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PANORMUS - LUOGHI

LE RUE PALERMITANE

Una parte affascinante della Palermo alto-medievale e, per questo periodo s’intende tra il XIV e XV secolo, sono le passate “Rue palermitane”.

Nel lasso di tempo che a Palermo intercorreva le dominazioni angioina-aragonese, varie erano le rue che permettevano di oltrepassare un luogo con un altro cioè via o strada di comunicazione.


Questa, difatti era la consuetudine di quel periodo e si chiamavano semplicemente "rua" o "ruga", e quando questa era di nuova apertura ed non avevano caratteristiche salienti venivano intitolate “rua nova” tout court, o intitolate al personaggio di spicco che vi abitava, nobile e non, o all’attività artigiana più diffusa.

E’ dunque opportuna qualche riflessione “linguistica” sulla denominazione della via che permetteva questo attraversamento.

L’espressione che si usava stava per Ruga è un termine del latino medievale e indica semplicemente una strada; molto usato nei documenti dell’epoca, è sfociato nel francese rue, senza lasciare traccia nell’italiano in cui incontriamo il sostantivo ruga che ha lo stesso significato che aveva nel latino classico.

Di questo toponimo ne resta attualmente uno solo che si riscontra nella via “Rua Formaggi”, ne esistevano ben altre, che si possono riscontrare in documenti notarili che indicano le particelle che i vari proprietari citavano nei “rogati” di vendita, le restanti erano la “Ruga di La Djmonia”, la “Ruga Grande” e la “Ruga Virdi”, e tante altre ancora che la memoria storica ha cancellato.

La "Rua Nova o Formaggio" si trova nel quartiere dell’Albergheria è questa strada anticamente percorreva la parte esterna del versante meridionale delle antiche mura del perimetro punico che intercorre il piede ”fenicio” che va dalla salita Raffadali, che la sconvolse nel XV secolo appunto per realizzare questa salita che permise ai Gesuiti di costruire una strada di comunicazione con il “Cassaro” l’odierno corso Vittorio Emanuele affinché raggiungessero il loro Collegio Massimo, oggi sede della biblioteca regionale siciliana.

A questa Rua Nova gli si dovette cambiare nome per non confonderla con la vicina e costruendo “strada nuova” che successivamente si chiamò via Maqueda dal Vicerè che cercò di raffinare.

Per costruire questa salita si dovette distruggere anche la casa che a quel tempo apparteneva a Nicolò Formaggio e con essa il “vico Formaggio”, nome che passò all’antica “ Ruga Nova”.

Nello stesso quartiere dell’Albergheria per congiungere il mercato di Ballarò, impiantato in epoca musulmana, con quello più orientale della Fieravecchia, l’odierna piazza della Rivoluzione.

Tra il XIII e il XV secolo fu aperta la “Ruga Grande del Carmine”, in prossimità dell’omonimo convento dei padri carmelitani, l’attuale via del Bosco, definita tale per la presenza del palazzo “Bosco”, principi di Belvedere attiguo a palazzo Comitini che si affaccia su via Maqueda.

Il percorso, che collega i due mandamenti del “Palazzo Reale” con quello “Tribunali” tagliato solo dalla nascita della via Maqueda, era un tragitto tardo medievale che rappresentava il proseguimento a est dell’arteria principale dell’Albergheria, strada principale del mandamento, è si congiungeva con la via Divisi, ed è citato in alcuni documenti quattro-cinquecenteschi perché esisteva in questo primo tratto il palazzo del fiorentino Orazio Strozzi, marchese di “Fleres”, maestro razionale, la sua dimora risulta oggi nell’odierno civico dodici di via del Bosco.

In questa via in quell’epoca sorsero numerosi palazzi nobiliari che ingentilirono e resero la strada di grande prestigio sociale.

Le più rinomate famiglie cittadine del cinquecento vi costruirono le loro splendide dimore che successivamente vendettero ad altri nobili che ambivano ad abitare sulla via Nuova (Maqueda), non vi riuscivano per ovvi motivi poiché mancavano luoghi abitabili, alla fine si stabilivano e compravano in via del Bosco.

Sul lato meridionale della strada si apre il bel portale cinquecentesco di palazzo Gravina, principi di Palagonia, proseguiva il palazzo dei Balestreros marchesi di Buongiordano, successivamente quello dei Beninati marchesi di Sant’Andrea, poi dal conte Ventimiglia che successivamente nel 1838 vi istituì un famoso ospizio,oggi presente al numero civico 32 rimane in rovina.

Dirimpettaio si trova palazzo Bosco di Belvedere Lanza o del Bosco, ristrutturato e restaurato, oggi ospita gli uffici della Provincia di Palermo, nel1785 vi si riunivano gli Accademici del Buongusto, questa era una delle tante accademie che nel XVI secolo erano molto diffuse e quasi sempre erano ospitate in palazzi nobiliari.

Nella parte più vicina all’ingresso che tocca il mercato, dove la strada si biforca, si trova la piccola chiesetta di San Nicolò da Tolentino, appartenuta ad una confraternita fondata nel XVII secolo.

La chiesetta rimane quasi distrutta con il tetto scoperchiato, ne resta integra la cripta, dove venivano posti ad essiccare, con una complessa procedura molto conosciuta nel settecento, e di conseguenza esposti i corpi dei confrati deceduti.

In questo tratto si affaccia l’esteso palazzo cinquecentesco Oneto San Lorenzo che possiede un esuberante portale manieristico che dà accesso alla corte interna formata da arcate a pieno centro.

La breve e importante strada che era la via Bosco, in quel periodo rappresentava una delle arterie principali della città, in cui passavano cortei e processioni religiose.

Vi si introduceva la processione di Sant’Agata che partendo dalla chiesa della “Pedata”, attraversava “Porta Sant’Agata e raggiungeva via delle “Pergole” e, attraversando piazza del “Carmine” giungeva alla “Ruga Grande” (via Bosco) dalla quale si portava verso la “Fieravecchia” (piazza Rivoluzione).

Vi si svolgevano i cortei nuziali delle famiglie nobili, formati da dame e cavalieri che accompagnavano lo sposo a luogo in cui la sposa riceveva l’anello e dove si compivano le cerimonie religiose, o quella di un conoscente d’alto rango in cui concludere la festa.

Da qui passò il corteo nuziale di donna Aldonza con don Giovanni di Sotto, che partendo dal convento di Santa Caterina dove si trovava la futura sposa, al palazzo di Colantonio Spatafora, nella piazza del Carmine dove furono ospitati gli sposi per la prima notte di nozze.

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