Palermo, non finisce
mai di stupirci, è di pochi giorni fa la notizia, di una antica
cripta, ritenuta persa, scoperta casualmente a seguito di lavori di
ristrutturazione di alcuni locali siti presso l’università in via
Divisi. Si tratta dell’ex convento di Santa Maria la Grazia
conosciuto come convento delle Ree Pentite cioè ex prostitute
diventate monache.
Come tutte le
scoperte fatte nella nostra città anche questa è avvenuta in modo
casuale, durante la rimozione di alcuni mattoni di una pavimentazione,
gli operai si sono accorti di una botola che immette in un ambiente a
volta pieno di materiale di risulta proveniente forse da vecchi lavori
risalenti agli anni sessanta.
Interpellata
immediatamente la Soprintendenza si è provveduto a ripulire il locale
mettendo in luce la vecchia cappella sotterranea. La storia di questo
edificio, sito nel cuore della vecchia Palermo, esattamente in via
Divisi al nr. 81, è molto antica e risale al 1512 quando il nobile
palermitano Vincenzo Sottile , chierico, trasformò un locale posto al
pianterreno del suo palazzo, in una chiesa dedicandola a Santa Maria
della Grazia.
Nel 1524 nei primi
del mese di giugno venne fondato per opera di suor Francesca Leonfante,
nobile palermitana, un convento sotto la regola di Monteoliveto che
ospitò diverse religiose che vennero vestite dalla stessa fondatrice
diventata Badessa. Morta la fondatrice in odor di santità, le monache,
ormai ridotte di numero, furono trasferite in altri monasteri e l’
Arcivescovo decise, intorno al 1597, che al loro posto fossero accolte
tutte quelle donne di malaffare ( ex prostitute ), che una volta
pentite, intraprendevano la vita monastica abbracciando la regola
francescana. Da qui il nome di "Ree Pentite" ( Ripentite ).
Queste donne erano
mantenute oltre che dal Senato Palermitano, con una curiosa tassa che
le donne di malaffare ( le prostitute ) in attività erano costrette a
pagare se volevano indossare abiti di seta e d’oro al pari di quelle
oneste, dalla carità della viceregina Principessa di Molfetta.
Era l’Arcivescovo di
Palermo che nominava, tra le suore del monastero di Santa Chiara,
colei che diventava Badessa , successivamente, le monache, ottennero,
il 17 maggio del 1729 dal Pontefice Benedetto XIII di eleggere loro
stesse la loro Badessa.
Ma torniamo
all’ambiente scoperto per caso; pochi gradini scavati nella roccia
immettono in un piccolo ambiente rettangolare, grande circa tra i
15-16 metri quadrati, nella parete frontale trova posto un piccolo
altare seicentesco rivestito di mattonelle di maiolica raffiguranti
motivi floreali e sopra di esso altre mattonelle riproducono le
figure, molto probabilmente, di Santa Chiara o della fondatrice del
convento che tiene in mano una pisside con l’ostia su cui è disegnata
una scena che richiama al pentimento. L’altra è quella di San
Francesco.
Nelle pareti laterali
trovano posto i colatoi dove venivano posti i corpi delle religiose
per il processo di essiccazione prima di essere tumulate, molto
probabilmente, nella fossa che si trova nel pavimento della cripta,
dove è stata ritrovata intatta la cassa della madre badessa morta nel
1782 come è attestato dalla lapide perfettamente leggibile.
A rendere
straordinaria questa scoperta, è il ritrovamento, all’interno della
cassa, di ciocche di capelli e di due ampolle in vetro che contengono
dei messaggi sconosciuti. Gli esperti hanno delle perplessità ad
aprirle perché temono che al contatto dell’aria si possano danneggiare
i documenti in essa contenuti. Inoltre sono stati ritrovati una serie
di piccoli crocifissi di varia misura in metallo.
Così come è avvenuto
per la cripta dei Lanza, il Rettore Giuseppe Silvestri, in presenza
dei dirigenti della Soprintendenza ai Beni culturali, ha assicurato
che finiti i lavori di consolidamento e restauro la cripta sarà resa
fruibile ai visitatori.
Una ciocca di capelli e messaggi segreti in
due ampolle.
Scoperta a Palermo la tomba di una "Repentita",
ex cortigiana diventata monaca. Alla luce la cripta del
convento cinquecentesco, con altare e sepolture.
PALERMO 11.04.2005
Come per la protagonista del
romanzo "Dell’amore e di altri demoni" di Garcia
Marquez, di lei è rimasta soltanto una ciocca di capelli,
oltre a due ampolle di vetro che custodiscono messaggi
ancora sconosciuti, probabilmente di affidamento e
raccomandazione al Signore.
Per il resto, solo cenere.
Era la Madre Badessa del convento di Santa Maria la
Grazia, meglio noto come convento delle Repentite (Ree
Pentite, le ex prostitute diventate monache), morta nel
1782. La sua tomba è venuta alla luce nel cuore della
Palermo antica, in via Divisi, insieme all’intera cripta
cinquecentesca dove sono seppellite in una fossa comune le
altre religiose.
La scoperta è stata fatta dall’ufficio tecnico
dell’Università, che stava per realizzare i servizi igienici
a corredo di un’aula, ed è stata presentata stamattina alla
stampa: presenti, tra gli altri il rettore Giuseppe
Silvestri, il prorettore all’Edilizia Salvatore Di Mino, il
capo dell’ufficio tecnico Antonino Catalano, i dirigenti
della Soprintendenza ai Beni culturali Matteo Scognamiglio e
Francesca Spatafora, numerosi docenti dell’ateneo.
Oggi il complesso - dove sono ancora visibili la facciata
con il portale e le finestre goticheggianti, alcune colonne
originarie e il tetto dipinto di quella che era la navata
della chiesa annessa al convento - ospita infatti alcuni
dipartimenti dell’Università.
Dentro la cripta, oltre alla tomba della Madre Badessa,
identificata da una lapide, c’è un bell’altare seicentesco
affiancato da mattonelle originali che riproducono le figure
di San Francesco e, presumibilmente di Santa Chiara (o forse
della fondatrice del convento). Questa figura femminile
tiene in mano una pisside con dentro l’ostia, e sull’ostia è
disegnata una piccola scena intorno a una Croce,
probabilmente simbolo di pentimento.
La lapide:
In questo sepolcro
giace il corpo
della Reu Madre S.Ignazia
di Gesu Squatrito
quale nacque al
1706 si chiamò nel
secolo D. Lauria
Squatrito mori di
anni 76
A. 8 aprile del
1782."
Tutt’intorno, le panche dove venivano appoggiati i corpi
delle defunte, secondo un'antica tradizione religiosa che -
come nel famoso convento dei Cappuccini di Palermo -
prevedeva il prosciugamento dei cadaveri prima della
sepoltura. Dalla cripta si apre una seconda botola dove si
trova la fossa comune delle altre monache. Le due ampolle
trovate ai piedi della bara della Madre Badessa,
ritrovamento del tutto eccezionale, non sono state ancora
aperte perché gli specialisti temono che, a contatto con
l’ossigeno dopo tre secoli, la pergamena possa danneggiarsi.
Si stanno studiando dunque, d’intesa con la
Sovrintendenza ai Beni culturali, le soluzioni più idonee a
estrarre il contenuto senza danni. La scoperta è avvenuta
per caso. Eliminando le piastrelle del pavimento e il
sottostrato, si è reso evidente il volume di una volta, e
quindi si è fatto largo il sospetto che esistesse ancora la
vecchia cappella sotterranea. L’intuizione si è rivelata
fondata. Una volta rimossi i quintali di terriccio e di
materiali di risulta forse esito di precedenti lavori
compiuti intorno al 1960, la cripta, grande circa sedici
metri quadrati, è venuta alla luce. "Finiti i lavori - dice
il rettore Silvestri - il luogo sarà visitabile: un altro
tassello che si aggiunge al patrimonio culturale della
città".
La storia delle Ree Pentite (anche dette Repentite) è
estremamente affascinante, oltre che curiosa: queste ex
cortigiane che si erano ritirate a vita monastica venivano
infatti mantenute dal Senato palermitano con i ricavati di
un’imposta che le prostitute in servizio dovevano pagare se
volevano vestirsi - al pari delle donne oneste - con abiti
di seta e di oro. Ma, prima che dalle Repentite, il convento
di via Divisi (fondato nel 1524 da suor Francesca Leonfante,
mentre la chiesa risale al 1512, costruita dal chierico
Vincenzo Sottile) era abitato da monache olivetane.
Morta la fondatrice e passate in altri conventi le
monache, l’arcivescovo stabilì - come racconta Gaspare
Palermo - che "in quel luogo venissero raccolte le donne che
dal pentimento de’ loro trascorsi potessero chiamarsi
Ripentite".
La chiesa, poi, fu rinnovata e abbellita tra il 1697 e il
1698.