Quest’arca monumentale, realizzata nel 1631 dagli argentieri
palermitani su disegno dell’architetto del Senato Palermitano, Mariano
Smeriglio, venne a sostituire l’originaria, realizzata per l’occasione dei
festeggiamenti del primo “festino” del 1625, per dare una sistematica
posizione alle 27 reliquie.
Queste, ricoperte di cotone idrofilo e riposte in un
cofanetto rivestito di velluto rosso, vennero introdotte all’interno del
nuovo reliquiario a sarcofago che nello stesso tempo divenne un apparato atto
all’uso processionale.
Ad essa fu conferita una semplice forma rettangolare, suddivisa in tre
parti: la base, un corpo centrale e la copertura apicale.
La divisa storica della Polizia Municipale
La base, che funge da
supporto, viene successivamente adagiata nella
“vara” vera e propria ed è costituita da una pedana alquanto compatta
nella quale s’innesta un fusto centrale che regge l’intera opera. A
livellare il peso, ai quattro spigoli sono posti dei putti alati nudi, in
posizione eretta, che utilizzano una mano per sorreggere l’urna mentre con
l’altra impugnano uno scudo nel cui campo vi è cesellato il classico simbolo
della Santa: la rosa. In entrambi i fianchi laterali sono poste due aquile
cinte di corona (emblema della città di Palermo) con le ali spiegate, e con
gli artigli sorreggono un gran cartiglio dove sono trascritte alcune dediche
dell’allora Arcivescovo Giannettino Doria e del Viceré Filippo IV.
Il corpo centrale
dell’arca è il sarcofago in cui è contenuta la custodia con le reliquie.
Esternamente, su ognuna delle quattro facce vi è un quadro scenografico in cui
sono raffigurate scene della vita di Santa Rosalia;
in una in particolare la santa è effigiata in estasi amorosa, mentre
offre a Maria una corona di preci, in un’altra mentre abbandona la reggia per
ritirarsi nella Quisquina, donde poi un angelo la guida al Pellegrino. Ai lati
di questi quadri, seduti in posizione esterna verso la frappa inferiore,
sostano due angioletti a reggere la scena.
La balza superiore oggi
presenta agli angoli quattro cerofori ,aggiunti in tempi recenti. Sulla parte
sovrastante, a piramide, sono presenti quattro scene, inerenti alla vita della
Santa, e intercalate da testine di cherubini alati.
La parte apicale termina
con una statuetta della Santa in abiti monacali e con sul capo la
caratteristica corona di rose, nell’atto di schiacciare un drago.
Opera suprema di
un’equipe d’artisti, costò al Senato palermitano 8.321 onze e per la cassa
furono adoperati 412 kg. d’argento purissimo.
Anticamente era trasportata
a spalle da 62 confrati della Pia Congregazione di Maria SS. Annunziata, della
categoria dei fabbricatori (tale privilegio fu acquisito, secondo la
tradizione, per via del notevole peso dell’urna e della forza che era
necessaria per sollevarla: e a quell’epoca
solo i Muratori ne avevano i requisiti). In un secondo tempo la
confraternita prenderà il nome “di Santa Rosalia” per via dell’aggregazione
di altre confraternite, avvenuta nel 1911.
Lo stendardo della congregazione
Al presente la
confraternita ha la sede nella chiesa dei Quattro Coronati al Capo. I capitoli
stilati all’epoca fanno obbligo ai confrati si condurre in processione la
preziosa urna della nostra concittadina Santa Rosalia fin dal lontano 1750. Il
sodalizio, votato al culto della Vergine del Pellegrino, continua ancora oggi
la sua finalità per cui fu istituito. La presenza dei confrati durante lo
svolgimento del festino, è un segno tangibile della loro devozione verso la
Patrona.
I
confrati e le consorelle vestono un abitino nero bordato di blu, sul cui
dorso presenta una placca rappresentante Santa Rosalia, e celebrano la loro
festa la prima domenica di settembre portando in processione un simulacro
ligneo dell’Eremita intagliato da Giuseppe La Rizza nel XIX secolo.
Alla processione
partecipa, per diritto acquisito, la confraternita di Santa Rosalia dei
Sacchi costituitasi nel 1635 per volontà del sacerdote Giuseppe Bonfante,
dietro approvazione del Cardinale Giannettino Doria Essa era formata dalla
categoria dei varberi e scarpari i cui capitoli furono approvati dalla
Curia nell’agosto 1636. Prerogativa della confraternita, è di essere
votata al culto della Santuzza, fin dal momento in cui furono portate in
corteo al Palazzo Reale l’urna di Santa Cristina e il dipinto con Santa
Rosalia. Quest’ultimo era, e lo è ancora, posseduto dai Gesuiti di casa
Professa, ed era condotto in processione da quattro uomini che indossavano
un vestito di sacco e dipinto.
Dall’abbigliamento adottato nacque la denominazione della
confraternita; i confrati per un
lungo periodo continuarono ad indossare un sacco di tela “naturale” e sulle
spalle reggevano un mantello di “lanette” che recava una croce bianca con
in mezzo un’effige di Santa Rosalia. Questa veste fu indossata durante
celebrazioni particolari. I tempi più recenti anch’essi hanno adottato un
abitino nero bordato di blu e, dopo vario peregrinare, hanno stabilito la loro
sede nella chiesa di Santa Maria della Pietà alla Kalsa. La seconda domenica
di settembre festeggiano la Santa.
Costantemente attiva rimane
a Palermo la devozione nei confronti di Santa Rosalia e ancora nel nostro
secolo nascono nuove confraternite ad essa dedicate: quella della chiesa di San
Giacomo dei Militari al Corso Pietro Pisani, la cui fondazione risale al 1919
e, quella del Marabutti, del 1934.
Entrambe onorano la “Santuzza” la prima
domenica di settembre (vogliamo ricordare che, da calendario, Santa Rosalia
viene festeggiata il 4 settembre).
Partecipare al corteo, in passato, era quasi un obbligo di tutte le
corporazioni. Trattandosi della Patrona della città, esse, oltre ad essere
rappresentate fisicamente, conducevano grossi ceri e vari stendardi ed era consuetudine portare con sé i fercoli
(le “vare”, appunto) con le statue dei propri Santi. Esse partecipavano
secondo un ordine di progressione emanato dal Senato strettamente legato alla
processione di Santa Rosalia.
L’avvenimento richiama molto popolino, i devoti aspettano con ansia il
passaggio dell’urna, perché ognuno, nell’intimo, ha qualcosa da chiedere
alla Santa, e la folla sui balconi è sempre pronta ad omaggiarla con petali di
rosa.
Per onorare il transito
dell’urna, si dispose, nei tempi passati, di organizzare delle temporanee
architetture, drappi, altari e paramenti d’ogni sorta: Queste venivano
commissionate da civili che intendevano ornavano i loro palazzi, che si
affacciavano sul percorso della processione, con rivestimenti di tessuti
pregiati. A ciò contribuivano anche vari
altri ordini religiosi e le Nazioni presenti a Palermo.
Ancora una volta la processione prende il via dall’ingresso principale
della chiesa Metropolitana e si snoda lungo la più antica arteria della città,
ripercorrendo l’itinerario che presumibilmente le reliquie della Santa
compirono al loro rientro a Palermo dal Pellegrino, allorché la loro presenza
fece miracolosamente cessare l’epidemia di peste.
Oggi
come allora la cittadinanza affida al loro miracoloso potere il compito di
risolvere ogni sorta di problema, dal malanno fisico alla pena amorosa, fino
alla piaga della mafia.