A Palermo si pregano perché ci preservino dai dolori:
San Cosimu e Damianu,
siti medicu suvranu,
siti medici maggiuri,
libbiratimi d’ogni duluri.
Secondo le fonti agiografiche vissero nella
metà del III secolo, d’origine araba nascono ad Egea in Cilicia,
esercitavano la loro professione senza ricevere alcun compenso e perciò
erano definiti “Anargiri”.
Forti della loro fede cristiana furono
perseguitati e suppliziati dal proconsole Lisia affinché si sacrificassero
agli dei di Roma.
Il fatto di proteggere i pescatori e i marinai è riferito ad una delle
tante torture che subirono, prima di affrontare il martirio tramite la
decapitazione che avvenne sotto l’imperatore Diocleziano, incatenati e
gettati in mare, per intercessione Divina, uscirono salvi dalle acque,
danzando allegramente tra lo stupore generale: da qui è nato un legame con
le varie contrade marinare che si è mantenuto nel tempo.
Il loro culto dopo la morte si diffuse in
occidente dando luogo ad una delle iconografie più complesse per i Santi
non siciliani, ed esso va molto al di là del secolo XVII, tanto da essere
ritratti tra i mosaici del duomo di Monreale.
Designati patroni dei Medici, dei chirurghi
e dei farmacisti, fu esteso in seguito ai barbieri, praticanti della
medicina minore in tempi passati, a loro si votarono molte confraternite,
ed a Palermo se ne fondò una della maestranza dei barbieri nel 1564
attualmente vigente alla Noce.
Venerati alla Kalsa, a S.Pietro e presso il borgo di S.Lucia, il giorno
della loro festa i devoti si trasferivano (u’viaggiu) presso la
chiesa di quest’ultimi che stranamente era ubicata in un quartiere del
rione del Capo, dove sicuramente il mare era ben lontano.
Era immensa la folla di devoti e dei
curiosi che girovagando in chiesa e fuori pregando o custodendo, creavano
afflusso: non mancavano gli inevitabili "turrunara" che vendevano
un panetto di pasta melata dove sono rappresentati i Santi ad imitazione
delle stampe che attirano la curiosità dei fanciulli che gli veniva
regalato per devozione.
Da li venivano gli abitanti delle tre
borgate marinare il quale s'incaricavano di trasferire i Santi simulacri
con il loro fercolo processionale nei loro quartieri per onorarli in una
sontuosa festa e la confraternita aveva solo obbligo di assisterli.
La confraternita fondata nel 1306
nell'antica chiesa dei SS. Cosma e Damiano presso la costituente Casa
Professa che dovette abbandonare nel 1604 per ubicarsi definitamene presso
la chiesa di San Rocco al Capo, e rimase li fino al 1970, anno in cui per
questione di staticità si trasferì nella chiesa parrocchiale di S. Ippolito
nel medesimo quartiere, dove tuttora vengono custoditi gli antichi
simulacri, il sodalizio si è sciolto definitivamente.
Dal diciassettesimo secolo, l'Arcivescovo
di Palermo di quel tempo, affidò i Santi ad una nuova sede che cadde
sull'antica borgata marinara di Sferracavallo amena comunità di pescatori
di Palermo, la scelta non fu casuale ma bensì voluta in quanto la nascente
borgata era mancante di un santo patrono.
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