Proprio
in questi giorni, nel nostro mare la temperatura si avvicina ai
minimi annuali. E' l'occasione per fare un pensiero alla muta
stagna che ormai ha acquistato la fiducia anche degli "uomini
duri" della subacquea e una diffusione che cresce velocemente
per via dei sensibili miglioramenti introdotti nei materiali
e nei modelli prodotti dalle varie case.
Le
prime stagne moderne erano realizzate in gomma vulcanizzata,
foderata internamente in tessuto di poliestere. Le stesse sono
ancora oggi disponibili sul mercato; hanno il pregio di asciugare
velocemente, di essere facilmente riparabili e di poter essere
indossate anche in acque chimicamente inquinate. Viceversa sono
piuttosto rigide, non sono isolanti e la coibenza è affidata
interamente al vestiario. Successivamente si fecero strada le mute
stagne realizzate in tessuto cosiddetto "spalmato", vale
a dire nylon ricoperto internamente da gomme uretaniche.
Praticamente si tratta di un tessuto molto simile a quello adoperato
per realizzare i giubbetti equilibratori monosacco.
Un'evoluzione
del tessuto spalmato è il trilaminato. Uno strato di gomma
butilica impermeabile è posto tra due di lycra o di nylon. Nel
trilaminato, rispetto al tessuto spalmato, la parte stagna è più
protetta . Anche in questo caso il tessuto può essere cucito e
impermeabilizzato, oppure saldato a ultrasuoni.
Tutti
i materiali ora visti hanno due caratteristiche: sono anelatici e
non sono coibenti e quindi la protezione termica è affidata al
vestiario sottomuta. In caso di allagamento l'isolamento
diminuisce molto rapidamente fino ad avere una muta molto poco
protettiva. Per ovviare a questi inconvenienti si sono iniziate a
produrre mute in schiuma di neoprene. Infatti i produttori di
mute umide sapevano che il neoprene è impermeabile e che
l'ingresso di acqua nelle mute avveniva dalle cerniere, dalle
cuciture e dalle tenute ai polsi, al collo e alle caviglie.
Impermeabilizzando le cuciture e rendendo stagne cerniere e tenute
si possono ottenere mute stagne in neoprene. Queste mute sono
termicamente isolanti per cui la coibenza è affidata totalmente
alla muta stessa, che è in grado di mantenerla parzialmente anche
in caso allagamento. Il problema è che il neoprene macrocellulare
si comprime molto con la pressione, riducendo
l'isolamento(esattamente come succede con la muta umida). La
successiva evoluzione è stata quindi quella di precedere
l'effetto della pressione sul neoprene. Si può prendere un foglio
di neoprene e schiacciarlo sino a rompere le bolle ("crushed").
Il tessuto mantiene ancora sufficienti proprietà elastiche, ma
perde quelle termiche L'ultima evoluzione dei materiali di
neoprene è il precompresso ad alta densità, una via di
mezzo tra il media densità "crushed" e quello normale, ma con
una matrice migliore (microcellulare). Il pane di neoprene ad alta
densità, alto 14 cm. È compresso, in fabbrica, fino a raggiungere
lo spessore medio di 7 cm. Se lo si comprime di più, si ottiene un
neoprene più rigido e duro, buono per le mute da immersioni
tecniche.
Anche
le fodere del neoprene sono di diverso tipo. Abbiamo in
genere lycra e polipropilene in versione pelosa ("plush") per
l'interno. Sull'esterno ci sono rivestimenti in nylon semplice,
lycra, nylon raddoppiato e incrociato (questo neoprene detto Duratex),
Cordura (detto Supratex) e
perfino kevlar. L'ordine seguito nell'elenco è quello della
resistenza. Tuttavia non è detto che una muta in kevlar sia
migliore in assoluto in quanto alla resistenza alle abrasioni fa
riscontro una rigidità e un'anelasticità che vanno valutate a seconda degli usi.
I
principali componenti di una muta stagna sono la cerniera, il
collarino, i polsini, i calzari e le valvole. La quasi totalità
delle mute stagne, salvo alcuni casi rari in neoprene, è dotata di cappuccio
umido separato o di cappuccio stagno in lattice (meno diffuso per
via della sua maggiore fragilità). La cerniera è fondamentale e
incide molto sul costo di una muta stagna, Proprio la sua
realizzazione (per usi spaziali ) ha permesso l'evoluzione delle
mute stagne e la loro
avanzata nel settore ricreativo. La cerniera oggi usata è
quella del produttore Ykk, sebbene in alcuni casi si possono trovare
cerniere Bdm. Il tipo di cerniera non è quindi un fattore di
scelta. Ciò vale anche per la posizione. La cerniera dovrebbe
infatti lavorare il più possibile distesa e piana; per questo la
sua posizione è ormai comunemente stabilita sulle spalle. Il collarino
è un altro elemento fondamentale. Esso deve stringere il collo quel
tanto che basta per evitare l'ingresso di acqua ma non troppo,
altrimenti potrebbe verificarsi perfino un collasso, dovuto alla
pressione meccanica del collarino sul glomo carotideo. Per quel che
concerne i materiali abbiamo collarini in neoprene monofoderato (con
la parte liscia verso la pelle) o in lattice (gomma). Questo secondo
tipo ha una tenuta migliore ma agisce su una superficie minore e va
regolato in modo da non dare una sensazione di soffocamento. Essendo
anche più fragile va lubrificato durante le operazioni di
vestizione o vestizione con polvere di talco naturale (reperibile
anche in farmacia richiedendo espressamente quello non addittivato o
profumato).
Nelle
mute stagne moderne è facile immettere aria, grazie alla valvola
di carico. Inoltre in risalita, eliminano da sole l'aria in
eccesso grazie alla valvola di scarico automatica. Anche in
questo caso quindi c'è poco da scegliere. La marca ormai più
diffusa è la Si-Tech ma si stia attenti a verificare che la valvola di carico sia del tipo girevole, in modo che la
frusta possa arrivare da ogni direzione.
Un
argomento controverso in merito all'uso della muta stagna è se
essa soppianti o meno il giubbetto equilibratore. Premesso che in
ogni caso il giubbetto debba far parte delle attrezzature
obbligatorie, sorge spontaneo chiedersi: ma se posso gonfiare la
stagna, cosa uso a fare il giubbetto? Personalmente uso entrambi,
lasciando alla muta la funzione di protezione termica e al giubbetto
quella di regolazione della condizione di galleggiabilità.
Certamente in risalita si hanno due elementi dai quali scaricare
l'aria in eccesso, ma se la valvola di scarico alla stagna è
regolata bene il tutto sarà automatico.
Ultimo
argomento, quello dei sottomuta ai quali in molti casi è affidata
la protezione termica. Le fibre naturali sono state soppiantate da
quelle sintetiche come il polipropilene; esse si bagnano molto
difficilmente e favoriscono la traspirazione del corpo. Ovviamente,
se la muta è stagna, il vapore emesso dal corpo resta confinato
all'interno e bagna il sottomuta ma la cosa è del tutto naturale.
Oggi sono molto diffusi i "pile" di rapida asciugatura ma di
recente si sono affermati anche i tessuti resistenti alla
compressione, caldi, idrofobi e traspiranti come il Thinsulate o
l'Hollofil (usato anche per i sacchi a pelo). Sebbene essi in
genere siano separati dal sottomuta, in alcuni casi sono
integrati. |