Essi
abitarono al di fuori del perimetro cittadino costituito dall’antica Paleopoli e Neapoli (Cassero).
Le loro residenze erano confinate e cinte da
mura dal quartiere degli schiavoni, a nord del Cassero, e a sud dalla
fortificata Kalsa.
Il quartiere possedeva uno sviluppo a fuso allungato che
seguiva l’ampia curva prodotta dal torrente Kemonia che vi scorreva.
Si
accedeva al quartiere degli ebrei attraverso la porta di Ferro, o porta Judaica, comunicante con il
Cassero.
La
giudecca palermitana del XV secolo era composta da abitazioni che avevano
due caratteristiche particolari: lo sviluppo in altezza, per aggiunte
successive, e la “gheniza”, in pratica un’incavatura nella porta
d’ingresso, all’altezza dello stipite, in cui si conservava un piccolo
rotolo con un passo della Bibbia.
Oltre a botteghe, giardini, una sinagoga con due cortili, bagni di
purificazione per le donne, un ospedale, un macello e, immediatamente fuori
dal centro urbano, il cimitero (fuori porta di Termini, l’odierna zona
dove inizia il corso dei Mille).
La Sinagoga, il punto mediano della loro cultura religiosa, ricadeva
nell’aria dell’attuale complesso del
convento di
San Nicolò da Tolentino,
oggi in gran parte adibito ad archivio comunale.
I
due rioni, Meschita e Guzzetta, erano uniti da una pubblica via, l’attuale
via Ruggero Mastrangelo, che conduceva al macello sito in contrada
Guzzetta nei pressi dell’attuale piazza S. Cecilia.
Leggere oggi la giudecca ebraica non è cosa facile poiché spiccano nel
tessuto minuto i grandi interventi di subentro che avvennero dopo il XV
secolo: laddove c’erano giardini e orti s’innalzarono dei fabbricati
alquanto mediocri, creando una fitta maglia di vicoli, ancor oggi esistenti
ed inalterati rispetto all’epoca della loro costruzione. Solo alcuni
oratori settecenteschi affiorano da questo tessuto urbano.
La
contrada della Meschita presentava un impianto allungato a fuso, ed era
delimitata dalle vie Giardinaccio e SS. 40 Martiri a sud, via Calderai,
piazza Ponticello a nord, dalla via S. Cristoforo ad est.
La
contrada della Guzzetta, che si salda alla superiore della Meschita in
prossimità della piazza San’Anna, è delimitata dalla via Ruggero
Mastrangelo a nord-ovest, dalle vie Lattarini e Calascibetta a nord, e dal
vicolo dei Corrieri ad est.
A
sud della Meschita era l’antico percorso del torrente Kemonia, oggi via
Giardinaccio, dal punto di vista urbanistico di scarso valore. Esistevano
solo dei giardini tra cui quello di Scipione Sottile e di Pietro A.
Imperatore che erano utilizzati per le colture. Dopo la deviazione del corso
del Kemonia, la zona fu resa per uso comunale e, al centro di questo abitato
, la via Giardinaccio risultò l’asse viario fondamentale.
La
via Lampionelli, perpendicolare alla prima, congiunge via Divisi con via
Calderai. Deve il suo nome alla presenza d’artigiani stagnai che
costruivano delle piccole lanterne, volgarmente detti lampionelli,
ampiamente utilizzati dai cittadini prima che il Senato di Palermo
installasse gli impianti di illuminazione notturna.
Orti
e giardini si spingevano fino alla zona detta dagli arabi “daysin”, oggi
via Divisi, ed era anche sede di piccoli stabilimenti e commercio
particolareggiato. Il suo incremento urbanistico si ebbero intorno al XV
secolo, quando questa divenne l’arteria che collegava il mercato di Ballarò
con quello della Fieravecchia, odierna piazza della Rivoluzione.
Adiacente alla via Divisi e confinante con la Sinagoga vi era l’ospedale
ebraico che determinò la denominazione alla zona, detta dell’ospedaletto.
L’edificio, risultava essere presente fino all’800 ed era adibito a
conservatorio per fanciulle.