L’ultima domenica di luglio per il
mercato di Ballarò è speciale, nei giorni feriali vige la più
grande confusione, un intreccio di merci e di gente, di vociare e
gesticolare. |
Il pomeriggio di questa domenica di luglio,
dove ritualmente la gente è al mare, in questo rione oggi è festa grande
“U secunnu fistinu” e tutti gli abitanti sono presenti, alcuni ne
fanno ritorno dagli altri quartieri e, altri rimpatriano da lontano per
legarsi alla sua Santa Patrona: la Madonna del
Carmelo dichiarata Patrona della città di Palermo dalla corte
senatoriale l’8 novembre 1688.
Il gran cupolone, tra le più caratteristiche
della città, “a granni minna” come la definiscono i
palermitani, simbolo della sfarzosa chiesa e convento, decorata
esternamente da stucchi in cui spiccano quattro telamoni che sostengono la
calotta decorata con maioliche smaltate di color verde e nero, colori che
rappresentano i simboli dei Carmelitani, permane nell’omonima piazza,
punto di questa devozione, luogo in cui si stabilirono i frati Carmelitani
giunti a Palermo nel lontano 1238 circa.
La tradizione attribuisce all’ordine
Carmelitano provenienti dal monte Carmelo in Palestina, la costruzione di
tre chiese, costruite in epoche diverse nella stessa ubicazione.
Da sempre in questo luogo si è venerata la Vergine del Carmelo
raffigurata in una tavola dipinta nel 1492 da Tommaso de Vigilia, sita
nell’altare di sinistra del transetto, dove troneggia tra due colonne
tortili che riprendono delle scene bibliche della vita della Madonna in
stucco lavorato dai fratelli Giuseppe e Giacomo Serpotta nel 1684.
Da questa pittura, scaturì l’idea ai frati di decidere di commissionare la
statua argentea della Madonna del Carmelo, che nascosta per tutto l’anno
nell’ultima cappella laterale (dedicata a S.Elia) nella navata sinistra,
si presenterà ai suoi devoti da quella scalinata imponente che sobbalza il
piano stradale.
La sua comparsa suscita meraviglia, vederla
scintillante, tra la propria gente che applaude con vigoria, grida, e si
commuove, mentre i confrati inneggiano la Vergine con un grido di
glorificazione “Ecchiu bedda rù gerl’annu,
viva a Maruanna du Carmelu” ripetendolo diverse volte e
tutti rispondono “Viva”.
Una dovizia d’argento ricercata dai frati
Carmelitani, occasione che diede la possibilità di fondare nel 1735, da
una precedente compagnia voluta da don Natale d’Edua con l’intervento
dell’allora provinciale dei Carmelitani che aveva il suo oratorio nei
pressi di porta Sant’Agata, detto del Carminello costruito nel 1605,
successivamente si trasformò in congregazione di laici affinché portasse
in processione la “Vara” della Vergine, con l’attribuzione di nostra
Signora del Carmine sotto il titolo della bara.
Congrega che ancora oggi ha questo scopo e che accomuna semplice gente del
quartiere rovinato, diffondendo da anni il culto per Maria Vergine.
Uno degli scopi principali che “i capitoli” della confraternita insieme
alla conoscenza del Vangelo dettano e quello di diffonderlo insieme alla
preghiera comunitaria.
Capitoli che nell’anno 1922, furono rivisti e nuovamente approvati
dall’autorità ecclesiastica, marcando il pio sentimento che i confrati si
proposero di rispettare dalla fondazione.
Sulla grande “vara” rotonda, unico
esempio di macchina processionale, con ruote per via della pesantezza del
fercolo ( kg. 200 ) trasporta la prominente statua argentea, come una
reale persona ( cm. 180 ) rappresentata in posa frontale, fuori esce da
una nuvola dove si intravedono delle teste di cherubini ( tre).
Regge nel braccio sinistro il bambino ignudo che consegna un giglio
d’argento e, con la mano destra porge l’abitino.
Totalmente ricoperta nella veste e nel mantello frammentato e avvolgente
da una lamina d’argento sbalzato e cesellato, la statua di legno
policromo, le mani e il capo risultano a vista come progettò il suo
autore l’argentiere Giuseppe Castronovo che rieseguì una nuova statua di
legno che nel 1725 rivestì in argento.
Incominciata, in un primo momento dall’argentiere nel 1723, fu intimato,
durante l’esecuzione dei lavori dai frati che la testa e le mani dovevano
essere fatti a getto, per il resto si poteva procedere con la lavorazione
a sbalzo, al rifiuto dell’argentiere fu scisso il contratto.
Ne fu redatto un secondo a data del 21 settembre 1725, in cui si prevedeva
di rivestire un modello in legno di una nuova statua con argento lavorato,
un lungo lavoro che durò sei anni e solo nel 1729 venne consegnata, con
l’occasione si procedette alla prima processione.
Nel 1773 l’argentiere Domenico Russo ritocca il manto argenteo e vengono
aggiunte due corone “all’imperiale” per la Madonna e il Gesù bambino.
Nuovi interventi si eseguirono nel 1813 dove intervenne Girolamo Bagnasco
per eseguire il volto della Vergine e gli arti e, rimodellare il bambin
Gesù, alla stessa data si rinnova la “vara” processionale che ex nova
assume la forma rotondeggiante.
Gli ultimi aggiornamenti risalgono al 1925 in cui la “vara” gli fu
applicato un carrello per il suo trasporto e il 2002 anno che vide il
restauro completo della statua.
Simulacro e “vara” ancora oggi sono quelle che
si portano in processione. Per un atto di fede verso gli abitanti del
quartiere, si costruì un piccolo simulacro che riproduce le stesse
fattezze di quella solenne che venne realizzata nel medesimo periodo in
cui si rinnovava lo sfarzoso fercolo processionale, che settimanalmente
ricevono nelle proprie abitazioni.
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