Patologie reumatiche
L'artrite reumatoide
L’artrite reumatoide (AR) è una malattia
autoimmune caratterizzata da infiammazione
intra e periarticolare ad andamento cronico.
Viene considerata una patologia
poliarticolare, in quanto colpisce tre o più
articolazioni, e simmetrica poiché interessa
i segmenti articolari di entrambi i lati del
corpo. Le sedi più colpite sono: mani,
polsi, gomiti, ginocchia, caviglie e piedi.
L’artrite reumatoide (AR) ha eziologia
ancora sconosciuta sebbene fattori genetici
e ambientali possano contribuire al suo
sviluppo.
I principali segni e sintomi, legati alla
natura infiammatoria, sono caratterizzati da
tumefazione e gonfiore articolare,
difficoltà nei movimenti e dolore; possono
comparire febbre, astenia e anemia.
I nuovi criteri di classificazione dell’AR
frutto della collaborazione tra American
College of Rheumatology (ACR) ed
European League Against Rheumatism (EULAR),
ridefiniscono il paradigma dell’artrite
reumatoide focalizzando l’attenzione sugli
stadi precoci della patologia. Questa nuova
classificazione richiama la necessità di una
diagnosi precoce e di una tempestiva ed
efficace terapia soppressiva per prevenire o
minimizzare l’insorgenza di una evoluzione
clinica disabilitante.
L’artrite reumatoide colpisce nel mondo
secondo dati dell’Organizzazione Mondiale
della Sanità circa 165 milioni di persone,
l’1% della popolazione mondiale.
L’insorgenza è in età adulta ma non
raramente colpisce la fascia pediatrica e i
giovani adulti. È da due a quattro volte più
frequente nel sesso femminile.
Se non trattata adeguatamente l’artrite
reumatoide può evolvere in gravi deformità
articolari e verso pesanti forme di
disabilità che possono arrivare ad impedire
al soggetto di svolgere le normali attività
quotidiane e lavorative.
Una diagnosi e un trattamento precoci
dell’artrite reumatoide sono di importanza
fondamentale. Quadro sintomatologico,
anamnesi clinica, visita clinica,
radiografie ed esami di laboratorio
(compreso il test del fattore reumatoide e
gli Ab anti peptidi citrullinati) sono gli
strumenti che il reumatologo ha a
disposizione per formulare la diagnosi.
Obiettivo dei trattamenti farmacologici è
ridurre il dolore articolare, ridurre
l’infiammazione che ne è causa, rallentare
la progressione dei danni strutturali
prevenendo le deformità articolari e quindi
migliorare la qualità di vita dei pazienti.
Corticosteroidi e farmaci antinfiammatori
non steroidei, o FANS, consentono di
attenuare segni e sintomi associati
all’infiammazione: dolore, gonfiore,
rigidità articolare.
I Disease-Modifying Anti-Rheumatic Drugs,
DMARDs, sono farmaci antireumatici che, come
il metotressato, modificano l’evoluzione
della malattia e sono prescritti per tenere
sotto controllo i sintomi e i danni
strutturali a carico delle articolazioni e
dei tessuti.
I farmaci biologici sono la classe più
innovativa di farmaci utilizzati nel
trattamento dell’artrite reumatoide. Tali
farmaci interferiscono con molecole (come le
citochine Tumor Necrosis Factor,
IL-1, IL-6, etc) e le cellule che regolano
il processo infiammatorio alla base della
artrite reumatoide.
I trattamenti riabilitativi a basso impatto
sono consigliati per preservare la forza
muscolare e la mobilità articolare.
LUPUS ERITEMATOSO SISTEMICO
Il Lupus Eritematoso Sistemico, o LES, è una
malattia cronica, autoimmune e sistemica dal
momento che colpisce diversi organi e
tessuti del corpo.
Il sistema immunitario produce autoanticorpi
che attaccano le varie componenti
dell’organismo stesso causando infezioni e
danni tessutali. Il LES colpisce la pelle,
le articolazioni, il cuore, i polmoni, i
reni, il fegato, il sistema nervoso e
l’endotelio vascolare.
Il 30% dei pazienti presenta segni cutanei
(eritema a farfalla, rash discoide),
frequente la compromissione articolare con
dolore; possono essere presenti debolezza,
febbre, pleuriti, tendiniti, fotosensibilità,
variazioni inspiegabili del peso, disturbi
renali, anemia, mal di testa, aborti
spontanei. Le cause della malattia non sono
note. Il LES colpisce prevalentemente le
donne tra i 15 e 35 anni. In Italia almeno
60.000 persone ne soffrono con 1.500-2.000
nuove diagnosi l’anno.
La forma più comune di LES interessa la
pelle ma altrettanto frequenti sono la forma
articolare e renale. La malattia alterna
fasi di remissione a fasi di
riacutizzazione.
La diagnosi si basa sull’esame clinico e su
una ampia batteria di esami del sangue.
Le terapie utilizzate sono rappresentate da
cortisonici, immunosoppressori. Recentemente
anche un Ab monoclonale che inibisce lo
stimolatore dei linfociti B è stato
autorizzato nella terapia del LES.
MALATTIA DI SJOGREN
La malattia di Sjogren è una patologia
infiammatoria, cronica su base autoimmune,
caratterizzata da distruzione delle
ghiandole esocrine mediata dai linfociti T
ma anche da una eccessiva attivazione dei
linfociti B con produzione di autoanticorpi,
quali il fattore reumatoide (FR), anti SS-A/Ro
e anti SS-B/La.
Questa malattia ha una frequenza dell’1% e
colpisce soprattutto il sesso femminile dopo
i 40 anni.
La malattia di Sjogren sembra essere
associata ad una predisposizione genetica in
parte legata ai geni HLA, anche infezioni
virali possono essere fattori predisponenti
di tale malattia.
I sintomi oltre alla secchezza delle mucose,
sono rappresentati da poliartrite non
erosiva, fenomeno di Raynaud, porpora o
ulcere cutanee, per vasculite e
interessamento polmonare.
La malattia di Sjogren aumenta di 40 volte
il rischio di neoplasia linfatica.
L’andamento è intermittente. La sindrome di
Sjogren si può anche associare ad una altra
malattia autoimmune come la artrite
reumatoide e il LES.
La diagnosi si basa oltre che sulla visita
clinica, sul test di Shirmer, sulla
scialografia, sulla biopsia delle ghiandole
salivari minori ed esami del sangue (in
particolare Ab antinucleo e anti-SSA,
anti-SSB). La terapia è prevalentemente
sintomatica. Nei casi di compromissione
articolare con dolore si utilizzano
antinfiammatori non steroidei, o FANS, e
cortisonici; impiegati anche gli
immunosoppressori.
MALATTIA DI PAGET
La malattia di Paget, definita osteite
deformante, è una malattia metabolica
dell’osso.
La causa è sconosciuta, fattori infettivi
sono studiati come possibili fattori
causali. In tale malattia vi è una
attivazione degli osteoclasti che aumenta il
riassorbimento osseo e stimola la formazione
di nuovo tessuto osseo con conseguenti
deformità scheletriche dovute alla crescita
anomala che rende le ossa più voluminose,
morbide e fragili. La rapidità con cui la
malattia di Paget aumenta il riassorbimento
e la produzione di nuovo osso fa sì che i
nuovi strati risultino disorganizzati e
deformati. Possono essere colpiti ossa
singole o interi distretti con complicanze
importanti come l’ingrossamento del cranio,
radicolopatia, artrosi, disturbi uditivi,
compressione del midollo spinale o di
strutture della fossa cranica posteriore,
sarcomi.
La malattia di Paget colpisce di solito dopo
i 40 anni, in particolare i maschi.
I sintomi possono essere subdoli ma spesso
sono assenti, talvolta è presente dolore
osseo e rigidità articolare importante.
La diagnosi oltre che su segni e sintomi, si
basa su esami del sangue (fosfatasi
alcalina), esami delle urine ed indagini
radiografiche.
I bifosfonati rappresentano la terapia di
prima scelta.
ARTROPATIA PSORIASICA
La psoriasi è una malattia della pelle con
andamento cronico-recidivante che si
manifesta con la comparsa di chiazze
rossastre e tondeggianti a margini netti e
ben delimitate.
Nel mondo le persone affette da psoriasi
sono circa 125 milioni, in Italia quasi 2,5
milioni, nei paesi industrializzati almeno
il 3-4% della popolazione presenta lesioni
psoriasiche.
Numerosi studi confermano una stretta
correlazione tra psoriasi e artrite
psoriasica che colpisce il 36% dei pazienti
con psoriasi cutanea.
L’artropatia psoriasica non è certo una
patologia più lieve dell’artrite reumatoide,
infatti almeno il 40% dei pazienti è colpito
da una forma erosiva e deformante con gradi
di severità radiologica simili a quelli
dell’artrite reumatoide. Il 47% dei pazienti
con artropatia psoriasica precoce (malattia
della durata <2 anni) evidenzia danno
radiologico a 2 anni nonostante il
miglioramento clinico determinato
dall’utilizzo di terapie di fondo
tradizionali (metotressato, sulfasalazina,
ciclosporina). Queste terapie controllano i
sintomi ma non sono in grado di bloccare il
danno articolare. Di recente sono stati
introdotti gli agenti biotecnologici anche
in tale condizione. I più utilizzati sono
gli Ab monoclonali che bloccano il TNF-alfa.
Tali farmaci migliorano lo stato funzionale
e la qualità di vita dei pazienti oltre che
a inibire la progressione del danno
articolare.
Come per l’artrite reumatoide, anche nell’artropatia
psoriasica un trattamento precoce e
aggressivo permette di prevenire il danno
articolare.
SCLEROSI SISTEMICA
La sclerosi sistemica progressiva (SSP), o
sclerodermia (dal greco: pelle dura) è una
malattia cronica, autoimmune, ad andamento
progressivo caratterizzata dall’indurimento
della pelle che può colpire molti altri
organi e strutture del corpo.
In Italia sono circa 20.000 le persone
affette da questa malattia e ogni anno le
nuove diagnosi sono circa 300.
Le donne sono più colpite rispetto agli
uomini con un rapporto di 3:1, sebbene
questa differenza aumenti in età fertile
quando il rapporto si avvicina o supera 8:1;
le fasce d’età di maggiore insorgenza sono
tra i 30 e i 50 anni.
La sclerosi sistemica progressiva si
differenzia in due forme: localizzata e
sistemica; tra le connettiviti è la
patologia più frequente.
Non si conoscono le cause precise che danno
il via allo sviluppo della malattia. Tale
malattia coinvolge molti organi/apparati: la
cute che diventa indurita, tesa e aderente
ai piani sottostanti; le ulcere cutanee;
l’apparato scheletrico con artrite e
tenosinovite; l’apparato cardiaco con
fibrosi del tessuto di conduzione del cuore,
alterazioni del ritmo cardiaco, scompenso
destro, alterazioni del rilasciamento
diastolico precoce; l’apparato respiratorio
con fibrosi polmonare interstiziale e
ipertensione polmonare; l’apparato
gastroenterico con ipomobilità esofagea e
dell’intestino tenue, reflusso
gastro-esofageo e sindrome di
malassorbimento; e, infine, l’apparato
urinario con crisi renale sclerodermica.
La diagnosi si basa anche sulla ricerca di
autoanticorpi specifici quali gli anticorpi
antinucleo ANA, tra i quali l’anti-topoisomerasi
1 (anti-Scl70).
La terapia è rivolta alle singole
manifestazioni d’organo, come la terapia
immunodepressiva nella interstiziopatia
polmonare. Sono in studio farmaci ad azione
antifibrotica.
SPONDILITE ANCHILOSANTE
La spondilite anchilosante è una patologia
reumatica infiammatoria che colpisce lo
scheletro assiale (colonna vertebrale e
articolazioni sacro-iliache), le
articolazioni ed entesi periferiche, gli
occhi, e più raramente i polmoni e le
valvole cardiache. Nella spondilite
anchilosante la colonna vertebrale si fonde
(colonna a canna di bambù) causando grave
rigidità e perdita della mobilità con
deformità. Questa patologia che rientra tra
le cosiddette spondiloartropatie, può
associarsi talvolta a psoriasi o a malattia
infiammatoria cronica intestinale (MICI).
Non si conoscono le cause della spondilite
anchilosante sebbene il 70-90% dei pazienti
abbia in comune un marcatore genetico,
l’antigene di istocompatibilità HLA-B27.
I sintomi, caratterizzati da dolore e
rigidità della colonna vertebrale (in
particolare lombalgia) che si attenuano con
il movimento e peggiorano con il riposo
(dolore notturno). Possono essere
interessate anche le articolazioni
periferiche con artriti che interessano
prevalentemente gli arti inferiori e le
entesi in particolare le calcaneari con
tendinite Achillea e fascite plantare.
Frequentemente tali pazienti presentano
anche una infiammazione della camera
anteriore dell’occhio (uveite anteriore).
La spondilite anchilosante colpisce dallo
0,1 allo 0,4% della popolazione mondiale. In
Europa la prevalenza oscilla dallo 0,2
all’1% . È più diffusa tra i maschi che sono
colpiti tre volte tanto rispetto alle
femmine. L’insorgenza è in media attorno ai
25 anni di età.
Convivere con la spondilite anchilosante
pone seri problemi di qualità di vita, in
base alla gravità dei sintomi i pazienti
sono costretti ad abbandonare in parte o del
tutto l’attività lavorativa.
La diagnosi arriva tardi, in genere dopo
alcuni anni. L’esame radiografico standard
può essere nelle fase iniziale negativo,
utile per una diagnosi precoce è la
risonanza magnetica delle articolazioni
sacro-iliache e della colonna vertebrale. e
la determinazione dell’antigene-HLA-B27.
I pazienti con spondilite anchilosante
vengono trattati spesso con farmaci
antinfiammatori non steroidei, FANS e con
gli anticorpi monoclonali o farmaci
biologici che inibiscono l’azione del
Fattore di Necrosi Tumorale (Tumor Necrosis
Factor alfa, TNF-alfa), una proteina
prodotta dal sistema immunitario che ha un
ruolo centrale nel processo infiammatorio
che accompagna la patologia. La
riabilitazione fisica è una parte importante
del trattamento terapeutico in quanto
rinforza la muscolatura della schiena e
dell’addome migliorando la postura e
permettendo di migliorare la respirazione.
ARTRITE IDIOPATICA GIOVANILE
L’artrite idiopatica giovanile non è una
malattia, ma un termine che riunisce tutte
le forme di artrite cronica ad insorgenza in
età pediatrica.
La forma di gran lunga più comune (circa il
50% dei casi) è una malattia che si osserva
solo nel bambino e che presenta peculiari
complicanze come l’interessamento
infiammatorio dell’uvea (vascolarizzazione
dell’occhio) anteriore. Questa complicanza,
che può causare gravi danni fino alla
perdita della vista, è inizialmente
asintomatica. Siccome la terapia per essere
efficace deve essere precoce è essenziale,
per diagnosticare per tempo l’uveite, che i
pazienti si sottopongano ogni tre mesi ad
una visita oculistica con lampada a fessura.
Un altro aspetto peculiare a tutte le
artriti croniche del bambino è che
interessano un apparato muscolo-scheletrico
in accrescimento. Le contratture muscolari
antalgiche secondarie all’artrite esercitano
trazioni anomale sui capi ossei che possono
portare a deformità scheletriche; per
interrompere questo circolo vizioso trova
larga indicazione l’impiego di iniezioni
intra-articolari di steroidi (triamcinolone
esacetonide).
Una forma particolare di artrite idiopatica
giovanile è la forma sistemica,
caratterizzata da importanti sintomi
sistemici come una febbre elevata.
Rappresenta l’equivalente pediatrico della
malattia di Still dell’adulto con la
differenza che in età pediatrica è molto più
frequente. Al contrario, la forma di artrite
reumatoide FR dell’adulto, assai frequente
nell’adulto, rappresenta poco più del 3%
delle artriti del bambino.
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