A
chi dare la colpa di un’immersione andata male?
La risposta non è ovvia né univoca questo è certo
ma allora distinguiamo e analizziamo assieme quando imputare ad
altri l’insuccesso di una discesa ovvero quando è il caso di
recitare il “mea culpa”.
Nel caso si sia allievi di un corso subacqueo
sembra quasi ovvio che le nostre responsabilità vadano in gran parte
scaricate su chi è preposto al nostro insegnamento, gli istruttori
per intenderci che devono prevedere l’imprevedibile ma, attenzione,
devono anche fare in modo che si diventi via via autosufficienti per
potere gestire da soli le varie situazioni perché la dipendenza
dagli altri genera inesperienza.
E’ classico l’esempio del sub del corso
“advanced” invitato a un’immersione domenicale che telefonicamente
dichiara di avere tutta l’attrezzatura ma poi dimentica l’”octopus”
e all’istruttore che l’aspetta in barca dichiara “credevo che ne
avessi uno di riserva!”. E da qui i vari “ero convinto che…”
“pensavo che lo dicessi ai meno esperti …..” e così via che
terrorizzano gli istruttori e spesso convincono che la
superpianificazione sia l’unico sistema da seguire per non far
perdere un’immersione. Allora è vera la responsabilizzazione o il
super controllo? E’ vera la prima mentre è corretto un controllo,
prima e durante la discesa, nei giusti limiti e facciamo un altro
esempio.
Mi
sono immerso recentemente con tre ragazzi ai “Finestroni” di Isola
delle Femmine dopo aver descritto loro il percorso e le cose che
avremmo visto. Indicando in immersione una tana con un’aragosta i
tre ragazzi si sono avvicinati contemporaneamente facendo un gran
polverone, scambiandosi colpi di pinna, aggrovigliando le fruste
delle fonti d’aria alternative. Direste che è stata colpa mia perché
non ho valutato le conseguenze dell’”affollamento” ovvero
imputereste alla poca responsabilità dei miei clienti se qualcosa
che poteva svolgersi ordinatamente si è trasformato in un episodio
anche rischioso? Non voglio difendermi ma ritengo che l’ultimo
giudice della propria immersione è il subacqueo stesso e l’andamento
dipende solo ed esclusivamente da lui.
Assumersi la propria responsabilità comincia
proprio col riconoscimento di questo e passa attraverso una serena
autoanalisi. Ma responsabile vuol dire anche dell’altro e mi
riferisco alla gestione delle proprie attrezzature che deve esser
fatta senza mai dare nulla per scontato.
Controllo quindi sin dall’acquisto che deve
essere regolato dall’uso che si intende fare degli accessori
subacquei. Inutile ad esempio acquistare erogatori con doppio primo
stadio, attacco filettato Din e corpo in pesante metallo se si ha
intenzione di usare queste attrezzature all’estero nei mari
tropicali dove la connessione delle bombole è sempre monoattacco
standard.
Partendo da qui vediamo qualche suggerimento da
mettere in atto sempre prima di ogni immersione per essere comunque
autosufficienti e quindi sicuri di poter effettuare un tuffo in
serenità.
Per maschera, aeratore e pinne bisogna sempre
controllare l’integrità dei cinghioli, del materiale plastico e
della tenuta per non avere brutte sorprese nel momento meno
indicato. Per buona norma di prevenzione portare sempre con sé
cinghioli originali, completi di clip di serraggio. Per il giubbetto
equilibratore bisogna effettuare delle prove preventive di carico
per verificare l’integrità sia del sacco, sia delle valvole di
scarico: gonfiarlo e verificare che non si afflosci nel ragionevole
lasso di tempo di 3-4 ore.
Quando
si tratta di verificare la tenuta dell’aria, dell’acqua saponata
raggiunge sempre lo scopo di identificare gli eventuali punti di
guasto. Importante anche connettere le fruste di gonfiaggio
dell’erogatore al Vis per verificare l’integrità del comando ed
evitare pericolosi fenomeni di autogonfiaggio. Delle bombole bisogna
verificare a monte l’integrità e il giusto scorrimento dei
rubinetti, la pressione di carico e la qualità dell’aria e infine il
tipo di connessione all’erogatore. Degli erogatori è importante
verificare la tenuta per evidenziare eventuali trafilagli, passando
poi a controllare boccagli, connessione delle fruste, calotte,
filtri e via discorrendo. Per la muta bisogna controllare e
lubrificare le cerniere e verificare la tenuta dei punti di
inserzione delle stesse, oltre a collarini e guarnizioni varie.
Per le stagne è bene anche verificare la tenuta
dell’aria, chiudendo la cerniera e ponendo dei “tappi” nelle
guarnizioni (polsi e collo) che possono essere tranquillamente delle
bottiglie, provvedendo poi a connettere le fruste per verificare
assenza di autocarico e di perdite. Per la zavorra il controllo più
semplice da fare, ma anche quello più trascurato, è quello
dell’esatta quantità: quante volte accade ad esempio alle lezioni
successive dei corsi che i subacquei si presentino senza pesi
nonostante essi siano risultati indispensabili negli appuntamenti
precedenti? Pure qui, presumere che sulla barca dei diving siano
persenti piombi in più è un grave errore e può causare la
sospensione del tuffo per mancanza di zavorra.
Ricordiamo infine di verificare sempre
l’integrità della chiusura della fascia, per consentire l’uso
corretto e sicuro. “Last but not least” il controllo degli strumenti
di misurazione in generale e del computer in particolare,
inseparabile compagno di molti subacquei di cui bisogna sempre
controllare l’esatta rispondenza alla realtà (tempi, profondità,
pressione) effettuando regolarmente confronti con strumenti analoghi
ricordando in ogni caso di verificare sempre per tempo lo stato di
carica delle batterie e quello dei cinghioli di ritegno, pena la
perdita dei preziosi strumenti. Siate quindi entusiasti, impazienti
anche ma responsabili sempre, prima e durante ogni discesa, per la
sicurezza personale e degli altri e…..un fantastico divertimento.
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