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PANORMUS - LUOGHI

LE RUE PALERMITANE

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Declinando dalla cattedrale, tempio massimo della città di Palermo, e discendendo il “Cassaro”, la seconda traversa a destra, è la via Protonotaro, questa collega l’asse principale della città (Cassaro) con il quartiere dell’Albergheria, grande importanza riveste in epoca medievale per via della sua posizione baricentrica per raggiungere tale quartiere.


L’antico toponimo assegnato alla strada e testimoniato dagli atti notarili del XV secolo, era "Ruga di la Djmonia", che con il passare dei secoli cambierà denominazione più volte: strada dell’Origlione, poiché conduceva al monastero di San Giovanni all’Origlione di cui oggi rimane solo la chiesa, di "Fiumesalato" e di conseguenza del Protonotaro.

La famiglia Galletti, baroni di “Fiumesalato”, comprò questa vetusta abitazione verso la metà del XVI secolo dopo che varie famiglie lo possedettero in precedenza e, la strada per un certo periodo fu denominata di Fiumesalato, nel XVII il palazzo passò definitivamente ai Papè e Ballo principi di Valdina, una vastissima dimora nobiliare che fa angolo tra il Cassaro dove mostrava un imponente prospetto, e la via Protonotaro, in cui rimane l’ingresso principale che immette in un atrio settecentesco con una fontana tardo-barocca, a questi nel 1628 gli fu assegnata la carica di Protonotaro del Regno di Sicilia, da cui deriva il nome della strada che rimane fino ai giorni nostri.

L’interno del cortile si apriva l’accesso privato della chiesetta di San Tommaso di Canterbury, il pubblico poteva accedere dall’entrata opposta su vicolo del Lombardo.

La costruzione di questa chiesa risale al 1173 ad opera di alcuni inglesi esiliati a Palermo che furono accolti dalla regina Margherita, inglese e devota a questo santo, moglie di Guglielmo II.

In pratica era la vastità del palazzo che non solo specificava l’ubicazione di questa dimora, ma rendeva magnificenza al Cassaro.

Nel XV secolo a sud-est della città, tra il primitivo quartiere del Cassaro e quello della Kalsa si trovavano i giardini di palazzo Ajutamicristo il ricco mercante pisano che per costruire il suo quattrocentesco palazzo interpellò Matteo Carnalivari e gli estesi possedimenti della Magione.

In questa zona la riduzione di costruzioni in quel tempo era ancora poca rimarchevole, difatti alcune carte topografiche del XVI secolo evidenziano proprio questa situazione urbanistica.

Successivamente con l’apertura della via Alloro che divenne l’asse portante della Kalsa, ebbero origini a partire dal XV secolo i frazionamenti a squadra che riempirono le zone libere costituite da giardini, poiché come sì e detto in precedenza questa zona della città era ricca di verdeggianti coltivazioni tanto che si creò una strada che l’attraversava, nel cinquecento fu denominata “Ruga Virdi”.

Tale passaggio è l’odierno vicolo San Carlo che dalla sua omonima piazzetta toccava la chiesa della nazione Lombarda dedicata a San Carlo Borromeo aperta nel 1616, delimitando l’isolato ad angolo tra la via Aragona e la via Alloro.

Nel vicolo si affacciava il piccolo prospetto settentrionale del convento di San Carlo dove era ubicato un modesto ospedale per i residenti lombardi ed alcune case appartenute a questa comunità.

La chiesa che all’interno aveva la sepoltura per i connazionali, è uno dei pochissimi esempi a Palermo di edificio a pianta ellittica, coperta da grande cupola, ed è decorata da pregevoli affreschi e stucchi settecenteschi.

A meridione del vicolo San Carlo si estendeva il giardino della residenza degli Ajutamicristo che venne tagliato per realizzare il monastero della Concezione con l’annessa chiesa dedicata alla Madonna delle Grazie, voluta dalla famiglia Scavuzzo che avevano il loro palazzo nella piazza della “Fieravecchia”.

Monastero che possedeva un bellissimo porticato all’interno che formava uno dei due chiostri che per la sua estensione arriva a lambire la via Castrofilippo, dalla presenza dell’omonimo palazzo.

Su questa vi era l’ingresso monumentale per il pubblico del giardino Ajutamicristo, poi Moncada, quest’ultimo ampliò il giardino, acquistando l’ultimo lembo del “viridario magno” dei Cavalieri Teutonici tenutari della “Magione”.

Costituitosi la “Flora di Caltanisetta”, così chiamata per il titolo comitale della famiglia, il giardino venne abbellito con statue, sedili, fontane e l’ingresso decorato da sfarzosi piloni in pietra tufacea che immetteva in un viale alberato, oggi ancora esistenti che compongono l’accesso a quello che è il teatro “Garibaldi”.

A separare il palazzo “Scavuzzo” con il monastero si creò un cortile lungo e stretto, detto “cortile di Celi”,questo antico toponimo deriva dall’alterazione di “Gela” per via della subentrante famiglia Naselli, duchi di Gela che divennero i nuovi proprietari del palazzo Scavuzzo, questo cortile permetteva di raggiungere i giardini Ajutamicristo sulla via Castrofilippo.

La via Castrofilippo consentiva di attraversare il verde dei giardini della “Magione” e avvicinarsi allo “Spasimo” costruito sul bastione della città.

Era questa la situazione urbanistica nel XV secolo, la città formata da quartieri e contrade inframmezzate da ampi spazi coltivati, giardini ed orti, collegate tra loro attraverso lunghi percossi che si denominavano “Rughe” che in tempi moderni se ne persa la memoria.


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