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Il “pan di spagna” consumato a fette con il latte, oppure quale sostegno per
preparare altri dolci, veniva composto con la comune farina se no con
l’amido di farina; con la medesima composizione si preparavano i
biscotti “savoiardi” dalla particolare forma ovale, generati per
ricordare i nuovi inquilini italici: i piemontesi.
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Tutto
questo, era confezionato dalle monache domenicane del monastero della
Pietà in via Alloro, oggi Galleria Regionale e in via Maqueda il
monastero delle stimmate distrutto per costruire il teatro “Massimo”, le
suore producevano le sfince “ammaliate e fradici”, le prime molto
semplici erano fritte e guarnite di miele, le “fradici”
venivano imbottite con uova e panna.
Fette di "Pan di Spagna"
Il riso bollito e raffreddato, insaporito dalla cannella e il miele,
diventava un dolce che le suore basiliane della badia del SS.Salvatore
vendevano ai loro fautori con l’aggiunta di cioccolata amara fusa
diveniva un dolce votivo e tradizionale (riso nero).
Le "Sfince"
Nel monastero della Concezione
al “Capo” le monache realizzavano i “moscardini” un impasto
di farina con zucchero e l’aggiunta d’abbondante cannella, questi
biscotti avevano la forma di un dito grosso ed erano confezionati per il
“festino” di Santa Rosalia.
Il frumento ammollato e lessato,
ed in seguito addolcito con crema di ricotta e canditi, diviene al
femminile la famosa “cuccia” dal dialetto cocci o “cuocci”, dolce
tradizionale per il giorno di Santa Lucia il 13 dicembre, su questo
dolce di antica tradizione si legano molte leggende riferite a periodi
di carestia.
Questo dolce devozionale veniva realizzato dalle monache del
Conservatorio di Santa Lucia in via Ruggero Settimo per onorare la
Santa patrona dei non vedenti.
Le
“minne di vergini” nome dialettale delle mammelle, dava origine
ad un dolce dalla forma a coppetta, propria di un seno giovanile e
sottolineato da una ciliegina rossa che fa da capezzolo, è probabile che
la preparazione derivi da antichi rituali propiziatori dell’era pagana.
Lo confezionavano le suore del monastero di S. Maria delle Vergini, sito
presso la salita Castellana in corso Vittorio Emanuele, che si
divertivano a scherzare sul titolo della badia.
Fino a pochi anni fa le suore che
avevano un’apertura su piazza Venezia ed erano venduti al pubblico,
assieme ai famigerati “cannoli”, oggi dolci simili si trovano nelle
pasticcerie con il nome di cassatine.
Un tempo quando la quaresima era
di stretto rigore, non era solo la carne ad essere bandita, ma anche il
latte, i latticini, il formaggio e le uova, lo strutto ed i grassi
animali, in questo quadro d’astinenza, furono ricercati quindi dei dolci
privi d’ingredienti vietati, le suore di quasi tutti i monasteri che
confezionavano normalmente biscotti pensarono di apparecchiare un
biscotto particolare che chiamarono “quaresimale” che con il tempo, le
ricette originali si sono inquinate, oggi prodotte con farina, mandorle,
zucchero, strutto, buccia di arancia grattugiata e cannella in polvere
sono vendute comunemente tutti i giorni.
Come
le “iris” preparati con panini di riposto, svuotati dalla
mollica, farciti di crema di ricotta ed immersi nel latte per legare la
“mollica”, il formaggio dei poveri, e fritti, furono il dolce più
venduto dei monasteri, assieme ad altre prelibatezze improvvisate e
divenute specialità.
I “taralli” biscotti
circolari imbevuti d’anice liquoroso e, rivestito di glassa zuccherata e
i “sospiri di monaca” piccoli, fragili e leggere meringhe, un sospirato
respiro di una giovane monaca che faceva sborniare.
Al presente, i ventuno monasteri
di Palermo che producevano questa ricca varietà di dolci, hanno da tempo
lasciato questa usanza, alquanto piacevole, il loro prosieguo è affidato
alle numerose pasticcerie che costellano la città.
(n.d.r.) Da segnalare la
Pasticceria Palazzolo
dalla storia centenaria che ha sede a
Cinisi ma presente presso
l'Aeroporto di Palermo
con un proprio stand: da non perdere le cassatelle e i dolcetti
da asporto: una leccornia da portare con se in ricordo della bella e
golosa Sicilia !
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