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IL RELITTO DEL "KENT"

Abbiano ripreso il nostro dialogo estivo affrontando l'argomento dei relitti e spostandoci sulla costa di Scopello per immergerci sui resti del Capua. Seguiamo questa rotta verso San Vito e descriviamo adesso una della più belle immersioni di tutta la Sicilia settentrionale, quella sulla motonave Kent, meglio conosciuta come "Nave dei Corani". Si tratta di un cargo battente bandiera cipriota di 783 tonnellate di stazza, partito da Siracusa il 30.6.78 diretto a Brindisi e da qui ripartito il 5.7.78 con rotta Nigeria. Tre giorni più tardi mentre era alla fonda nel golfo della tonnara di San Vito, un incendio scoppiato nella sala macchine costrinse l'equipaggio (10 persone) a lasciare la nave che il giorno dopo cominciò a imbarcare acqua e ad inclinarsi su un fianco. Lentamente, e ancora legata alla sua catena, iniziò a sprofondare sempre più velocemente scivolando dentro l'acqua senza fare schiuma, finché l'ultimo pezzo di prua scomparve alla vista. Per prima, ad urtare sul fondo fu la zona di poppa; l'impatto smosse l'aria intrappolata negli ambienti sottocoperta e le enormi bolle raddrizzarono lo scafo facendolo adagiare sul fondo in perfetto assetto di navigazione.

Col Kent affondava anche il suo carico: 20 tonnellate di sacchi di palline di polietilene, 1400 kg. di sigarette e 32 tonnellate tra zampironi e libri di corani. Questi ultimi, contenuti in due containers di legno, per la diversa velocità di discesa sul fondo, finirono per adagiarsi una ventina di metri più avanti dell'ancora e regalarono al relitto il poetico soprannome di "nave dei Corani". Il fondo su cui la motonave giace è composto da sabbia e rocce e oscilla tra i 45 e i 50 metri; le strutture iniziano a –38 e ci si mantiene agevolmente entro i 45 metri visitandone la maggior parte.

Il relitto è veramente piacevole e interessante, pieno di angoli che stimolano la curiosità e l'osservazione. Gli interni, pur non essendo agevolissimi, almeno con la configurazione che si conosce, sono abbastanza accessibili con le ovvie e dovute attenzioni. Un camminatoio, raggiungibile da una porticina alla base del cassero di poppa, porta a diverse aperture che immettono nei locali di servizio della nave. Le stive contengono quel che rimane del carico e, fissate alla paratia dei locali equipaggio nel castello di prua, fanno bella mostra l'elica e l'ancora di rispetto. Un'immersione a parte dovrebbe essere dedicata ai containers che si trovano abbastanza vicini tra loro, superando come si è detto la prua di una ventina di metri. Per poter visitare il relitto in maniera completa ed efficace si dovrebbero programmare 4 immersioni: 1. zona di prua e stive, 2. container e rottami esterni, 3. zona poppa e cassero, 4. interni.

Il Kent è un relitto ingannevole che, a prima vista, sembra essere più facile di quello che è in realtà. Si crede di poterlo visitare tutto in un'unica immersione, e ci si trova ad aver pinneggiato ininterrottamente senza aver potuto fissare l'attenzione su niente e con la riserva d'aria in forte diminuzione per via della quota. E' un relitto in cui d'estate è facile incontrare persone a corto d'aria per non aver bene valutato la tipologia d'immersione. Attenti quindi a non lasciarvi trascinare dal desiderio di esplorare tutte le sue curiosità in un'unica discesa. Il consiglio è di cominciare dalla poppa dove la possibilità di entrare e uscire dai vari ambienti vi susciterà emozioni fortissime. Date poi uno sguardo alle stive, facilmente raggiungibili al centro della nave perché completamente aperte come in un grande hangar e qui no fatevi tentare dal desiderio di incunearvi tra i sacchi di polietilene per sbirciare dietro, non ne vale la pena. Invece, prima di risalire lungo la cima che solitamente è fissata dai diving locali al centro del relitto, osservate il cassero di prua con la sua maestosa elica di rispetto addossata a una parete. Altra emozione è quella che va vissuta scendendo lungo la catena dell'ancora e pinneggiando poco più avanti per osservare i resti dei containers e quello che resta delle "pile" di corani che ancora vi risiedono all'interno e che in gran parte sono stati asportati dai tanti curiosi. Nessun rimorso comunque perché non si tratta che di copie di libri editi abbastanza recentemente (la copertina è in similpelle, le pagine con scritti colorati) e quindi di ben poco valore sul piano tipografico.

Accettate un consiglio: occhio al computer e ai tempi di decompressione perché la profondità e l'emozione di ciò che vedrete vi faranno perdere la cognizione del tempo!

Il golfo dove è affondato il Kent è un piccolo tratto di mare chiuso tra Punta Spadillo e Punta Forbice denominato "il firriato". Pur essendo una zona ristretta, questo tratto di mare riserva delle immersioni piacevoli e varie: a cominciare dal Laghetto di Venere, piccola insenatura formatasi in seguito a una grossa frana, separata dal mare aperto da grandi massi, tra i cui incastri sottomarini è possibile passare per uscire in mare aperto. Molto vicino al Kent, in direzione sud, si trova trova una serie di pinnacoli che da un fondo si 40-50 metri si ergono fino a una quota media di 20 metri. La Secchitella della Tonnara, col cappello a 12 metri, cade con pareti verticali su un fondale degradante tra i 40 e i 50 metri e lì ci sono resti di ancore di tutte le età. Chi avesse voglia di avventurarsi da terra, scendendo dallo scivolo della tonnara, potrà immergersi lungo un fondale sabbioso in rapida discesa che conduce a una paretina attorno ai 42 metri, nella quale si apre una grotta, chiamata Grotta dei Gamberi.

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