L’opera fu commissionata
allo scultore palermitano dal priore del convento, padre Luigi Mannino e dal
superiore della confraternita di Maria SS. Della Mercede Francesco Cangemi,
da allora ogni anno è portata in processione dai confrati che festeggiano
nell’ultima domenica di settembre.
La preziosa effigie
realizzata in legno di cipresso è alta 206 cm., la Vergine librata sopra di
una nuvola foggiata a globo, da cui fuori escono delle teste di cherubini,
nel braccio sinistro sorregge il bambino e con la mano destra protesa offre
il giglio segno della sua purezza e lo scapolare dei Mercedari, distintivo
della confraternita consistente in due piccoli pezzi di stoffa con
ideogramma sacro riuniti da nastri che poggiano sulle spalle, sul petto lo
stemma degli Aragona stilizzato per i mercedari.
Vestita di bianco saio come
riferimento all’ordine che, aderendo al corpo, ne disegna elegantemente la
figura mossa dall’allungamento del ginocchio e a piedi scalzi tocca la
mezzaluna in relazione al titolo d’Immacolata, le corone intendono al
fatto che l’ordine fosse di prerogativa regia e che tale la qualifica
regina del cielo.
Per queste splendide corone
che adornano ancora oggi la statua della Vergine e il suo figliolo, nel 1885
si raccolsero i fondi per pagare l’esecuzione ala ditta Spadafora
affinché le realizzasse, a tal proposito il confrate cav. Falla s’interesso
presso le case patrizie Mazzarino e Sant’Elia a mendicare il denaro
necessario.
L’iconografia della statua
è ricavata come riferisce la leggenda dall’apparizione della Vergine a
Pietro Nolasco e quindi promotrice dell’istituzione dell’ordine
religioso a carattere militare cavalleresco, solo nel 1690 l’ordine,
divenuto essenzialmente religioso, fu trasformato in ordine mendicante.
Nel 1997 la statua della
Vergine è sottoposta a restauro scientifico e riacquista i colori che il
Bagnasco aveva voluto.
Con la soppressione degli
ordini religiosi del 1866, i Mercedari ritornarono in Spagna e la chiesa
rischiò di essere demolita, il simulacro fu trasferito nella vicina chiesa
di S. Marco, per un certo periodo la confraternita si dileguò, ma i
confrati con l’ausilio degli abitanti del quartiere insorsero finché nel
1882 con un atto amministrativo e il consenso della Diocesi , la chiesa fu
riaperta al culto e il simulacro ritornò da dove era custodito.
Ripresa la tradizionale
processione fino ai nostri giorni, tale era la devozione che qualcuno
riferisce che per continuare la festa in onore della Madonna della Mercede,
i soldi per essa addirittura provenivano dalla Spagna, ma è così fervido
il culto che tutto il Mandamento contribuisce per la sua riuscita,
sfarzosamente illuminato da arabesche luminarie, molti balconi addobbati e
festa in piazza richiamando larga partecipazione di popolo.
Per lo sfarzo e la
solennità, diversi Arcivescovi in passato hanno partecipato con la loro
presenza alla festa, fu definita il "Secondo Festino di Palermo".
Nel centenario del prezioso
simulacro la festa fu solennissima e vi parteciparono oltre al Cardinale
Lualdi che, per l’occasione donò un prezioso paramento in stile impero
intessuto in oro, gli amministratori cittadini con il loro seguito.
In passato la festa era
preceduta da sette sabati di preparazione, dove veniva esposto il sacramento
e ogni due anni si festeggiavano le SS. Quarantore.
Un’antica usanza di cui vi
è menzione nei capitoli di fondazione, il trasporto del fercolo della
Madonna avveniva a spalle e con i piedi ignudi, tuttora i confrati che si
fregiano con l’abitino bianco e il cappuccio fuori escono "la
Vara" dal portone della chiesa a spalle e la trascinano per i gradini,
costumanza che fu fortemente voluta dal Superiore Leonardo Cicala nei primi
anni del novecento.
E’ grande la commozione e
ancora, ogni anno, si piange nel vedere il simulacro sospeso nel vuoto come
a voler rappresentare Maria che dal cielo va verso i suoi figli devoti.
Il ritorno in chiesa si
effettuava attraverso il vicolo Lungo, ma da due anni a questa parte il
simulacro ripercorre la scalinata a ritroso.
Data la pesantezza della
macchina processionale, oltre ai confrati al suo sollevamento partecipano
molti devoti attaccandosi sotto il fercolo, incuranti che possa accadere
qualche disgrazia, tanto è la Vergine che li protegge da ogni male.
Il ramo femminile della
confraternita fu fondato nel 1883 e la prima Superiora fu Orsola Di Blasi
sostenitrice del culto Mariano, ma ben presto svanì, solo nel 1987, è
riformata.
Dal 1900 la confraternita e
riconosciuto ente morale e osserva le norme di legge delle opere pie
richiamandosi a quello che è lo statuto Diocesano, il suo scopo è quello
di promuovere il culto di Maria, ma nello stesso tempo è una gioia vedere
ogni anno la statua della Vergine per le strette e popolose vie del Capo.