gran massa della popolazione in tutti i settori della
vita economica e sociale (produttivo e finanziario;
individuale e familiare; politico e sociale; sanitario). Il
raggiungimento della qualità di massa è indubbiamente un
problema nuovo ed emergente, che determina anche non pochi
squilibri e tensioni: è qualcosa di più e di diverso del
benessere degli anni 60/70, rappresentato dallo sviluppo
economico e dalla distribuzione del reddito prodotto. Il non
trovare risposte alla domanda di qualità determina oggi
pericolose insoddisfazioni e frustrazioni: la costante
ricerca tende a rendere comunque inadeguato ogni livello o
miglioramento raggiunto, o far lievitare i costi oltre ogni
stima prevedibile, anche perché appaiono difficilmente
individuabili parametri e limiti o soglie, se non di tipo
quantitativo e finanziario. Il dibattito in corso sulle
riforme istituzionali, sul debito pubblico, e sulla manovra
finanziaria riflette questa consapevolezza. Sembra
impossibile rispondere ai molti interrogativi sulla
conciliabilità tra il diritto fondamentale alla salute e le
risorse disponibili, senza analisi approfondita su una
questione di fondo, che è prioritaria: quale tipo di
liberismo o solidarismo - per quali obiettivi - in vista di
quale società?
Inoltre, quanto al rapporto
pubblico-privato ed al diverso ruolo del pubblico, non si
possono non tenere presenti l'art. 32 della Costituzione
(sulla tutela della salute come diritto dell'individuo e
interesse delle collettività, che deve garantire cure
gratuite agli indigenti); l'art. 41 (secondo cui
l'iniziativa economica-privata è libera ma non può svolgersi
in contrasto con l'utilità pubblica), l'art. 81 (sulla
copertura di ogni nuova spesa pubblica); l'art. 97 (per il
quale il buon andamento è servizio alla collettività, e non
mera efficienza produttivistica). Anche qui i Romani
dicevano, e giustamente, che non si possono dare risposte
esaurienti se non si guarda all'insieme delle cose. Così ,
se ne va finalmente rotto il monopolio che nel Servizio
Sanitario Nazionale ha posto fino ad oggi il paziente nella
singolare condizione di essere liberamente obbligato a
rivolgersi alle strutture pubbliche o convenzionate, queste
ultime scelte dall'alto; per altro verso, non appare
adeguata allo scopo una sanità privata in alternativa a
quella pubblica che possa creare condizioni di un diverso
monopolio privato assistito. Il sistema di accreditamento
deve realmente permettere all'utente di rivolgersi
liberamente a qualsiasi struttura pubblica o privata che
egli ritenga idonea alle sue necessità, purché dotate di
determinati requisiti di garanzia e a parità di condizioni.
Allora si vedrà come lo spazio operativo tra pubblico e
privato è meno ampio di quanto si creda; come anche il
pubblico si può adattare alle esigenze dell'utenza e ad un
amministrare più snello; come la difficoltà ad applicare
modelli imprenditoriali alle strutture pubbliche non dipende
da una insensibilità di esse ad appropriarsi di strumenti di
gestione manageriali, quanto dalla difficoltà di entrare
nella nuova logica anche per una visione, non sempre
distorta, della responsabilità pubblica. Un ruolo decisivo e
determinante in questo discorso lo hanno in primo luogo le
Regioni. Se si vuole che le U.S.L. attingano energia,
strategia e forza dal sistema privato bisogna rendersi conto
che il potere di indirizzo, di direzione e di controllo si
esercita:
- con l'indicazione degli obiettivi,
e non con la pianificazione gestionale,più o meno orientata;
- con l'approvazione dei programmi, e
non con la programmazione dirigistica;
- con un definito indirizzo al nuovo
organo di gestione, al quale deve darsi la debita fiducia, e
perciò se ne debbono accettare le scelte responsabilmente
fatte;
- con un sollecito esercizio dei
poteri sostitutivi, in caso di inerzia o incapacità delle
strutture a gestire gli obiettivi e la cosa pubblica.
Diversamente, le sperequazioni operative non faranno che
evidenziare sempre più efficienze sovente non reali del
privato e disfunzioni del servizio pubblico non sempre
addebitabili a cattiva gestione, ma ad impossibilità
oggettive di colmare divari nella operatività e nella
credibilità presso gli utenti. Va da sé che il confronto
deve avvenire tra spirito di intrapresa del privato e
spirito di servizio di pubblico, tra capacità degli
imprenditori privati ed attitudine degli amministratori
pubblici, e non sul mero campo economicistico, essendo
diversa la logica funzionale degli enti commerciali e degli
enti non profit. In quest'ambito va aperto anche il tema
della competitività tra le stesse strutture pubbliche,
perché l'appiattimento e l'uniformità non giovano allo
stesso sistema pubblico. Sono essenziali, tanto un recupero
di efficienza, attraverso l'estensione delle tecniche
manageriali tipiche del mondo imprenditoriale, quanto un uso
comune, nelle appropriate forme, delle strutture ed apparati
ad alta tecnologia, atteso che patrimonio nazionale o
regionale sono sia i beni pubblici, sia i beni privati. Si
deve infatti considerare che, in sintonia al nuovo modello
di "Stato modesto" che si va prefigurando, la possibilità di
ottenere finanziamenti per provvedere alla costruzione o
all'adeguamento di strutture ospedaliere è diminuita
drasticamente nel corso degli ultimi anni e lo stesso si può
asserire riguardo ai fondi da destinare alla acquisizione di
attrezzature ad alta tecnologia. Appare necessaria la
ricerca di strumenti innovativi di gestione del rapporto
pubblico-privato, seguendo la traccia della legge 30
dicembre 1991 n. 412 che all'art. 4, comma 6, prevede la
possibilità di realizzare sperimentazioni gestionali e del
DLgs. 30 dicembre 1992 n. 502 che all'art. 9 bis afferma "le
sperimentazioni gestionali sono attuate attraverso
convenzioni con organismi pubblici e privati per lo
svolgimento in forma integrata sia di opere che di servizi".
Il superamento dell'attuale sistema di convenzionamento
presuppone l'apertura di un dialogo con le strutture private
e la rimozione di una serie di barriere psicologiche e
culturali costruite dall'una e dall'altra parte. In questo
quadro la sperimentazione gestionale si deve porre come
obiettivo l'ottimizzazione delle risorse esistenti, evitando
il fenomeno delle duplicazioni e delle offerte sovrapposte.
Inoltre, la sperimentazione deve essere anche occasione per
la riqualificazione ed elevazione di livello dei servizi
sanitari allo scopo di diminuire la mobilità sanitaria in
uscita e di favorire quella in entrata: va considerato,
infatti, che con il nuovo sistema di finanziamento a
prestazione la mobilità verso l'esterno viene a costituire
costo reale per le strutture sanitarie regionali,
comportando minori entrate; queste diventano espressione del
grado di concorrenzialità con riguardo alla capacità
espressa di soddisfare il complesso delle esigenze,
sanitarie e non, dell'utenza. A questi fini è necessario
massimizzare lo sfruttamento delle risorse già esistenti nel
territorio:
- ripartire tra parte pubblica e
parti private le funzioni, le prestazioni ed i compiti
assegnando al privato quelli che, entro il budget
predeterminato, è in grado di fornire ad un rapporto
qualità/prezzo più elevato rispetto al pubblico;
- utilizzare, dove possibile, presidi
privati esistenti come strumento di riequilibrio
territoriale delle dotazioni sanitarie;
- assicurare, a mezzo di clausole che
garantiscano una elasticità del rapporto, l'utilizzo delle
risorse in base alle necessità effettive;
- usare in comune le attrezzature
tecnologiche ad alto costo e veloce obsolescenza, in modo da
assicurare il massimo sfruttamento e ammortamento;
- garantire ai medici pubblici gli
spazi, l'organizzazione e l'uso delle attrezzature per un
corretto esercizio della libera professione. Va anche
ripensato il ruolo della struttura sanitaria, e in primo
luogo dell'ospedale, quale fattore di produzione e di
indotto nel contesto socio-economico territoriale. La
dinamica post-industriale dei mercati va divaricandosi in
due ambiti, tra globalizzazione e regionalizzazione: sempre
più i flussi di capitali esogeni potranno influenzare aree
periferiche, sempre più la mobilità dei pazienti sarà
orientata verso le strutture sanitarie anche estere,
maggiormente efficaci o efficienti o convenienti.
In questo scenario va allora
considerato che:
a. L'aumento della spesa sanitaria è
dovuto ad una molteplicità di fattori, alcuni dei quali
controllabili dal Servizio sanitario, altri no; tra questi
ultimi va citato l'invecchiamento della popolazione e
l'incremento del tenore di vita, rispetto al quale la spesa
sanitaria è direttamente proporzionale.
Questa è la ragione principale
dell'introduzione di soglie assistenziali predefinite
(livelli uniformi di assistenza del DLgs. 7 dicembre 1993 n.517)
che di fatto sanciscono il principio, affermato della Corte
Costituzionale , che l'assistenza sanitaria è un diritto
compatibile con le risorse disponibili. È evidente che da
questo punto di vista l'aumento complessivo della spesa
sanitaria è indipendente dalla presenza o meno di operatori
privati. È vero invece che l'insoddisfazione del cittadino è
originata in gran parte da problemi organizzativi
(accessibilità, informazione, cortesia), questi sì
risolvibili e fonte di sicuri risparmi.
b. Il sistema sanitario, dopo il Dlgs.
517/93 e la finanziaria '95, appare caratterizzato dalla
presenza di due parti contrapposte e ben separate tra loro:
l'acquisitore di servizi (U.S.L.,
Regione);
il produttore di servizi (U.S.L.,
Ospedali, Presidi).
I privati sono già presenti ad
entrambi i livelli: le Mutue e le Assicurazioni sono
soggetti finanziatori (o acquisitori), per il momento
integrativi rispetto al S.S.N.; gli ospedali privati sono
soggetti produttori. Va assolutamente evitato che nel
divenire della riforma del S.S.N. si creino due circuiti
sanitari paralleli e non comunicanti costituiti
rispettivamente dalle UU.SS.LL.. e dagli Ospedali Pubblici
da un lato, e dalle Mutue ed Assicurazioni e dagli ospedali
privati dall'altro. Per scongiurare ciò è necessario che da
subito gli ospedali pubblici si attrezzino per poter fornire
prestazioni di qualità alberghiera e con possibilità di
scelta del medico tali da consentire il convenzionamento con
i finanziatori privati, preparandosi ad operare in un
contesto in cui in futuro larghe fasce di cittadini
potrebbero non ricorrere affatto al S.S.N. come
assicuratore, ma avvalersi di fondi privati.
a) Il ruolo dei privati nella
fase di transizione , ma anche successivamente,
potrebbe essere quello di gestire le
attività che per gli Ospedali non sono strategiche (o, come
si dice non sono "care business"). In altre parole lo
strumento della terziarizzazione di servizi quali la
gestione delle manutenzioni, dei magazzini, degli aspetti
alberghieri potrebbe rapidamente accrescere la competitività
degli ospedali pubblici.
Ovviamente il problema degli esuberi
di personale e del controllo sulla qualità del servizio
prestato dai privati assumono una dimensione molto rilevante
da valutare con attenzione.
b) Nell'ambito delle
sperimentazioni gestionali, ma anche più semplicemente in
casi quali quello delle residenze sanitarie per anziani,
l'istituto della concessione-contratto di servizio può
essere estremamente utile sia per risolvere in tempi
contenuti problemi di gestione, sia per affrontare
investimenti in tecnologie o strutture. In quest'ultimo
caso, infatti, il concessionario può avvalersi di tecniche
di "project financing", rimborsando al suo finanziatore una
quota parte della tariffa di fatturazione .
Anche con il sistema di pagamento a
prestazione la spesa sanitaria è suscettibile di andare
fuori controllo, a meno che:
non si intervenga sul medico di base,
introducendo seriamente il vincolo di budget sulla spesa
indotta;
non si preveda un sistema misto di
pagamento delle prestazioni: a tariffa
per i volumi concordati e a rimborso
dei costi per quelli eccedenti; superato un certo volume di
prestazioni, poiché i costi fissi sono stati ormai
ammortizzati, il rimborso non deve avvenire più a tariffa
piena, ma con riferimento ai costi marginali, cioè con
valore sempre decrescente, disincentivando così il soggetto
produttore dal produrre;
non si programmi una rete
ridistribuita degli ambulatori e degli ospedali sulla base
di indici obiettivi dei bisogni della popolazione: in questo
contesto va disincentivata la tendenza alla concentrazione
nei grandi centri, anche delle prestazioni mediche e
chirurgiche di base, a scapito della missione principale che
deve essere rappresentata dall'alta specialità e da livelli
sanitari di eccellenza;
non venga ridefinita la rete dei
policlinici universitari, a gestione diretta e non, che
pongono problemi particolari in connessione alla loro
peculiare funzione di centri di alta formazione e di
ricerca, rispetto alla quale l'attività assistenziale
costituisce missione secondaria e strumentale. È chiaro che
così facendo si limita indirettamente la libertà del
cittadino, ma per converso si ha il vantaggio di non far
crescere oltre dismisura talune strutture, e si porta il
livello di assistenza lì dove effettivamente si originano le
domande in relazione ai bacini ottimali per tipologia. In
questo ambito un riferimento particolare merita il sistema
di tariffazione delle prestazioni, atteso che con il 1995
viene soppresso il fondo di investimento. Di necessità le
Regioni, nello stabilire le quote tariffarie, devono
inglobare nelle stesse una quota parte per gli ammortamenti
tecnologici e immobiliari. La situazione descritta appare
difficilmente realizzabile se, alle petizioni di principio
sulla possibile integrazione , non corrispondono azioni
pratiche ed operative orientate a perseguire un corretto
rapporto tra pubblico e privato sulla base di alquanto
corrette premesse:
1. privatizzare è concetto
riferibile, da un lato, ai territori precipui della
"produzione" indebitamente occupati o che tali siano
divenuti nel tempo, dall'altro, alle tecniche ed ai metodi
privatistici da trasferire nell'ambito pubblico per
imprimervi economicità ed efficienza;
2. liberalizzare è favorire la
crescita, non con i costosi incentivi che alterano la libera
concorrenza, ma, per un verso, con la rimozione dei vincoli
normativi, burocratici e procedurali, che intralciano lo
slancio dei produttori, prima ancora che la vita dei
cittadini, e, per altro verso, privilegiando le effettive
esigenze sanitarie del territorio e delle sue popolazioni;
3. equilibrare pubblico e privato
significa, da un canto, creare condizioni di pari fruibilità
e competitività in un quadro di strategie coerenti per
rafforzare la vitalità di un sistema, e dall'altro canto,
eliminare le duplicazioni, le agevolazioni improprie, le
penalizzazioni di fatto, che impediscono la costruzione di
un sistema equo, snello ed efficiente, da riconquistare
recuperando la fiducia nel mercato, nella libera iniziativa,
nella responsabilità individuale. Integrazione, dunque ma
disciplinata e rigorosa, e senza equivoci, per attivare
realisticamente circuiti virtuosi tra domanda e offerta
sanitaria. Sorge spontanea,a questo punto, la domanda: quale
integrazione possibile? Pur nella diversa finalizzazione
dell'utile d'impresa originata dal differenziale costi
ricavi (profitto per i privati- reinvestimenti per il
pubblico nel sociale e a sostegno delle fasce deboli),
l'integrazione deve stare nella complementarietà delle
funzioni sul territorio. Entrambi, privato e pubblico, con
efficienza e tempestività, dediti a perseguire l'unitario
interesse, che rimane sempre quello pubblico dell'assistenza
sanitaria ai cittadini, auspicabilmente secondo la
tradizione italiana in cui, nel contesto di diffuse
solidarietà, è sempre stata centrale la persona umana, e non
la singola patologia o prestazione sanitaria.Vito Carella L'
Agenzia per i Servizi Sanitari Regionali su invito del
Ministro della Salute e nell'ambito dei propri compiti
istituzionali, ha avviato una ricognizione sistematica delle
Sperimentazioni ed Innovazioni Gestionali realizzate in
Italia, in particolar modo di quelle che si svolgono al di
fuori dell'iter di monitoraggio previsto dall'articolo 9 bis
del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 e
successive modificazioni, al fine di promuovere iniziative
finalizzate alla diffusione e trasferibilità dei modelli
organizzativi e gestionali risultati di successo. A questo
scopo è stata istituita presso l' ASSR, una Commissione che
si avvale del contributo di esperti in materie giuridiche,
fiscali, economiche, finanziarie ed organizzative nonché
della collaborazione di una rete di referenti per ciascuna
realtà regionale.
La commissione La Commissione ha iniziato i suoi
lavori a maggio 2001 ed ha elaborato un programma di
attività con i seguenti obiettivi principali: effettuare una
ricognizione sistematica delle sperimentazioni ed
innovazioni gestionali realizzate o in corso di
realizzazione/progettazione a partire dal 1995, rientranti
sia nell'ambito della disciplina dell'art. 9-bis, sia al di
fuori di essa, per costituire una Banca Dati Centrale con
informazioni complete ed affidabili sulle diverse esperienze
realizzate nel territorio nazionale; Individuare e
approfondire le esperienze di maggiore rilievo per indagare
nel dettaglio gli aspetti tecnici affrontati dalla fase di
progettazione fino a quella di implementazione dei progetti,
al fine di definire dei modelli di riferimento nei quali
siano esaminati gli aspetti critici che ci si trova ad
affrontare per realizzare queste iniziative. A tal fine sono
stati organizzati quattro gruppi di lavoro per lo sviluppo
delle seguenti attività:
- raccolta e classificazione
sistematica delle sperimentazioni ed innovazioni gestionali;
- impostazione di una corretta
metodologia per la progettazione, realizzazione e
valutazione dei progetti per disegnare i modelli di
riferimento;
- analisi delle problematiche di
carattere fiscale e finanziario;
- esame dell'intera impalcatura
giuridica del settore.
Sperimentazioni ed innovazioni
gestionali La ricognizione delle sperimentazioni
ed innovazioni gestionali proposta dalla Commissione è
finalizzata alla rilevazione delle esperienze realizzate a
partire dal 1995 fino ad oggi, od in corso di
realizzazione/progettazione. L'oggetto è volutamente ampio:
si tratta delle esperienze che rientrano nell'ambito della
disciplina dell'art. 9-bis (D.Lsg 502 e successive
modificazioni ed integrazioni) e soprattutto di quelle che
ne stanno al di fuori e non trovano canali di diffusione
istituzionali.
Proprio per questa ragione non è
stato definito a priori un rigido criterio di selezione dei
progetti, lasciando spazio alle Regioni e al management
delle Aziende sanitarie per individuare le sperimentazioni
ed innovazioni attinenti agli aspetti gestionali ed
organizzativi che meritano di essere segnalate.
Il quadro normativo Con riferimento specifico alle
sperimentazioni gestionali è importante rilevare che la
fonte normativa delle stesse è stata oggetto, nel corso
degli ultimi dieci anni, di un'evoluzione che ne ha
modificato in modo sostanziale il contenuto.
Di seguito viene presentata una
sintesi delle tappe fondamentali che hanno inciso sul quadro
giuridico di riferimento: L. 30.12.1991 n. 412, art. 4, c. 6
- introduce l'istituito della sperimentazione gestionale in
modo funzionale: senza fornire una nozione precisa si
riferisce in termini generici alla possibilità di attuare
forme di collaborazione fra pubblico e privato, finalizzate
all'acquisizione di risorse finanziarie, di conoscenza e di
esperienza per migliorare l'efficienza del sistema
sanitario. Gli strumenti individuati per dare vita a tali
collaborazioni sono di tipo privatistico (in particolare le
convenzioni), prevedendo inoltre la possibilità di adottare
una disciplina specifica della sperimentazione, anche "in
deroga alla normativa vigente". Il potere della deroga viene
riconosciuto in termini molto ampi, nella convinzione che se
l'obiettivo è la sperimentazione, il nuovo istituto deve
essere in grado di permettere di superare i vincoli della
normativa regolante il sistema pubblico.
D. Lgs n. 502/92 art. 9-bis -
mantiene ferma l'impalcatura definita dall'art. 4 della L.
n. 412/91 ma introduce un nuovo regime procedurale di
attuazione delle sperimentazioni. Identificate in un limite
numerico massimo di 9 per tutto il territorio nazionale, le
sperimentazioni devono essere attuate attraverso
l'intervento della Conferenza Stato-Regioni.
D. Lgs n.229/99 art. 10 - - accentua
i profili di garanzia rispetto a possibili (e temuti)
pregiudizi per il servizio pubblico, che potrebbero derivare
dal ricorso a forme di collaborazione pubblico/privato.
L'articolo da un lato riconosce esplicitamente alle Regioni
il potere di proposta dei progetti, dall'altro li assoggetta
ad un atto di autorizzazione della Conferenza Stato-Regioni.
Viene messo in discussione, inoltre, l'istituto della deroga
perché non si richiama più la fonte originaria (art. 4, L.
n. 412/91), dando origine ad un'interpretazione secondo la
quale le sperimentazioni devono essere attuate nel pieno
rispetto del regime giuridico di riferimento, senza
possibilità di derogare alle disposizioni di legge. Questa
nuova disciplina, comportando nel concreto vincoli più
stretti alla realizzazione dei progetti sperimentali, ha
causato una caduta al ricorso a tale strumento determinando
di fatto una duplice categoria di sperimentazioni: quelle
rientranti nell'ambito dell'art. 9-bis e quelle che sfuggono
a tale disciplina.
L. n. 388/00 art. 90 - - richiama
nuovamente la "fonte primaria" delle sperimentazioni (art.
4, Legge n.412/91) ribadendo la vigenza dell'istituto della
deroga. Rappresenta un momento di svolta della disciplina
perché prevede la possibilità di sperimentare anche un
diverso assetto istituzionale del sistema sanitario,
attraverso la costituzione di soggetti giuridici nuovi,
quali le fondazioni di partecipazione, superando la logica
di contrapposizione esclusiva fra aziende sanitarie/enti
pubblici e società miste pubblico/privato.
D.L. n. 347/01 art. 3 (convertito
nella Legge n.405/01) - modifica il primo comma dell'art.
9-bis dando piena potestà autorizzativa alle Regioni e
Province Autonome sui programmi di sperimentazione aventi ad
oggetto nuovi modelli gestionali che prevedono forme di
collaborazione tra strutture del Servizio sanitario
nazionale e soggetti privati, anche attraverso la
costituzione di società miste a capitale pubblico e privato.
Legge Finanziaria 2002, art. 29 - prevede l'autorizzazione
per le pubbliche amministrazioni, nonché per gli enti
finanziati direttamente o indirettamente a carico del
bilancio dello Stato, anche in deroga alle disposizioni
vigenti, ad acquistare sul mercato i servizi,
originariamente prodotti al proprio interno, a condizione di
ottenere conseguenti economie di gestione, e di costituire
soggetti di diritto privato a cui affidare lo svolgimento di
servizi svolti in precedenza, o di attribuirli a quelli già
esistenti, attraverso gara pubblica. Per questi soggetti è
previsto, inoltre, un regime fiscale agevolato. Volendo fare
una sintesi del quadro normativo sopra riportato, la
sperimentazione va intesa in generale come uno strumento per
superare gradualmente, attraverso processi monitorati, la
rigidità del sistema di regolazione pubblica del settore
della sanità e introdurre in esso, attraverso forme di
collaborazione con altri soggetti, strumenti e modelli
gestionali di particolare successo.
Il quadro normativo che si è
delineato, oltre a confermare piena fiducia alla
sperimentazione gestionale quale strumento per offrire
adeguati spazi di collaborazione fra soggetti pubblici e
privati, affida alle Regioni il ruolo centrale nel processo
di sviluppo dell'istituto, investendole direttamente della
potestà autorizzativa.
Il programma operativo Focalizzate le aree tematiche di
competenza, la Commissione ha messo a punto una proposta di
programma operativo successivamente sottoposto e condiviso
dalle Regioni. Il programma si articola in due fasi:
1. Prima fase: indagine
conoscitiva La prima fase del programma
operativo,iniziata a luglio 2001 e conclusa a gennaio 2002,
ha portato alla formulazione di una scheda di rilevazione,
validata da parte delle Regioni e testata sul campo,
composta da 14 domande e articolata in due sezioni: la prima
dedicata alle caratteristiche principali dell'azienda;
la seconda riferita alle
caratteristiche specifiche delle esperienze oggetto della
rilevazione.
Nella scheda sono indagate
principalmente le aree seguenti: motivazioni che hanno
determinato l'intervento (economico-finanziarie, risorse
umane e/o strutturali);
tipologia di modello adottato
(società miste, associazioni in partecipazione, concessione
di costruzione e gestione, project finance, società
consortili, costituzione di enti non lucrativi, fondazioni,
esternalizzazioni, global service, convenzioni di
particolare rilevanza);
area aziendale interessata (servizi
ausiliari generali, servizi per l'accesso, servizi connessi
al patrimonio, servizi diagnostici, servizi sanitari
essenziali, servizi socio-sanitari, servizi connessi alle
prestazioni a pagamento e servizi non sanitari resi a
pagamento);
risorse coinvolte (umane ed
economiche);
apporto atteso dal partner (know-how
gestionale, finanziario, specialistico-professionale);
attivazione di sistemi di valutazione
(qualitativa, quantitativa ed economico-finanziaria);
fonte normativa di riferimento
(nazionale, regionale o altro)
richiesta di deroghe normative;
modalità di scelta del partner
(evidenza pubblica o scelta diretta).
2. Seconda fase: Modelli di
riferimento La seconda fase del programma
operativo si propone di entrare nel merito delle esperienze
rilevate. Partendo dalla definizione dei criteri di
selezione delle sperimentazioni ed innovazioni gestionali
più significative, vengono individuati i progetti da
approfondire per poter costruire i modelli di riferimento,
sulla base dei seguenti aspetti:
- oggetto della sperimentazione e
innovazione;
- distribuzione geografica (almeno un
progetto per Regione segnalante);
- tipologia struttura (AO, ASL, IRCCS
o altre tipologie);
- modelli adottati;
- area aziendale interessata;
- stato di attuazione (in
progettazione, in corso o conclusa)
- risorse coinvolte (in termini di
risorse umane ed economiche)
- deroghe normative presentate
- misurabilità risultati
- riproducibilità dell'esperienza.
Sono state così selezionate, d'intesa
con le Regioni, 18 esperienze da approfondire appartenenti a
quattro categorie principali:
- costituzione di nuovi soggetti
giuridici
- ricorso a strumenti innovativi
- stipula di convenzioni
- altro
L'analisi viene condotta in due
momenti successivi. In un primo tempo con la raccolta di
ulteriori informazioni mediante questionari volti a
descrivere gli aspetti di carattere strategico, giuridico,
fiscale ed economico-patrimoniale riguardanti l'esperienza
in oggetto; in un secondo tempo con l'esame e la
sistematizzazione da parte degli esperti della Commissione,
e le successive interviste direttamente con i responsabili
delle aziende sanitarie. I risultati complessivamente
raggiunti costituiscono la base conoscitiva per
l'elaborazione finale dei modelli di riferimento da
diffondere in termini di linee guida per le aziende che
decidono di investire in progetti di sperimentazione e
innovazione gestionale.
Parallelamente viene condotta una
ricerca sullo stato dell'arte a livello internazionale,
dando priorità a quei Paesi che condividono i principi di
universalità e globalità propri del SSN e presentano un
assetto istituzionale simile per allargare la base
conoscitiva su cui lavorare per definire i modelli.
Nel numero 3 di Monitor sono
illustrati i risultati dell'indagine conoscitiva e gli
approfondimenti su alcune delle esperienze selezionate.
La Commissione sta procedendo allo
studio della documentazione relativa alla II fase del
programma, via via che la stessa viene trasmessa.
Strumenti per la rivelazione La seconda fase della ricognizione
delle sperimentazioni ed innovazioni gestionali prevede
l'analisi delle esperienze rilevate al fine di definire i
modelli di riferimento. Sono stati elaborati a tal fine
quattro questionari per approfondire gli aspetti
caratterizzanti delle esperienze selezionate.
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