A pochi passi è consigliabile la visita alla
passeggiata nelle Mura delle Cattive e al Foro Italico con un bel
palchetto della Musica in stile Liberty Il Palazzo Forcella-De Seta ed il
complesso monumentale di Porta dei Greci e del Bastione
della Vega.
Il Palazzo sorse nel 1800 circa,
sull'antica strada Colonna, e sovrasta l'antica Porta
dei Greci che risale al 1300, ma si trovava più
indietro, in linea con il perimetro delle mura della
città e dell'ex bastione De Vega, che si estendeva fino
all'area ora interessata dall'obelisco commemorativo nel
Foro Umberto I, angolo via Lincoln.
Il Palazzo Forcella-De Seta ed il complesso monumentale di Porta dei Greci e del Bastione
della Vega.
Storia: il Palazzo sorse nel 1700 circa, sull'antica strada Colonna, e sovrasta l'antica Porta dei Greci
che risale al 1300, ma si trovava più indietro, in linea con il perimetro delle mura della città e
dell'ex bastione De Vega, che si estendeva fino all'area ora interessata dall'obelisco
commemorativo nel Foro Umberto I, angolo via Lincoln.
Porta dei Greci deve il suo nome al luogo in cui sorgeva che era abitato da mercanti greci residenti
nei pressi della Chiesa di San Nicolò dei Greci. Fu riedificata nel 1553 ed il suo aspetto si ispira alla
Porta di Castro. Era inserita tra le mura del Bastione del Tuono e il Bastione di Vega, demoliti il
primo nel 1754 ed il secondo nel 1783, per la ristrutturazione urbanistica della città.
Si ricorda il 2 Giugno 1676, quando i Bastioni tuonarono per i colpi di cannone contro la
flotta
francese, comandata dal Duca di Vivonne, scongiurando il peggio, visto che le navi del viceré
spagnolo stavano per essere sconfitte.
Del Bastione de Vega resta soltanto l'obelisco commemorativo ed il nome, che deriva da quello del
viceré spagnolo Giovanni De Vega che nel 1550 vinse molte città abitate dai pirati in Africa.
Quando rientrò a Palermo nel 1556 fece il suo ingresso trionfale dalla nuova porta dei Greci a cui
appose battenti di porte del suo bottino africano, e per questo fu anche detta Porta d'Africa.
Nel 1815 Vincenzo Di Martino riprogettò il magnifico giardino che si estendeva fino all'odierno
Jolly Hotel, con splendide piante esotiche, come giardino privato, la cosiddetta Casina a mare dei
Principi Bonanno.
Durante una delle numerose rivolte soffocate dai Borboni, il 20 Settembre 1820, il
palazzo subì dei
gravi danni, quando i cannoni dei rivoluzionari puntarono la casina dove si erano asserragliate le
truppe borboniche.
Dopo la morte del principe Bonanno, la casina rimase abbandonata e pericolante per i
danni subiti.
Gli eredi del principe, intimati di abbattere ciò che restava, non avendo adeguate risorse
economiche
si rivolsero al Tribunale civile per "costituire privilegio", cioè per favorire nella vendita della
casina chi avesse finanziato i lavori di ricostruzione.
Nel 1833 il Bonomo acquistò la casina per 1600 onze d'argento per conto del sacerdote
Carmelo Quartararo.
Dopo poco tempo venne ricomprata dal Marchese Enrico Carlo Forcella, un nobile palermitano
esteta ed antiquario, che fece decorare alcune stanze del palazzo in stile neogotico moresco,
pompeiano, neoclassico.
Il palazzo restò incompleto per una lunga lite con le monache del convento di Santa Teresa
le quali
temevano, per gli eccessivi ampliamenti voluti dal marchese, di perdere la vista del
mare. Il palazzo
venne poi acquistato dai marchesi De Seta ed infine dai principi di Saudita che aggiunsero al
palazzo collezioni di oggetti antichi.
Entrando dal portone, a molteplici fornici in stile neo gotico, si accede alla scala di accesso dei palazzo che immettono al
primo piano. Si nota a destra la galleria, divisa in tre sezioni, con volta a botte e decorazioni in stucco goticheggianti con finestre ogivali: nella seconda sezione della gallerìa una scala elicoidale immette al piano superiore. Da tale galleria/vestibolo si accede al Salone detto
dell'Alhambra, con decorazioni arabescanti in stucco sulla volta e sulle pareti, ove sì riconoscono iscrizioni arabe nei medaglioni; tarsie marmoree geometriche sono inoltre visibili sulle pareti e sul pavimento. Porte ogivali in ferro e stucco immettono nell'attiguo
saloncino dei mosaici che riprende lo stile dei mosaici di Palazzo dei Normanni. Una iscrizione in caratteri greci nella cornice del soffitto ci testimonia la fedeltà del marchese Forcella al re Ferdinando II
Borbone,
Da questo salone, e dal precedente, è possibile accedere all'ampio salone di
rappresentanza dalla volta affrescata con un trionfo della Primavera e putti, ampia cornice in stucco con motivi neoclassici, marmi pregiati alle pareti ( presumibilmente marmo verde delle alpi) e pavimento con tarsie marmoree
geometriche. Ritornando ai vestibolo di ingresso si può accedere ad una serie di piccole sale di disimpegno e alla grande terrazza ove sporgono una serie di stanze, di cui la prima è un ampio salone con camino monumentale
goticheggiante. Tra le altre stanze prospicienti la terrazza si nota
lo studiolo in stile arabo normanno, con mosaici parietali che riprende lo studio
di Re Ruggero a Palazzo dei Normanni. Le stanze successive sono più semplici, con
soffitti a cassettoni decorati a tarsie lignee e faglia d'oro.
All'esterno si nota la piccola parte aggettante dell'edificio, costituita dal corpo avanzato ottagonale, che custodiva una fontana, anch'essa
imitazione di uno dei giardini
dell'Alhambra. Altre stanze sono presenti in quest'ala del palazzo, ma non presentano particolari decorazioni di rilievo e sono in corso di restauro.
La Porta dei Greci Fu edificata nel 1553 ed era inserita tra le mura del Bastione del Tuono e il Bastione di
Vega, demoliti il primo nel 1754 ed il secondo nel 1753 per la ristrutturazione urbanistica
della città.
Il suo prospetto verso il mare è decorato da un'architettura manieristica a bugne piene ed incavate (parti sporgenti che accentuano il chiaroscuro del
prospetto, pilastri incorporati nella parete e lievemente sporgenti, usati per riprodurre nella architettura delle mura le forme tipiche degli ordini classici ionico, dorico, corinzio) che terminano con capitelli decorati da mascheroni. L'architrave superiore è decorato con festoni di fiori e frutta. Due figurine sdraiate sono visibili sulle bugne d'angolo, mentre la figura centrale è oggi ancora a noi ignota.
La porta fu terminata nel 1581 ed ispirò la Porta di Castro. Non sono più visibili l'iscrizione e l'aquila marmorea a due teste, i due stemmi con le armi
della città e del viceré De Vega.
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