E' il caso del carnezziere che
per esaltare un prodotto come la “salsiccia” di maiale si premurava di
farsi realizzare un rilevante cartello con il fondo tutto bianco dove
emergeva la scritta in blu “salsiccia extra” con al centro due maialini
color rosso o ad imitazione della naturale realtà, capeggiava ad una
grandezza superiore il prezzo indicato da una piccola mano.
(foto a destra)
Accadeva spesso che i prezzi delle merci
dichiarate, sui cartelli di carta colorata, non segnavano mai la cifra
tonda, allo zero si aggiungeva una piccola codina cosi da confondere
l’acquirente e invogliarlo all’acquisto.
Un espediente, una furbizia levantina, parte
integrante del carattere del palermitano assimilato dalla pluralità
d’esperienze apprese dalle varie etnie che ci hanno dominato.
I venditori d’olive preparate “alivaru”
nel suo banchetto a predisposto la merce a piramide e vende olive bianche
e nere, “a fiore”, senza sale e dolce, ad attrarre l’attenzione ci pensano
i numerosi cartellini a forma di panierino colorati con carta stagnola
dove sono disegnate delle olive all’interno del piccolo paniere e la
scritta “oliva nera”, il prezzo capeggiava al centro con caratteri più
grandi.
Questi cartelli facevano tanto assomigliare
alle vecchie insegne di bottega che dipinte su legno o in sottili fogli di
legno compensato con esuberanti colori richiamavano il tipo di artigiano o
mestiere che veniva esercitato.
Furono le prime forme di comunicazione,
affidati alla fantasia di pittori popolari che semplificando un aspetto
reale di quel mestiere, servivano a far capire alla gente cosa proponeva
il negoziante.
Il Pitrè ne distingueva due tipi: quelli
“naturali” cioè la cui insegna era rappresenta dalla esposizione di un
oggetto inerente alla sua professione o merce, tipo: nell’uscio del
chiavettiere era ed è ancora mostrata una grossa chiave per indicare che
in quel posto si fanno chiavi, i calzolai usavano appendere le “forme” o
un paio di scarpe vecchie, i pastai mostravano una quantità di
“maccarroni” serrati da un nastro rosso, gli erboristi una fascina di erbe
che per l’occasione stazionava ad asciugare, ancora oggi in qualche strada
del centro storico si possono osservare questi stereotipi.
Le “artificiali” una tavola dalla
dimensione uniforme che avevano dipinto una scena che ricordava il tipo di
attività o di articolo.
Il fruttivendolo si faceva dipingere un campo
con alberi da frutto, il fornaio un campo di spighe, la levatrice con una
sedia gestatoria o il barbiere cava denti con un grosso molare, cose
d’altri tempi!
Si possono notare, anche per caso, ma sono gli
occhi che vengono attratti da un cartello scritto a mano che fa mostra di
sé dalla vetrina di un negozietto di alimentari: “panini imbottiti”
con espresso il loro prezzo a caratteri giganteschi dove viene raffigurato
un panino imbottito.
Ad eseguire questa originale figurazione erano
i “pitturara” che si aggiravano per i mercati, e da lì che
poteva esserci una forte richiesta, avevano un magazzino “malasieno” dove
depositano i materiali per il loro lavoro, il laboratorio era ambulante di
volta in volta si fermavano davanti al negozio, chinandosi su una cassetta
dal margine molto basso che utilizzava come tavolino da dove aveva
estratto del cartone bianco, forbici e fogli leggeri di carta lucida di
diversi colori.
Disteso sopra quella un cartone bianco, con le
forbici si ritagliava i vari fogli colorati e si ricavavano le lettere,
quasi sempre per la E, la M, la O si piegava in due la carta in modo da
ottenere con un colpo solo la simmetria.
La provenienza dei caratteri da un unico
alfabeto, alle varie altezze era corretta, si distribuiva con perfetta
proporzione le varie cifre e lettere, quando si finiva di sistemarle si
passava ad incollarle con una speciale colla ricavata da farina e acqua.
Alla fine quando tutto era inquadrato per il
verso giusto ad ultimare il lavoro era il disegno di due fiori che stavano
ad indicare la propria firma.
Oliva nera dolce lire 300 chilo
Il personaggio più in vista d’allora era un
certo signor Maiorana che abitava in un’antica via del centro storico di
Palermo, l’ultimo ad utilizzare questa tecnica antica.
In tempi moderni il figlio di quest’ultimo è
rimasto l’unico a continuare la vecchia tradizione grafica, sono cambiati
i materiali, oggi giorno si utilizza per le insegne il “plexiglass” dove
lettere e cifre vengono dipinte a mano o con una mascherina di latta o di
cartone che ricalca lo stampo tamponando con il pennello la vernice dal
colore desiderato.
Il vecchio laboratorio ambulante si è
trasferito in un locale alla periferia della città è la concorrenza ha
stravolto i connotati commerciali, ma la tradizione il signor Maiorana non
l’abbandonata, nella sua bottega si riproducono i vecchi cartelloni su
cartone telato e dipinti a mano libera e la sua committenza restano ancora
quella di strada e dei mercati.