Nel momento in cui sentono arrivare la primavera, i tonni abbandonano il loro habitat,
(generalmente vivono nell’oceano Atlantico, intorno alla Scandinavia e all’Islanda) discendendo verso le Canarie e le Azzorre e arrivano nel Mediterraneo dirigendosi verso la Sardegna e la Sicilia per deporre le uova.
Da millenni si ripete questo ciclo, a partire dai primordiali insediamenti umani (ne sono testimonianza le pitture rupestri dell’isola di
Levanzo). Lo capirono i greci che ne organizzarono la pesca con metodo particolare, messo a punto dagli arabi qualche secolo dopo.
Con un ingegnoso labirinto di reti inventarono la "mattanza", paragonata da qualcuno alla
corrida. Un momento di grande emozione per il “rais”, il capo,
in arabo e, per i tonnaroti che aspettano tutto l’anno, quando i tonni ormai intrappolati nella “camera della morte” si dibattono nell’inutile e disperato affanno alla
vita. L’acqua ribolle impetuosamente di spuma e sangue, mentre gli uomini con fredda determinazione arpionano la preda con grossi uncini.
Non si è perso con il passare del tempo quel rituale caratteristico che si è tramandato fino a oggi.
I canti e le preghiere, la “cialoma”, un misto di arabo e dialetto
siciliano, che i pescatori eseguono durante la pesca, non solo infondono coraggio e forza, ma sollecitano l’aiuto di Dio per una pesca copiosa.
Collocate lungo i percorsi d’andata,
le tonnare della costa del palermitano, in cui la pesca si concentrava nei mesi di maggio e giugno,
venivano calate nel giorno di San Filippo Neri (26 maggio), e nei marfaraggi di
Mondello, Vergine Maria, Arenella,
Solunto e Sferracavallo vi era un gran da fare.
Oggi la corsa dei tonni si è modificata poiché il loro avvicinamento alla costa per la riproduzione non avviene più per via dell’inquinamento e degli scarichi urbani.
L’abbondante pesca dei grossi tonni, neri e lucenti, si riversava nei banconi di marmo bianco dei nostri mercati e facevano bella mostra di sé con uno splendido garofano rosso in
bocca. E, nel periodo di maggiore abbondanza, la tonante la voce del pescivendolo
richiamava gli acquirenti con la tipica “abbanniata”:
scalò a tunnina, riferita appunto al suo prezzo ridotto.