Il tumore alla
mammella
Il tumore della mammella si sviluppa
nelle ghiandole mammarie e generalmente
vengono identificate quattro fasi della
malattia:
• stadio 1: il tumore è di piccole
dimensioni e l’estensione del tumore è
limitata al seno (stadio iniziale);
• stadio 2: il tumore è di dimensioni
maggiori o si diffonde nelle immediate
vicinanze, ad esempio i linfonodi ascellari
(stadio iniziale);
• stadio 3: il tumore ha grandi dimensioni,
si diffonde largamente ai linfonodi
ascellari o ai tessuti sottostanti del
torace (localmente avanzato);
• stadio 4: il tumore si diffonde ad
ulteriori parti del corpo (tumore al seno
metastatico o avanzato).
Non esiste un solo tipo di carcinoma
mammario e la patologia può assumere diverse
forme, che si sviluppano con progressioni
più o meno rapide e rispondono in modo
diverso ai trattamenti. Sia la prognosi sia
il trattamento sono influenzati dallo stadio
in cui il tumore si trova al momento della
diagnosi.
Incidenza
Il tumore della mammella è la prima causa
di morte per cancro nel mondo tra le donne
al di sotto dei 55 anni ed il secondo tumore
al mondo per diffusione; il rapporto
GLOBOCAN 2008 ha rilevato circa 500.000
morti in tutto il mondo; inoltre, ogni anno
a livello globale sono diagnosticati 1
milione e 400.000 nuovi casi1. In Italia, la
diagnosi di tumore della mammella interessa
oltre 300.000 donne, con 40.000 nuovi casi
ogni anno, circa 140 ogni 100.000 abitanti,
e la malattia è responsabile di circa 11.000
decessi all’anno.
Tuttavia, da qualche anno si sta assistendo
ad un netto calo della mortalità grazie ai
progressi compiuti in campo terapeutico e
alla diffusione dei programmi di screening
per la diagnosi precoce. I controlli
periodici, ed in particolare l’avvento della
mammografia, hanno migliorato sensibilmente
i tassi di sopravvivenza.
Fattori di rischio
Anche se non è possibile indicare una
causa precisa del tumore alla mammella,
l’osservazione delle caratteristiche
epidemiologiche della malattia ha permesso
di identificare una serie di fattori di
rischio:
• l’età, come dimostra il fatto che la
maggior parte dei tumori (78% dei casi) è
diagnosticata in donne di almeno 50 anni;
• la familiarità è un altro fattore di
rischio accertato. La figlia, la sorella o
la madre di una persona che abbia sviluppato
un tumore alla mammella presentano una
probabilità di ammalarsi più alta rispetto
alla popolazione generale. Questa
predisposizione non va confusa con
l’ereditarietà, che interessa un numero
molto limitato di casi;
• l’obesità e comunque uno stile di vita con
alto consumo di alcol e alimentazione ricca
di grassi;
• i contraccettivi orali e la terapia
ormonale sostitutiva sono fattori che
sembrano aumentare il rischio di sviluppare
il tumore;
• l’inizio precoce del ciclo mestruale e
relativo ritardo della menopausa sono da
considerarsi altri fattori predisponenti;
• l’esposizione a radiazioni ionizzanti
(radioterapia eseguita nell’area toracica).
Il tumore HER2 positivo
Tra i vari tipi di tumore alla mammella
che una donna può sviluppare, una forma
molto temuta è quella HER2 positiva perché
tra le forme più aggressive.
L’HER2 (Human Epidermal Growth Factor
Receptor 2) è un recettore presente sulla
membrana di molte cellule che in situazioni
normali ne regola la crescita e la
proliferazione. Quando il gene HER2 viene
sovraespresso, il numero dei recettori
aumenta in modo anomalo provocando una
crescita cellulare incontrollata o maligna.
Epidemiologia
Circa il 20–30% di tutti i tumori al seno
sovraesprime, ha cioè una presenza eccessiva
del recettore HER2 o ha un’amplificazione
del gene HER2 che generalmente si verifica
nelle prime fasi della malattia. Studi
clinici hanno dimostrato che i tumori HER2
positivi presentano caratteristiche
differenti dagli altri tumori mammari:
• una progressione più rapida della
malattia;
• un’età di insorgenza più precoce (sono
colpite in larga misura anche le donne in
età fertile tra i 30 ed i 45 anni);
• una risposta ai trattamenti chemioterapici
differente;
• in generale, una prognosi sfavorevole.
Diagnosi
Oggi le donne con tumore al seno hanno la
possibilità di sottoporsi a test specifici,
in grado di identificare precocemente la
sovraespressione dell’HER2, fin dal momento
della diagnosi, e conseguentemente
indirizzare le terapie.
Per determinare se il tumore è HER2 positivo
o negativo si preleva una piccola parte del
tumore, che viene fatta analizzare in
laboratorio: se il test risulta positivo
vuol dire che sono stati riscontrati sulle
cellule tumorali più recettori HER2. Secondo
le linee guida dell’ASCO (American Society
of Clinical Oncology), il test HER2 deve
essere effettuato su tutti i tumori mammari.
La positività del test fornisce al medico
l’indicazione a terapie mirate2 come
trastuzumab, anticorpo monoclonale,
indirizzato in modo specifico contro questo
bersaglio tumorale3, oggi in fase di
sviluppo anche nella formulazione
sottocutanea.
In un futuro ormai prossimo, inoltre, le
pazienti con tumor.e al seno HER2 positivo
in fase avanzata potranno giovarsi di
terapie sempre più efficaci, come pertuzumab
in associazione a trastuzumab e
chemioterapia, e trastuzumab emtansine
(T-DM1).
Cellula sana:
Cellula con
iperespressione di HER2:
Percorso terapeutico
Il trattamento del tumore al seno prevede
oggi protocolli terapeutici che consentono
di personalizzare la terapia e di ottenere
risultati sempre più mirati e duraturi. Fino
agli Anni ‘60 l’unica terapia era la
mastectomia radicale, un’operazione che
comprendeva l’asportazione della mammella,
dei muscoli del piccolo e grande pettorale e
dei linfonodi.
Una diagnosi precoce e screening
periodico sono le armi più efficaci per
combattere il tumore, uniti all’approccio
integrato alla malattia: chirurgia,
radioterapia e chemioterapia opportunamente
utilizzate permettono di guarire un numero
crescente di pazienti limitando gli effetti
collaterali e garantendo una buona qualità
di vita.
Le attuali opzioni
terapeutiche
• Terapia primaria sistemica (neo-adiuvante):
a seconda del tipo, della diffusione e della
grandezza del tumore alla diagnosi iniziale,
può essere utilizzata per ridurre la
grandezza del tumore prima dell’intervento
chirurgico di rimozione.
• Chirurgia: il tipo di intervento
chirurgico effettuato dipende dallo stadio
della patologia, dal tipo di tumore,
dall’età e dallo stato di salute generale
della paziente oltre che dalla scelta del
chirurgo e della paziente stessa.
• Terapie post-chirurgiche: di solito
l’intervento è accompagnato da terapie
adiuvanti (post-operatorie) come
radioterapia, terapia ormonale o
chemioterapia per contribuire a migliorare
le possibilità di sopravvivenza della
paziente:
• la radioterapia espone il tumore a raggi X
ad alta energia che distruggono le cellule
tumorali ed è utilizzata come terapia
post-operatoria per distruggere le cellule
tumorali residue circostanti il sito
originario del tumore;
• l’ormonoterapia consiste in un trattamento
che blocca l’effetto di accrescimento del
tumore dovuto agli ormoni femminili
estrogeni. Gli anti-estrogeni sono usati sia
come trattamento post-operatorio sia per le
donne con tumore metastatico;
• la chemioterapia è utilizzata sia negli
stadi iniziali sia in quelli avanzati.
Oggi il percorso terapeutico tradizionale (diagnosi-chirurgia-trattamento)
si è modificato grazie all’evoluzione delle
tecniche chirurgiche, dei trattamenti di
chemioterapia, radioterapia e ormonoterapia
e all’avvento delle nuove terapie con gli
anticorpi monoclonali, farmaci rivoluzionari
in grado di colpire con precisione le
cellule malate, senza danneggiare quelle
sane.
In questo contesto, la sinergia tra patologo
(che è responsabile della determinazione
delle caratteristiche biologiche della
neoplasia) e oncologo è diventata
indispensabile.
Sempre di più le scelte terapeutiche si
basano sulle caratteristiche biologiche del
tumore, soprattutto quelle che consentono di
prevedere la maggiore o minore sensibilità
della neoplasia a schemi terapeutici basati
su farmaci ad attività endocrina, su
chemioterapici o su farmaci “mirati”, quali
il trastuzumab, che ha mostrato un’efficacia
senza precedenti nel trattamento del tumore
al seno.
Cos’è trastuzumab?
Trastuzumab è un anticorpo monoclonale
studiato per individuare e bloccare le
funzioni del recettore HER2 (Human Epidermal
growth factor Receptor 2)4. È il primo
anticorpo monoclonale utilizzato per il
tumore della mammella; approvato dall’Unione
Europea nel 2000, è disponibile in oltre 100
Paesi in tutto il mondo.
Trastuzumab ha dimostrato un’efficacia
significativa nel trattamento del tumore sia
metastatico sia in fase iniziale. Utilizzato
sia in monoterapia sia in combinazione o
dopo chemioterapia standard, ha mostrato un
aumento delle percentuali di risposta, della
sopravvivenza libera da malattia, della
sopravvivenza globale e della qualità della
vita delle donne con tumore al seno HER2
positivo5-11.
Inoltre, questo farmaco si è dimostrato
efficace nel trattamento delle donne in
menopausa con tumore metastatico positivo
sia al recettore HER2 sia a quello ormonale,
se usato in combinazione con gli inibitori
dell’aromatasi12. Trastuzumab si somministra
attualmente con infusione lenta endovenosa.
I trattamenti in fase
di sperimentazione
L’attenzione crescente alla qualità della
vita delle pazienti con tumore al seno
costituisce un aspetto sempre più importante
che guida la ricerca scientifica
nell’individuazione non solo di molecole più
potenti e meglio tollerate, ma anche di
formulazioni più agevoli e meno impegnative
di farmaci di consolidata efficacia, come
nel caso della somministrazione sottocutanea
di trastuzumab, che a parità di efficacia
rispetto alla formulazione endovenosa riduce
il tempo di somministrazione e dunque di
permanenza delle pazienti all’interno delle
strutture ospedaliere, un fattore
indubbiamente stressante per le donne in
terapia.
Secondo le evidenze scientifiche dello
studio di Fase III, HannaH13, che ha
coinvolto 596 donne con tumore al seno HER2
positivo in fase iniziale, la formulazione
di trastuzumab sottocutaneo è in grado di
ridurre il tempo di somministrazione a 5
minuti, rispetto ai 90 (prima infusione) e
30 minuti (somministrazioni successive)
necessari con l’attuale somministrazione
endovenosa.
Lo studio HannaH ha inoltre dimostrato
che con la somministrazione sottocutanea si
ottengono concentrazioni medie di
trastuzumab nel sangue (dati di
farmacocinetica, PK) paragonabili a quelle
della formulazione per via endovenosa.
Il profilo di sicurezza globale in entrambi
i bracci dello studio HannaH è stato in
linea con quello previsto per il trattamento
con trastuzumab e chemioterapia standard in
questa indicazione. Sulla base dei dati
dello studio, Roche ha presentato la domanda
di estensione di indicazione all'Agenzia
Europea del Farmaco (EMA) per il trattamento
del carcinoma mammario HER2-positivo.
Alla luce delle evidenze scientifiche
dimostrate, a breve saranno disponibili
anche due nuove efficaci opzioni
terapeutiche per le pazienti affette da
tumore HER2 positivo in fase avanzata, che
rispondono in modo efficace all’esigenza di
una medicina sempre più personalizzata:
• pertuzumab, un inibitore della
dimerizzazione di HER2 in grado di impedire
al recettore HER2 di accoppiarsi ad altri
recettori, di inibire la crescita cellulare
e di indurre la morte delle cellule
tumorali;
• trastuzumab-emtansine (T-DM1), un
anticorpo farmaco-coniugato in fase
sperimentale, composto dall'anticorpo
monoclonale trastuzumab e dall'agente
chemioterapico DM1 uniti con un linker
stabile, che inibisce la via di segnalazione
cellulare HER2 e trasporta il farmaco
chemioterapico direttamente all'interno
delle cellule tumorali che iperesprimono il
recettore HER2.
Nello Studio Registrativo CLEOPATRA14,
randomizzato, in doppio cieco, controllato
con placebo, le 808 pazienti trattate con
pertuzumab in associazione a trastuzumab e
chemioterapia, hanno mostrato una
sopravvivenza libera da progressione di
malattia significativamente superiore
rispetto alle pazienti trattate solo con
trastuzumab e chemioterapia.
Lo Studio Registrativo EMILIA15 randomizzato
di Fase III, che confronta trastuzumab
emtansine (T-DM1) con lapatinib e
capecitabina in pazienti la cui malattia è
progredita dopo aver ricevuto la
chemioterapia a base di trastuzumab e taxano,
ha dimostrato che le persone che ricevono
trastuzumab emtansine vivono notevolmente
più a lungo senza progressione della
malattia.
Note
1. Ferlay J., Shin H.R.,
Bray F., Forman D., Mathers C. and Parkin
D.M. GLOBOCAN 2008, Cancer Incidence and
Mortality Worldwide: IARC Cancer Base No. 10
[Internet]. Lyon, France: International
Agency for Research on Cancer; 2010.
Available from: http://globocan.iarc.fr |
2. Allred D.C., Swanson P.E. Testing for
erbB-2 by immunohistochemistry in breast
cancer. Am J Clin Pathol 2000, 113:171-427. |
3. Leyland-Jones B. Maximising response to
Herceptin therapy through optimal use and
selection. Anticancer drugs 2001, 12(suppl.
4):S11-7. |
4. Carter P., Presta L., Gorman C.M.,
Ridgway J.B., et al. Humanization of an
anti-p185HER2 antibody for human cancer
therapy. Proc Natl Acad Sci USA 1992,
89:4285-4289. |
5. Smith I.E. Efficacy and safety of
Herceptin in women with metastatic breast
cancer: results from pivotal clinical
studies. Anti-Cancer Drugs 2001,12 (suppl
4):S3-S10. |
6. Cobleigh M.A., Vogel C.L., Tripathy D.,
et al. Multinational study of the efficacy
and safety of humanized anti-HER2 monoclonal
antibody in women who have
HER2-overexpressing metastatic breast cancer
that has progressed after chemotherapy for
metastatic disease. J Clin Oncol 1999,
17:2639-2648. |
7. Vogel C., Melody A., Cobleigh M., et al.
Efficacy and safety of trastuzumab as a
single agent in first-line treatment of
HER2-overexpressing metastatic breast cancer.
J Clin Oncol 2002, 20:719-726. |
8. Osoba D., Slamon D.J., Burchmore M., et
al. Effects on quality of life of combined
trastuzumab and chemotherapy in women with
metastatic breast cancer. J Clin Oncol 2002,
20:3106-3113. |
9. Romond E., Perez E., et al. Trastuzumab
plus Adjuvant Chemotherapy for Operable HER2
Positive Breast Cancer. New England Journal
of Medicine 2005, 353:1673-1684.
|
10. Piccart-Gebhart M., Procter M.
Leyland-Jones B., et al. A Randomized Trial
of Trastuzumab Following Adjuvant
Chemotherapy in Women with HER2 Positive
Breast cancer. New England Journal of
Medicine 2005, 353:1659-1672. |
11. Slamon D., Eiermann W., Robert N., et
al. BCIRG 006: 2nd interim analysis phase
III randomised trial comparing doxorubicin
and cyclophosphamide followed by docetaxel
(AC→T) with doxorubicin and cyclophosphamide
followed by docetaxel and trastuzumab (AC ®
TH) with docetaxel, carboplatin and
trastuzumab (TCH) in HER2neu positive early
breast cancer patients. Abstract # 52, San
Antonio Breast Cancer Symposium 2006. |
12. Kaufman, B. Trastuzumab plus anastrozole
prolongs progression-free survival in
postmenopausal women with HER2 positive,
hormone-dependent metastatic breast cancer (MBC).
Abstract # LBA2, European Society for
Medical Oncology (ESMO) Congress 2006.
|
13. Ismael G., Hegg R., Muehlbauer S.,
Heinzmann D., Lum B., Kim S.B., Pienkowski
T., Lichitser M., Semiglazov V., Meichar B.,
Jackisch C. Subcutaneous versus intravenous
administration of (neo)adjuvant trastuzumab
in patients with HER2-positive, clinical
stage I-III breast cancer (HannaH study): a
phase 3, open-label, multicentre, randomised
trial. Lancet Oncology 2012, Sep. 13(9):
869-878. doi: 10.1016/S1470-2045(12)70329-7.
Epub 2012 Aug 9. |
14. Baselga J., Swain M.S. CLEOPATRA: A
Phase III Evaluation of Pertuzumab and
Trastuzumab for HER2-Poisite Metastatic
Breast Cancer. Clinical Breast Cancer 2010,
10(6): 489-491. |
15. Verma S, Miles D, Gianni L, et al.
Trastuzumab emtansine for HER2-positive
advanced breast cancer. N Engl J Med. 2012
Nov 8;367(19):1783-91 |
RITORNA
ARCHIVIO SEZIONI
|