Il cliente sicuramente presterà attenzione a
non avvicinarsi troppo al banco per non bagnare scarpe e vestiti dalla
smaniatale “arruciata” composta di acqua e sale.
E’ lui, il pescivendolo o “piscaiolu",
protagonista indiscusso del mercato, quelle piazze di “grascia”, la
Vucciria, Ballarò, il
Capo e “u’Burgu” dove il miscuglio di odori e
colori si confonde e nello stesso tempo allieta i cinque sensi.
La “Vucciria” che era uno tra i più
antichi, originariamente si vendeva carne, indicato con la parola
francese boucherie trasformato in “bocceria, “Vucciria”, un grande palco
dove ogni giorno si replica lo stesso spettacolo in un quadrilatero di
vicoli, piazze e vie, dove tutto converge nella centrale piazza
Caracciolo con la sua peculiare fonte.
Adesso si vende il pesce che n’è
diventato il padrone, e di esso se ne trova di ogni genere, qualità e
prezzo.
Un vecchio detto palermitano recita che
“le balate della Vucciria non asciugano mai” per via
dell’acqua che scola dai banchi del pesce.
"a' nunnata"
Sotto l’ombra dei tendoni di stoffa rossa
e rischiarati dalle lampade sempre accese, i banconi del pesce luccicano
di tanti colori, dall’argento al rosso cupo, al verde azzurro dei
piccoli e minuscoli bianchetti dall’aspetto ancora informe e dalla
consistenza gelatinosa che a Palermo si chiama “nunnata”
(neonata) e che a principio della primavera viene venduta di sarde o di
“uvaro” (pagello fragolino) per insaporire ardenti spaghetti o cucinata
sotto forma di frittelle “cassateddi”realizzate con uovo e farina, o il
“cicireddu” i piccoli nati dal corpo allungato e cilindrico (serpentelli)
lucidi e senza squame dal color argento preparati con una semplice
bollitura, aglio e prezzemolo e insaporiti con olio e limone.