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LA SORGENTE DELL'ACQUASANTA


Da "I Luoghi della Sorgente - la borgata Acquasanta a Palermo" di Giuseppe Alba

Del tesoro nascosto dell’Acquasanta “in un angolo di paradiso ai piedi di monte Pellegrino,” da notizia nel 1645 il dottor Francesco Baronio Manfredi che su “Palermo Glorioso”, dedicato a don Andrea Valdina marchese della Rocca, esaltava l’acqua della sorgente dell’Acquasanta “per le sue qualità salutifere ed ottima per tutte le malattie”.(1)

Qualche anno dopo, esattamente nel 1649, Agostino Inveges su “Palermo Antico” parte prima degli Annali, facendo riferimento a questa fonte spiegava il motivo per cui veniva detta santa. “L’acqua, viene chiamata cosi perché non era dolce e da bere, ma minerale e serviva per purgare il ventre”.(2)

Molto più avanti, siamo già nel 1709, Giovanni Massa, religioso della Compagnia di Gesù, ottenuta dai propri superiori la licenza di pubblicare “La Sicilia in prospettiva”, affermava che in una piccola insenatura vi era una chiesetta dove sgorgava una fonte di acqua medicinale purgante, detta acqua santa.(3)

Nel 1731 il Mongitore, riferendo di una sorgente che prendeva il nome dalla pietà Cristiana (nome imposto a molte sorgenti di acque termali) non per le condizioni ambientali in cui sgorgava ma perché convinti che fosse una concessione divina, nella pubblicazione “La Sicilia ricercata nelle cose più memorabili”, ne descriveva l’ubicazione che individuava all’interno di una chiesa dedicata a Maria Vergine, chiamata Madonna dell’Acquasanta. Precisava, inoltre, che l’acqua sgorgante da viva pietra “per le sue ottime qualità faceva miracoli concessi da Dio”.
La “miracolosa” acqua era già conosciuta dai medici per la cura di diverse infermità; in particolare giovava a chi soffriva di calcoli, era purgativa e, ancorché salmastra, veniva mescolata con l’acqua dolce del Molo o con quella che si trovava dentro il giardino del convento dei Padri Mercedari Riformati.(4)

Più di un ventennio dopo, nel 1756, Domenico Schiavo pubblicava una lettera, scritta dal sacerdote e medico palermitano Giuseppe Di Gregorio e Russo all’amico Agostino Giuffrida, nella quale decantava le virtù curative dell’acqua minerale dell’Acquasanta. In particolare descriveva all’amico e medico catanese l’alto contenuto di sale catartico presente nell’acqua simile, negli effetti, al famoso sale inglese; indicava, inoltre, che l’acqua scaturiva dalle radici di un monte poco distante dal molo, a fianco di un casino di proprietà dei signori di Ventimiglia. Il sacerdote-medico, per provare che l’acqua non conteneva sale comune, eseguì anche una distillazione a fuoco, da cui ricavò materia secca salina che sottoposta alla prova chimica del vetriolo non reagiva con fumo o effervescenza.(5)

Successivamente, nel 1792, veniva pubblicato a Napoli, ad opera del dottor Marcantonia Fichera, il “Trattato su diverse Acque Minerali e potabili di Palermo”; la pubblicazione serviva a far conoscere i risultati delle ricerche fatte in chimica medica sulle qualità delle acque secondo una scala di graduazione che le distingueva in: meno buone e nocive, vantaggiose per alcune malattie e pure. Il dottor Fichera, non avendo ricevuto le necessarie autorizzazioni per effettuare i saggi geologici sul terreno donde sgorgava l’acqua, si era dedicato, infatti, ad un più accurato esame chimico che lo aveva condotto a definire l’acqua: “salina, limpidissima, senza odore e di un sapore salato uguale a quello dell’alcali minerale muriato”. Con l’immersione di un termometro, secondo la scala Réaumur, il Fichera stabiliva la temperatura dell’acqua in 18 gradi centigradi, mentre un idrometro in immersione segnava 13 gradi e mezzo. Concluse le analisi, il dottor Fichera dichiarava che quanto affermava il Di Gregorio e Russo era falso, e cioè che nell’acqua santa vi era il sale catartico; evidenziava, inoltre, che l’errore era stato già rilevato dall’abate Leanti nell’opera “Lo stato presente della Sicilia”. Pur tuttavia, confermava che l’acqua santa aveva una sua specificità che la rendeva adatta ad un uso medico; era, cioè: "attenuante, deostruente, catartica, risolvente, antisettica, aperiente, diuretica, astergente, afrodisiaca, antielmintica. Si usa nelle ostruzioni delle viscere, e soprattutto del fegato, nella sterilità non organica, ma da vizio de’ fluidi, nella idropisia, nel calcolo, e nella stranguria senile opera ad incantamento. Nelle febbri maligne, nella gotta, ernia, vermi, e paralisi dell’intestini, nello scorbuto freddo del Willis, nell’infarcimento delle glandole, ne’ tumori scrofolosi, nella scabbia, nelle ulcere, ne’ dolori nefritici, e nell’irregolarità de’ periodici ritorni de’ mestrui. Viene però proibito nelle infiammazioni, nelle ulcere ed ascessi delle viscere, nell’asma convulsivo, e nello sfacelo".(6)

Un paio di anni dopo, nel 1794, il dottor Vincenzo Ryolo nel “Discorso Istorico-Analitico Dell’Acque Minerali e Termali di Sicilia” parlava di una fonte, presso la spiaggia chiamata Acqua Santa ai piedi di una grande rocca, dove si trovava un casino, appartenente ai marchesi Geraci, “la cui acqua aveva un sapore salmastro detta l’Acqua della fiacca. Fatta utilizzare da tutti i medici, abbondava di sali molto acuti e stimolanti per cui veniva mescolata con l’acqua del pozzo di S. Raimondo del fu Convento del Molo dei RR. PP Mercedari Scalzi Riformati e si usava con qualche sciroppo purgante. Veniva infine usata per tutte le affezioni ipocondriache, cachetiche e di reni”.(7)

Nel 1840 Domenico Scinà, professore di fisica sperimentale nella Regia Università di Palermo, affermava non esservi fondamento scientifico che l’acqua di alcuni pozzi di Palermo si reputasse salutare e riguardo la così detta acqua santa non era molto disposto a riconoscerne le qualità terapeutiche.(8)

Ancora, nel 1855, all’acqua santa fa riferimento Vito Amico nel “Dizionario Topografico di Sicilia”.

Il professor Carlo Maggiorani, nel 1866, pubblicava una nota sull’acqua santa che definiva indigena e appartenente sembra alle solfate miste, da potere usare in sostituzione dell’acqua di Montecatini visto che questa non era sempre facile da reperire a Palermo. Con essa, affermava, si curavano molte malattie: tali notizie erano state raccolte e rese note dal suo primo assistente dottor Clarkson. Questi riferiva che l’acqua sgorgava da una fonte che si trovava all’interno di una grotta tagliata nella pietra a pochi metri dal mare, alle falde di monte Pellegrino, cui si accedeva passando da una modesta casa di un piccolo villaggio di pescatori che proprio dalla famosa acqua aveva preso il nome. Menzionava, inoltre, che il Mongitore nei suoi scritti definiva la grotta da cui sgorgava l’acqua, come “un’opera d’arte, di quelle che praticavansi una volta nell’isola onde nascondervi il culto cristiano nei tempi della dominazione saracena”.

L’analisi qualitativa dell’acqua, eseguita dal professor Domenico Amato dell’Università di Catania, su richiesta dello stesso Maggiorani, definiva la stessa: “limpida, fresca, scolorata e senza odore. Essa ha un gusto salato che fa rammentare il sapore del cloruro di sodio e del solfato di magnesia”.(9)

Qualche anno dopo il professor Simone Corleo, scoperte le proprietà terapeutiche e curative della salutare acqua, la consigliava agli ammalati e ne divulgava le virtù medicamentose certo anche di dare una forte spinta economica alla borgata dell’Acquasanta che avrebbe potuto usare a fini commerciali la benefica fonte.(10)


Note
1) Francesco Manfredi Baronio, Palermo Glorioso, Palermo 1645
2) D. Agostino Inveges, Palermo antico - parte prima degli annali, Palermo 1649
3) Giovanni Massa, La Sicilia in prospettiva, Palermo 1709
4) Antonino Mongitore, La Sicilia ricercata nelle cose più memorabili, Palermo 1731
5) Domenico Schiavo, Memorie per servire alla storia letteraria di Sicilia, Palermo 1756
6) Marcantonio Fichera, Trattato su diverse acque minerali e potabili di Palermo, Napoli 1792
7) Vincenzo Ryolo, Discorso ìstorico-analitico dell’acque minerali e termali di Sicilia, Palermo 1744
8) Domenico Scinà, Topografia di Palermo e dei suoi dintorni, Palermo 1840
9) Carlo Maggiorarli, Ragguaglio di un triennio di d’uvea medica nella Regia Università di Palermo, Palermo 1866
10) Gabriele Calafato, Guida all’uso dell’acqua minerale della Borgata Acquasanta, Palermo 1892



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