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 Lo JUNKER 52 

Affrontiamo questa volta un'immersione decisamente impegnativa visto la quota che ci accingiamo a raggiungere (-48) e ricordiamo in proposito che esperienze del genere sono consigliabili solo quando l'obiettivo è realmente interessante.

Per quanto ovvio inoltre, la presenza di una guida adeguata e una programmazione meticolosa costituiscono le indispensabili premesse perché una discesa del genere rientri nei limiti accettabili di rischio.

OK, detto questo e sottolineato doverosamente che il relitto in questione è stata una scoperta del club Tecnomare di Palermo alla fine degli anni '80, fatevi prendere per mano da chi, a quell'epoca seguì in ossequioso silenzio le indicazioni del vecchio sig. Ferrante quando, dalla prua del suo peschereccio, gridò ad un tratto al figlio Francesco: "Iecca ca'!" ordinando che l'ancora scivolasse veloce proprio sull'ala di quell'aereo tedesco che nel lontano 1943 lui stesso aveva visto inabissarsi colpito da un caccia americano. 
Con pazienza oggi riprendiamo i riferimenti sulla costa che consentono di individuare il punto esatto di affondamento, quindi ancoriamo e cominciamo a scendere lentamente. La certezza di essere proprio sul relitto non c'è quasi mai e anche per questo, quando a -30 circa se ne comincia a intravedere la sagoma scura sul fondo sabbioso, la soddisfazione si fa grande.

Un'apertura alare di quasi 30 metri, motori stellari BMW da 830 hp in grado di far toccare i 270 km/h con un raggio d'azione di quasi 1.300 km. Mentre ci avviciniamo a questo gigante addormentato, sarà per l'abbondante dose di azoto che andiamo assorbendo, ma ci sembra che il rumore degli erogatori si confonda con quello delle eliche che nel '43 spinsero per l'ultima volta lo Junker verso l'ultimo viaggio. Scrutiamo intanto il fondo alla ricerca di eventuali particolari che ci siano passati altre volte inosservati e puntiamo come sempre l'"atterraggio" al centro della fusoliera rovesciata sul dorso e profondamente incastrata nella sabbia tanto da nascondere completamente i finestrini.

Dopo una definitiva correzione dell'assetto di immersione, ci mettiamo immediatamente a ispezionare il nostro aereo ma per quanto lo sguardo si soffermi sulle lamiere e le parti meccaniche, sappiamo che il vero desiderio è di vedere sbucare da qualche parte gli amici che sappiamo.

E in effetti, quasi sapessero che la nostra visita deve essere breve, i corpulenti inquilini dello Junker non si fanno attendere: da due fessure che si aprono sotto il motore stellare di centro, prima due, poi un terzo gronco di lunghezza compresa tra il metro e il metro e mezzo scivolano fuori per nulla intimoriti dalle luci delle torce e dei fari della telecamera che un attimo prima ispezionavano il buio della loro dimora d'acciaio. Abbiamo imparato a non lasciarci impressionare dalle dimensioni dei nostri amici e principalmente dalla velocità con cui si muovono mentre ci vengono incontro; sappiamo che le loro effusioni sono interessate e almeno uno di noi è pronto con la "colazione" portata per la circostanza. 

Ci teniamo sollevati il più possibile dal fondo per evitare il formarsi di nuvole di sabbia, ma siamo costretti a pinnegiare all'indietro per fronteggiare l'appetito dei nostri amici che, una volta finito il pesce, si rivolge al neoprene dei nostri guanti ancora impregnati del cibo maneggiato. Ci scansiamo accuratamente mentre pensiamo che in fin dei conti anche per i pesci esiste il bisogno di "…leccarsi le dita" dopo un buon pasto; pazienza poi se le mani non sono le loro.

Li osserviamo apprezzando istintivamente quanta familiarità si possa instaurare anche con esseri che vivono a quote proibitive ma mentre più avvertiamo il gusto di quel contatto, proprio la "estremità" del luogo ci ricorda che il tempo a disposizione si è esaurito. I nostri strumenti ci dicono di risalire e ad un tratto una strana sensazione di tristezza ci prende. Mentre ci solleviamo come palloncini sfuggiti di mano ai bambini vediamo sbiadire nel blu quelle creature che sembrano non poterci accompagnare perché assegnate a un lontano passato di cui restano pazienti vestali. 

D'accordo quindi, prudenza e, come sempre, chiedete a "SUB Dive Adventure" se volete fare queste esperienze con chi se ne intende.

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