Vaccino DTPa e
dTpa
Il ciclo di base per le vaccinazioni contro
Difterite, Tetano e Pertosse consiste di 3 dosi
al 3°, 5° e 11-13° mese di vita. Per mantenere
l’efficacia della vaccinazione DTPa, la cui
quarta dose è stata eseguita a 5-6 anni, insieme
alla quarta dose di vaccino antipolio inattivato
(IPV), è necessario eseguire dei richiami a
distanza di anni.
Dopo il compimento del sesto anno di vita (per
alcune Regioni dopo il compimento del settimo
anno), è necessario usare il vaccino tipo
adulti, che contiene quantità ridotte di
antigeni. È possibile usare un vaccino
trivalente tipo adulti nel quale la quantità di
anatossina difterica e la quantità di antigeni
della pertosse debbono essere ridotte (la prima
a un decimo e la seconda a un terzo), per
evitare reazioni avverse di un certo rilievo
dopo l’inoculazione. La riduzione della quantità
di antigene è indicata nella sigla con la
minuscola: “d” minuscola e “p” minuscola. Anche
l’anatossina tetanica è stata ridotta alla metà
(ma viene ugualmente indicata con l’acronimo T),
senza che questo incida negativamente
sull’efficacia di tale vaccino come richiamo
nelle ferite sospette di tetano. La sigla di
questo vaccino è dTpa, da usare solo come
richiamo e non per la vaccinazione primaria.
In commercio esiste anche un vaccino dT
(chiamato vaccino difterite e tetano tipo
adulti), nel quale mancano gli antigeni della
pertosse.
La tempistica con la quale il vaccino dTpa va
somministrato, è ogni 10 anni per tutta la vita,
ma la prima dose viene raccomandata a 12 anni,
cioè 7-8 anni dopo la quarta dose di vaccino
DTPa. Si tratta di un vaccino che può essere
usato solo come richiamo. Gli adulti con
anamnesi incerta per una serie completa di
vaccinazioni primarie con vaccini contenenti
anatossina difterica e anatossina tetanica
dovrebbero iniziare o completare una serie di
vaccinazioni primarie. In soggetti mai vaccinati
o con situazione incerta, usare il vaccino dT
per le prime due dosi, il vaccino dTpa per la
terza dose. Se un soggetto ha effettuato in
maniera corretta la vaccinazione di base è
sufficiente una dose di richiamo anche se sono
trascorsi più di 10 anni dall’ultima dose.
Per quanto attiene i richiami nell’età adulta,
va rimarcato che nella letteratura scientifica
risultano estremamente rari i casi di adulti con
ciclo vaccinale anti-tetanico di base più una
dose booster che abbiano contratto il tetano (e
sono virtualmente assenti i casi letali in tali
soggetti). Per tale motivo la necessità dei
richiami decennali è spesso oggetto di
dibattito. Tuttavia, in considerazione della
opportunità di sfruttare l’appuntamento
decennale per conferire comunque un richiamo di
immunità anche nei confronti di difterite e
pertosse (la cui protezione è in ogni caso
destinata a diminuire progressivamente in
assenza di dosi di richiamo) e della opportunità
di completare eventuali cicli incompleti di
vaccinazione nei confronti del tetano, si
raccomanda che negli adulti di qualunque età sia
eseguito ogni 10 anni un richiamo di vaccino
dTpa; il vaccino è indicato anche nei soggetti
che non siano stati vaccinati in precedenza
contro la pertosse.
La visita per il rinnovo della patente
rappresenta un'occasione opportuna temporalmente
congrua (cadenza decennale) e sincrona col
richiamo vaccinale che potrebbe essere
utilizzata per incrementare la pratica della
vaccinazione.
Dal momento che nelle popolazioni ad elevata
copertura vaccinale nell’infanzia si rileva
costantemente un aumentato rischio di infezioni
pertussiche nei lattanti (con trasmissione
perlopiù intra-familiare), è raccomandata
particolare attenzione alla rivaccinazione di
tutti i familiari che abbiano stretto contatto
con il lattante, preferibilmente nei mesi che
precedono il parto (cosiddetta ‘strategia del
bozzolo’ o cocoon strategy).
Vaccino antipolio inattivato e potenziato
Tutti i vaccini oggi a disposizione nel nostro
Paese sono inattivati e potenziati.
Questo vaccino deve essere somministrato con un
ciclo a 4 dosi per via intramuscolare, di cui le
prime 3 al terzo, quinto e
undicesimo-tredicesimo mese, sempre utilizzando
il vaccino esavalente combinato, e la quarta
dose al quarto-sesto anno, preferenzialmente
utilizzando il vaccino combinato tetravalente (DTPa/IPV).
Molti Paesi hanno introdotto la quinta dose di
antipolio, allungando la protezione per questa
malattia oltre l’adolescenza. Questa scelta è
condivisibile in considerazione della
sostituzione avvenuta ormai da oltre un decennio
anche in Italia del vaccino polio attenuato con
quello IPV, che a differenza del primo non
induce immunità mucosale. A causa di ciò è
pertanto possibile (per quanto improbabile) la
ri-circolazione di virus selvaggi o virus
Sabin-like di origine vaccinale, particolarmente
se re-introdotti da popolazioni migranti.
Peraltro, studi di sieroepidemiologia avevano
mostrato, anche per i vaccinati con vaccino vivo
e attenuato nell’infanzia, un calo dei titoli
protettivi nell’adolescenza. Per questo una dose
di vaccino combinato tetravalente (dTpa/IPV)
costituisce un’alternativa migliorativa in
termini di potenzialità preventive al richiamo
dTpa nell’adolescente. Le recenti recrudescenze
della poliomielite in aree dalle quali era stata
eliminata, e il richiamo ad una particolare
vigilanza emanato dall’Organizzazione Mondiale
della Sanità rendono l’aggiunta della componente
IPV al richiamo previsto in età adolescenziale
particolarmente importante e quindi fortemente
raccomandata.
Vaccino
contro l’epatite B
La vaccinazione contro il virus dell’epatite B
va eseguita con 3 dosi per via intramuscolare,
di cui la prima al terzo mese, la seconda al
quinto mese e la terza a 11-13 mesi. Di regola
questa vaccinazione fa parte del vaccino
combinato esavalente. Nei figli di madri HBsAg
positive, la vaccinazione prevede invece 4 dosi
per via intramuscolare: la prima entro 12-24 ore
dalla nascita, la seconda dopo un mese, la terza
dopo 2 mesi e la quarta all’11°-12° mese anche
in concomitanza con le altre vaccinazioni.
Contemporaneamente alla somministrazione della
prima dose è previsto l’impiego di
immuno-globuline specifiche anti-HBV (HBIG). Se
al momento della nascita non è ancora conosciuta
la situazione della madre nei confronti
dell’HBV, viene eseguita comunque la
somministrazione delle prima dose di vaccino,
sempre entro le 12 ore dalla nascita; se la
risposta è negativa si prosegue con le altre
vaccinazioni anti-HBV come da calendario. Se
invece la madre è positiva va continuata la
vaccinazione con altre 3 dosi (vedi sopra) e va
eseguita la somministrazione di HBIG, nel caso
in cui la risposta arrivi entro 7 giorni dalla
nascita, mentre non va eseguita alcuna
somministrazione di HBIG se la risposta positiva
arriva dopo il settimo giorno di vita del
neonato. In questo ultimo caso, la mancata
somministrazione di HBIG nella prima settimana
di vita comporta un modesto aumento del rischio
di sviluppo di un’epatite B nei mesi successivi.
Da un punto di vista pratico, nel caso di
positività della ricerca dell’HBsAg, le prime
due dosi vanno eseguite utilizzando un vaccino
monocomponente, mentre per la terza dose e le
successive il bambino riceverà il vaccino
esavalente: ovviamente, se si adotta questo
schema, il lattante riceverà 5 dosi di vaccino
contro l’epatite B invece di 4, senza che questo
comporti alcun rischio.
Oltre alla vaccinazione prevista nell’età
evolutiva (per la quale non è prevista una dose
di richiamo “booster”), è raccomandata l’offerta
gratuita ai seguenti soggetti mai vaccinati in
precedenza:
• conviventi e contatti, in particolare ai
bambini, di persone HBsAg positive;
• pazienti politrasfusi, emofilici,
emodializzati*;
• vittime di punture accidentali con aghi
potenzialmente infetti;
• soggetti affetti da lesioni croniche
eczematose o psoriasiche della cute delle mani;
• persone che si rechino per motivi di lavoro
in aree geografiche ad alta endemia di HBV;
• tossicodipendenti, prostitute, e in
generale soggetti con rapporti sessuali a
rischio in maniera promiscua;
• personale sanitario di nuova assunzione nel
Servizio Sanitario Nazionale e personale del
Servizio Sanitario Nazionale già impegnato in
attività a maggior rischio di contagio e
segnatamente che lavori in reparti di emodialisi,
rianimazione, oncologia, chirurgia generale e
specialistica, ostetricia e ginecologia,
malattie infettive, ematologia, laboratori di
analisi, centri trasfusionali, sale operatorie,
studi dentistici; al personale ed ospiti di
istituti per ritardati mentali; personale
addetto alla lavorazione degli emoderivati,
personale religioso che svolge attività
nell'ambito dell'assistenza sanitaria,
volontari;
• studenti dei corsi di laurea delle
professioni sanitarie e mediche;
• altri lavoratori a rischio (es operatori
ecologici, volontari che maneggiano rifiuti ecc)
oltre alle altre categorie previste dal D.M
4.10.1991;
• personale della Polizia di Stato, Arma dei
Carabinieri, Guardia di Finanza, Corpo degli
agenti di custodia, Comandi Provinciali dei
Vigili del Fuoco, Comandi Municipali dei Vigili
Urbani;
• detenuti negli Istituti di prevenzione e
pena.
*
Dato lo stato di immunodepressione osservato nei
pazienti con Insufficienza renale cronica,
variabile e proporzionale al tempo di dialisi,
si raccomanda innanzitutto di vaccinare i
pazienti prima di aver iniziato la dialisi,
quando migliore sarà stata la capacità di
risposta immunitaria; secondariamente, è
doveroso sottoporre a screening per la ricerca
di HBV i pazienti sottoposti a dialisi; quindi è
opportuno effettuare la vaccinazione dei
soggetti HBsAg-negativi, ricorrendo a protocolli
vaccinali accelerati a 4 dosi (tempi 0, 1, 2, 6
mesi) rinforzati (0,20µg x2) oppure a vaccini
potenziati con adiuvanti, registrati
specificamente per i pazienti nefropatici. Si
raccomanda inoltre di verificare la risposta al
vaccino in questi pazienti e di monitorare nel
tempo il titolo anticorpale per effettuare una
eventuale dose di richiamo qualora il titolo
scenda al di sotto delle 10U/ml.
Qualora si sia immediatamente esposti al
rischio di infezione, come le vittime di punture
accidentali, è possibile, in analogia con quanto
si effettua per il neonato da madre HBsAg
positiva, effettuare la vaccinazione con una
schedula rapida a 4 dosi (0, 1, 2, 12 mesi), che
garantisce elevate probabilità di risposta
protettiva già dopo le prime 3 dosi.
Per la profilassi di emergenza in soggetti già
esposti, oltre alla valutazione dell’utilizzo di
immunoglobuline specifiche, è possibile
effettuare la somministrazione di 3 dosi di
vaccino anti-epatite B a 0, 2 e 6 settimane,
seguite da una dose di richiamo ad un anno di
distanza dalla prima.
Vaccino contro l’Haemophilus influenzae tipo b
La vaccinazione anti Haemophilus
influenzae tipo b viene offerta attivamente a
tutti i nuovi nati.
Le dosi di vaccino sono 3, da impiegare per via
intramuscolare: al terzo, quinto e all’11°-13°
mese. Anche questo vaccino è contenuto nel
vaccino esavalente combinato.
È consigliata ai soggetti di qualsiasi età a
rischio di contrarre forme invasive da Hib per
la presenza di patologie o condizioni
predisponenti:
• asplenia anatomica o funzionale;
• soggetti trapiantati di midollo;
• soggetti in attesa di trapianto di organo
solido;
• immunodeficienze congenite o acquisite (es.
deficit di IgG2, deficit di complemento,
immunosoppressione da chemioterapia, HIV
positivi).
Normalmente è prevista la somministrazione di
una sola dose a tutti i gruppi a rischio. Le
sole eccezioni (secondo quanto raccomandato dai
CDC statunitensi) sono rappresentate da:
1) soggetti a rischio di età compresa tra i 12 e
i 59 mesi, per i quali sono previste 2 dosi a
distanza di 8 settimane se il soggetto aveva
ricevuto 0-1 dosi prima dell’anno di vita,
oppure 1 sola dose a distanza di almeno 8
settimane dall’ultima somministrata, nel caso il
soggetto avesse già ricevuto 2 dosi di vaccino
prima dell’anno;
2) trapiantati di midollo: indipendentemente
dalla storia vaccinale pregressa somministrare 3
dosi di vaccino ad almeno 4 settimane l’una
dall’altra, iniziando 6-12 mesi dopo il
trapianto.
Vaccino MPR (morbillo, parotite, rosolia) e
Vaccino tetravalente MPRV (morbillo, parotite,
rosolia e varicella/Vaccino monovalente
varicella)
La vaccinazione contro morbillo, parotite,
rosolia e varicella può essere eseguita
nell’infanzia contemporaneamente con un vaccino
tetravalente o separatamente con il vaccino MPR
e con quello della varicella.
Sia nell’uno che nell’altro caso, la
vaccinazione consta di due dosi: la prima dose
al 13°-15° mese e la seconda a 4-6 anni:
l’esecuzione della seconda dose è ritenuta
indispensabile per una buona immunizzazione. È
possibile anticipare la somministrazione della
seconda dose di vaccino anti-varicella o MPRV a
distanza comunque non inferiore ad un mese dalla
prima somministrazione. La prima dose di MPRV
potrà essere effettuata in co-somministrazione
con vaccino antimeningococco ACYW coniugato e la
seconda con vaccino DTPa/IPV.
In corso di epidemia la somministrazione della
prima dose può essere anticipata al compimento
del sesto mese di età; tuttavia poiché nel
secondo semestre di vita non tutti i lattanti
sono in grado di rispondere al vaccino contro il
morbillo e a quello contro la parotite epidemica
(la possibilità di risposta è tanto minore
quanto minore è l’età del vaccinando, essendo
presenti anticorpi passivi materni diretti
contro i virus anche vaccinali), di questa prima
dose anticipata non viene tenuto conto, per cui
la vera prima dose da conteggiare va
successivamente effettuata dopo il compimento
del primo anno e la seconda dose effettiva fra 3
e 6 anni.
La vaccinazione contro il morbillo e la
varicella (ma non quella contro parotite e
rosolia) è efficace anche post-esposizione,
quando l’esposizione sia stata saltuaria e la
vaccinazione venga eseguita entro 72 ore dal
contatto.
Dei vaccini contenuti nel preparato trivalente
MPR o nel tetravalente MPRV, quello contro la
parotite è risultato il meno immunogeno e di
conseguenza quello meno efficace sul campo.
Tuttavia, secondo l’esperienza finlandese e
statunitense, quando si raggiungano e si
superino coperture del 95%, si assiste prima
alla riduzione e poi alla scomparsa dei casi di
parotite epidemica.
La vaccinazione contro la rosolia nell’infanzia
consta di due dosi di vaccino MPR/MPRV, di cui
la prima al 13°-15° mese e la seconda a 5-6
anni, eventualmente nella stessa seduta con
altri vaccini (esavalente, meningococco B o
meningococco C/tetravalente ACWY coniugato per
la prima dose, e DTPa/IPV per la seconda dose).
La strategia della vaccinazione universale
dell’infanzia è mirata alla prevenzione della
rosolia congenita. Per questo l’attenzione della
sorveglianza e della vaccinazione devono essere
estese a tutte le età (in questo caso con
l’utilizzo del vaccino MPR, il vaccino MPRV è
autorizzato solo fino all’età adolescenziale).
In particolare i casi di sospetta rosolia in
gravidanza, per lungo tempo non sorvegliati
sistematicamente, dal 2005, con l’entrata in
vigore del nuovo sistema di sorveglianza,
debbono essere notificati tempestivamente con
apposito modello di flusso.
Si richiama l’importanza dell’esecuzione
routinaria del Rubeo-test per tutte le donne in
età fertile, specialmente nel corso di visite in
previsione della gravidanza, con conseguente
vaccinazione delle non immuni, pratica
incredibilmente ancora oggi talora disattesa. In
questi casi potrebbe essere utilizzato un
vaccino monovalente, ma il vaccino MPR è
raccomandato al fine di fornire la protezione
eventualmente necessaria anche per le altre
malattie. A supporto del Nuovo Piano Nazionale
di Eliminazione del Morbillo e della Rosolia
Congenita approvato dalla Conferenza
Stato-Regioni in data 23 marzo 2011, si
raccomanda di vaccinare anche:
• le donne che effettuano una interruzione di
gravidanza senza evidenza sierologica di
immunità o documentata vaccinazione;
• le puerpere, immediatamente dopo il parto,
prima della dimissione dal reparto maternità,
con un intervento tardivo ma ancora utile. In
effetti, la diffusione della vaccinazione contro
la rosolia, e soprattutto l’azione di recupero
delle donne in età feconda che erano sfuggite
alla vaccinazione è oggi una priorità di sanità
pubblica;
• tutte le donne suscettibili esposte a
elevato rischio professionale (lavoratrici nelle
scuole);
• il personale suscettibile esposto a rischio
professionale;
• tutti gli operatori sanitari suscettibili.
Inoltre, si raccomanda la vaccinazione attiva e
gratuita con MPR a tutti gli adulti non immuni
anche per una sola delle tre malattie oggetto
della vaccinazione con due dosi di vaccino. I
soggetti adulti non immuni devono essere
informati e vaccinati in tutte le occasioni
opportune (ad esempio, altre vaccinazioni nei
viaggiatori, certificazioni per attività
sportive, ricoveri o visite mediche per
qualsiasi ragione, etc.). Sono inoltre
raccomandate iniziative di ricerca attiva e
vaccinazione dei suscettibili (ad esempio,
offerta ai diciottenni al raggiungimento della
maggiore età, vaccinazione di operatori
sanitari, militari e della scuola all’atto
dell’assunzione, etc.).
Per quanto attiene alla varicella, ai bambini,
anamnesticamente negativi che effettuano a 5-6
anni la vaccinazione MPRV dopo aver ricevuto una
precedente dose di MPR, è indicata la
somministrazione di una dose di vaccino
antivaricella monovalente da effettuare appena
possibile e comunque alla prima occasione
opportuna a una distanza di almeno 4-8 settimana
dalla prima. I bambini, anamnesticamente
negativi per varicella, che sono stati vaccinati
al 13°-15° mese con solo MPR e non come previsto
con MPRV possono essere vaccinati prima dei 6
anni, alla prima occasione opportuna, con
varicella monovalente e successivamente a 5-6
anni con MPRV.
La disponibilità del vaccino tetravalente MPRV
permette di agevolare il raggiungimento dei
seguenti obiettivi:
• raggiungere coperture ≥70%, per impedire la
comparsa dell’”effetto perverso”, cioè lo
spostamento dell’età d’insorgenza della malattia
verso l’adolescenza e l’età del giovane adulto,
quando sono più frequenti le forme complicate
(la bassa contagiosità del virus della varicella
in Italia rende più agevole il raggiungimento
della soglia di immunità di gregge – in quanto
più bassa – che evita lo spostamento dell’età di
infezione);
• somministrare sempre due dosi, qualunque
sia l’età del soggetto da vaccinare.
Uno dei vantaggi della vaccinazione MPRV risiede
anche nel fatto che l’aggiunta della
vaccinazione contro la varicella non richiede un
aumento delle sedute vaccinali da parte dei
servizi di vaccinazione. L’utilizzo del vaccino
MPRV (comunque preferenziale per la
somministrazione della seconda dose a 5-6 anni)
deve essere condiviso con i genitori attraverso
un’adeguata informazione per la prima dose a
13-15 mesi di vita, dato l’incremento del
rischio relativo di convulsioni febbrili
rispetto alla somministrazione di MPR+V, specie
per soggetti con storia familiare positiva,
rischio che è tanto più contenuto quanto più
precocemente viene eseguita la vaccinazione. Va
tuttavia rimarcato che in termini assoluti i
casi rimangono rari, che l’evoluzione delle
convulsioni febbrili è benigna con risoluzione
in breve tempo. I vantaggi dell’utilizzo del
vaccino quadrivalente in termini di
raggiungimento di più elevate coperture,
conseguente maggiore riduzione dei casi di
varicella, e maggiore riduzione dei casi di
convulsioni febbrili nei soggetti predisposti
provocati dalla varicella naturale rendono l’uso
del vaccino MPRV comunque preferibile in
un’ottica di sanità pubblica rispetto alla
somministrazione separata di MPR+V, che deve in
ogni caso essere garantita quale scelta
alternativa.
È ormai ampiamente dimostrato che la
vaccinazione di un suscettibile non si
accompagna mai a una diffusione nell’ambiente
dei virus vivi attenuati del vaccino, per cui:
• può essere vaccinato con MPRV il figlio di
una madre suscettibile in stato di gravidanza;
• può essere vaccinato con MPRV un bambino,
convivente con un soggetto immuno-compromesso
(addirittura con AIDS) senza che questo comporti
alcun incremento del rischio.
In caso di vaccinazione di una donna in età
fertile, è sufficiente raccomandare di non
intraprendere una gravidanza nel mese successivo
alla esecuzione dell’immunizzazione (e non nei
successivi 3 mesi come veniva raccomandato fino
a qualche anno fa).Tale riduzione del periodo di
cautela deriva dall’osservazione rassicurante su
diverse centinaia di donne inavvertitamente
immunizzate all’inizio di una gravidanza
misconosciuta. La vaccinazione con MPR e V non
va in effetti mai eseguita in gravidanza:
tuttavia se questa evenienza si verificasse,
essa, sulla base di larghe esperienze
internazionali, non rappresenterebbe mai
un’indicazione all’interruzione precoce di
gravidanza, perché i virus attenuati del vaccino
solo eccezionalmente sono stati trovati nella
placenta e ancora più di rado nel prodotto del
concepimento, e perché mai sono state osservate
conseguenze di qualsiasi tipo, né nell’embrione,
né nel feto, né nel neonato. Le madri
sieronegative per rosolia (non vaccinate, per
ovvi motivi, in corso di gravidanza) dovrebbero
essere vaccinate nell’immediato periodo
post-parto. Se una donna riceve il vaccino vivo
attenuato contro la varicella durante
l’allattamento, non si ritrova né DNA del virus
della varicella nel latte umano (con metodica
PCR), né si ritrovano anticorpi anti-varicella
nel bambino.
Soggetti anamnesticamente negativi per varicella
all’età di 12 anni o più debbono essere
vaccinati con due dosi di vaccino varicella
monovalente, a distanza di un mese o più l’una
dall’altra. Si raccomanda fortemente l’offerta
attiva a questa età per evitare il
raggiungimento dell’età adulta in stato di
suscettibilità. Questo intervento deve avere la
sua massima efficienza nei primi 7 anni
dall’introduzione della vaccinazione universale
dell’infanzia, in considerazione della
diminuzione della forza di infezione che si
osserverà nei soggetti tra i 6 e i 12 anni in
conseguenza della copertura dei bambini a 13-15
mesi e a 5 anni. Il Piano Nazionale Prevenzione
Vaccinale 2012-2014 prevede per la varicella una
strategia a due coorti. Per le Regioni che
l’abbiano già introdotta, il mantenimento della
vaccinazione universale, per le altre, la
vaccinazione dei 12enni e delle categorie a
rischio, con introduzione di una strategia
universale nei bambini per tutte le Regioni a
partire dal 2015.
Per quanto concerne la categorie a rischio, si
raccomanda che la vaccinazione anti-varicella
sia offerta ai seguenti gruppi di popolazione,
elencati in ordine di priorità:
a. le persone suscettibili, che vivono con
persone immunodepresse, quali persone con AIDS o
altre manifestazioni cliniche dell’infezione da
HIV, neoplasie che possano alterare i meccanismi
immunitari con deficit dell’immunità cellulare,
o con ipogammaglobulinemia, disgammaglobulinemia
o in trattamento con farmaci immunosoppressori
di lunga durata;
b. le persone senza precedenti di varicella con
patologie ad elevato rischio: con leucemia
linfatica acuta in remissione, con insufficienza
renale cronica e trapiantati renali, persone con
infezione da HIV senza segni di immunodeficienza
e con una proporzione di CD4 ≥ 200/ mL;
c. le donne in età fertile senza precedenti di
varicella, analogamente a quanto effettuato nei
confronti delle suscettibili per rosolia; la
vaccinazione va praticata procrastinando la
possibilità di intraprendere la gravidanza per 1
mese;
d. le persone suscettibili che lavorano in
ambiente sanitario. Prioritariamente la
vaccinazione dovrebbe essere eseguita dal
personale sanitario che è a contatto con i
bambini o con le persone immunodepresse;
e. i lavoratori suscettibili che operano nei
seguenti ambienti (in ordine di priorità): asili
nido, scuole materne, scuole primarie, scuole
secondarie.
Vaccino
anti-pneumococcico
La disponibilità del vaccino anti-pneumococcico
coniugato (PCV), prima a 7 valenze e attualmente
a 13 valenze (PCV13) rappresenta un notevole
passo avanti nella lotta contro le malattie
infettive pediatriche. La presenza nel vaccino
di più recente sviluppo dei polisaccaridi
coniugati di alcuni degli pneumococchi
attualmente maggiormente implicati nelle
patologie pediatriche (19A , 1, 3, 5, 6A, 7)
permette di ottenere un’elevata efficacia verso
l’85-90% circa delle forme invasive
pneumococciche dell’infanzia.
Il vaccino può essere co-somministrato con
l’esavalente o con qualsiasi altro vaccino.
Il vaccino viene somministrato con 3 dosi nel
primo anno di vita (al terzo mese, al quinto
mese e all’11°-13° mese).
Se la vaccinazione inizia nel secondo semestre
di vita, vanno eseguite ugualmente 3 dosi a
distanza di sei-otto settimane l’una dall’altra;
due dosi se si inizia dopo il compimento del
primo anno; una dose se si inizia dopo il
compimento del secondo anno.
Il vaccino coniugato 13-valente è autorizzato
per tutte le fasce di età.
Indicazioni per condizioni patologiche di
rischio
Nel caso si tratti di bambini in condizioni di
rischio, sono raccomandate due dosi anche per
vaccinazioni dopo il secondo anno di vita. A tal
proposito, la vaccinazione antipneumococcica è
consigliata ai soggetti di qualsiasi età a
rischio di contrarre la malattia per la presenza
di patologie o condizioni predisponenti:
• cardiopatie croniche;
• malattie polmonari croniche;
• cirrosi epatica, epatopatie croniche
evolutive;
• alcoolismo;
• diabete mellito, in particolare se in
difficile compenso;
• fistole liquorali;
• anemia falciforme e talassemia;
• immunodeficienze congenite o acquisite;
• asplenia anatomica o funzionale;
• leucemie, linfomi, mieloma multiplo;
• neoplasie diffuse;
• trapianto d’organo o di midollo;
• immunosoppressione iatrogena clinicamente
significativa;
• insufficienza renale cronica, sindrome
nefrosica;
• HIV positivi;
• portatori di impianto cocleare.
L’utilizzo di una dose iniziale di vaccino
pneumococcico coniugato 13-valente può essere
seguito a distanza di almeno 2 mesi dalla
somministrazione di vaccino polisaccaridico
23-valente. Ciò consente di instaurare la
memoria immunologica per i 13 sierotipi di
pneumococco attualmente contenuti nel vaccino
coniugato, fornendo al contempo protezione, sia
pure se per un tempo limitato, anche nei
confronti delle malattie invasive da sierotipi
aggiuntivi non presenti nel vaccino coniugato.
L’opportunità di somministrare una dose di
vaccino PPV23 dopo l’iniziale dose di PCV13
dovrà essere valutata caso per caso sulla base
dell’epidemiologia delle malattie pneumococciche
e sul profilo di rischio del singolo soggetto
(l’efficacia della vaccinazione
antipneumococcica col vaccino polisaccaridico
PPV23 nella prevenzione della malattia invasiva
pneumococcica è attorno al 50-80% nel soggetto
immunocompetente, inferiore in caso di età
avanzata e di co-morbosità).
Per le sue caratteristiche, il vaccino
polisaccaridico 23-valente non è efficace al di
sotto dei 24-36 mesi, e lo è scarsamente nei
soggetti non immunocompetenti. Inoltre, non
induce memoria immunologica e sembra mostrare
una certa iporesponsività a successivi richiami.
Pertanto un priming col vaccino coniugato
seguito dal vaccino polisaccaridico a non meno
di 8 settimane dal primo (meglio se maggiormente
distanziato) sembra al momento la scelta più
opportuna nel caso si ritenga necessario un uso
sequenziale dei due vaccini.
Indicazioni per età
Il vaccino 23-valente (PPV23), oltre che per i
pazienti a rischio di contrarre la malattia per
la presenza di patologie predisponenti, è stato
consigliato fino ad epoche recenti a tutti i
soggetti d’età superiore o uguale ai 65 anni,
con il suggerimento di cogliere l’occasione
opportuna della vaccinazione influenzale
stagionale. Questa strategia derivava dalla
dimostrata predisposizione alla malattia
pneumococcica di soggetti infettati dal virus
influenzale. Una rivaccinazione era poi indicata
a distanza di 5 anni dalla prima, mentre non è
stata definitivamente dimostrata l’efficacia e
la sicurezza di ulteriori dosi successive. Negli
scorsi anni la copertura vaccinale con vaccino
anti-pneumococcico polisaccaridico 23-valente
(PPV23) è risultata molto bassa come valore
medio nazionale in Italia, così come nella
maggioranza dei Paesi europei.
I dati derivanti dagli studi clinici del PCV13
nei soggetti al di sopra dei 50 ani di età
documentano che l’immunogenicità del vaccino
coniugato non è inferiore, ma anzi, è risultata
significativamente superiore al quella del PPV23
sulla maggior parte (8/12) dei sierotipi comuni
ai due vaccini. Il PCV13, infatti, essendo
coniugato, induce una risposta T-dipendente con
produzione di IgG a maggiore affinità. Inoltre,
il PCV13, mostrando anche nell’adulto un miglior
priming, induce una memoria immunologica provata
sia nei confronti di un richiamo con PCV13 che
di una successiva vaccinazione con PPV23. PCV13
non mostra la iporesponsività rilevata invece
dopo dosi ripetute con solo PPV. Dati
recentemente presentati e in corso di
pubblicazione a livello internazionale indicano
un’elevata efficacia sul campo del vaccino PCV13
nei confronti delle malattie pneumcocciche
invasive (75%), ma anche nei confronti di un
primo episodio di polmonite acquisita in
comunità non batteriemica (45%) sostenuta da
sierotipi vaccinali.
Per tali ragioni si raccomanda la
somministrazione di PCV13 in una o più coorti di
soggetti a rischio per età; gli studi clinici
sull’adulto effettuati ad oggi dimostrano che:
• quando somministrato da solo o per primo in
un’eventuale schedula sequenziale, in adulti >50
anni, PCV13 può dare i migliori vantaggi
immunologici derivanti dal fatto di essere un
vaccino coniugato;
• la capacità di priming pone PCV13 come
nuova opportunità per soggetti che siano stati
vaccinati in precedenza con PPV23;
• in particolare PCV13 può essere
raccomandato per adulti ≥50 anni
indipendentemente dalla loro storia vaccinale:
- adulti naïve per il vaccino PPV23;
- adulti precedentemente vaccinati (>1anno)
con PPV23;
- adulti di cui non è nota la storia
vaccinale.
Una dose di PPV dovrebbe eventualmente seguire e
mai precedere quella di PCV13. Tale
sequenzialità non dovrebbe essere inferiore a 8
settimane nei soggetti a rischio, negli studi
registrativi dell’adulto i dati sono peraltro
relativi ad un anno tra le dosi. Studi recenti
tendono a mostrare che l’effetto memoria
migliorerebbe sia per una successiva dose di
PPV23 che di PCV13 se si allungano i tempi tra
le dosi. Sulla base di questi dati si suggerisce
di utilizzare le campagne di vaccinazione
influenzale come prime occasioni di
immunizzazione anche contro lo pneumococco.
Peraltro, non essendo quella pneumococcica una
vaccinazione da ripetersi annualmente si
richiama l’attenzione sull’opportunità di
utilizzare tutti i periodi dell’anno, al di là
dell’occasione opportuna della vaccinazione
influenzale, per una sua offerta.
Vaccino anti-meningococco C e ACYW135
La schedula adottata per la vaccinazione contro
il meningococco C coniugato o con vaccino
quadrivalente ACYW135 prevede una sola dose dopo
il compimento del primo anno di vita (salvo casi
di particolare rischio individuale, per i quali
può essere considerata, limitatamente al vaccino
monovalente, la schedula a 3 dosi al 3°, 5° e
13° mese di vita).
Poiché con questo calendario, a cavallo del
primo anno di vita, è previsto che siano
eseguite le vaccinazioni con esavalente, contro
lo pneumococco, contro morbillo, parotite,
rosolia, varicella, meningococco C /quadrivalente
ACYW135 e contro meningococco B, viene suggerito
che in una prima seduta vaccinale (11° mese)
vengano eseguite in co-somministrazione le
vaccinazioni esavalente + pneumococco, per le
quali non è indispensabile aver compiuto il
primo anno, mentre in una seconda e terza
seduta, a una distanza di tempo qualsiasi
(comunque dopo il compimento dell’anno), la
co-somministrazione dei rimanenti vaccini sia
effettuate secondo una delle possibili
combinazioni riportate nello schema alla fine
del documento (vedi).
Nel calendario proposto, accanto alla
vaccinazione dei bambini al primo anno di vita,
è prevista una dose per i ragazzi nel dodicesimo
anno di vita, tenendo conto dei dati
epidemiologici che indicano chiaramente una
ripresa del numero di casi all’adolescenza.
L’indicazione alla vaccinazione nell’età
adolescenziale permane anche per i ragazzi già
immunizzati durante l’infanzia. Infatti, è ormai
dimostrato che la memoria immunologica indotta
dal vaccino coniugato ricevuto nell’infanzia non
è sufficiente ad eliminare il rischio di
malattia invasiva nell’adolescenza, in quanto la
risposta delle cellule B richiede almeno 5-7
giorni per attivarsi in maniera completa, troppi
per essere efficace contro la rapida invasività
di ceppi virulenti di meningococco non bloccati
da un titolo anticorpale che potrebbe essere
disceso al di sotto del livello minimo
protettivo.
Il recente cambiamento del trend epidemiologico,
che vede in aumento i casi di infezione da
sierotipi Y e W135 anche in Italia, rende
raccomandabile l’introduzione del quadrivalente
coniugato quale vaccino di elezione per il
richiamo o la prima vaccinazione in età
adolescenziale.
In Italia sono disponibili due vaccini
tetravalenti coniugati (A, C, W135, Y), motivo
per il quale questi vaccini hanno completamente
sostituito per tutte le indicazioni il
precedente tetravalente polisaccaridico.
Il vaccino tetravalente coniugato (A,C,W135,Y) è
raccomandato a tutti i soggetti a rischio
affetti dalle seguenti patologie (con due dosi
distanziate tra loro di almeno 8-12 settimane):
• talassemia e anemia falciforme;
• asplenia funzionale o anatomica;
• condizioni associate a immunodepressione
(come trapianto d’organo o terapia
antineoplastica, compresa la terapia sistemica
corticosteroidea ad alte dosi) ;
• diabete mellito tipo 1;
• insufficienza renale con creatinina
clearance <30 ml/min;
• infezione da HIV;
• immunodeficienze congenite;
• malattie epatiche croniche gravi;
• perdita di liquido cerebrospinale;
• difetti congeniti del complemento (C5 –
C9);
• difetti dei toll like receptors di tipo 4;
• difetti della properdina.
Altre condizioni di vita che possono costituire
indicazione alla vaccinazione con una sola dose
sono la nuova assunzione quale militare in ferma
volontaria, l’omosessualità maschile, e
l’effettuazione di frequenti viaggi o il
soggiorno in Paesi in cui la malattia
meningococcica è iper-endemica o epidemica (es.
“cintura della meningite” dell’Africa
Sub-sahariana durante la stagione secca
[Dicembre-Giugno]), particolarmente se il
contatto con la popolazione locale è prolungato.
La vaccinazione con vaccino quadrivalente
ACYW135 è richiesta dal Governo dell’Arabia
Saudita per tutti i viaggiatori verso la Mecca
durante l’Haji (pellegrinaggio rituale) annuale.
Pertanto, si raccomanda l’utilizzo di tale
vaccino ai viaggiatori in aree a rischio, alle
categorie ad elevato rischio di conseguenze per
patologie meningococciche e a tutti i soggetti
per i quali è previsto l’obbligo di protezione
con vaccino quadrivalente.
Vaccino
anti-meningococco B
Le patologie invasive da meningococco, pur non
frequenti, costituiscono una seria minaccia alla
salute e sono, tra le malattie prevenibili
mediante vaccino, quelle percepite come più
drammatiche dalla popolazione. Il verificarsi
anche di relativamente pochi casi di malattia
rappresenta un evento drammatico, gravato da
un’elevata probabilità di morte e di sequele
permanenti. La vaccinazione contro il
meningococco B rappresenta una necessità
epidemiologica, ma anche etica e comunicativa
non eludibile. Per tali ragioni, il Board del
Calendario Vaccinale per la Vita raccomanda il
suo utilizzo per la vaccinazione gratuita di
tutti i lattanti. La scelta della collocazione
delle dosi di meningococco B rappresenta un
problema di non facile risoluzione, considerate
le contrastanti necessità di effettuare 4
somministrazioni nel volgere di pochi mesi, di
non effettuare più di 2 iniezioni
simultaneamente e, nel limite del possibile, di
evitare le co-somministrazioni del vaccino
anti-meningococco B con altri vaccini, visto
l’incremento delle febbri di grado
moderato/elevato ad esse conseguente. A tale
proposito, si sottolinea l’importanza di
segnalare gli eventuali eventi avversi ad un
vaccino di concezione innovativa come quello
contro meningococco B. La somministrazione
separata da altri vaccini può facilitare la
valutazione di sicurezza senza fattori di
confondimento.
Pur lasciando ai decisori territoriali la
valutazione finale della schedula migliore in
funzione dell’offerta vaccinale locale e delle
sue tempistiche, si ritiene utile suggerire uno
schema di inserimento della vaccinazione
anti-meningococco B nel Calendario Vaccinale per
la Vita, che rappresenta una modalità concreta
di introduzione di questa nuova fondamentale
possibilità preventiva.
La sequenza di vaccinazione raccomandata è la
seguente (i giorni sono puramente indicativi e
riportati per maggiore chiarezza)^:
• Esavalente + Pneumococco ad inizio 3° mese
di vita (61° giorno di vita)
• Meningococco B dopo 15 giorni (76° giorno)
• Meningococco B dopo 1 mese (106° giorno)
• Esavalente + Pneumo dopo 15 giorni, ad
inizio 5° mese di vita (121° giorno)
• Meningococco B dopo 1 mese, ad inizio 6°
mese di vita (151° giorno)
• Esavalente + Pneumococco a 11 mesi compiuti
• Meningococco B al 13° mese
• Meningococco C, sempre dopo il compimento
dell’anno di vita
• Somministrazione di MPR o MPRV in possibile
associazione con meningococco C o meningococco
B, in funzione dei diversi calendari regionali*
(vedi schema iniziale Calendario per la Vita).
^ Le sedute di vaccinazione indicate sono
anche utilizzabili per la somministrazione per
via orale delle dosi di vaccino anti-rotavirus.
* Si sottolinea che in caso di
co-somministrazione di Meningococco B + Vaccino
MPR o MPRV dovrà essere effettuato un attento
counselling ai genitori, spiegando la
possibilità del verificarsi di febbre entro le
prime ore dopo la vaccinazione e anche dopo
circa 10 giorni dalla stessa.
La schedula vaccinale proposta, pur comportando
lo svantaggio (difficilmente evitabile) di 3
sedute vaccinali aggiuntive nel corso del primo
anno di vita, presenta i seguenti vantaggi:
• effettuazione delle 3 dosi del ciclo di
base per Meningococco B in tempi rapidi, come
risulta necessario sulla base dell’epidemiologia
della patologia;
• rispetto (nessuna modifica) dell’attuale
calendario per le vaccinazioni di routine, con
garanzia perdurante di protezione precoce verso
“Pertosse” e protezione verso colonizzazioni
precoci da “Pneumococco”;
• facilità per il genitore di rammentare il
successivo appuntamento;
• somministrazione di non più di due vaccini
in una singola seduta;
• minimizzazione della possibilità di
incrementi di eventi avversi (febbre);
• possibilità di monitorare separatamente
eventuali eventi avversi del nuovo vaccino.
Iniziando la vaccinazione dopo il 6° mese si
potrebbe prevedere uno schema 2+1, con prima
dose al 7° mese, una seconda dose al 9° mese, e
una dose di richiamo nel corso del 2° anno di
vita. Tale schedula avrebbe il vantaggio della
riduzione a 3 soli accessi supplementari
rispetto ai 4 dello schema precedentemente
delineato, e la mancanza di rischio di
slittamento della seconda dose di
esavalente+pneumo in caso di ritardata
effettuazione delle dosi di vaccino
meingococcico B previste dalla schedula 3+1. Per
contro avrebbe lo svantaggio della mancata
prevenzione di tutti i casi dei primi mesi di
vita. La schedula 2+1 potrà divenire
un’alternativa vantaggiosa rispetto alla
schedula 3+1 qualora fosse confermato
dall’utilizzo sul campo che il vaccino è in
grado di generare un’importante effetto di
protezione di gregge, tale da portare
indirettamente alla riduzione dei casi nei primi
mesi di vita. Il vaccino deve inoltre essere
offerto ai soggetti a rischio di tutte le età
con il numero di dosi indicato in scheda
tecnica. Per l’elenco delle categorie a rischio
si rimanda al capitolo ‘Vaccino
anti-meningococco C e ACYW135’. Studi
attualmente in corso chiariranno l’importanza
della vaccinazione di routine anche per il
soggetto in età adolescenziale. Il vaccino è
stato già utilizzato in situazioni di emergenza
durante epidemie in comunità (scuole). Pur
trattandosi al momento di esperienze sporadiche,
l’uso della vaccinazione è raccomandato in tali
situazioni, informando adeguatamente candidati
alla vaccinazione e eventuali loro genitori
sulla possibilità che la vaccinazione
post-esposizione non garantisca la protezione.
La vaccinazione contro il meningococco B deve
essere attivamente offerta ai soggetti a rischio
di qualsiasi età per la presenza di concomitanti
patologie (vedi lista delle condizioni di
rischio per malattia riportata nel capitolo
‘Vaccino anti-meningococco C e ACYW135’), per
attività lavorativa (es. operatori che lavorano
nei laboratori di microbiologia, esposti alle
Neisseria meningitidis) ed in caso di comparsa
di focolai epidemici ai contatti stretti dei
soggetti affetti.
Vaccinazione contro l’influenza stagionale
Ogni anno la circolare del Ministero della
Salute indica la composizione del nuovo vaccino
antinfluenzale ed i soggetti a rischio per le
complicanze dell’influenza ai quali esso va
offerto gratuitamente. Essi includono, oltre ai
soggetti di qualsiasi età affetti da patologie
croniche degli apparati cardiovascolare,
respiratorio, uropoietico, o da malattie
metaboliche e/o che comportino immunodepressione,
etc., le seguenti categorie di soggetti:
• donne che, all’inizio della stagione
epidemica, si trovano nel 2°-3° trimestre di
gravidanza;
• individui di qualunque età che vivono in
comunità (residenze per anziani, protette, etc.);
• medici e personale sanitario d’assistenza;
• familiari e contatti di soggetti ad alto
rischio;
• addetti ai servizi essenziali (produzione
di farmaci, trasporti, forze dell’ordine, etc.);
• personale a contatto con animali
(veterinari, allevatori, etc.);
• sportivi professionisti.
La vaccinazione è altresì indicata annualmente
dal Ministero per tutti i soggetti con età pari
o superiore a 65 anni.
Studi epidemiologici hanno peraltro evidenziato
che il raggiungimento delle categorie a rischio
è grandemente inefficiente, mentre le coperture
nei soggetti di oltre 64 anni appaiono migliori,
sia pure se in regresso negli ultimi due anni.
Per questo la SItI, come peraltro indicato anche
negli USA, ha prodotto lo scorso anno un
documento (presentato al Ministero della Salute)
avente la finalità di abbassare l’età a cui
offrire la vaccinazione dapprima ai 60 anni, per
giungere successivamente ad una raccomandazione
di immunizzazione di tutti i soggetti ≥ 50 anni,
potendo in tal modo intercettare la maggior
parte dei soggetti a rischio per patologia con
una strategia, quella per età, a maggiore
penetranza nella popolazione. Si rimanda al
documento sopra citato per ulteriori
approfondimenti del razionale scientifico della
raccomandazione.
Tale opportunità dovrebbe essere attentamente
valutata dai decisori regionali.
Sebbene il carico di malattia dell’influenza per
il SSN sia essenzialmente legato ai casi che si
verificano in età avanzata, esistono tuttavia
numerose condizioni per considerare il bambino,
anche quello sano, come target di interesse per
la vaccinazione contro l’influenza:
• il bambino da 0 a 4 anni si ammala
d’influenza circa 10 volte più di frequente
dell’anziano e circa 5 volte più dell’adulto;
• il bambino da 5 a 14 anni si ammala
d’influenza circa 8 volte più di frequente
dell’anziano e circa 4 volte più dell’adulto;
• i bambini rappresentano i principali
soggetti responsabili della trasmissione
dell’influenza nella popolazione;
• l’ospedalizzazione per influenza del
bambino sotto i 2 anni avviene con le stesse
proporzioni del paziente anziano;
• la vaccinazione in età scolare in Giappone
ha ridotto la extra-mortalità dell’anziano per
cause respiratorie durante la stagione
influenzale.
In Europa sette Nazioni (Austria, Finlandia,
Lituania, Malta, Polonia, Slovenia e Slovacchia
) hanno introdotto la vaccinazione universale
contro l’influenza nel bambino dei primi anni di
vita e la Gran Bretagna ha appena iniziato ad
effettuarla nei soggetti sani di 2-3 anni con
vaccino antinfluenzale vivo attenuato nasale.
Negli Stati Uniti la raccomandazione per la
vaccinazione contro l’influenza nel bambino si è
allargata anno dopo anno:
• 2002: vaccinazione incoraggiata da 6 a 23
mesi;
• 2003: vaccinazione raccomandata da 6 a 23
mesi;
• 2006: vaccinazione raccomandata da 6 a 59
mesi;
• 2008: vaccinazione raccomandata da 6 mesi a
18 anni.
Per tali motivazioni, si ritiene importante che
la vaccinazione anti-influenzale dell’infanzia
sia fortemente promossa su iniziativa del
pediatra di famiglia in tutte le occasioni
opportune ai bambini appartenenti alle categorie
a rischio, ma anche ai bambini sani. Alcune
realtà locali potranno effettuare nei prossimi
anni progetti pilota di offerta organizzata
attiva e gratuita della vaccinazione annuale a
tutti i bambini sani, con il coinvolgimento
attivo della pediatria di famiglia anche per
l’esecuzione del vaccino.
Vaccinazione papillomavirus (HPV)
Secondo le indicazioni ministeriali e l’accordo
della Conferenza Stato-Regioni, la vaccinazione
HPV è offerta attivamente e gratuitamente in
tutte le Regioni italiane alle ragazze durante
il 12° anno di vita (s’intende per dodicesimo
anno di vita il periodo compreso fra il
compimento degli 11 anni e il compimento dei 12
anni), con possibilità di utilizzo del vaccino
dall’età di 9 anni all’età di 45 anni. In molte
Regioni, l’offerta attiva e gratuita della
vaccinazione è stata estesa anche a una o più
coorti di età tra i 13 e i 25 anni.
La sequenza delle somministrazioni varia a
seconda del vaccino usato e dell’età. Studi
recenti hanno infatti messo in evidenza
l’elevata immunogenicità dei due vaccini
disponibili, che consente di poter effettuare
un’immunizzazione nell’età target primaria
(femmine nel 12° anno di età) con 2 sole dosi di
vaccino:
• vaccino bivalente: due dosi (mesi 0, 6) per
le età 9-14 anni, tre dosi, al tempo 0, 1 e 6
mesi nelle età >14 anni;
• vaccino quadrivalente: due dosi (mesi 0, 6)
per le età 9-13 anni, tre dosi a 0, 2 e 6 mesi
nelle età >13 anni.
Tale nuova schedula consente di liberare risorse
che devono prioritariamente essere reinvestite
per garantire sia adeguate coperture nelle
coorti obiettivo primario, sia per allargare la
vaccinazione ad altri gruppi target, estendendo
così la protezione conferita dal vaccino e
accelerandone l’impatto sulla salute della
popolazione.
Infatti, strategie multi-coorte consentono di
pervenire prima all’obiettivo finale, cioè alla
riduzione del numero di lesioni pre-cancerose e,
nel lungo termine, dei cancri dell’utero e
dell’area ano-genitale.
Peraltro, le evidenze riguardo alla diffusione
delle patologie HPV correlate maligne e benigne
non solo nel sesso femminile, ma anche maschile,
insieme alla riduzione dei costi della
vaccinazione anti-HPV, rendono ormai
raccomandabile una strategia di vaccinazione in
età pre-adolescenziale che coinvolga tutti i
soggetti, indipendentemente dal sesso. Si
raccomanda pertanto di adottare una strategia di
offerta attiva e gratuita della vaccinazione
contro l’HPV ai dodicenni maschi e un simultaneo
coinvolgimento di una seconda coorte femminile
(inizialmente con proposta nella fascia di età
tra i 15 e i 18 anni, mentre è raccomandata
l’offerta alle 25enni nelle Regioni che abbiano
già chiuso la vaccinazione della seconda coorte
adolescenziale per fusione delle coorti
immunizzate. Si ricorda che, tanto più giovani
saranno le coorti femminili aggiuntive, tanto
maggiore sarà il profilo di impatto positivo
dell’intervento).
Si sottolinea inoltre l’importanza di attuare
tutte le iniziative possibili per proteggere con
la vaccinazione anti-HPV i soggetti di qualsiasi
età e di entrambi i sessi affetti da infezione
da HIV e da altre condizioni di
immuno-compromissione, secondo quanto previsto
anche dalle vigenti raccomandazioni nazionali. È
infatti dimostrato che le patologie correlate
all’infezione persistente da HPV hanno
un’incidenza molto elevata ed evoluzione grave
in queste categorie di soggetti.
La vaccinazione HPV è raccomandata comunque,
anche se in regime di compartecipazione alla
spesa, per tutte le donne fino alla massima età
indicata in scheda tecnica. È infatti dimostrato
che, pur in presenza di lesioni HPV-correlate, e
anche se il vaccino non ha proprietà
terapeutiche su lesioni già presenti, tuttavia
anche le donne già infettate da un tipo di HPV
vaccinale beneficiano della protezione nei
confronti dei tipi di HPV dai quali non sono
state infettate. È epidemiologicamente
dimostrato che la probabilità che una donna sia
infettata da tutti i tipi di HPV vaccinali è
così bassa da non giustificare un controllo
dello stato di infezione prima della
vaccinazione, che pertanto risulta sempre
indicata nell’ottica della protezione
individuale.
Inoltre, in caso di superamento di infezione da
un tipo di HPV vaccinale, l’immunità naturale
non garantisce la protezione dalla re-infezione
dallo stesso tipo, mentre la vaccinazione
determina una sostenuta risposta protettiva nei
confronti delle re-infezioni.
Idealmente, il vaccino dovrebbe essere
somministrato prima di qualsiasi esposizione
potenziale all’HPV. Tuttavia, anche le donne
sessualmente attive possono trarre beneficio
dalla vaccinazione; quelle sessualmente attive
non infettate con nessuno dei tipi vaccinali
avranno pieno beneficio dalla vaccinazione.
Nei confronti del cancro del collo dell’utero e
di altri cancri delle vie genitali femminili i
due vaccini sono ugualmente efficaci (efficacia
del 99-100% in donne trattate per protocollo,
cioè che abbiano effettuato tutte le dosi ai
tempi indicati e siano inizialmente non infette
per i tipi vaccinali di HPV).
Il vaccino quadrivalente si è dimostrato
efficace nella prevenzione delle lesioni
genitali esterne (condilomi) e pre-cancerose e
cancerose anali anche nel maschio.
L’immunizzazione attiva con questi vaccini
(prevenzione primaria) e la prevenzione
secondaria, basata su saggi di screening in uso
da decenni (test di Papanicolau o Pap-Test) o
con i più recenti test di ricerca dell’HPV-DNA e
conseguente trattamento terapeutico precoce,
sono da considerare entrambe altamente efficaci
e devono essere utilizzate in modo integrato. È
evidente che le prove di screening non possono
assolutamente essere sospese nei soggetti
vaccinati, perché la vaccinazione da sola non
protegge verso tutti i tipi di HPV, ma soltanto
per il 70-80% dei cancri dovuti ai
papillomavirus 16 e 18 ed eventuali altri tipi
verso i quali è possibile una protezione
crociata.
Peraltro, è stato dimostrato che altri tipi di
papillomavirus strettamente legati al 16 e al 18
nell’albero filogenetico sono associati allo
sviluppo del cancro: dal momento che gli
anticorpi diretti contro HPV 16 e 18 dimostrano
in grado diverso protezione crociata nei
confronti di alcuni di tali tipi virali, questo
potrebbe ampliare in maniera variabile lo
spettro di protezione indotto dai due vaccini a
causa della specifica cross-protezione, anche se
sul significato e durata di tale effetto non vi
sono ancora dati definitivi.
Gli effetti collaterali della vaccinazione sono
molto limitati (perlopiù effetti infiammatori
locali).
Vaccinazione contro i Rotavirus (RV)
La disponibilità di vaccini efficaci e sicuri
per la prevenzione della gastroenterite acuta da
Rotavirus (RV) ne rende raccomandato l’utilizzo
in regime di offerta attiva e gratuita, sia per
il notevole impatto di salute di tali
gastroenteriti, sia per il loro rilevante costo
sociale ed economico. I rotavirus sono infatti
spesso causa di ospedalizzazione, e in ambito
ospedaliero sono pure descritti come frequenti
responsabili di infezioni nosocomiali. A tal
proposito, studi pubblicati o in via di
pubblicazione dimostrano i vantaggi in termini
di risorse risparmiate nell'ottica del solo SSN
dal raggiungimento di coperture già del 70%.
Molti Paesi europei, in numero via via
crescente, sulla scorta delle evidenze sempre
più chiare dell’impatto sulla salute della
popolazione, e per le implicazioni dannose per
l’organizzazione sociale delle frequenti
epidemie, hanno ormai inserito l’immunizzazione
contro i Rotavirus tra le vaccinazioni
routinariamente proposte a tutti gli infanti.
Esistono due vaccini che hanno caratteristiche e
schedule differenti:
• vaccino contenente un ceppo umano vivo ed
attenuato. Si somministra per bocca in due dosi
a distanza di quattro settimane a partire dalla
6° settimana di vita ed è co-somministrabile con
la altre vaccinazioni previste per l’età; il
ciclo dovrebbe essere effettuato preferibilmente
entro la 16° settimana di età e in ogni caso
entro gli 8 mesi;
• vaccino costituito da 5 ceppi di virus vivo
attenuato ricombinante umano-bovino. Si
somministra per bocca in tre dosi a partire
dalle sei settimane di età con un intervallo di
almeno 4 settimane tra una dose e l’altra ed è
co-somministrabile con la altre vaccinazioni
previste per l’età; è preferibile che le tre
dosi siano somministrate prima delle 20-22
settimane e non oltre gli 8 mesi di età.
Il modesto incremento relativo dei casi di
invaginazione dopo la prima dose del vaccino ha
comunque visto mantenere da parte delle autorità
regolatorie. Anche dei Paesi sviluppati, la
raccomandazione alla vaccinazione visti i
benefici dimostrati in termini di netto calo
delle ospedalizzazioni, decessi, visite intra e
extraospedaliere, e della riduzione dei costi
diretti e indiretti.
Si rende comunque ancor più indispensabile una
corretta informazione ai genitori per renderli
in grado di segnalare tempestivamente la
sintomatologia al fine di una presa in carico
precoce e una riduzione dell’impatto
assistenziale della invaginazione intestinale.
Vaccinazione contro l’Epatite A
Il vaccino contro l’epatite A è fortemente
raccomandato in condizioni epidemiologiche di
rischio. In zone ad elevata endemia storica
(Puglia) la strategia a due coorti, adottata
anche per l’epatite B, sembra la migliore.
Il vaccino anti-epatite A deve essere
somministrato alla popolazione adulta secondo
indicazioni cliniche, comportamentali o
occupazionali.
• Indicazioni cliniche: soggetti con
epatopatia cronica e soggetti riceventi
concentrati di fattori della coagulazione.
• Indicazioni comportamentali: promiscuità
sessuale e soggetti che fanno uso di droghe.
• Indicazioni occupazionali: soggetti che
lavorano a contatto con primati infettati dal
Virus dell’Epatite A (HAV) o con HAV in
strutture laboratoristiche, soggetti che
viaggiano o lavorano in Paesi ad alta o
intermedia endemia di Epatite A.
Indicazioni legate ai viaggi in età pediatrica:
per i bambini che si rechino, anche per brevi
periodi di tempo, in Paesi ad alta endemia di
infezione. Data la frequente possibilità che i
bambini viaggiatori importino l’infezione in
Italia con potenziale generazione di epidemie
anche di rilevante impatto in comunità, si
raccomanda che l’offerta della vaccinazione sia
attiva e gratuita a tutti i bambini fino a 14
anni viaggiatori internazionali in aree ad
elevata endemia per HAV.
Vaccinazione contro Herpes zoster
L’Herpes zoster è una patologia frequente nel
soggetto anziano e in chi è affetto da
co-morbosità di varia natura, ed è legato alla
riattivazione del Virus Varicella Zoster (VZV)
rimasto latente nei gangli nervosi sensoriali
dopo una pregressa varicella. La patologia è
causa di rilevati danni sanitari e sociali,
specialmente correlati alla Nevralgia
Post-Erpetica (Post-Herpetic Neuralgia o PHN),
sindrome dolorosa cronica altamente invalidante
della durata di alcuni mesi e a volte anche di
anni, che colpisce fino al 20% di coloro che
sono affetti da Herpes zoster.
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