Torniamo ancora
sull'argomento tanto appassionante dei relitti e per farlo
allontaniamoci ancora una volta dall'area palermitana ma ne vale la
pena, non foss'altro perché questa volta parliamo di una nave che
pochi conoscono e per di più adagiata ancora intera su un fondale di
appena 15 metri.
Siamo in piena "Zona A" della Riserva Marina delle Egadi,
mezzo miglio a sud dell'isolotto della Formica tra Trapani e
Favignana, dove l'immersione è consentita solo previo rilascio della
necessaria autorizzazione da parte della Capitaneria di Porto di
Trapani.
Qui, a ridosso quasi un di un gradino di roccia che segue
parallelamente il profilo meridionale dell'isolotto e con la prua
rivolta ad est, si trova il relitto della "Elpis I" una bettolina
di 400 tonn. e una lunghezza di poco più di 40 m. incastonato su
un fondale di sabbia bianca che ne fa risaltare il profilo ancora
intatto e suggestivo.
Ma diciamo subito della storia di questa nave. L'unità, di
nazionalità giapponese battente bandiera cipriota, trasportava un
carico di sigarette di contrabbando in direzione delle Egadi quando,
nella notte tra il 12 e il 13 gennaio del 1978 fece naufragio
sull'isolotto di Maraone a poca distanza dalla Formica. Una falla
nella paratia di poppa costrinse l'equipaggio a desistere da ogni
tentativo di salvare la nave abbandonandola con tutto il carico dove
il mare l'aveva arenata. Confiscata dalla Capitaneria di porto di
Trapani, l'unità venne affidata per la pulizia delle stive ancora
piene di gasolio alla ditta Milici che sette mesi dopo si aggiudicò
l'appalto per l'acquisto del relitto ma quando si apprestava a
trainarlo in porto per dismetterlo una nuova tempesta di vento forza
10 da levante trascinò di notte la "Elpis I" facendola inabissare
nello spazio d'acqua tra Maraone e la Formica.
Per quasi 4 mesi
rimase lì, incastrata tra i prati di posidonie a pochissimi metri di
profondità creando disagi e pericoli per le imbarcazioni in transito
sino a quando, su iniziativa della stessa ditta che se ne era
aggiudicata la proprietà, venne spostata sul fondale su cui oggi
ancora si trova in attesa di un recupero che, dopo 28 anni, ormai ha
poche possibilità di essere effettuato. E d'altronde la circostanza
si sposa perfettamente con la preziosa azione di ripopolamento che
esso compie a vantaggio di una zona di mare giudicata tra le più
ricche e le più incontaminate che il Mediterraneo ci offre e…ci fa
invidiare. Un ragione in più per desiderare di immergersi in questo
luogo dove la suggestione che sempre procura un "fantasma del
passato" si somma alla possibilità di goderne l'esplorazione in
tutta tranquillità e per un tempo abbastanza lungo.
Lasciamoci guidare
quindi da chi ne conosce la posizione ed è in grado di farci avere i
necessari permessi e poi giù a goderci quest'esperienza
entusiasmante. L'immersione comincia solitamente dalla poppa della
nave dove la concrezione di spugne arancione che ricopre l'elica e
il fondo dello scafo offrono occasioni splendide per chi ama la
fotografia subacquea. Poi si segue la fiancata di dritta e si sale
sino al castello di poppa che con le sue numerose aperture invita ad
avventurarsi con le dovute cautele all'interno. La sensazione è tra
le più emozionanti che una ricognizione di un relitto possa offrire
perché il buio dei locali è tagliato quasi "ad arte" dai numerosi
raggi di luce che filtrano dall'alto e sono tanto più intensi quanto
più è vicina la superficie dell'acqua; gli effetti di controluce
quasi scoraggiano il desiderio di usare le torce per cercare
nell'oscurità oggetti o particolari interessanti mentre le bolle
degli erogatori finiscono per infrangere quell'atmosfera di mistero
e di pace che regna dappertutto. Il mare ha reso tutto più
coinvolgente dando colori al metallo più scuro, forme aggraziate
alle lamiere più spigolose e taglienti, animando l'interno e
l'esterno di questo grande fantasma d'acciaio di una fauna in
continuo movimento.
L'emozione
dell'esplorazione dei corridoi e delle stive lascia il posto dopo un
po' al desiderio di "scoprire" l'area di coperta e anche qui i
particolari interessanti non mancano specie nel castello di prua
dove tra argani, catene e altri varchi di accesso all'interno le
occasioni fotografiche e di ricostruzione degli eventi di quel
tragico gennaio del '78 accendono l'osservazione meticolosa di
qualunque subacqueo.
Si aggiunga il fascino che lo splendido manto di vegetazione
marina ha saputo creare nel tempo trascorso e che risalta nelle
forme di organismi come gli spirografi e i parazoanthus sparsi in
ogni angolo. Poi immancabile scatta la voglia di osservare la nave
come fosse ancora in navigazione e, quasi a voler girare un
documentario, ci si allontana dalla prua per ammirarne da lontano
tutta l'imponenza della sagoma scura.
E' un momento di grande emozione accresciuta dalla circostanza
per cui la forte luminosità del luogo e la trasparenza dell'acqua
rendono possibile guardare distante e misurare con lo sguardo le
dimensioni di questo relitto a cui il tempo ha regalato un'atmosfera
di indubbio fascino e suggestività.
Non perdetevi quest'esperienza ma attenzione a scegliere le
migliori condizioni per godere l'immersione il che vuol dire
programmarla con condizioni di sole e di limpidezza dell'acqua
ideali per darvi il massimo del piacere; evitate giornate di forti
venti da sud che agitano il mare su questo fronte dell'isolotto
della Formica rendendo anche difficili gli ancoraggi e poi non
dimenticate di scegliere dei buoni compagni di immersione perché
quella della Elpis è una delle discese più "dispersive" in cui
ciascuno si lascia prendere da interessi e curiosità diverse
dimenticando spesso con chi divide il piacere dell'esplorazione.
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