Il
volume delle edizioni Arbor
da dove è stato tratto
il testo seguente
La Riserva
di Monte Pellegrino
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sito PalermoWeb]
Singolari sono gli aspetti di macchia con
Euphorbia
dendroides che include la maggior parte delle specie caratteristiche della macchia
mediterranea.
Sono state catalogate 134 grotte di interesse speleologico, paleontologico e
paletnologico.
Montepellegrino è anche un'arca di notevole
interesse ornitologico per lo studio delle
migrazioni e per la presenza di specie svernanti come la Pispola, la
Passera scopaiola e
molte specie nidificanti nella macchia fra cui la Sterpazzolina.
Fra le riserve della provincia di Palermo quella di Monte Pellegrino è
certamente la più facilmente fruibile. Diverse sono le vie di accesso all'area protetta
sia in auto (via Regina Margherita e via Bonanno) che a piedi (Valle del Porco, Favorita,
Scala Vecchia, Piazza Cascino). Inoltre l'ente gestore, assieme all'Amministrazione
provinciale, ha realizzato due nuovi sentieri che permettono di raggiungere luoghi di
suggestiva bellezza. Ambedue si dipartono dalle scuderie reali. Il primo, molto facile,
percorribile senza difficoltà anche da anziani e bambini, si snoda per 3,5 km quasi a
ridosso del monte, dal lato della Favorita. L'altro, lungo 1,5 km, difficile perché tutto
in salita, attraversa lo splendido Vallone del Porco sino a raggiungere il Santuario di
Santa Rosalia. Va anche segnalato un altro sentiero, di carattere prevalentemente
archeologico, certamente non meno interessante.
Oltre che per gli aspetti paesaggistici e la presenza di piante ed
animali di particolare interesse, come vedremo in seguito, questambiente, per la sua
particolare morfologia e la, vicinanza alla città, vanta numerosi riconoscimenti
internazionali in campo speleologico e alpinistico. Decine di gruppi di rocciatori,
speleologi e semplici escursionisti, approfittando della mitezza del clima, non perdono
occasione per effettuare escursioni, visite delle grotte o arrampicato in parete.
Meta di letterati e naturalisti, Monte Pellegrino e il Parco della
Favorita vantano radici, tradizioni ed interessi scientifici antichissimi. Basta un
semplice sguardo alle numerose carte topografiche storiche ed alle pubblicazioni di
insigni studiosi (Giacomo Cascino, 1651; Marchese di Villabianca, 1750; Abate
Scinà,
1818; Carlo De Stefani, 1920) per rendersi conto di come lo stesso nome del Monte sia
stato oggetto di discussione. Epiercta, Erkte, Erta e poi Peregrinus,
Pelerino,
Pellegrinu sono alcuni dei nomi cui si riferiscono molti storici per indicare il
Monte.
L'elemento più caratteristico, legato al Monte, è sicuramente il
Santuario dedicato a Rosalia Sinibaldi, secondo la leggenda nobile discendente di Carlo
Magno, morta da eremita il 4 settembre 1160 all'età di 33 anni. Come è noto, qui furono
rinvenute le ossa della santa nel 1624; il loro trasporto in città avrebbe fatto cessare
la terribile pestilenza che affliggeva la popolazione e da allora la "Santuzza",
come la chiamano i palermitani, divenne la patrona della città.
L'idea di realizzare in
quest'area un grande parco nacque alla fine del
XVIII sec., quando Ferdinando 111 di Borbone, con un editto reale, espropriò 400 ettari
comprendenti parte del Monte, della Favorita ed i pantani di Mondello. Il modello di parco
di quell'epoca non era certo uguale e neppure simile a quello di oggi. Le finalità di
tale intervento, infatti, non erano indirizzate alla salvaguardia della natura, ma alla
sperimentazione agricola e alla realizzazione di una riserva di caccia. Cominciò, quindi,
ad essere modificato l'assetto vegetazionale esistente nel Parco della Favorita con
l'impianto di colture arboree ed arbustive e frammentari nuclei di bosco di tipo
mediterraneo, che ancora oggi ritroviamo in piccoli e degradati lembi.
Prima di allora l'aspetto di Monte Pellegrino venne descritto da
Wolfgang Goethe nel 1787, il quale in alcune pagine del suo "Viaggio in Italia",
oltre a definire il Monte come "Il più bel promontorio del mondo", rileva come:
"Le sue rocce sono completamente nude, né alberi né cespugli vi crescono; appena
coperte d'erbetta e di muschio sono le poche parti pianeggianti".
Monte Pellegrino, infatti, che in epoca storica doveva essere verosimilmente
caratterizzato in larga misura dalla macchia e dalla foresta mediterranea, nel corso dei
secoli è stato privato della sua vegetazione legnosa e così, spoglio e brullo, si
è mantenuto fino agli inizi di questo secolo.
Oggi il Monte si presenta con una diversa copertura vegetale, essendo rivestito da un
diffuso e talora discontinuo manto arboreo, in massima parte costituito da elementi
estranei alla naturale flora locale.
L'epoca dei primi interventi di rimboschimento risale alla fine del 1800, quando già
le uniche forme di vegetazione legnosa presenti erano limitate a piccoli lembi di bosco,
distribuiti alle falde del Monte, lungo il versante prospiciente il Parco della Favorita,
e a pochi ed isolati individui di Leccio, Carrubo e Olivastro, confinati in punti
inaccessibili.
La maggior parte della superficie di questa riserva è oggi occupata da
popolamenti e formazioni forestali caratterizzati dal Pino domestico, dal Pino d'Aleppo e
da eucalipti intercalati spesso a cipressi (Cupressus sempervirens, Cupressus
macrocarpa). Nei primi impianti furono utilizzate specie presenti in natura
all'interno dell'area - Leccio, Olivastro, Carrubo e Orniello - ma, negli interventi
successivi, a causa del fallimento dei tentativi di forestazione con le specie autoctone,
si ripiegò sulle tradizionali specie esotiche forestali alle quali si aggiunsero l'Albero
di Giuda e la Robinia. Nel periodo compreso tra le due grandi guerre, i rimboschimenti
furono effettuati con altre essenze quali l'Agave, il Fico d'India e, soprattutto, pini ed
eucalipti le cui formazioni sono maggiormente localizzate alle falde del Monte, in
prossimità del Gorgo di Santa Rosalia ed all'Addaura, nella fascia prossima ai complessi
residenziali. Il sottobosco molto rado è formato dal Lentisco, dalla
Fillirea,
dall'Euforbia arborescente, dall'Olivastro, oltre che da individui isolati di Leccio allo
stato di arbusto. Popolamenti con presenza di sole specie del genere Pinus
si
riscontrano soprattutto su una vasta superficie alle spalle del Santuario. Anche qui il
Lentisco e l'Alatemo sono ben rappresentati, mentre lo strato erbaceo, nel periodo
invernale, viene fisionomizzato quasi sempre dalla vistosa fioritura dell'esotica ed
invasiva Acetosella.
Le formazioni più diffuse sono quelle miste di pini, eucalipti e
cipressi ed interessano vaste superfici spesso interrotte da aspetti steppici e di
gariga.
Il nucleo più consistente si rinviene subito dopo il Santuario di Santa Rosalia, nella
parte meridionale dell'area, in prossimità di Pizzo Grattarola e lungo i toccanti della
strada che dalla Fiera del Mediterraneo conduce al Santuario.
L'area di Monte Pellegrino è caratterizzata da un'ampia varietà di
ambienti, alcuni dei quali presentano un elevato grado di naturalità, soprattutto lungo
le aspre ed assolate scarpate rocciose dove trova rifugio un ricco contingente di specie
rare e di particolare interesse fitogeografico. Uno specifico studio condotto di recente,
sia per la componente crittogamica che per quella vascolare, ha evidenziato come la
fitodiversità di quest'area sia molto significativa rispetto alla sua limitata
estensione.
La flora crittogamica, sia per la parte briofitica che lichenica e
micologica, si presenta molto varia. La prima risulta costituita da circa 80 entità, tra
cui emergono alcuni elementi a distribuzione puntiforme nel Mediterraneo occidentale,
mentre la componente lichenica finora censita è rappresentata da oltre 80 elementi, di
cui alcuni noti, in Sicilia, soltanto per Monte Pellegrino. Della componente micologica,
limitata ai macromiceti, sono sinora conosciuti una cinquantina di specie, di cui ben 15
note in Sicilia, soltanto in questo promontorio.
La componente vascolare, di contro, annovera oltre 700 entità fra le
quali figura un cospicuo contingente rappresentativo dell'endemismo siciliano,oltre a rari elementi a distribuzione frammentaria lungo le coste del
Mediterraneo. Fra le specie di particolare interesse emerge un ricco contingente tipico
delle rupi. Questi habitat costituiscono stazioni rifugio ricche ed espressive ed ospitano
una flora peculiare, con numerose specie endemiche e di notevole interesse
botanico.Tra
queste, solo per citarne alcune, assumono particolare importanza il Fiordaliso di
Ucria, i
Perpetuini delle scogliere, il Cavolo rupestre, la Stellina di Sicilia e la Perlina di
Boccone. Tra gli altri esempi di endemismo - relativo a specie a più ampia distribuzione
centromediterranea - si ricordano ancora l'Iberide florida, la Finocchiella di Boccone,
l'Erba perla mediterranea e la Bocca di Leone siciliana.
Un altro caso di endemismo peculiare è rappresentato dall'Euforbia di
Bivona, specie a distribuzione circoscritta alla parte nord-occidentale della Sicilia. Un
altro gruppo di piante endemiche si rinvengono nelle praterie steppiche diffuse negli
spazi e nelle radure del promontorio lasciati liberi dai rimboschimenti. Fra le bulbose si
ricordano lo Zafferano autunnale, l'Ofride a mezza luna, l'Orchide di Branciforti e, fra
le altre specie, la Lingua di cane siciliana e la Speronella emarginata. Negli stessi
ambiti ricorrono altre specie rare in Sicilia quali l'Ambrosinia di Bassi e il Giuggiolo
selvatico. Va ancora segnalato il caso del Limonio di Boccone, interessante specie con
areale limitato al tratto costiero della Sicilia nord-occidentale e ad alcune isole
circumsiciliane, che nel Monte vive relegato lungo la scogliera dell'Addaura, in stretti
spazi circoscritti, e la Viperina costiera, specie rara in Sicilia, presente lungo l'unica
spiaggia della riserva, presso l'abitato di Vergine Maria.
La vegetazione arborea naturale è rappresentata da boschi termofili
mediterranei caratterizzati dal Leccio, che si rinvengono discontinuamente all'interno del
Parco della Favorita e sui versanti settentrionali, orientali e occidentali del
promontorio, in stazioni riparate, spesso ombreggiate e soggette a particolari condizioni
microclimatiche. Le formazioni ubicate nei versanti dell'Addaura e della Montagnola alla
zona sottostante la Perciata, a quote comprese tra gli 80 ed i 300 m, sono quelle più
vaste e meglio conservate. Con un corteggio fioristico meno ricco, si presentano,
rispettivamente, il nucleo che si trova alla base del Pizzo Volo d'aquila, quello
insediato nel Vallone del Porco ed i nuclei che insistono sul Parco della Favorita. Questi
boschi presentano aspetti con dominanza del Leccio e dell'Omiello, cui si aggiungono
esemplari di Carrubo e occasionalmente anche di Bagolaro. Il sottobosco è costituito
prevalentemente dal Terebinto, dal Biancospino comune ' dall'Alatemo e dall'Olivastro con
sporadiche presenze del Vibumo e dell'Alloro, oltre che del Rovo comune, della
Salsapariglia nostrana e della Clematide cirrosa che rendono spesso impenetrabile questa
vegetazione. In altri ambiti, particolare rilevanza e frequenza manifestano la
Fillirea, l'Alatemo e, in alcuni tratti, il Mirto.
Aspetti di vegetazione fruticosa sono ben rappresentati in tutta l'area
e si riscontrano discontinuamente dalle quote prossime al livello dei mare fino a
quelle più alte, soprattutto sui fianchi del Monte non interessati dalle opere
di rimboschimento.
Questi arbusteti costituiscono i resti di antiche cenosi boschive. Gran parte degli
elementi che li costituiscono sono sempreverdi, a portamento cespuglioso, con apparato
radicale molto profondo e caratterizzati da una spiccata resistenza all'aridità e
all'insolazione prolungata. In questo tipo di vegetazione è possibile osservare comunità
dominate dall'Omiello e dal Sommacco e una macchia con preponderanza di Olivastro
ed Euforbia
arborescente, nell'ambito della quale svolge un importante ruolo l'Euforbia di
Bivona. In
alcuni tratti gli arbusteti vengono compenetrati dalla prateria steppica dominata dal
Penniseto allungato. Quest'ultima specie segnalata per la prima volta in Sicilia proprio a
Monte Pellegrino - è una graminacea esotica ad habitus cespitoso, originaria dei Paesi
della fascia tropicale e temperato-calda. Si tratta di una avventizia, in continua e
prorompente espansione, che ha trovato negli ambienti caldi e secchi sublitoranei del
palermitano ideali condizioni di vita e che nel giro di circa 40 anni dal suo primo
insediamento si è ormai naturalizzata, costituendo una grave minaccia per gli equilibri
fitocenotici dell'area. Esempi di questo tipo trovano ampia diffusione lungo i versanti
esposti a sud ed ovest ed, in particolare, nel tratto che dalle Rocce dello Schiavo
conduce fino al castello Utveggio e che si affaccia sul Viale Diana e sulla Via Imperatore
Federico.
Nelle parti più calde dei versanti costieri si è invece diffusa una
vegetazione steppica dominata dal Barboncino mediterraneo. t da rilevare come a questa
specie si associno spesso delle piante endemiche come il Barboncino palermitano e il
Panico rupestre. A queste ultime bisogna aggiungere anche la Nappola perenne, nota
nell'Isola, oltre che per Monte Pellegrino, per Taormina e Capo Sant'Alessio. Questo tipo
di vegetazione è facilmente osservabile lungo la costa Finocchiaro dove si rinvengono
vaste aree denudate, caratterizzate da estesi affioramenti rocciosi, utilizzati da secoli
per il pascolo. Su queste superfici - poco declivi ed in parte al riparo dall'erosione -
è diffusa una comunità di tipo subnitrofilo. La vegetazione viene qui dominata dalla
presenza dell'Asfodelo, della Ferula e da diverse composite spinose quali il Carciofo
selvatico, la Cardogna maggiore, la Carlina siciliana, il Zafferanone selvatico ed altre
ancora. Frequente in tutte le tipologie vegetazionali è anche l'Ampelodesma, specie che,
con il suo apparato radicale, svolge un ruolo di rilievo nella stabilizzazione dei
versanti.
La riserva possiede una elevata "diversità" ambientale. Le
differenti tipologie vegetazionali riscontrate, sia a carattere naturale o
seminaturale,
sia di tipo artificiale, come le colture arboree, insieme alla particolare geomorfologia
del monte, caratteristica per le pareti rocciose e per i versanti con esposizione
differente, non potevano non influire sulla varietà delle comunità
faunistiche,
determinandone un'altrettanta diversità a vantaggio dei delicati equilibri ecologici
caratteristici di ogni biotopo.Favoriti anche dalla vicinanza di quest'area al centro
abitato di Palermo, numerosissime sono le informazioni che riguardano la fauna vertebrata
ed invertebrata di questo ambiente, grazie ai diversi studi già realizzati, alcuni dei
quali risalgono al secolo scorso, e ad altri effettuati recentemente ed ancora in corso.
L'avifauna comprende con certezza 41 specie nidificanti, distribuite
sul territorio in maniera differente in relazione alle proprie necessità ecologiche e che
corrispondono a più di un terzo delle specie di uccelli legate all'ambiente terrestre che
popolano la Sicilia. Tra queste vanno ricordate il Fanello, piccolo passeriforme
abbastanza elusivo, che negli agrumeti del Parco della Favorita ha raggiunto la più alta
densità riscontrata in Italia, ed il comunissimo Merlo.Tipici dei rimboschimenti, sia del
Parco che del Monte, sono un gruppo di fringillidi come il Verdone, il Verzellino ed il
Fringuello, le cui reali abbondanze possono essere valutate dai tipici canti primaverili e
le cui presenze nel secolo scorso erano date per molto scarse, ma giustificate
dall'assenza dei rimboschimenti.
Comuni nella macchia mediterranea sono invece la Capinera,
l'Occhiocotto, lo Scricciolo e la Sterpazzolina, piccoli uccelletti difficili da scorgere
perché nascosti tra la fitta vegetazione, sempre alla ricerca di insetti o bacche di cui
cibarsi.
Ma le specie più interessanti sono sicuramente quelle legate alle
pareti del monte che ospitano rapaci diurni come il Falco pellegrino, la Poiana ed il
Gheppio, e rapaci notturni come il Barbagianni e l'Allocco. Queste specie sono la
testimonianza della presenza di catene alimentari stabili e collaudate.
Tra i passeriformi nidificanti, nell'ambiente rupicolo, oltre ad una
piccola colonia di Taccole, ritornata recentemente sulla parete del monte, dentro il Parco
della Favorita e prospiciente la zona militare, meritano di essere ricordati il Corvo
imperiale, dal piumaggio nero lucido, il Passero solitario, la Passera lagia e il Rondone
maggiore. Quest'ultima, specie considerata in Sicilia molto localizzata, differisce dal
comune Rondone, oltre che per le maggiori dimensioni anche per il colore bianco della
pancia. là facile osservarli dal belvedere nei mesi tardo estivi in cima al Monte mentre
sfrecciano in piccoli gruppi.
La presenza del bosco orinai divenuto adulto ha fatto aggiungere alla
lista degli uccelli nidificanti anche il Colombaccio ed il Crociere.Per
quest'ultima
specie, il cui nome deriva dal caratteristico becco incrociato, adatto ad aprire le pigne
per mangiarne i semi, Monte Pellegrino rappresenta una delle tre esclusive aree siciliane
di riproduzione.
Durante la migrazione autunnale e primaverile, numerose sono le specie
di uccelli che seguendo la propria rotta passano quasi obbligatoriamente da questa
riserva. Storica è la migrazione delle Quaglie, che il naturalista Pietro Doderlein
descrive in maniera molto accurata, ma anche la migrazione di Tortore e di rapaci come il
Falco pecchiaiolo e il Nibbio bruno, nonché di Gru e Cicogne.Numerose sono anche gli
uccelli che trascorrono l'intero inverno all'interno dell'area protetta, quali lo Storno
comune, la Passera scopaiola, la Ballerina bianca, il Pettirosso ed il Lui piccolo.
Un possibile itinerario per il
birdwatching, cioè
l'osservazione di questa grande varietà di uccelli, è quello che partendo dalla Scala
Vecchia, alla base del Monte, attraversa la maggior parte degli habitat. Arrivati in cima
si potrebbe ridiscendere percorrendo il Vallone del Porco giungendo così all'interno del
Parco della Favorita. Da pochi anni è tornata la Volpe, che sfrutta anche i rifiuti
abbandonati dei numerosi gitanti, e sulla quale, con l'ausilio dell'ente gestore, si sta
conducendo una ricerca sulle abitudini, utilizzando la tecnica della
radiotelemetria,
cioè l'applicazione di radiocollari che permettono di registrare e seguisse i movimenti a
distanza.Comune anche la Donnola, piccolo mustelide, che preda qualche uccelletto, ma
prevalentemente piccoli mammiferi come l'Arvicola del Savi.
Quest'ultimo è un piccolo roditore, difficile da scorgere per la vita sotterranea che
normalmente conduce, sempre alla ricerca di radici da rosicchiare, ma la cui
presenza è testimoniata dai numerosi fori circolari presenti sul terreno e che
costituiscono le entrate delle diverse gallerie da esso scavate per raggiungere la propria
tana. Abbastanza diffuso, grazie anche al divieto di caccia introdotto prima ancora
che la riserva fosse istituita, è il Coniglio selvatico.
Anche i rettili sono ben rappresentati
all'intemo dell'area protetta.
Fra i più comuni ci sono sicuramente la Lucertola campestre, la Lucertola siciliana,
quest'ultima endemica della Sicilia, il Biacco ed il Gongilo. Monte Pellegrino ospita
inoltre quasi tutte le specie di anfibi note per la Sicilia, fra cui il Discoglosso
dipinto, anche questa specie endemica siciliana, ed una numerosa popolazione di Rospo
verde o smeraldino.
Non meno interessante
l'entomofauna, molto studiata e che comprende
specie endemiche o ad areale ristretto, alcune delle quali sono state descritte
su esemplari
raccolti proprio sul monte (locus typicus).
Vale la pena segnalare la presenza di un piccolo coleottero endemico
della nostra Isola, il Pachypus caesus, la cui particolare biologia riproduttiva è
stata studiata anche su una popolazione presente all'interno del Parco della Favorita. Il
maschio vola in autunno alla ricerca della femmina che invece ha abitudini esclusivamente
ipogee e raggiunge la superficie soltanto nel periodo della riproduzione.
D'imponente mole, il rilievo carbonatico di Monte Pellegrino si
sviluppa per circa 6 km in direzione nord-nord-ovest e sud-sud-est, con una altitudine
massima di 600 m. Morfologicamente è contraddistinto, tranne che in limitati tratti, da
ripide falesie, per cui non esistono che limitate vie d'accesso in cima.
Schematizzando al massimo il complicato assetto stratigrafico, è
possibile riconoscere in affioramento tre differenti serie, stabilite in base all'età dei
fossili ivi rinvenuti e che abbracciano complessivamente un arco temporale che va
dal Trias superiore all'Eocene. Alla prima serie appartengono le rocce presenti lungo la
costa nord-est e nelle pareti est del monte (rispettivamente in prossimità di Punta
Priola-Torre Rotolo e nella parete a Monte dell'abitato di Vergine Maria-Pizzo Monaco),
costituite da calcari dolomitici e dolomie del Trias superiore-Lias inferiore.
Alla seconda serie appartengono le rocce che occupano il settore
meridionale di fronte all'abitato di Palermo.Si tratta di una successione, dell'ordine di
600 m, di calcari dolomitici, bioclastiti e calcari marnosi fossiliferi, complessivamente
relativi ad un arco di tempo che va dal Lias inferiore-medio sino al Cretaceo inferiore.
La terza serie di terreni più rappresentativi, in quanto relativi alla
maggior parte degli affioramenti presenti al Monte Pellegrino (Bosco Vecchio, Pian
Bernardo, all'inizio della Valle del Porco), è composta da rocce bioclastiche grigie o
biancastre in strati di spessore variabile. Alle pendici più elevate del settore
centro-meridionale del monte, sino a quelle settentrionali, è possibile riconoscere rocce
bioclastiche a Orbitolina e calcari appartenenti al Cretaceo inferiore. Tra la borgata di
Valdesi e il limite nord-occidentale del complesso montuoso sono presenti, invece, grosse
bancate di calcari algali e livelli bioclastici databili all'Eocene
inferiore-medio.
Di origine più recente, e di elevato valore scientifico, sono invece i
terreni affioranti alle falde e in alcuni isolati punti del monte. Si tratta di lembi di
calcareniti, di sedimenti consolidati del pavimento di alcune grotte e infine di terre
rosse continentali di riempimento di fessure, databili all'incirca al Pliocene
superiore-Pleistocene inferiore. Questi affioramenti, già oggetto di studio da parte di
eminenti naturalisti e paleontologi sin dal secolo scorso (Marchese Antonio De Gregorio,
1886), presentano notevole importanza per la moderna paleontologia per le faune vertebrate
da essi restituite. t il caso di ricordare tra queste la Pellegrinia
panormensis, roditore
di grosse dimensioni appartenente alla famiglia degli Ctenodattili; la Pannonictis
arzilla, mustelide, studiato recentemente, simile ad una lontra, che ha consentito di
datare al Pleistocene inferiore tutto il deposito; l'Apodemus maximus, muride di
grandi dimensioni; l'Episoriculus sp., grosso leporide attualmente vivente in Nord
America e ultimo rappresentante di una sottofamiglia estinta; il Nesiotites
sp.,
soricide gigante recentemente scoperto ed in corso di studio.
Oltre a costituire le uniche testimonianze di forme vertebrate
continentali del Pleistocene inferiore di Sicilia, tali faune, per il loro carattere
endemico conseguente all'isolamento, fanno ritenere che la conformazione della Sicilia
occidentale fosse a quel tempo molto articolata, con gli attuali rilievi componenti un
arcipelago di cui Monte Pellegrino doveva costituire uno degli isolotti. Tra le faune
fossili invertebrate, rinvenute in alcuni affioramenti del Cretaceo, si ricordano gli
splendidi esemplari di molluschi (Caprine e Caprinule), i cui olotipi sono stati istituiti
dal Gemmellaro.
Monte Pellegrino possiede anche un eccezionale patrimonio
speleo-archeologico che ha suscitato notevole interesse fin dall'800, portando alla
scoperta di 134 fra grotte e cavità. Queste si aprono alle falde o nelle pareti della
montagna. Va ricordata la Grotta Addaura, piccola cavità tra la Punta Priola e la Colonia
Roosevelt, di origine marina e orinai svuotata dell'originario deposito paletnologico (in
parte conservato presso il Museo archeologico di Palermo e il Museo geologico
Gemmellaro),
recante su due pareti graffiti che raffigurano uomini e animali del Paleolitico superiore,
ritenuti contemporanei a quelli rilevati lungo la Valle del Rodano e nella zona
centro-meridionale della Spagna.
La Grotta Niscemi è una modesta cavità anch'essa svuotata del suo
deposito antropozoico, interessante per i rinvenimento di industrie del Paleolitico
superiore e per la presenza sulle pareti di graffiti zoomorfi e disegni di imbarcazioni
del XV sec., nonché resti di iscrizioni puniche.