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IL RELITTO DELL'ARENELLA

Avete appena conseguito il brevetto di subacquei con ARA ?

Siete alle prime esperienze nel fantastico "sesto continente"?

Allora non vi perdete questa escursione a due passi da casa che vi offre la possibilità di provare  l'emozione di esplorare un relitto in tutta sicurezza e  senza grandi limiti di tempo.

Si tratta del "Relitto dell'Arenella", così chiamato per  la difficoltà ad affermarne con certezza l'identità e l'epoca di affondamento ma certamente appartenente ad epoca immediatamente successiva all'ultimo conflitto mondiale. Seicento metri circa fuori dal litorale della vecchia Chimica Arenella, adagiati su un fondale di poco meno di 18 metri, i resti di quella che doveva essere una motonave da carico fanno bella mostra di sé, ormai perfettamente integrati nell'ambiente marino circostante a cui anzi danno il loro apporto per essersi trasformati in habitat ideale per certi tipi di flora e di fauna.

La nostra escursione inizia dal porticciolo dell'Acquasanta dove, imbarcati comodamente attrezzature e – si consiglia – apparecchiature fotografiche, ci muoviamo sulla rotta di Mondello. Fatte poco meno di due miglia, proprio di fronte alle mura del vecchio complesso industriale della Chimica Arenella l'eco-scandaglio segnala la presenza su un fondale piatto e sabbioso di una forma irregolare lunga all'incirca 30 metri e larga 15 con un'altezza minima dalla superficie di 13 m. L'ancora trova facilmente presa e la discesa può subito iniziare con il piacere di poter distinguere dopo appena pochi metri la consistente massa di lamiere che spicca prepotentemente sul bianco fondale.

Lo stato del relitto impedisce di capire a quel parte dello scafo appartengano i resti che si hanno davanti ma è molto probabile che si tratti della parte centrale in quanto non vi è traccia dell'area di poppa e delle eliche mentre chi conosce il luogo ricorda che sino a qualche tempo fa, arenata sulla costa vicina, si trovava la prua arrugginita di una nave dalle forme  abbastanza "omogenee" a quelle del relitto poco distante.

Si inizia sempre l'esplorazione facendo il periplo di ciò che resta della parte più insabbiata dello scafo e  scrutando con le lampade  tra le lamiere si distinguono nell'oscurità ingranaggi e altre parti di motori che danno la dimensione di quale fosse la stazza della nave. L'occasione serve anche per scoprire sulla sabbia la presenza di alcune forme interessanti di vita marina come quel bel "cerianthus membranaceus" che si fa ammirare sul lato meridionale del relitto. Salendo di quota viene spontaneo il desiderio di provare l'emozione di entrare con le dovute cautele all'interno dei locali più grandi dello scafo e in effetti, trovarsi immersi nella semioscurità di alcuni di essi dà l'effetto di assaporare un'atmosfera irreale fatta di mistero e di strane fantasie. Ma l'interno di questi ambienti non ha poi l'aspetto tetro che si potrebbe pensare perché anche qui il mare ha vestito con i suoi colori e le sue forme le aride lamiere facendo "fiorire" organismi bellissimi come gli spirografi che sputano dal nulla e si ritirano nei loro corpi cilindrici al minimo accenno di presenza umana. Si resta per minuti a sbirciare tra fessure e oblò l'enorme varietà di colori dipinti sulle pareti dalle spugne e dalla vegetazione di ogni genere mentre, quasi incuranti della nostra presenza, ci passano accanto famiglie di saraghi  e di occhiate dirette alle loro dimore più nascoste.

Sul serio non si ha idea di quanta vita accolga questo piccolo castello sommerso e quanta pace sappia infondere a chi lo visita con il solo desiderio di gustarne l'atmosfera. Negli angoli più scuri è possibile disturbare la quiete di qualche mustia, dalle profondità meno raggiungibili è facile vedere emergere scure murene, tra le lamiere più taglienti si aggirano perchie  solitarie e ovunque il buio sia più protettivo brillano gli occhi scuri degli anthias.

E' una fortuna che la profondità sia così modesta perché diversamente il rischio di perdere la percezione del tempo tra tante curiosità aumenterebbe il rischio dell'immersione. Tuttavia prudenza è d'obbligo trattandosi di un relitto in cui proprio la quota e la facilità di esplorazione "inducono in tentazione". Occhio ai compagni e ai loro movimenti spesso imprevedibili, alle attrezzature e alla loro facilità di impigliarsi, alle dimensioni e ai pericoli degli ambienti in cui si transita. In breve non allentate i controlli solo perché siete a 18 metri e non a 40.

Per il resto lasciatevi guidare da chi conosce il luogo e gli angoli che forse non scoprireste da soli e…buon divertimento.

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