Sembra
una domanda banale ma muoverci in un ambiente liquido è vero o no
che procura mille difficoltà nonostante ben nove mesi della nostra
vita pre-nascita siano trascorsi "in immersione" ?
Se è vero, allora converremo che per vincere la
resistenza all’avanzamento possiamo compiere uno sforzo variabile
tra lo zero, ovvero il vuoto assoluto, e uno tanto grande da rendere
la cosa impossibile nel caso di un solido. Sia l’aria che l’acqua
sono fluidi e quindi muoversi è possibile ma l’aria è circa
ottocento volte meno densa. Quando entriamo in acqua dobbiamo quindi
spostare un peso maggiore di molecole. Ma non basta. La resistenza
all’avanzamento è proporzionale non solo alla densità del mezzo ma
anche al quadrato della velocità di spostamento. Questo significa
che se per spostarci a velocità 1 abbiamo bisogno di uno sforzo 1,
per andare a velocità 2 avremo bisogno di uno sforzo 4 e per
arrivare a velocità 4 uno sforzo 16. Questo lo sanno bene gli
apneisti che evitano gli spostamenti veloci, in quanto riducono
eccessivamente la loro autonomia senza garantire una rapidità
analogamente maggiore.
Se
volessimo andare a visitare il fondo marino muovendosi come a terra,
potremmo farlo solo camminando molto lentamente e per secoli infatti
gli uomini hanno visitato il mondo acquatico proprio in questo modo
come dimostra la lunga storia dei palombari e dei loro pesanti
scarponi di piombo. Insomma in acqua, per non faticare bisogna
pagare il prezzo di navigare senza fretta. I subacquei moderni per
muoversi più facilmente e rapidamente sfruttano due particolari
scoperte.
La prima non è certo recente perché si tratta del
noto principio di Archimede secondo cui "un corpo immerso in un
fluido riceve..." ecc. , principio grazie la quale sappiamo che in
acqua possiamo galleggiare e quindi nuotare per spostarci
velocemente.
La seconda scoperta che utilizziamo è quella
delle pinne sulle quali da decenni i subacquei dibattono circa il
tipo migliore per le loro necessità. La realtà al riguardo è che le
prestazioni di un paio di pinne, come hanno dimostrato esperienze ad
alto livello come quelle della Marina statunitense, dipendono
essenzialmente da come pinneggia chi le usa.
Esistono
in proposito molti stili di pinneggiata e non è certo una cattiva
idea quella di apprenderli tutti per trovare sempre un’occasione in
cui uno di essi ci tornerà più comodo di altri. Per quanto ovvio
inoltre è importante anche pinneggiare in superficie in modo diverso
da quello utilizzato quando si è sotto di essa. Muovere infatti le
nostre pinne fuori dall’acqua non produrrà alcuna spinta utile e
sarà necessario allora porre molta attenzione nel limitare la
falcata verso l’alto, in modo che la pala resti sempre immersa.
Sin qui l’argomento del "come muoversi" ma
passiamo al tema del "dove andare".
Uno dei rischi più sottovalutato dai subacquei
principianti è quello di perdersi sul fondo. Il fondo marino,
soprattutto le prime volte che si visita un luogo non è poi molto
dissimile da certi luoghi terrestri come un bosco ad esempio:
visibilità ridotta, pochi elementi di riferimento e tutti molto
simili.
Onde evitare di perdersi in mare, soprattutto in
condizioni di visibilità ridotta, è necessario allora conoscere bene
le tecniche di navigazione con riferimenti naturali e strumentali,
che poi, a dispetto della tecnologia elettronica che appare dietro
l’aggettivo "strumentale", significa essenzialmente la vecchia
bussola e un profondimetro. E questo perché, ricordiamo, la
navigazione sotto la superficie del mare si svolge in uno spazio
tridimensionale, a differenza di quella delle imbarcazioni che si
effettua in una superficie, cioè uno spazio bidimensionale, e che
quindi è molto più semplice specie se si pensa all’ausilio dei GPS
che... ahimè non funzionano ancora sott'acqua. Il fatto di potere
stimare la propria posizione, quindi potere determinare la direzione
da seguire, infonde inoltre al subacqueo un senso di sicurezza,
diminuendo la disagevole sensazione di trovarsi in un mondo
sconosciuto. Inoltre si riducono le possibilità di separazione della
coppia, poiché l’avere prestabilito rende entrambi i subacquei
consapevoli di cosa farà il compagno a breve.
La
maggior parte dei corsi di primo livello già prevede in effetti che
gli allievi eseguano alcuni semplici esercizi di navigazione con la
bussola ma l’esperienza insegna che ben pochi istruttori si
impegnano perché vengano rispettati questi requisiti di formazione
con la conseguenza anche che i sub così brevettati non avranno la
benché minima voglia di acquistare una bussola al termine del corso
ritenendola uno strumento poco necessario. A ciò si aggiunga che nei
corsi successivi sono previste due immersioni di navigazione: una
con riferimenti naturali e una con quelli strumentali. Che succederà
allora al buon subacqueo che non ha ancora appreso neanche a
navigare in linea retta da un punto a un altro sapendo tornare da
dove è partito? Ve lo dico io: Si affiderà come tanti alla guida del
giorno, al "dive master" che lo accompagna e che ha proprio il
compito di riportarlo sano e salvo alla barca.
Quanta superficialità ragazzi !
Eppure sottacqua non si scherza e pensate che prima o poi vi
immergerete con un amico e non ci sarà chi dei due ha l’obbligo di
"far strada" perché entrambi sarete responsabili del corretto
orientamento.
Allora riflettete e non vergognatevi a "testare" le vostre capacità
di spostamento; munitevi di una bussola e provate a tracciare una
rotta che vi riporti alla tanto desiderata cima dell’ancora da cui
siete partiti. Vedrete che l'eventuale successo di quest'esercizio
vi lascerà più che soddisfatti e con il desiderio di riprovarci
quasi fosse una sfida con voi stessi.
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