Questa, difatti era la consuetudine di quel periodo e
si chiamavano semplicemente "rua" o "ruga", e quando questa era di nuova
apertura ed non avevano caratteristiche salienti venivano intitolate
“rua nova” tout court, o intitolate al personaggio di spicco che vi
abitava, nobile e non, o all’attività artigiana più diffusa.
E’ dunque opportuna qualche riflessione “linguistica”
sulla denominazione della via che permetteva questo attraversamento.
L’espressione che si usava stava per Ruga è un
termine del latino medievale e indica semplicemente una strada; molto
usato nei documenti dell’epoca, è sfociato nel francese rue, senza
lasciare traccia nell’italiano in cui incontriamo il sostantivo ruga che
ha lo stesso significato che aveva nel latino classico.
Di questo toponimo ne resta attualmente uno solo che
si riscontra nella via “Rua Formaggi”, ne esistevano ben
altre, che si possono riscontrare in documenti notarili che indicano le
particelle che i vari proprietari citavano nei “rogati” di vendita, le
restanti erano la “Ruga di La Djmonia”, la “Ruga Grande” e la “Ruga
Virdi”, e tante altre ancora che la memoria storica ha cancellato.
La "Rua Nova o Formaggio" si trova nel
quartiere dell’Albergheria è questa strada anticamente percorreva la
parte esterna del versante meridionale delle antiche mura del perimetro
punico che intercorre il piede ”fenicio” che va dalla salita Raffadali,
che la sconvolse nel XV secolo appunto per realizzare questa salita che
permise ai Gesuiti di costruire una strada di comunicazione con il
“Cassaro” l’odierno corso Vittorio Emanuele affinché raggiungessero il
loro Collegio Massimo, oggi sede della biblioteca regionale siciliana.
A questa Rua Nova gli si dovette cambiare nome per
non confonderla con la vicina e costruendo “strada nuova” che
successivamente si chiamò via Maqueda dal Vicerè che cercò di raffinare.
Per costruire questa salita si dovette distruggere
anche la casa che a quel tempo apparteneva a Nicolò Formaggio e con essa
il “vico Formaggio”, nome che passò all’antica “ Ruga Nova”.
Nello stesso quartiere dell’Albergheria per
congiungere il mercato di Ballarò, impiantato in epoca musulmana, con
quello più orientale della Fieravecchia, l’odierna piazza della
Rivoluzione.
Tra il XIII e il XV secolo fu aperta la “Ruga
Grande del Carmine”, in prossimità dell’omonimo convento dei
padri carmelitani, l’attuale via del Bosco, definita tale per la
presenza del palazzo “Bosco”, principi di Belvedere attiguo a palazzo Comitini che si affaccia su via Maqueda.
Il percorso, che collega i due mandamenti del
“Palazzo Reale” con quello “Tribunali” tagliato solo dalla nascita della
via Maqueda, era un tragitto tardo medievale che rappresentava il
proseguimento a est dell’arteria principale dell’Albergheria, strada
principale del mandamento, è si congiungeva con la via Divisi, ed è
citato in alcuni documenti quattro-cinquecenteschi perché esisteva in
questo primo tratto il palazzo del fiorentino Orazio Strozzi, marchese
di “Fleres”, maestro razionale, la sua dimora risulta oggi nell’odierno
civico dodici di via del Bosco.
In questa via in quell’epoca sorsero numerosi palazzi
nobiliari che ingentilirono e resero la strada di grande prestigio
sociale.
Le più rinomate famiglie cittadine del cinquecento vi costruirono le
loro splendide dimore che successivamente vendettero ad altri nobili che
ambivano ad abitare sulla via Nuova (Maqueda), non vi riuscivano per
ovvi motivi poiché mancavano luoghi abitabili, alla fine si stabilivano
e compravano in via del Bosco.
Sul lato meridionale della strada si apre il bel portale cinquecentesco
di palazzo Gravina, principi di Palagonia, proseguiva il palazzo dei
Balestreros marchesi di Buongiordano, successivamente quello dei
Beninati marchesi di Sant’Andrea, poi dal conte Ventimiglia che
successivamente nel 1838 vi istituì un famoso ospizio,oggi presente al
numero civico 32 rimane in rovina.
Dirimpettaio si trova palazzo Bosco di Belvedere Lanza o del Bosco,
ristrutturato e restaurato, oggi ospita gli uffici della Provincia di
Palermo, nel1785 vi si riunivano gli Accademici del Buongusto, questa
era una delle tante accademie che nel XVI secolo erano molto diffuse e
quasi sempre erano ospitate in palazzi nobiliari.
Nella parte più vicina all’ingresso che tocca il mercato, dove la strada
si biforca, si trova la piccola chiesetta di San Nicolò da Tolentino,
appartenuta ad una confraternita fondata nel XVII secolo.
La chiesetta rimane quasi distrutta con il tetto scoperchiato, ne resta
integra la cripta, dove venivano posti ad essiccare, con una complessa
procedura molto conosciuta nel settecento, e di conseguenza esposti i
corpi dei confrati deceduti.
In questo tratto si affaccia l’esteso palazzo cinquecentesco Oneto San
Lorenzo che possiede un esuberante portale manieristico che dà accesso
alla corte interna formata da arcate a pieno centro.
La breve e importante strada che era la via Bosco, in quel periodo
rappresentava una delle arterie principali della città, in cui passavano
cortei e processioni religiose.
Vi si introduceva la processione di Sant’Agata che partendo dalla chiesa
della “Pedata”, attraversava “Porta Sant’Agata e raggiungeva via delle
“Pergole” e, attraversando piazza del “Carmine” giungeva alla “Ruga
Grande” (via Bosco) dalla quale si portava verso la “Fieravecchia”
(piazza Rivoluzione).
Vi si svolgevano i cortei nuziali delle famiglie nobili, formati da dame
e cavalieri che accompagnavano lo sposo a luogo in cui la sposa riceveva
l’anello e dove si compivano le cerimonie religiose, o quella di un
conoscente d’alto rango in cui concludere la festa.
Da qui passò il corteo nuziale di donna Aldonza con don Giovanni di
Sotto, che partendo dal convento di Santa Caterina dove si trovava la
futura sposa, al palazzo di Colantonio Spatafora, nella piazza del
Carmine dove furono ospitati gli sposi per la prima notte di nozze.
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il percorso>>