La nuova chiesetta costruita nella cornice
storica del borgo, non prima della seconda metà del secolo XIX, sede
parrocchiale dal 1922, divenne il santuario per accogliere la venerazione
dei Santi Medici che, invigorì con il passare del tempo, il forte legame
tra i residenti ma anche tra gli emigrati e i cittadini dei paesi
limitrofi che per devozione ogni anno nell'ultima domenica di settembre
festeggiano in ima caratteristica processione i Santi ballerini.
E' affascinante l'atmosfera che si avverte
nella contrada sferracavallese nel periodo in cui si svolge la festa,
tutte le vie addobbate con luci sfolgoranti di mille colori illuminano il
passaggio della "vara" Ira il fantasmagorico fragore della gente e la
presenza delle numerose bancarelle cariche di chincaglierie e dolciumi.
Giorni prima fanno da contorno ai festeggiamenti le sfide marinare che da
sempre i borghesani impegnano i diversi quartiere del territorio
sferracavallese, nello risplendente specchio d'acqua del golfo di
sferracavallo, si svolgono le tradizionali gare di barche con piccole
imbarcazioni da pesca dai colori sgargianti e rutilanti.
Quattro vogatori ed un timoniere formano l'equipaggio, che come gli altri
hanno trascorso un intero mese per allenarsi a sostenere questa gara, che
si concluderà con la vincita di un piccolo palio.
Alla marina dove si erge il nuovo monumento
dedicato ai Santi, si assisterà alla gara di nuoto i cui concorrenti sono
impegnati nell'attraversamento del golfo, più caratteristico è presenziare
all'antico e dilettevole "gioco dell'antenna a mare", gara che vede
i partecipanti impegnati ad attraversare un lungo albero, proteso verso il
mare, reso scivoloso dalla presenza di sapone, dove bisogna conquistare un
tricolore posto alla sua estremità, inevitabile la caduta dei partecipanti
che per loro si presenta come un'impresa tra le risate degli spettatori.
La festa si conflagra quando nel primo
pomeriggio si affaccia sul portale della chiesa la ponderosa "vara" con i
simulacri dei due Santi martiri, essa viene portata a spalle da un
consistente numero di "portatori" che fanno a gara per aggiudicarsi un
posto sotto le aste, un po' per sciogliere un voto, un po' per una
dimostrazione di vigoria maschile.
Vestiti di tutto punto di bianco simbolo
della purezza, cingono con un foulard di colore rosso (il colore del
martirio) il collo e il fianco e, a piedi scalzi trascinano il fercolo,
Emozionante è la fuoruscita dei simulacri, dopo le note fastose della
banda musicale e dal ritmato batti mano della gente, i portatori eseguono
la coinvolgente "ballata" ed in una particolare velocità, quasi di
corsa danno inizio alla processione che continuerà per tutto il periodo ad
inscenare una sorta di ballo accompagnato dalla musicalità del brano,
tradizione e originalità mostrata sin dall'antichità dai marinai portatori
che correvano per arrivare in tempo dagli infermi prima che sia troppo
tardi.
Il mare di fedeli segue il fercolo e si
stringe intorno, in tanto in tanto il campanello del “superiore” suona per
fermarsi, un addetto al comitato con tanto di abitino color porpora cinto
di rosso e un grosso medaglione che staziona al centro del torso in cui
sono effigiati i Santi martiri, sta sopra la "vara" raccoglie le offerte
di denaro e le appunta sul nastro bicolore che avvolge le due statue.
Issa i bambini per avvicinarli e
fargli
toccare i simulacri dei Santi, i fedeli gli porgono anche dei pezzi di
cotone da passare sul viso delle statue perché s’impregnino del loro
potere di guarigione.
Questo potere taumaturgico i Santi lo avevano anche con l’acqua, era
consuetudine, durante la processione palermitana, i devoti reggevano delle
“quartare” riempite d’acqua e l’imboccatura era chiusa da un fastello di
fiori i cui rami pescavano in essa, l’acqua benedetta successivamente
servirà a guarire ogni tipo di affezione e, recitavano un’orazione:
“Lu Santuzzu d’i grazii
cc’è chiddu chi nni scanza di danni cc’è"
E’ consuetudine dei palermitani che quando
parlano dei Santi medici si riferiscono ad uno solo di loro, S. Cosimo,
come in ugual modo riferendosi alla località rionale.
Il singolare culto dei fratelli medici
s’infittisce a Sferracavallo intorno al 1840, dove la piccola comunità
acquisisce i propri simulacri che annualmente porta in processione, e non
rara che nelle fiancate delle imbarcazioni o nell’altarino casalingo o
nelle edicole votive vi si mostri i due Santi medici nella loro classica
iconografia.
Le due statue dei Santi in legno cipresso policromo, opera
d’intaglio della metà del settecento d’artista siciliano sconosciuto, sono
raffigurate con visi giovanili, e abbigliati con una specie di pallio,
lunga toga da medico, gambe ignude e sandali ai piedi, reggono entrambi
nella mano sinistra un cofanetto dove secondo l’iconografia, era una
scatola contenente unguenti, nella mano destra portano un ramo di palma in
argento sbalzato, cesellato ed inciso simbolo del loro martirio ed anche
di rigenerazione e di immortalità.
Coronati con diademi d’argento sbalzato,
cesellato ed incastonati da alcune pietre preziose, autorevole opera
d’argentiere palermitano realizzata con i proventi delle offerte dei
fedeli, i santi sono posti in mezzo a due “trionfi” raggianti in
legno specie di stellario dove è posta l’illuminazione artificiale.
Esse
poggiano su due distinti basamenti, anche se comunemente l’iconografia li
vede uniti, in occasione della festa sono rimosse dall’altare maggiore
della parrocchia e poste sopra nella stessa base del fercolo ligneo
colorato d’azzurro per rappresentare il mare e trasportate per le vie del
borgo, mentre una miriade d’uomini, donne e bambini tra pianti,
ringraziamenti e invocazioni seguono la processione.
La vara guida la
folla che si chiude intorno ad essa e sussulta al minimo cedimento dei
portatori che accennano a farla barcollare, lo scampanellio della
campanella arriva per un attimo di pausa e un sorso d’acqua e il cammino
riprende.
E' la fede oltrepassa i confini e varca
l’oceano, il ritorno degli emigrati è l’occasione per manifestare la
propria devozione, attraverso l’impeto di una promessa o trasmettere anche
da lontano le proprie intenzioni con la partecipazione d’oboli.
Ormai estenuati i portatori riconquistano
la chiesa e soffermandosi davanti al suo ingresso, per diversi minuti a
chiusura della processione, inscenano la tradizionale “ballata ra’trasuta”,
la folla attornia la “vara” e ad ogni suo movimento si allarga, si
stringe, si sparge a destra e a sinistra, i Santi si muovono prima in alto
poi in basso e con ondulazione che pare ricordare l’episodio della loro
resurrezione dal mare, il tutto avviene tra le note fastose della banda
musicale.
Un grandioso spettacolo pirotecnico,
sparato dalla banchina del porticciolo, nei più svariati effetti luminosi
tra “masculi e botti” che non devono mancare mai, per concludere i
festeggiamenti in onore dei Santi Martiri protettori.