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La mummificazione: i colatoi


Le tracce più antiche di pratiche funerarie risalgono a 35.000 anni fa (paleolitico medio) grazie alla scoperta fatta dall’archeologo Solecki in Irak dove in una grande caverna, in un susseguirsi di quattordici metri di strati archeologici compreso in un periodo di tempo che va dal Paleolitico Medio al Mesolitico, vengono trovati gli scheletri di Neandertaliani, e ciò dimostra come già a quel tempo era in uso seppellire i morti; ed un’ analisi del terreno ha rilevato la presenza di una quantità anormale di polline come se quei cadaveri erano stati adagiati sul letto di fiori.

Gli egiziani usavano diverse tecniche di manipolazione per imbalsamare i propri morti più o meno importanti tra cui il metodo di immergere il cadavere dopo essere stato sviscerato, nel bitume, prima di essere avvolto nelle bende. I cadaveri che si trovano nelle varie cripte della nostra città, hanno subito un processo che si basa essenzialmente sulla mummificazione naturale, solamente nell’ultimo periodo si parlerà di imbalsamazione ad uso di sostanze chimiche.

Cripta S. Nicolò da Tolentino: affresco murale simboleggiate la morte


I COLATOI

Il processo di essiccazione naturale avveniva in piccoli ambienti chiamati " colatoi ". Per potere spiegare in linea di massima la loro funzione è importante accennare come avviene la disgregazione delle sostanze organiche del corpo subito dopo la morte. Si comincia ad intuire la natura della causa primaria della decomposizione cadaverica nel XVII secolo, e nel 1862 Pasteur poteva dimostrare che la decomposizione avviene per l’azione di esseri microscopici che egli divide in due grandi gruppi: " aerobi " e " anaerobi ". I primi sono avidi di ossigeno e non possono vivere in assenza di tale gas, i secondi invece sono ostacolati ed anche fermati nello sviluppo, dalla presenza dell’ossigeno. Queste due specie di microrganismi si aiutano a vicenda nella decomposizione, infatti gli anaerobi, che si trovano all’interno del cadavere aggrediscono la materia da decomporre sviluppando i caratteristici gas di odore sgradevole ( ammoniaca, idrogeno solforato e fosforato ) però essi vengono fermati di fronte a certe sostanze ed ecco allora che intervengono gli aerobi che vivono alla superficie, quindi all’aria, i quali assorbendo ossigeno la fissano sulla materia da distruggere dando origine al fenomeno della combustione lenta , il fine ultimo è la trasformazione in acido carbonico ed acqua. Però condizione essenziale perché questi microrganismi possano vivere, è la presenza dell’acqua della quale nessuna cellula può fare a meno per poter vivere. E’ su tale condizione primaria che si basa la conservazione indefinita dei cadaveri sia antichi che recenti, cioè il disidratamento.

Cadavere esposto ancora nel colatoio

Questi processi naturali si possono raggruppare, secondo il medico Gannal in due categorie: quelli determinati da qualità generali dell’aria ( caldo, freddo ) o dal suolo, e quelli prodotti da influenze puramente locali. Per esempio ai Cappuccini di Palermo si usava la bassa temperatura esistente nel sotterraneo per conservare i corpi dei defunti, infatti secondo il patologo Sucquet i cadaveri venivano deposti, nel piccolo colatoio, sopra una specie di graticola situata al di sopra di un canale in cui scorreva dell’acqua molto fredda. L’epidermide si scollava ben presto e il derma lasciava filtrare e cadere nell’acqua gli umori del corpo, senza che questo subisse decomposizione a causa della bassa temperatura. Dopo circa un anno i cadaveri venivano esposti all’aria libera, al sole, e forse entro dei forni per completare l’essiccazione e quindi posti nelle nicchie o nei loculi.

Altro tipo di essiccamento è quello che avviene per temperatura costante del colatoio, infatti secondo il medico Parcelly i cadaveri posti in questi piccolissimi ambienti subivano un principio di decomposizione che si arrestava per le cause che seguono, al punto di produrre un vero e proprio essiccamento. Infatti la causa di tale fenomeno consiste nella temperatura relativamente costante, nella secchezza dell’aria, e nell’occlusione perfetta della camera stessa. I corpi subivano il principio della decomposizione, determinato da una quantità di acido carbonico, questo gas impedisce che i famosi aerobi possano svilupparsi e d’altra parte, poiché restava ancora troppo ossigeno affinché gli anaerobi possano vegetare e svilupparsi ne consegue che la putrefazione si arresta per la scomparsa degli aerobi e l’impossibilitato intervento degli anaerobi e quindi, spiega Parcelly, che durante questo tempo, a causa della temperatura relativamente elevata e secca, l’evaporazione è forte e il corpo comincia a perdere rapidamente acqua, necessaria alla vita di questi microrganismi e quindi il corpo si dissecca.

All’altra categoria (suolo-influenze puramente locali) appartengono quelle mummificazioni dovute alle caratteristiche locali, cioè alla presenza di particolari sportule esistenti nella terra dove è situata la cripta. Le sportule non sono altro che piccolissimi funghi che hanno la caratteristica di aggredire le parti molli del cadavere, nutrirsi degli umori e quindi disseccarli lasciando solamente la pelle e le ossa. Non si sa se questo tipo di fungo è presente nel terreno di alcune cripte della città.


Imbalsamazione

Verso la fine del ‘600 e i primi del ‘700 si hanno i primi seri tentativi di imbalsamazione per opera del biologo olandese Ruysh. Si racconta che ha raggiunto risultati eccezionali, ma nessuno dei corpi, da lui imbalsamati, è arrivato a noi né tanto meno si conosce il metodo da lui utilizzato. Di sicuro si sa che usava una sostanza ceracea, di composizione ignota.

In seguito ci sono stati tanti tentativi da parte di medici europei, ma nessuno è riuscito ad ottenere e soprattutto a mantenere intatto un cadavere per diverso tempo. Anche Palermo è investita da questa competitività e le cronache riportate nel << La Cerere - Giornale officiale di Palermo >> erano piene di pagine sull’argomento. Molti medici cercavano di raggiungere l’ambita meta e fra questi citiamo: Giuseppe Genovesi, Giovanni Salemi, Gioacchino Romeo, Pandolfini, Gorgonie, Parlatore. Colui che riesce a superare tutti è il palermitano Giuseppe Tranchina, che con un suo metodo segreto, forse a base di cera liquida, riesce nell’intento.


Testimonianza

Durante una delle tante visite fatte alla biblioteca dei Cappuccini, si è visionato un documento, dopo averlo letto con grande attenzione si è ritenuto opportuno riportare per intero una testimonianza autografa del dicembre del 1939.

"Nelle catacombe e precisamente a mezzogiorno di esse, vi è un locale detto Nica dove vi sono gli ossari comuni chiamati << Zubi>>. In detti ossari venivano seppelliti i poveri oppure i resti dei cadaveri i cui parenti per tre anni consecutivi non pagavano il contributo dovuto ai frati cappuccini e non accendevano più la cera dinanzi i cadaveri. Venivano anche seppelliti i cadaveri della giornata in cassa di legno col pagamento al convento di lire 5. Lateralmente a questo locale vi erano costruite due grandi stanzoni; uno lateralmente al corridoio del Crocifisso di cui se ne conserva ancora qualche vestigio, e l’altro sopra il corridoio nuovo. Questi stanzoni grandemente arieggiati, servivano per prosciugare i cadaveri provenienti dai colatoi. I colatoi sono locali a forma di stanza dove alle cui pareti vi sono collocati giacitoi in costruzione intermezzati di tubi di argilla e su cui veniva messo a giacere il cadavere da decomporsi. Una volta collocativi i cadaveri nella quantità di capacità possibili, i colatoi venivano ermeticamente chiusi con calce viva, mediante una porta di pietra, in modo che non era possibile lo sprigionamento di cattivo odore. I cadaveri nel colatoio vi restavano almeno un anno e quando non vi era bisogno vi restavano ancora di più.

Per i cadaveri sottoposti alla imbalsamazione il processo di conservazione era il seguente: non appena il cadavere veniva portato nelle catacombe era sottoposto alla estrazione delle parti molli, le quali venivano seppelliti nei << Zubi >>, quindi il cadavere si disponeva per l’essiccazione mediante intromissione nell’addome di sostanze alcoliche e di molta quantità di arsenico. Detta preparazione veniva fatta sotto la personale direzione del medico Prof. Tranchida a cui è attribuito il sistema di conservazione di cui se ne osservano tutt’oggi gli esemplari esposti nelle catacombe e che meravigliano stante la perfetta conservazione i forestieri specialmente stranieri che numerosi visitano le Catacombe dei Cappuccini. Il governo Italiano con la legge sulla pulizia mortuaria in data 25 Luglio 1892; dava le norme per la costruzione dei nuovi camposanti, e nello stesso tempo faceva divieto di seppellire i cadaveri dentro le chiese, monasteri, luoghi privati, venendo conseguentemente abolito il sistema di conservazione che si usava nelle catacombe e in molti altri posti. Sconosco però la disposizione retroattiva del 1892 che proibiva tale sistema di conservazione. Questo è tutto ciò che fin da piccolo ho sempre conosciuto perché frequentemente riferitami da mio padre il quale passò la sua vita dentro il convento dei Cappuccini e che morì all’età di 75 anni e che era la persona incaricata per la sistemazione delle salme nelle catacombe nonché la persona di fiducia del Prof. Tranchida per curare le salme imbalsamate.
Palermo 16 Dicembre 1939 Scalia Pietro fu Raffaele "



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