Il Tumore Ovarico
LA MALATTIA
Il carcinoma ovarico è il sesto
tumore più diagnosticato tra le donne ed è
il più grave (50% di mortalità a 5 anni)
tumore ginecologico che ogni anno, nel
mondo, colpisce oltre 250.000 donne e ne
uccide 150.000. In Italia circa 37.000 donne
convivono con questo tumore, ogni anno si
diagnosticano 5.000 nuovi casi e il numero
delle nuove diagnosi è in crescita.
Il tumore ovarico è un tumore molto
insidioso per due principali motivi.
Innanzitutto perché è caratterizzato da
sintomi aspecifici. In secondo luogo perché
non esistono attualmente strumenti di
prevenzione (come il vaccino o come il pap
test per il tumore della cervice) né test di
screening precoce (come la mammografia per
il tumore al seno). Per tali motivi il
carcinoma ovarico in più del 60% dei casi
viene diagnosticato tardivamente quando è
già in stadio avanzato e le possibilità di
cura sono molto ridotte.
Solo una diagnosi tempestiva può migliorare
le probabilità di sopravvivenza: infatti se
il tumore ovarico viene diagnosticato in
stadio iniziale la possibilità di
sopravvivenza a 5 anni è del 75-95% mentre
la percentuale scende al 25% per tumori
diagnosticati in stadio molto avanzato.
TIPOLOGIA
Il tumore dell’ovaio insorge quando
le cellule dell’ovaio crescono e si dividono
in modo incontrollato. I tumori dell’ovaio
possono essere di molti tipi.
Secondo la classificazione accettata
dall’Organizzazione Mondiale della Sanità si
distinguono due categorie di tumori: i
primitivi e i secondari che si differenziano
dai primi perché giungono all’ovaio dopo
essere apparsi in altre parti
dell’organismo.
Dal punto di vista istologico i tumori
dell’ovaio si suddividono in epiteliali,
stromali e germinali.
I tumori epiteliali derivano da un
malfunzionamento dell’epitelio mulleriano
(tessuto che riveste l’ovaio), possono
presentarsi in forma benigna o maligna e
rappresentano il 50% delle neoplasie che
colpiscono l’ovaio. Hanno una maggiore
incidenza in donne in età compresa tra 55 e
65 anni.
I tumori stromali hanno origine in un altro
tessuto della struttura dell’ovaio. Sono
neoplasie più rare e rappresentano il 4% dei
tumori maligni che possono colpire l’ovaio.
I tumori germinali derivano dalle cellule
che danno origine agli ovuli. Sono anch’essi
più rari rappresentando il 5% dei tumori
maligni dell’ovaio. Questo tipo si manifesta
soprattutto in giovane età. Un esempio è
rappresentato dal disgerminoma che colpisce
bambine o adolescenti nel
70-90% dei casi.
PRINCIPALI FATTORI DI RISCHIO
Le cause che determinano la
divisione e moltiplicazione incontrollata
delle cellule nell’ovaio non è ancora nota.
Ciò che si sa è che un certo numero di
fattori aumentano il rischio di sviluppare
questa forma di tumore.
Età – Un primo fattore di rischio è
rappresentato dall’età in quanto il picco di
incidenza della malattia si registra tra i
50 e i 60 anni, dunque nelle donne in età
peri o postmenopausale. Tuttavia alcuni tipi
di tumore dell’ovaio possono presentarsi in
donne più giovani.
Storia familiare – Il 15-25% dei tumori
all’ovaio ha come principale fattore di
rischio la familiarità. Donne con madre e/o
sorella e/o figlia affetta/e da tumore
dell'ovaio, della mammella o dell’utero
hanno maggiori probabilità di contrarre la
neoplasia.
Alterazioni del patrimonio genetico – Le
alterazioni dei geni BRCA1 e BRCA2 di
origine ereditaria possono portare a una
predisposizione più o meno importante allo
sviluppo del tumore ovarico. La percentuale
di rischio di tumore ovarico è del 39-46% se
è presente una mutazione del gene BRCA1 ed è
del 10-27% se è presente una mutazione del
gene BRCA2.
Essere portatori di una mutazione di tali
geni comporta una maggiore probabilità, ma
non la certezza, di ammalarsi. In questo
caso però è importante seguire un programma
di controlli regolari ed accurati così come
è importante informare i membri maggiorenni
della famiglia che potrebbero essere, a loro
volta, portatori della mutazione.
Per accertare l’esistenza di tali
alterazioni si effettua il test genetico
BRCA1 e BRCA2, un test di laboratorio che
permette di individuarne l’esistenza e, in
caso positivo, di identificare le possibili
opzioni di prevenzione. Non esistendo
strategie preventive efficaci per il tumore
dell’ovaio, l’annessiectomia profilattica
bilaterale (asportazione di tube ed ovaie) è
in grado di prevenire la quasi totalità dei
tumori ovarici su base genetico-ereditaria.
L’annessiectomia bilaterale è oggi
consigliata nelle donne con mutazione del
gene BRCA1 e BRCA2 che hanno già avuto
gravidanze o che hanno superato l’età
fertile.
Il test di laboratorio è estremamente utile
anche quando viene effettuato su pazienti
già colpite da tumore ovarico perché
consente di modellare la terapia
farmacologica su questa specifica situazione
e di migliorarne significativamente l’esito.
Storia riproduttiva – Oltre alla familiarità
e al rischio genetico bisogna considerare il
sistema endocrino che si occupa della
produzione e distribuzione di ormoni
nell’organismo. In genere ovulazioni
ripetute sembrano essere associate ad un
rischio maggiore di contrarre la malattia
mentre la gravidanza sembra giocare un ruolo
importante come fattore protettivo del
tumore dell’ovaio proprio per la riduzione
del numero di ovulazioni.
Lo stesso vale per un prolungato
allattamento che, da studi effettuati,
sembra incidere positivamente nel proteggere
dalla malattia.
Alcuni studi hanno mostrato un’incidenza
maggiore di tumore all’ovaio in donne
soggette a menarca precoce (prima
mestruazione) e/o menopausa tardiva.
Esiste anche una correlazione tra
endometriosi e tumore all’ovaio.
Al contrario l’assunzione prolungata della
pillola anticoncezionale è associata a un
rischio minore di contrarre la malattia.
Stili di vita – L’obesità, il fumo,
l’assenza di esercizio fisico sono ulteriori
fattori che aumentano il rischio di
sviluppare questa neoplasia,
SINTOMI
Per il tumore dell’ovaio non esiste
un elenco chiaro e preciso dei sintomi ai
quali prestare attenzione. Tuttavia è
opportuno che ogni donna sappia riconoscere
alcuni segnali che possono indicare il
manifestarsi della malattia e rivolgersi al
proprio medico. Nello stadio iniziale,
quando è localizzato all'ovaio, il tumore
ovarico è generalmente asintomatico.
I sintomi più comuni che si possono
manifestare nelle forme più avanzate sono:
• gonfiore addominale, persistente oppure
intermittente;
• necessità di urinare spesso;
• dolore addominale.
Sintomi meno comuni sono:
• inappetenza;
• perdite ematiche vaginali;
• variazioni delle abitudini intestinali.
Si tratta di sintomi molto aspecifici e
comuni che, nella maggioranza dei casi,
hanno un'origine differente dalla presenza
di un tumore. Quando però questi sintomi non
si erano mai presentati in precedenza e
compaiono costantemente ogni giorno per più
di 12-15 giorni al mese e per più due o tre
mesi consecutivi, si consiglia di contattare
il proprio medico di fiducia.
DIAGNOSI
In caso di sintomi ricorrenti si
eseguono dapprima indagini di routine che
comprendono una visita medica dell’addome e
una visita ginecologica. Se si sospetta un
tumore, le indagini utilizzate per arrivare
alla diagnosi di carcinoma ovarico sono
l’ecografia pelvica e il controllo dei
marcatori tumorali (CA125, CA19.9, HE4,
CE15.3 e CEA) eseguito attraverso un
semplice prelievo del sangue, se il quadro
ecografico è sospetto. Se permane il dubbio
si associa una TAC addominale ed
eventualmente una PET che permette di
valutare aree ad elevata attività metabolica
in modo molto affidabile.
Una nota importante riguarda il Pap test,
esame che, per questa tipologia di tumore,
non ha alcuna validità diagnostica.
La preoccupazione principale è quella di
capire se si è di fronte ad una neoplasia
circoscritta o se la malattia ha già preso
piede diffondendosi nella zona pelvica e
oltre. Per questo in questa fase vengono
eseguite una gastroscopia ed una colonscopia
per escludere una primitività da parte
dell’apparato gastrointestinale.
STADI DELLA MALATTIA
Il carcinoma ovarico può essere
diagnosticato in diversi stadi.
Per “stadio” si definisce lo stato di
diffusione della malattia ovvero:
• Stadio I: limitato alle ovaie.
• Stadio II: su una o entrambe le ovaie ed
esteso anche agli organi pelvici.
• Stadio III: su una o entrambe le ovaie,
esteso agli organi pelvici e/o con metastasi
ai linfonodi della stessa zona.
• Stadio IV: con la presenza di metastasi
anche a distanza dalla zona delle ovaie
(fegato, polmoni).
Una buona o una cattiva prognosi
dipendono dallo stadio del tumore al momento
della diagnosi che deve essere il più
tempestiva possibile.
Se la malattia viene diagnosticata in stadio
iniziale, cioè in pazienti con un tumore in
stadio IA o IB, limitato cioè alle ovaie e
con assenza di ascite e capsula intatta, la
possibilità di sopravvivenza a 5 anni è di
circa il 90%.
Se la malattia viene diagnosticata in
pazienti con tumore in stadio IC, cioè con
rottura della capsula, la possibilità di
sopravvivenza a 5 anni scende al 75-80%.
Se la malattia viene diagnosticata in stadi
avanzati la prognosi dipende dal tipo di
tessuto intaccato, dai livelli di marker
tumorali e da quanta massa tumorale è stata
asportata chirurgicamente. Si calcola
comunque che per tumore diagnosticato in
stadio III la sopravvivenza a 5 anni sia
pari al 45% e per una diagnosi in stadio IV
la possibilità di sopravvivenza a 5 anni sia
del 25%.
TERAPIA
Trattamento chirurgico
La chirurgia rappresenta uno step centrale
del trattamento del tumore ovarico. Essa è
utilizzata per porre la diagnosi della
malattia e per la stadiazione del tumore
ovarico, oltre che per rimuoverlo più
radicalmente possibile. Nelle pazienti con
malattia in stadio avanzato, la chirurgia,
oltre a valutare l’estensione della
malattia, è finalizzata all’asportazione di
tutto il tumore visibile (chirurgia
citoriduttiva o di debulking). Se la
malattia viene asportata radicalmente il
guadagno in termini di sopravvivenza per la
paziente arriva a 40 mesi rispetto a
pazienti in cui l’intervento chirurgico non
ha asportato completamente la malattia.
Anche nelle pazienti con malattia allo
stadio iniziale, la chirurgia svolge un
ruolo fondamentale. Permette infatti una
corretta stadiazione al fine di impostare un
adeguato management post-operatorio.
Inoltre, in mani esperte, l’approccio
chirurgico può essere “modulato” in funzione
della diffusione di malattia, dell’età della
paziente e del suo desiderio riproduttivo.
Trattamento farmacologico
La chemioterapia di prima e seconda linea
rimane, dopo la chirurgia, il trattamento
cardine per il trattamento del carcinoma
ovarico e si avvale di un trattamento
farmacologico standard a base di paclitaxel
e carboplatino, a tutt’oggi la combinazione
terapeutica di riferimento.
Ma negli ultimi anni, per lo più in
associazione alla chemioterapia, si sono
affermate nuove terapie dette “a bersaglio
molecolare”. Si tratta di farmaci rivolti
verso un bersaglio specifico identificato
come particolarmente importante nella genesi
o nella progressione di una determinata
neoplasia. Come per molte forme di cancro,
anche per il tumore ovarico un bersaglio
molto importante è rappresentato
dall’angiogenesi, ovvero dalla crescita dei
vasi sanguigni creati dal tumore per
rifornirsi delle sostanze nutritive e
dell’ossigeno di cui ha bisogno per crescere
e diffondersi.
La terapia anti-angiogenica aggredisce la
malattia arrestando appunto il processo di
sviluppo dei vasi sanguigni di cui il tumore
ha bisogno per proliferare e diffondersi in
altre regioni del corpo. L’uso del
trattamento anti-angiogenico nel tumore
ovarico offre quindi una nuova importante
opportunità.
Capostipite di questa nuova classe di
farmaci è il bevacizumab, un anticorpo
monoclonale che lega e blocca in modo
specifico la proteina VEGF (fattore di
crescita endoteliale vascolare) che ha un
ruolo chiave nell’angiogenesi.
Bevacizumab è stato il primo farmaco
biologico approvato in Europa ed è il primo
inibitore dell’angiogenesi per il
trattamento delle donne colpite da tumore
ovarico in stadio avanzato, non pretrattate
che è in grado di ritardare le recidive e
prolungare la sopravvivenza senza
progressione di malattia. Bevacizumab è
disponibile e rimborsabile in tutta Italia.
Trattamento psicologico
Trattamento non significa solo intervento
chirurgico e chemioterapico ma anche altri
tipi di supporto sia fisico che psicologico
a seconda delle esigenze del paziente: da un
supporto psicologico individuale a gruppi
psico-educazionali per arrivare alla
psicoterapia di gruppo e a un supporto alle
coppie. Vivere una dimensione di gruppo
aiuta psicologicamente ad eliminare il senso
di solitudine e di esclusione che spesso
nasce già al momento della diagnosi di
tumore e rivitalizza fisicamente grazie a
sedute dedicate a tecniche di rilassamento
muscolare e tecniche di respirazione.
L’IMPORTANZA DEL CENTRO DI CURA
SPECIALISTICO
In tempi più recenti medici e
ricercatori hanno condiviso la convinzione
che la eterogeneità dei tumori ovarici ne
fanno una malattia molto complessa che ha un
diverso andamento clinico e una diversa
risposta alla terapia nelle diverse
pazienti. Pertanto il tumore ovarico
richiede sempre più trattamenti
personalizzati (targeted therapies) che solo
i centri di cura specializzati sono in grado
di fornire.
In questi centri si lavora sia per
individuare nuove modalità di trattamento
(come ad esempio le terapie personalizzate
per le pazienti con tumore ovarico derivante
da mutazione dei geni BRCA) sia per
identificare l’esatto profilo genetico delle
pazienti che ha un impatto importante sulla
scelta del tipo di terapia.
In fase di cura è quindi importante
rivolgersi, sin dall’inizio, a questi centri
che sono dotati di tutta una serie di
requisiti sia a livello chirurgico che di
terapia medica che di supporto fisico e
psicologico.
Per aiutare nella scelta del centro
specialistico la Società Europea di
Oncologia ha identificato la seguente serie
di criteri guida:
1) disponibilità nello stesso ospedale
di:
• laboratorio di Ematologia;
• Radiologia;
• Ambulatori;
• Anestesiologia;
• Terapia intensiva;
• Endoscopia;
• Criopatologia;
• Citologia;
• Radioterapia;
• Oncologia Medica;
• ufficio raccolta dati;
• Psico-oncologia;
• Medicina Nucleare;
• Chirurgia Plastica e Ricostruttiva;
• Chirurgia Vascolare;
• cura della Stomia;
• trattamento di Linfoedema;
• cure palliative;
2) collaborazioni regolari di:
• due oncologi ginecologi;
• specialista di Radioterapia;
• oncologo clinico;
• specialista di Chemioterapia (oncologo
ginecologo o oncologo medico);
• radiologo;
• istopatologo;
• specialista in Infermeria clinica.
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