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 Catatafimi - Segesta (Trapani)

CALATAFIMI - La Storia

Una storia remota, risalente agli Arabi, un fascinoso Castello in rovina dominante un panorama assoluto, pittoreschi quartieri medievali dal caratteristico assetto urbanistico e molte espressive emergenze architettoniche, coi loro tesori d'arte e le inattese curiosità, raccomandano Calatafimi - Segesta come meta di una godibile evasione culturale.

Per primo scorgi il Castello. Piccolo e lontano lo intravedi a percorrere la Statale 113, in direzione di Calatafimi, da poco lasciata l'autostrada Palermo - Trapani: ed erto così sul colle che cresce sopra la valle esuberante di verdi fragranze, scuro e isolato, capisci subito perché l'abbiano fatto su quel materno mammellone che serba il nome dell'antico signore (colle Eufemie), come il paese del resto: Qal'at Fimi, Calatafimi, che vale a dire "Rocca d'Eufemie". Toccava ad Eufemie, emiro di campagna o che altro, di presidiare con quel fortino di retroterra semmai venisse pencolo dal mare e ciò fu certamente nei primi tempi della conquista araba (nel IX secolo), se Edrisi, che scriveva la sua geografia trecento anni più tardi, lo attestava "castello antico, primigenio, e fortilizio niente spregevole". Del maniero, ora la gran parte è andata perduta; ma esso a lungo assolse, coi saraceni e nelle lunghe epoche di signoria feudale, funzione di polo strategico-difensivo, e ai suoi piedi ben presto germinò e si espanse un borgo, che in piena età normanna era già fiorente di abitazioni, di arativi e albereti.

Era terra, allora, Calatafimi, di regio demanio, e tale si mantenne fino ad età aragonese, allorché nel 1336 Federico III la infeudò al figlio Guglielmo, da cui poco dopo passò ai Peralta e dal 1407 fu baronia dei De Prades, indi dei Cabrerà e poi degli Enriquez , (che l'ebbero in signoria dal 1565 a » 1741), infine dei duchi d'Alba, ultimi signori, mentre invano in vano tempo la comunità reclamava la restituzione al pubblico demanio, tre volte conseguita (nel 1399, nel 1412 e nel 1802) e sempre all'indomani revocata, finche il trionfale irrompere dell'Italia al passo di battaglia delle Camicie Rosse, che sul vicino colle di Pianto Romano coglievano la loro prima vittoria, consegnava Calatafimi allo Stato Nazionale.

Il primitivo borgo, aggregando dimore a dimore, chiese, edifici civili e altri nel tempo surrogandone, disegnandosi nuovi tracciati viari e via via dilatando il proprio perimetro, s'era fatto paese: luogo di vita, di residenze, di tradizioni, di memorie, collezione di immagini urbane. S'era lasciato indietro il castello, solitario sulla vetta, adattando la propria edilizia alla variabile orografia dei luoghi verso Est.


Segesta

Seguendo le tracce degli Elimi, antichissimo popolo misto di indigeni sicani e di stranieri immigrati probabilmente di origine anatolica, lungo il pendio del monte che ospita Erice, l'altra città sacra degli Elimi, si arriva a Segesta. A pochi chilometri da Calatafimi, accolta da morbide colline, Segesta offre al mondo intero due splendide opere: il Tempio e il Teatro.

Il Tempio

Il Tempio dorico-siculo si erge su un piccolo colle dal quale domina la circostante vallata. Edificato fuori dalla cinta muraria della città nell'ultimo trentennio del V secolo a.C. è arrivato fino a noi, avendo vinto la sua battaglia col tempo, perfettamente intatto ma incompleto. L'interno, a cielo aperto, manca della cella facendo pensare agli studiosi che si tratti di un altare all'aperto arricchito da strutture doriche in modo da farlo sembrare un tempio. Quel che è certo sono le sue splendide forme che, come detto da qualcuno, "gareggiano col Partenone nella sottigliezza delle loro raffinatezze"

Il Teatro

Dall'estremità orientale del Monte Barbaro si mostra sulla valle segestana il Teatro greco. La sua costruzione risale alla seconda metà del II secolo a.C., e fu rimaneggiato dai romani in epoca successiva. È sicuramente una perla architettonica, scavata nella roccia, con circa venti gradinate divise in sette cunei, dotata probabilmente di un passaggio sotterraneo dal quale gli attori sbucavano sulla scena sorprendendo gli spettatori. Il superbo scenario naturale del parco archeologico di Segesta è completato da un grande Santuario, del IV-V secolo a C , dalla forma rettangolare e all'interno del quale si possono ammirare le rovine di un tempio dorico.


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