Per manifestare la sua gioia e la sua gratitudine,
il popolo si reca devotamente nei luoghi santificati
dalla presenza dell'eroica Figlia del conte
Sinibaldo. Dinanzi all'angusto foro che introduce
alla grotta della Quisquina sostano pellegrini in
preghiera; mossi poi dal desiderio di conoscere più
a fondo il mistero di quella vita singolare
allargano la piccola apertura. Scavando si vide,
scolpito nel sasso da S. Rosalia, il suo testamento:
« Io Rosalia, figlia di Sinibaldo, padrone della
Quisquina e delle Rose, per amore del Signor mio
Gesù Cristo stabilii di abitare in questa grotta ».
Anche se le cronache sono avare nel darci ragguagli
su questa mirabile Giovinetta, eternato nella
pietra, c'era un programma che eloquentemente
descriveva e sintetizzava una vita di alta
perfezione.
Era la figlia di un principe che aveva avuta la
forza di strapparsi a tutte le illusioni del mondo,
per alimentare in sè la Carità Divina in una
dedizione totale, nascondendo la grazia dei giovani
anni, la nobiltà della stirpe e la bellezza della
persona nella solitudine di una remota spelonca.
Rosalia aveva dunque percorsa l'ardua via della
santità e ne aveva raggiunti, con la grazia di Dio,
i vertici più alti.
Tutti erano lieti nella città di Palermo per la
visibile protezione della « Santuzza »; ma più di
tutti esultava il Cardinale Doria, il quale diede
disposizioni per l'inizio di un magnifico altare da
erigersi nella Cattedrale. Raccolti poi tutti gli
atti e i documenti riguardanti il laborioso processo
per l'invenzione delle Reliquie della Santa, li
inviò al Sommo Pontefice allora regnante, che era
Urbano YIII. A Roma si stava lavorando alla ristampa
del martirologio, libro che raccoglie l'elenco dei
principali Martiri e Santi per ogni giorno
dell'anno, ed il Papa dette ordine di sospendere la
compilazione per inserirvi il nome di S. Rosalia, al
15 Luglio, con queste parole: « A Palermo invenzione
del corpo di S. Rosalia Vergine palermitana che
sotto il Pontificato di Urbano VIII, ritrovato
miracolosamente, liberò la Sicilia dalla peste
nell'anno del giubileo >>.
Al 4 Settembre erano riportate queste parole:
« A Palermo il natale di S. Rosalia, discendente dal
sangue reale di Carlo Magno, che per amore di Cristo
abbandonò il paterno principato e la reggia e
condusse una vita angelica, eremita sui monti e
nelle grotte ».
Lo stesso Sommo Pontefice Urbano VIII ebbe in dono
dalla città di Palermo, a mezzo del Cardinale
Arcivescovo, un dente della Santa racchiuso in una
preziosa custodia. Il dono gli riuscì graditissimo,
e gradì pure l'omaggio di una fiorita ed elegante
orazione latina detta da Mons. Giovanni Roscioli di
Foligno in una accademia in onore di S. Rosalia,
tenuta il 5 Aprile del 1628, che faceva seguito ad
un'altra dell'anno precedente, presieduta dal Card.
Antonio Barberini a nome dello stesso Pontefice.
Colei che aveva scelto l'oscurità ed il
nascondimento in vita ebbe lo splendore della gloria
e degli altari dopo la morte. Chiese e Cappelle
erano state dedicate, come già dicemmo, a S. Rosalia
anche molto prima del glorioso trionfo delle sue
Reliquie; difatti la Sicilia onorava la S. Eremita
oltre che a Palermo pure a Bivona,a Ragusa e ad
Augusta.
Fuori dell'Isola in Italia il suo culto era
praticato a Salerno ed a Paola.
Avvocata potente
L'efficace protezione sperimentata contro la peste
per l'invocato patrocinio di S. Rosalia, fece sì che
a Lei si ricorresse in simili calamità anche in
altre regioni con mirabile risultato.
Sicché quando la peste fece la sua apparizione nella
cittadina di Corleone, a circa 50 chilometri da
Palermo, gli abitanti si rivolsero fiduciosi a S.
Rosalia e la peste si dileguò. Ancor oggi è venerata
colà un'insigne Reliquia donata dal Card. Doria, a
cui ci si era rivolti per ottenerla. Anche Girgenti
fu liberata dal terribile morbo per intercessione di
S. Rosalia, la cui potenza taumaturgica fu
esperimentata altresì dai romani, quando nel 1656 la
peste iniziò le sue stragi nella Città Eterna.
Era allora Sommo Pontefice il Papa Alessandro VII il
quale, senza nulla trascurare di quello che la
prudenza imponeva, senza risparmiare se stesso
scendendo per le vie, frequentando i lazzaretti ed
elargendo somme ingenti di denaro, indisse pubbliche
preghiere alla Vergine Santissima Immacolata ed alla
Santa Protettrice di Palermo.
Cessata la peste e ritornata la calma, Papa
Alessandro VII si adoperò per la diffusione del
culto dell'Immacolata rinnovando tutti i decreti
emessi a tale riguardo dai suoi Predecessori, e così
pure favorì la venerazione a S. Rosalia, disponendo
che Essa venisse rappresentata in diversi monumenti
di cui si abbellì Roma sotto il suo pontificato. Se
ben si ricorda anche a Palermo, in simile tremenda
congiuntura, le due devozioni alla Vergine
Santissima Immacolata e alla Santa Romita del Monte
Pellegrino, furono riunite ed ebbero una maggiore
conferma negli anni 1699 e 1726, quando Palermo fu
protetta dalla distruzione del terremoto. I
palermitani sembra abbiano voluto eternare questa
unione dei due culti nella Basilica di S. Francesco,
dove si trova un altare sulla cui pala un artista
geniale ha dipinto la Madonna col Bambino in
braccio, al quale S. Rosalia inginocchiata offre un
giglio.
La protezione di S. Rosalia però non fu soltanto
sperimentata nella peste e nei terremoti; ma pure in
altre calamità.
A Caccamo, cittadina nei pressi di Termini Imerese,
il ricordo di S. Rosalia è legato al fatto
miracoloso dell'improvvisa guarigione di un sordo
muto. Una donna condusse il figlioletto privo
dell'udito e della favella dinanzi all'immagine di
S. Rosalia e mentre faceva congiungere le mani al
piccino, pregava ardentemente. All'improvviso il
fanciullo dette segni di udire ed incominciò a
parlare.
A Castelvetrano poi avvenne questo fatto singolare.
Una fanciulla, certa Raffaella Dionigi, era stata
colpita da grave malattia e ricoverata all'ospedale.
Si aggiungevano alle altre pene gli atroci dolori di
un cilicio penetratole profondamente nelle carni. A
questa anima eletta apparve S. Rosalia che la
confortò, l'assicurò che le sue pene sarebbero
durate, ancora un giorno, dopo il quale avrebbe
mutato il suo giaciglio con il Paradiso.
Trasfigurata dalla gioia, la buona fanciulla narrò
agli altri degenti la sua visione, e questi
invocarono in coro la Santa perché li liberasse dai
loro mali.
Quando al domani la pia fanciulla spiccò il volo per
il Cielo, più di cento ammalati abbandonarono
guariti e contenti l'ospedale.
Oltre i confini dell'Isola
La potenza interceditrice di S. Rosalia non solo si
fece sentire a Palermo, in Sicilia e in Italia; ma
anche in diverse nazioni d'Europa.
In Ispagna, Re Filippo IV ebbe dal Senato di Palermo
due grandi Reliquie della Santa racchiuse in
preziosissimi reliquari di corallo di squisita
fattura ed allorché l'esercito spagnolo, comandato
da Giovanni d'Austria, impegnato nell'assedio di
Barcellona fu minacciato dalla peste si fece una
grandiosa processione portando in trionfo le S.
Reliquie, la peste scomparve e Barcellona fu
liberata.
La regina di Francia Anna d'Austria ricevette in
dono pure una preziosa Reliquia di S. Rosalia e la
conservò religiosamente, volendo altresì che fosse
dipinta l'immagine della Santa nel suo oratorio
privato.
Anche Cracovia ebbe a sperimentare la protezione
della S. Romita palermitana in tristi momenti in ,
cui era minacciata dalla peste, e per riconoscenza
pure colà si celebrò la festa di S.Rosalia il giorno
4 settembre e se ne diffuse la devozione facendo
stampare in lingua polacca il panegirico ed una Vita
intitolata « Una Rosa Celeste recentemente apparsa
».
A Toledo il Cardinale Portocarrero recò una Reliquia
di S. Rosalia ed ottenne dalla S. Congregazione dei
Riti, con decreto del 21 Gennaio 1679, che nella sua
Diocesi si celebrasse la festa di S. Rosalia con
rito doppio. Ugualmente l'Arcivescovo di Siviglia
Cardinale Giacomo di Palafòx e Cardona fece lavorare
un meraviglioso reliquiario a forma di statua in
argento contenente una insigne Reliquia di S.
Rosalia ottenendo anch'egli dalla S. Congregazione
dei Riti lo stesso privilegio di Toledo. Tanto in
una città che nell'altra la festa di S. Rosalia fu
celebrata il giorno 7 di Settembre, ricorrendo
secondo il calendario spagnolo, il 4 Settembre la
festa di S. Sabina, che colà si celebra molto
solennemente.
In ultimo è bene ricordare come tanto vasta fosse la
fama della potenza di S. Rosalia contro la peste
che, (a quanto riferisce un suo antico biografo, il
francescano spagnolo P. Giovanni di S. Bernardo) si
estendeva anche tra i turchi i quali, quando con i
loro vascelli passavano al largo di Palermo o
entravano nel porto, in vista del Monte Pellegrino
sparavano salve di artiglieria, volendo onorare così
la grande Taumaturga, che dal Cielo, avrà certamente
sorriso allo strano omaggio di quegli infedeli.
S.Rosalia a Pegli
Come arrivò a questa perla del golfo di Genova,
tante miglia lontano da Palermo, il culto di
S.Rosalia ?
'I1 mare è pur sempre una gran via di comunicazione,
benchè sembri a tutta prima ostile, con la sua
immensa distesa di acque.
E fu attraverso il mare, e per mezzo di uomini di
mare, che il culto della Santa Palermitana approdò
alle nostre spiagge ridenti. Sentite come.
Quando Palermo con entusiasmo andava preparando nel
1624 il trionfo alla sua « Santuzza », tra coloro
che assistettero, parteciparono e certo
collaborarono, ci furono dei marinai di Pegli.
Essi indubbiamente diedero la loro opera
all'erezione del grande arco elevato a cura dei
mercanti di Genova.
Uomini di fede, pensarono che la loro terra lontana
avrebbe avuto un singolare beneficio se avesse
potuto acquistare una tanto grande Protettrice,
sicché decisero di chiedere una Reliquia al
cardinale Doria.
Egli genovese, che conosceva molto bene Pegli per
avervi soggiornato nella magnifica villa che la sua
famiglia possedeva colà, non l'avrebbe loro
certamente negata.
Sembra di vederli, quei ruvidi uomini di mare con i
volti bruciati dal sole e sferzati dal vento,
inoltrarsi impacciati per le sale dell'Episcopio e
portarsi dinanzi al buon Arcivescovo, il cui viso si
sarà illuminato di un sorriso bonario nell'udire
Racconto della sua terra e più ancora la pia
richiesta che gli veniva fatta. In tale circostanza
Egli certo ricordò e rivide Pegli cinta
dall'amplesso azzurro del cielo e del mare, ripensò
al giardino, al lago, alla villa; alla bella
Cappelletta progettata dall'Alessi, dove aveva tante
volte sostato in preghiera. Di tutto ciò avrà
parlato affabilmente ai buoni marinai pegliesi
accondiscendendo poi di cuore al loro pio desiderio.
Arrivata a Pegli la S. Reliquia fu, con tutta
probabilità, depositata nella Chiesa Parrocchiale
dedicata ai SS. Martino e Benedetto.
Ben presto si ebbe a constatare anche qui la potente
protezione della S. Romita di Palermo.
II 1656 fu anno di lutti per tutta l'Italia, a causa
della peste che seminava stragi un poco ovunque.
Diffusasi a Napoli e a Roma, era ora venuta la volta
della Liguria. La violenza del morbo era terribile.
I morti si contavano a migliaia: Pegli, allora
piccola borgata, aveva avuto 334 vittime. Era
necessario correre ai ripari prima che la strage si
estendesse ancor più. Si aveva la possibilità di
fare appello ad una protezione Celeste; bisognava
dunque ricorrervi.
A tale scopo si salì alla Chiesa parrocchiale, si
espose alla venerazione la Reliquia di S. Rosalia,
si fecero ardenti invocazioni, unite alla promessa
di erigere un altare in onore della Santa.
La grazia fu ottenuta. Il popolo ed i nobili (tra i
quali primo fra tutti un illustre antenato di Papa
Benedetto XV, il marchese Pier Antonio Della Chiesa)
tosto costruirono l'artistico altare, ed un anno
dopo si stese un atto notarile, ad opera del notaio
Lorenzo Callerio, con il quale « LI MAGNIFICI AGENTI
E CONSIGLIO DI PEGLI ECC. ALLA PRESENZA E COL
CONSIGLIO DEL SIGNOR EUTICHIO DEFERRARI RET-TORE DI
S. MARTINO, SPONTANEAMENTE E CON ANIMO DELIBERATO,
ELEGGONO PER PATRONA PROTETTRICE DEL LORO LUOGO S.
ROSALIA VERGINE».
Entusiastica fu la riconoscenza dei pegliesi, e la
loro devozione verso la S. Patrona si radicò
profondamente nel cuore del popolo e divenne una
tradizione costante nelle famiglie.
Quante bimbe, da allora, ebbero in dono il nome
fiorito ed augurale di Rosalia! Con quanta devozione
le mamme insegnarono ai loro bimbi a congiungere le
manine dinanzi all'immancabile quadro della Santa,
perennemente illuminato dal mite chiarore della
lampada! L'immagine della soave Patrona da quel
tempo apparve sulla facciata delle case ornata di ex
- voto e di fiori, fu posta su per le scale come
vigile custode. S.Rosalia diventò la fida e pietosa
Protettrice dei marinai e dei soldati lontani, e
venne da loro invocata nei momenti difficili della
vita.
La celebrazione della sua festa il 4 Settembre
assunse, specialmente in certe epoche del passato,
espressioni tali di partecipazione e di giubilo
paragonabili ai trionfi della « Santuzza » nella sua
Palermo.
L'Immacolata S. Rosalia e un Papa
Quando la pestilenza si era abbattuta su Palermo, il
primo pensiero era stato quello di ricorrere alla
Vergine Santissima Immacolata e indubbiamente la
nostra Buona Mamma Celeste, invocata per
intercessione di S. Rosalia, non poté non concedere
generosa la sua protezione.
Come a Palermo, anche a Pegli le due devozioni
dovevano essere fortemente collegate. Infatti nel
1884, venendo incontro all'ardente desiderio ed
all'impellente necessità della popolazione,
moltiplicatasi grandemente lungo la zona costiera di
Pegli, sorse come per incanto un tempio monumentale
dedicato a S. M. Immacolata. In esso fu costruito in
onore di S. Rosalia uno dei grandi altari nel
transetto ed ivi si conserva un'insigne Reliquia
della Santa, donata dal Cardinale Alessandro Lualdi
Arcivescovo di Palermo il 13 Marzo 1910.
La popolazione della parrocchia sta ora per rendere
questo altare un magnifico monumento di riconoscenza
alla sua Protettrice, per aver Essa visibilmente
difesa la ridente cittadina dai tremendi
bombardamenti aerei e dagli altri pericoli della
recente spaventosa guerra mondiale, come già nel
1887 l'aveva scampata dal terremoto che sconquassò
la nostra Liguria.
Anche qui la festa di S. Rosalia fu celebrata con
solennità, cui aggiunse decoro e pompa la presenza
di Colui che doveva essere uno dei più grandi
pontefici di Santa Romana Chiesa, Papa Benedetto XV,
allora Mons. Giacomo Della Chiesa, legato a Pegli da
indissolubili vincoli di affetto. Egli nel 1879,
primo anno del suo Sacerdozio aveva partecipato alla
festa di Santa Rosalia nella Chiesa parrocchiale di
S. Martino tessendo il panegirico della Patrona dei
Pegliesi.
Nel 1894 pronunciò pure un bellissimo discorso
d'occasione nella Chiesa di S. M. Immacolata, da
soli quattro anni eretta in Parrocchia; anche nel
1899, celebrando il 4 Settembre la S. Messa della
Comunione Generale, parlò eloquentemente ancora
della Santa verso cui nutriva una particolare
devozione.
Sembra che S. Rosalia abbia seguito sempre il
cammino luminoso di questo insigne figlio di Genova.
Essa gli sorrise nei teneri anni dalle sue
molteplici immagini nella cittadina di Pegli, dove i
Marchesi Della Chiesa posseggono palazzo e villa;
non poteva quindi Egli non sentire, anche fatto
adulto, verso la Santa Romita del Pellegrino, una
dolce e potente attrazione. Si conservano diversi
documenti dai quali risulta come il grande
Pontefice, che ingiustamente qualcuno volle
classificare come un Papa politico, e quindi forse
meno devoto di altri, nutrisse una calda venerazione
per la Protettrice di Pegli. In numerose lettere che
si conservano nell'Archivio parrocchiale di S. M.
Immacolata, affiora un costante riferimento a
preghiera da farsi alla Santa per il buon andamento
delle cose.
Nel suo giubileo sacerdotale nel 1903, i Pegliesi
non trovarono dono più significativo che una placca
d'argento raffigurante S. Rosalia. L'offerta fu
oltremodo gradita ed andò ad ornare la sua cappella
privata.
Allorché era Arcivescovo di Bologna, Mons. Della
Chiesa si rallegrava di poter recitare l'Ufficio
proprio di S. Rosalia secondo il calendario di
quella Diocesi, perdonando in causa di ciò, le molte
deficienze riscontrate in quel breviario.
Era stato stabilito che Egli avrebbe partecipato
nella Chiesa dell'Immacolata alla festa patronale
del 4 Settembre 1914; ma ognuno sa quello che
avvenne il 3 Settembre di quell'anno.
Stava scritto nei disegni imperscrutabili di Dio che
il Cardinale Giacomo Della Chiesa sarebbe diventato
il Papa Benedetto XV. Ed il nome della Santa
Protettrice del nuovo Pontefice echeggiò nella
severa sala del conclave quando il Card. Lualdi,
Arcivescovo di Palermo, si presentò per primo a
rendere omaggio al nuovo Eletto, il quale esclamò:.
« O Eminenza, come sono lieto che siano i primi
Vespri di S. Rosalia! Sotto gli auspici della cara
Santa io sono nato, di Lei ho recitato due
panegirici a Pegli, sotto il suo patrocinio assumo
il governo della chiesa! Mandi a tutti i suoi
diocesani la mia benedizione nel nome di S. Rosalia
».
Così il nostro Papa genovese dimostrò quanta fiducia
e quanto amore avesse verso la Santa, che Egli aveva
pregato fin dall'infanzia nell'incanto della
cittadina di Pegli.
Gloria che non tramonta
Dal giorno in cui la Santa Romita del Monte
Pellegrino reclinò come pallido giglio nella pace
del riposo eterno, ebbe inizio per Essa non soltanto
la vita gloriosa in Cielo, ma pure sulla terra una
nuova vita di rinomanza e di prodigi. Colei che si
era allontanata dal mondo e sembrava averlo voluto
dimenticare, ritornava in mezzo agli uomini portando
ad essi il tesoro del suo esempio e della sua
protezione. Divenne da allora la compagna e la
confidente di tutti, entrò nelle famiglie,
presiedette alle nozze ad alle nascite; il suo nome
fu invocato nei momenti più penosi e difficili e fu
associato alle liete venture domestiche.
Palermo che aveva biasimata la figlia di Sinibaldo,
la principessina allontanatasi dal mondo per una
inspiegabile follia, ora che la follia era risultata
santità, voleva unire la sua vita con la folle di un
tempo.
È sempre così. Il mondo disprezza i Santi, ma sa di
non poterne fare a meno; e sarebbe l'ultimo giorno
della tragedia umana quello in cui la terra non
ospitasse nessun Santo.
Un gentile poeta esclamava, a proposito del grande
eremita e Patriarca di monaci S. Benedetto:
famosa età! fra l'oro e l'adulterio
spasima e si trastulla;
ma sale a celebrar le centenarie
feste alla vostra culla.
Manni
S. Rosalia fu, è, e sarà più che mai onorata, e
Palermo, con la fastosa solennità delle sue
celebrazioni sembra voler ripagare adesso che la
tentazione per la Santa è resa innocua, lo sfarzo
che Essa aveva decisamente disprezzato in vita.
In due tempi, nel corso dell'anno, Rosalia ha in
Palermo un plebiscito di affetto più vivo. Nel
luglio, ricordando il ritrovamento dei suoi preziosi
Resti mortali, e in settembre il giorno della sua
nascita alla vita immortale.
La partecipazione della città alla festa del Luglio
è totale. Vie, piazze, palazzi acquistano un tremito
di giocondità, in grazia dei festoni e baldacchini
multicolori che pendono, s'incrociano, ondeggiano
ovunque. Laddove mancano i drappi costosi, nei rioni
popolari, la « Santuzza » appare, tra le luminose
gocciole d'oro dei ceri, sopra altari improvvisati.
S'iniziano i festeggiamenti il primo giorno con le
regate. Poiché alla Santa si vuoi dare anche
l'omaggio del mare. Di quel bel mare azzurro
guardando al quale dall'alto, la Romita del Monte
Pellegrino avrà sicuramente e con frequenza meditato
la grandezza e l'immensità di Dio.
Ali bianche di vele volano sulla distesa dell'onde
fiorite di spuma. A sera una sinfonia di luci sembra
sbocciare d'incanto sulla terra, e formare la
miracolosa fioritura di un favoloso irreale
giardino.
Il secondo giorno delle feste è consacrato
all'omaggio delle Autorità civili e militari alla S.
Patrona. Nei pittoreschi costumi del passato i
valletti del Comune accompagnano i rappresentanti
della Patria che, uniti alla folla stipata nel
Tempio, si inchinano riverenti e compunti davanti
alla statua della Grande Protettrice. Quindi il
popolo si riversa nelle vie, sfocia nelle piazze
rumoroso e festante.
Al terzo giorno, 15 Luglio, ha luogo la solenne
processione. Un maestoso carro trionfale a forma di
torre conica tutta popolata di statue, che sembrano
far scorta d'onore a quella della Santa troneggiante
sulla vetta, passa attraverso le vie della città tra
il rombo delle campane che cantano a piena voce da
tutte le torri, il suono di bande musicali, di
orchestre e di cornamuse scaglionate lungo il
percorso, e le acclamazioni di una folla esuberante
che tocca i più alti vertici dell'entusiasmo.
Nel giorno della festa tutti debbono gioire ed anche
i poveri, i prediletti di Gesù, coloro alla cui
schiera volle di proposito appartenere la Santa,
sono invitati ad un pranzo a cui partecipano
l'Arcivescovo e le Autorità. S. Rosalia accetterà le
festanti manifestazioni dei suoi concittadini; ma
proverà compiacenza certo maggiore nel vedere
beneficati i suoi più cari amici, i poverelli.
Un poeta ed una regina
Fu forse una segreta attrattiva dovuta alla lontana
origine nordica, comune con S. Rosalia, che attrasse
uno dei più grandi poeti del settentrione verso la
Grotta del Monte Pellegrino? Non saprei, ma il fatto
è che Wolfango Goethe, partito da Carlsbad il 3
Settembre 1786, attraversò la nostra incantevole
Penisola sostando, come era naturale e giusto, a
Roma parecchi mesi.
Da lì raggiunse Napoli, da cui poi veleggiò alla
volta di quella Conca d'Oro fragrante di aranceti
ove, bella al pari della città partenopea, si adagia
Palermo.
Recarsi a Palermo e non visitare il Monte Pellegrino
è un po' come andare a Roma e non vedere il Papa.
Non so se il poeta teutonico durante il suo
soggiorno a Roma abbia visto il Papa, ad ogni modo
non certamente in udienza privata; ma sul monte
Pellegrino ci andò e fu commosso profondamente nel
suo animo di artista.
Ecco come ne parla: «Attraverso le aperture di un gran cancello di
ottone a fogliame vidi sotto l'altare luccicar delle
lampade; m'inginocchiai proprio accosto e guardai
per gli spiragli. Dentro c'era ancora una graticola
fatta di fili di ottone intrecciati fra di loro, in
modo che l'oggetto quivi racchiuso appariva come
attraverso ad un velo. Al chiarore di alcune quiete
lampade mi apparve una bellissima fanciulla. Giaceva
come rapita in una specie di estasi. Col capo
mollemente reclinato nella mano destra adorna di
numerosi anelli. Non potevo saziarmi di contemplare
quella figura da cui mi pareva emanasse un fascino
del tutto singolare. La veste fatta di lamina
dorata, simulava alla perfezione un ricco broccato
d'oro. La testa e le mani di marmo bianco erano non
dirò di uno stile eccellente, ma pure lavorate cosi
al naturale e con tal garbo da credere che ella
dovesse respirare e fosse lì lì per muoversi. Le
stava accanto un angioletto che sembrava ventilarla
con uno stelo di giglio. Frattanto i Sacerdoti erano
entrati nello speco, s'eran seduti nei loro stalli e
cantavano i vespri. Io mi sedetti su di una panca e
mi posi alcun tempo ad ascoltarli; quindi mi recai
di nuovo all'altare, m'inginocchiai un'altra volta e
cercai di scrutare ancora meglio la dolce immagine
della Santa. Totalmente mi abbandonai
all'affascinante visione della figura e del luogo.
Il canto dei Sacerdoti svaniva ormai sotto le volte
della Grotta, l'acqua scolava raccolta nel bacino
accanto all'altare e le rupi sporgenti dell'atrio, e
altresì quelle della navata, chiudevano ancor meglio
la scena. Un gran silenzio regnava in questo luogo
deserto che ora pareva restituito alla morte, una
gran lindura era in questa grotta selvaggia.
L'esterno splendore del culto cattolico, e
specialmente siciliano, appariva qui in tutta la sua
naturale ingenuità. L'illusione che produceva la
figura della bella addormentata era piena d'incanto,
anche per un occhio esercitato; insomma, io non
potei staccarmi che a fatica da questo luogo e
ritornai a Palermo solo ed a notte inoltrata».
Se il fascino che emanava dall'umile Grotta della
Santa Palermitana riuscì a strappare al poeta
protestante e scettico accenti così ammirati, e lo
trattenne fino a tarda ora lassù, ci vien voglia di
pensare che forse per intercessione di S. Rosalia
qualche strale della Grazia Divina gli si sarà
insinuato nell'animo, lasciandovi la sua benefica
traccia.
Una regina, una delle poche tra questa classe di
persone che dei gradini del trono han fatto scala
alla santità, la B. Cristina di Savoia, pellegrinò
anch'essa alla Grotta santificata dall'austerità di
una figlia di principi e parente di re.
La piissima sposa di Ferdinando sovrano delle due
Sicilie, arrivò a Palermo il 19 Giugno 1834:
preceduta dalla fama della sua virtù, ed appena
entratavi prese contatto con la « Santuzza » sulla
porta della Cattedrale, allorché le fu presentato al
bacio l'urna racchiudente le sue Reliquie. Per
rendere l'omaggio più consentaneo alla sua
devozione, la regina volle altresì recarsi ove
l'eroica Fanciulla si era rifugiata per
santificarsi. Giuntavi s'inginocchiò dinanzi alla
Grotta e pregò, come sempre fervente e raccolta,
forse avvertendo in cuore un profondo desiderio di
quella pace che aveva allietato i giorni solitari di
Rosalia, perché tutte le grandi anime si
assomigliano nelle loro aspirazioni.
Al suo ritorno nelle prime ombre della sera, sciami
di contadini fecero ala al corteo, e con fiaccole
accese scortarono fino a Palermo la loro regina.
Rose e gigli
Un giardino aulente di rose e di gigli è pur sempre
una meraviglia.
Boccioli purpurei, bianchi gialli-oro teneramente
rosati, sul verde cupo delle foglie; aiuole di
gigli, immacolati calici protesi nel desio del sole;
profumo soave che rapisce: ecco l'incanto dell'anima
di S. Rosalia. . Ardore di rose fiammeggianti di
puro amore divino, candore di gigli d'inviolata
purezza; e gigli e rose con irti gli steli delle
spine delle penitenze, volute dalla fedele Sposa di
Gesù Crocefisso. Forse mai come in questa eletta
creatura il nome convenne alla vita.
Qualcuno dirà: « Giardino stupendo sì, ma troppo
lontano e posto in regioni inaccessibili ai poveri
mortali ».
Eppure se Iddio fa sbocciare sulla terra queste
abbaglianti fioriture, è per dimostrare possibile a
noi l'attuazione dell'arduo comando «siate perfetti» uscito dalle labbra Divine di Gesù.
Dovremo dunque fuggire dal mondo e ridurci a vivere
lontano dall'umano consorzio ?
No, ma il gesto con il quale S. Rosalia abbandona la
corte con le sue vanità e fiduciosamente si riduce a
vivere nel deserto, dimostra quanto eccessive siano
le cure terrene che tanto ci assillano.
Una grotta, una fonte, un pane ricevuto per amore di
Dio permettono a Rosalia di sostentarsi molti anni.
Confessiamo allora che noi la vita l'abbiamo
terribilmente complicata con troppe superfluità.
Se ne accorse pure il vecchio Diogene che buttò via
la ciotola, ultima suppellettile che gli era
rimasta, quando constatò che avrebbe potuto farne a
meno. Ma quello che nello sdegnoso filosofo era
frutto forse di raffinata superbia e gusto di
eccentricità, fu in Rosalia il legittimo desiderio
di quella liberazione necessaria per potersi
librare, sciolta e lieve, verso il suo ideale di
perfezione.
Essa ci rende persuasi, privandosi di tutto, che noi
potremmo rinunziare a molto, e che è affatto
ingiustificata la eccessiva preoccupazione per la
nostra vita terrena, quando dovremmo avere
un'incrollabile fiducia nel nostro Padre che sta nei
Cieli, il quale, per mezzo del suo Divin Figliolo ci
ammonì « Cercate prima il Regno di Dio e la sua
giustizia e tutto il resto vi sarà dato per
soprappiù ».
In tante cose che si presentano anche necessarie
alla vita, sta poi annidata una grave insidia
d'insoddisfazione e di fatali illusioni.
L'affidarsi alle ricchezze, alla gioia dei sensi,
all'orgoglio è sommamente pericoloso e dannoso,
perché ci conduce inesorabilmente ad affondarci
nella viscida palude dell'impurità. E rose e gigli
non sbocciano davvero nei pantani!
Abbiamo bisogno assoluto di aria pura, di sole, di
azzurro per vivere e fiorire in Dio.
La figlia del conte Sinibaldo seppe respirare le
aure pure del Vangelo, s'inebriò del Sole Divino,
cercò avidamente l'azzurrità dei cieli, per non
essere sedotta dai miraggi ingannevoli della terra.
Il suo esempio ha valore d'invito per tutti noi, e
la piccola Romita sembra ammonire le generazioni
umane:
« In alto i cuori! Siate come il giglio che dalla
terra si slancia agile e bello a conquistare
l'azzurro ed apre il suo calice immacolato a bere il
sole; siate come rose fiammeggianti d'amore
sbocciate sugli spinosi steli del sacrificio, e
sarete felici! ».
L'invito è troppo bello per non essere accolto; ma
aiutaci Tu, o Vergine Romita, che ci appari nella
lucentezza nimbate del Tuo siculo cielo
inghirlandata di gigli e di rose e sembri,
paradisiaca visione, librarti sopra il profumato
giardino degli aranceti in fiore!
Quanto è triste la squallida palude, in cui
penosamente avanziamo, tra le esalazioni
pestilenziali dell'egoismo e del vizio!
Ma come il profumo soave delle Tue mirabili virtù
vinse il morbo crudele che uccideva i corpi così o
Santa, vinca ancora la fetida peste che uccide le
anime.
Allora, come nei tepidi tramonti della Tua isola
luminosa sale in una fulgida gloria di azzurro e di
porpora, quale da un magico incensiere, l'olezzo
degli aranceti, così da questa nostra terra fatta
mistico giardino, benignamente sorriso dall'Eterno
Sole, salga il profumar gentile di purità e di
amore, preludio e promessa di Paradiso.